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martedì 29 novembre 2016

Gli altri film del mese (Novembre 2016)

Questo mite novembre è stato un mese abbastanza anonimo, anche un po' triste per me, ma come sempre anche in questo mese oltre ai film di cui ho già scritto, ne ho visti anche molti altri. Film non proprio eccezionali a dir la verità, ma perlomeno passabili (tranne uno). Al contrario di certi film che invece io sconsiglierei, film che proprio in virtù di questo fatto saranno solo accennati. Infatti oltre a 6 che propongo ce ne sono 4 di cui vorrei parlare perché sono davvero pessimi. A partire dalla classica ed ennesima (inutile e deludente) commedia romantica per la tv di produzione canadese, Amore sotto le stelle (Love Under the Stars, 2015), l'inflazionata storia di una ragazza che per caso e senza volerlo (sì vabbé) si innamora del padre di una bambina che ha da poco perso la madre (chissà perché lo sospettavo), e niente, la trama finisce qui, insieme alla mia di pazienza, quella di vedere sempre le solite frivolezze, le solite sciocchezze, con un finale scontato, dei dialoghi assurdi ma soprattutto il doppiaggio della bambina è da manicomio. Questa è l'ultima volta che ci casco. Un po' meglio invece accade per La giustizia di una madre (A Mother's Instinct, 2015), anch'esso per la tv di produzione canadese ma di genere thriller e molto più interessante (ma sempre brutto), anche se il finale della storia è addirittura molto più prevedibile. La storia (leggermente assurda anche se basata su fatti realmente accaduti, anche se non ci crede nessuno) di una madre che dopo il rapimento del figlio si convince della colpevolezza del vicino e siccome non ci sono prove, lo rapisce e lo fa confessare, poi lui (incredibilmente) fugge e cerca di ammazzare tutti, ma all'ultimo secondo lo stordiscono e si salvano tutti, non il film che ancora una volta come tanti thriller non suscita neanche un sussulto, un'emozione. Film davvero vuoto e insensato. Anche se mi ero ripromesso di non vedere più un film con Steven Seagal purtroppo ho visto Sniper: Forze speciali, film (del 2016) che come ovvio non esprime nulla di nuovo alle sue solite baggianate, perché anche qui fa il solito ruolo da cecchino infallibile che ammazza tutti. Un film che racconta in modo assurdo, la storia di una squadra di soccorso che si ritrova per magia coinvolto in un agguato uscendone però vittorioso, poi ovviamente succedono altre cose ma niente di così importante. Insomma, davvero pessimo, questo è definitivamente il capolinea. Ancora più brutto e deficiente è l'ennesimo disaster movie della Asylum, stavolta il film in questione ha a che fare con due aerei (uno è l'Air Force One, con a bordo il presidente, la moglie e la figlia 'Milani'?!) che non si sa perché (ah sì una tempesta elettromagnetica) stanno per scontrarsi in volo, il film si chiama infatti Air Collision, ed è uno dei film più assurdi di sempre, con effetti speciali di serie C, dialoghi di serie D, e scene da manicomio, infatti ho riso così tanto che mi serviva la camicia di forza per non spaccare tutto. Un film (del 2012) davvero senza un senso alcuno, stupido e inutile. Ma veniamo al momento che tutti aspettavate, ecco perciò le recensioni dei 6 film visti in questo mese, tra cui tre commedie, un drama, un thriller e un film d'animazione.
Matrimonio al Sud, film del 2015 di Paolo Costella, è probabilmente il film più stereotipato del cinema italiano, perché ancora una volta come se nulla fosse, come se non ne abbiamo visto già abbastanza di film di questo tipo, ci propina nuovamente (e ancora più assurdamente) la guerra territoriale tra Nord e Sud, stavolta senza un minimo di logica e buon senso. Come le ormai arcaiche convinzioni di un 'cumenda' milanese (un sempre più in basso Massimo Boldi) proprietario di una ditta di salumi che odia i "terroni". Al contrario un pizzaiolo (chi sennò Biagio Izzo) che abita nel paesino campano di San Valentino a Mare (che non esiste, anzi, il paese è chiaramente Polignano a Mare in Puglia, ma nessuno dice niente) pensa che al nord siano tutti "polentoni". Peccato e fortunatamente che i rispettivi figli, il milanese Teo e la campana (arridaje) Sofia, si incontrino in un'università di Trento e decidano di sposarsi. E poiché "il matrimonio più meridionale dei matrimoni meridionali" verrà ovviamente celebrato al sud, i Colombo si trasferiscono in "terronia" e iniziano una schermaglia con i Caprioli che proseguirà per tutta la durata dei preparativi. In Matrimonio al Sud, farsa vecchio stile incentrata su tutti gli stereotipi e pregiudizi possibili e immaginabili, oltre alla mancanza di originalità, c'è anche tanto cattivo gusto (e sponsorizzazioni selvagge al seguito). Film perciò retrogrado, involontariamente o volontariamente macchiettistico e quindi da evitare come la peste. La trama è di una banalità sconcertante e la narrazione procede forzata, priva di alcuna verve, difficile poi trovare una gag che funzioni, o una che sia un briciolo originale. Infatti non manca niente delle solite cretinate, le gag (inflazionate) di Massimo Boldi, le corna incrociate, la coppia (scoppia) comica maschile, il duetto delle mogli (Debora Villa "polentona" e Barbara Tabita "terrona"), i battibecchi dei figli (gli unici minimamente credibili), il siparietto omosex, la strappona scosciata. Come se non bastasse, ecco l'amico romanaccio e romanista (Enzo Salvi chi altri?), la coppia di ciociari in cerca di sistemazione permanente (Gabriele Cirilli e Loredana De Nardis), la speculare coppia "nordista" gretta e greve (Gisella Donadoni e chi altri sennò Ugo Conti), più Paolo Conticini nei panni di un conduttore televisivo sciupa-femmine col pallino delle milf. C'è persino Peppe Barra nel ruolo di un prete cieco con tanto di assistente tonto e pure sordo. Insomma il peggio del peggio perché a tutto questo dispiego di nomi e caratteri (comunque alcuni interessanti) non corrisponde una trama sufficientemente comica o coinvolgente, le battute sono antiche, le gag già viste, le interazioni fra i personaggi prive di qualsiasi verità di fondo. Ma purtroppo finché non si rompe lo stampino, di queste deleterie cavolate saremo costretti a vederne ancora per molto. Poveri noi. Voto: 3,5
Premettendo che Alvin è uno dei personaggi dei cartoni animati che più amavo da bambino, e che non mi sono perso nessuno dei suoi precedenti tre film (e che li ho sempre adorati), ho visto con particolare attenzione Alvin Superstar: Nessuno ci può fermare (Alvin and the Chipmunks: The Road Chip), film del 2015 (diretto da Walt BeckerDaddy sitter e Svalvolati on the road), sequel di Alvin Superstar 3: Si salvi chi può! del 2011 e quarto film della serie con attori in carne ed ossa. In questo film i tre simpatici Chipmunks, attraverso una serie di equivoci, si convincono che Dave stia per fare la sua proposta di matrimonio alla sua nuova fidanzata a Miami e che abbia intenzione di scaricarli. Con tre giorni di tempo per raggiungerlo e fermarlo, i tre Chipmunks eviteranno il peggio ma scopriranno l'esistenza di un terribile fratellastro. Ne combineranno perciò di tutti i colori, com'era prevedibile. Alvin Superstar: Nessuno ci può fermare, anche questa volta non tradisce le aspettative. Raggiunge infatti l'obiettivo che si prefigge, intrattenimento leggero e simpatico, semplice come lo erano i cartoni animati da cui il film è tratto. I tre chipmunks non perdono le loro caratteristiche e sono davvero uno spasso, in particolare il delizioso paffuto Theodore. La storia ha un bel ritmo narrativo, riuscendo a sopperire al già visto della trama, grazie a un mix di musica, battute simpatiche, un pizzico di morale su famiglia e affetto e, soprattutto, al ruolo del cattivo ridicolo, ovvero 'il maresciallo dell'aria', che grazie alla sua goffaggine rende ancora più divertente il film. Non può mancare ovviamente un piccolo colpo di scena nel finale e il lieto fine, dove a trionfare sono i buoni sentimenti e la famiglia. L'unica nota stonata è un accenno un po' troppo forzato a voler strizzare l'occhio al mondo degli adolescenti con slang, party musicali e modernità, che fanno perdere un po' il filo del discorso che piace di più ovvero il mondo puramente infantile e giocoso dei Chipmunks. Comunque a parte Jason Lee, forse l'unico vero attore che merita in questo film, il resto del cast è quasi da buttare, fatto che abbassa molto le qualità di una produzione non propriamente riuscita. Ma anche se questo quarto capitolo è probabilmente il peggiore di tutti, e anche se la sceneggiatura è monotona, è un film che mi ha divertito. Perché a parte ciò di sbagliato il film è godibile, divertente e leggero, come dovrebbe essere un prodotto di questo tipo. Insomma per gli amanti del genere è davvero un film consigliabile. Voto: 6-
Blue Valentine, film del 2010 scritto e diretto da Derek Cianfrance (regista di anni dopo del bellissimo Come un tuono), è la storia di un amore, né più né meno. Un amore tutto sommato "normale", di due ragazzi "normali" alle prese con normali problemi di cuore. Ma attenzione questo non è il classico dramma-sentimentale, questo è sì un dramma ma sull'analisi delle dinamiche dell'amore, come questo sentimento possa cambiare nel tempo ma possa soprattutto cambiarci, fino a renderci irriconoscibili agli occhi di chi prima ci amava. Tutto questo il regista, attraverso i due protagonisti, lo spiega quasi fosse una poesia triste, una sorta d'incantesimo meraviglioso che di punto in bianco si spezza e lascia solo un vuoto di malinconia. Assistiamo così al semplice svolgersi della loro storia (ordinaria, quasi banale, e proprio per questo assolutamente 'vera') , a quanto si sono amati, a quanto in effetti si vogliano ancora bene ma anche a quanto non riescano più a stare insieme, senza un vero e proprio perché. Il film infatti, racconta procedendo a flashback, la passione, la rabbia, l'affettività più intime di una coppia di giovani americani alle prese con gli sconvolgimenti dell'esistenza. il percorso della storia d'amore fra i protagonisti Dean (Ryan Gosling) e Cindy (Michelle Williams) e di come l'amore che all'inizio li aveva infiammati piano piano si spenga. Il tutto raccontato in modo semplice, essenziale, immediato, tramite flashback che alternano con insistente frequenza episodi tratti dagli anni dell'incontro della coppia a quelle di ordinaria deriva matrimoniale dieci anni dopo, nel momento in cui i due protagonisti decidono di prendersi un week end di riflessione da trascorrere in un eccentrico hotel con camere tematiche (sceglieranno quella futurista alla "2001 Odissea nello spazio" in quanto la "stanza cupido" risulterà già occupata). L'elemento che fa di Blue Valentine un film bello, anche struggente, ma soprattutto malinconico è che la storia, descrive una storia d'amore autentica, raccontata attraverso la naturalezza di una telecamera digitale. Una descrizione della vita e dell'amore perfettamente aderente alla realtà che porta lo spettatore a riflettere, lasciandogli la consapevolezza che non tutti i legami sono eterni, tranne quelli fra genitori e figli. Niente scene esorbitanti o ambientazioni inverosimili, al contrario, uno spaccato di vita nuda e reale, intensa a tal punto da farci emozionare. Niente fronzoli o sentimentalismi, solo il retrogusto di malinconico 'blue' del titolo e tanto talento, degli attori e del regista. Michelle Williams (che insieme al suo altrettanto celebre partner figura pure come produttrice esecutiva) per esempio (grazie anche alla sua bellezza e il suo meraviglioso corpo) ci offre una sofferta ed intensa interpretazione che da sola vale più del film nel suo complesso. E' però grazie a Ryan Gosling, alla sua realistica mutazione fisica, allo straordinario e credibile effetto make-up che lo spettatore riesce a districarsi nel via vai temporale che tormenta una trama altrimenti piuttosto ordinaria. Una trama con un finale che ti disorienta e ti amareggia. Una trama che in ogni caso grazie ad una regia non particolarmente innovativa ma almeno funzionale rende comunque il film un prodotto dignitoso e di media fattura. Infine azzeccatissima la scelta della colonna sonora. Un film quindi assolutamente disadorno ed essenziale eppure tremendamente vibrante e comunicativo. Voto: 7
Tutte lo vogliono, film del 2015, diretto da Alessio Maria Federici e scritto da Valentina Gaddi e altri 6 tra cui lo stesso Federici, è una vivace (deliziosa) ed esuberante commedia che ironizzando sulle rispettive asperità delle proprie confuse esistenze, quella della simpatica coppia Brignano-Incontrada, ci parla della sessualità femminile o piuttosto l'approccio al sesso da parte delle donne, che è sempre stato un tabù. In questa pellicola infatti si osa l'argomento lasciandolo comunque sul fondo e facendo girare intorno la trama dell'uomo conquistatore incallito ed esperto di sesso. Maschilismo ad oltranza mascherato da un finto perbenismo attuato con la comparsa dell'alta società che non ammette imperfezioni di sorta, che rincorre la favola perfetta a discapito dell'amore vero col povero Enrico Brignano, romantico imbranato. Lui difatti interpreta un semplice e bravo giovane, un poco imbranato con le donne, che svolge il proprio lavoro presso un negozio di animali di sua proprietà. Vanessa Incontrada dal canto suo, giovane donna benestante ed addetta ad un'impiego del tutto particolare, quello di "la food designer", non potrebbe che essere la tipologia di donna più lontana da lui. Ma una concomitanza di avvenimenti e coincidenze varie (tra cui l'impiego di un famoso GPS, una nuova versione di gigolò moderno, che promette risultati eccellenti e appaganti, ma che sarà 'scambiato') li conduce uno alla conoscenza dell'altra ed al frequentarsi reciprocamente, sino al lieto epilogo. Tutte lo vogliono inutile negarlo punta tutto sulla simpatia dell'attore romano e su quella dell'avvenente Vanessa Incontrada, reduce dal successo dei suoi sceneggiati televisivi, e non sbaglia, perché nonostante il film si spinga solamente come i due protagonisti nell'assidua ricerca del piacere e dell'amore, tra equivoci, scambi di persona ed un vasto repertorio di doppi sensi e battute puerili, indubbiamente anche efficaci e gustose, grazie al supporto di un cast (tra cui il bravo e simpaticissimo Andrea Perroni) che offre comunque una valida spalla, la coppia si destreggia con autoironia nel mondo del sesso canzonando benevolmente un delicato argomento delicato definito spesso 'tabù' per futili motivi. Il regista quindi costruisce una commedia assai leggera e, direi, anche un poco improbabile, nel suo contenuto, la storia infatti si dipana tra una serie di gags e di situazioni esilaranti ma un poco assurde che però, all'interno del film, generano e giustificano il finale positivo che, invece, nella realtà, sarebbe difficile che si avverasse. In ogni caso, come dicevo sopra, la pellicola è stata ideata e pensata per i fans di Brignano e dell'Incontrada e, puntando totalmente sulla loro simpatia, sicuramente il regista ha centrato il proprio obiettivo, ma nulla di più. Perché anche se la brava Incontrada è più in gamba di quanto possiate immaginare, nel film i doppi sensi si sprecano, la storia è banale (e anche se lei è nella parte con semplicità e vigore), superando anche la monotonia espressiva di Enrico (che comunque mi piace tanto come comico), la pellicola non fa tanto ridere, non ha forza e non rimane niente da ricordare. Voto: 5+
A metà tra il thriller appassionato e il western contemporaneo, Le belve (Savages), film del 2012 diretto da Oliver Stone, basato sull'omonimo romanzo di Don Winslow, risulta un coinvolgente e piacevole spettacolo d'intrattenimento, ma nel complesso una pellicola troppo banale e pasticciata. Il 'ritorno' del regista coincide con un film dai toni più 'spensierati' e con storie di narcotrafficanti, agenti corrotti, sparatorie, sangue e belle donne, non proprio il massimo. Ma anche se non tutto è convincente e perfettamente riuscito, si può comunque apprezzare (almeno sufficientemente) il suo lato adrenalinico, avvincente e godibile. L'opera infatti, è ineccepibile, montaggio dinamico e vivace, fotografia accaldata e iperrealista, dialoghi surreali, ritratto di tanti personaggi diversi tra loro (molto sfaccettati, seppur poco credibili), estetica patinata e attenta ai dettagli, cast molto efficace. Tuttavia, i pregi vengono presto offuscati dai rilevanti difetti. Partendo da l'improbabile plot, dove troviamo a Laguna Beach, nel sud della California, due amici, un imprenditore buddista (Aaron Taylor-Johnson, discreto attore, quest'anno al suo terzo 'incontro' dopo Godzilla e Avengers: Age of Ultron) e un ex marine (Taylor Kitsch, anch'esso visto e piaciuto nella seconda stagione di True Detective e in Lone Survivor), che mettono in piedi la più grande piantagione di marijuana degli Stati Uniti. Ma oltre all'attività, i due condividono anche l'interesse e l'amore per la bella (anzi bellissima e sensuale) Ophelia (Blake Lively) e hanno il sostegno di un poliziotto corrotto (John Travolta, decisamente più in parte che ne Io sono vendetta) ma l'impresa è presto messa in discussione dall'interesse dei narcotrafficanti messicani, con a capo la spietata Elena (Salma Hayek), inseparabile dal suo braccio destro Lado (Benicio Del Toro). Faranno perciò di tutto per salvare il salvabile, ma soprattutto la fanciulla che verrà 'inspiegabilmente' rapita. Come detto in precedenza Le belve, è pieno di difetti, ma è un'opera trascinante, che incatena l'attenzione dello spettatore. Iniziamo dai difetti, dagli squilibri. Prima di tutto, tutta la narrazione pecca di inverosimiglianza, infatti stonano sia per una certa incoerenza di fondo quando retorica e moralismo vanno a cozzare col cinismo del racconto, sia per la forzatura pretenziosa di certi argomenti riguardanti l'attualità. Non giova nemmeno l'aver esagerato troppo in ironie, sequenze d'azione e violenza, a tratti mal sposati tra loro, che in più punti hanno fatto scadere l'opera nella farsa più efferata ed insipida. Anche il rapporto "a tre" tra i due protagonisti con O (che costituisce il motore di tutta la vicenda) appare fortemente improbabile anche se funzionale. Infine, il doppio finale, che tra l'altro fuorvia lo spettatore in modo subdolo e scorretto (la pecca maggiore del film), proposto (entrambe le soluzioni mi sono apparse di maniera e poco efficaci) è un escamotage che non aggiunge nulla alla narrazione, anzi la rende più pasticciata e poco onesta nei confronti dello spettatore. Tuttavia, nonostante questi limiti pesanti, che incidono sulla carne viva del film, ho trovato la pellicola avvincente e molto intensa. Le belve è un film a tratti insolito, viaggia su due diversi piani, quello dell'opera d'autore e quello del film che si può considerare come il compitino fatto bene di un regista la cui capacità tecnica è indubbia. E' ovviamente e sfacciatamente il cinema delle provocazioni e delle tinte forti, colorito ed enfatico, ridondante e dallo stile concitato, quello dai nobili e sinceri intenti civili. Tutto questo è riproposto abbastanza efficacemente in questa pellicola, soltanto non al suo solito livello. L'estetica della violenza (che "Le Belve" profonde a piene mani, recuperando un approccio che pare mutuato dai film di Tarantino) pare funzionale a questa tesi, peccato che questa tesi, oltre ad essere moralmente ambigua, sia sostanzialmente falsa e 'scotomizzi' i rapporti di forza reali, oltre alla coesistenza conflittuale delle pulsioni aggressive e oblative dentro ciascuno di noi. Comunque, anche in una pellicola 'disimpegnata' e di genere come questa, Stone non tralascia di toccare i suoi abituali temi socio-politici, fatto che si apprezza ma non tantissimo. In sostanza siamo di fronte ad un thriller ben fatto, in cui l'impronta di Stone è evidente, sia nelle ambientazioni e nella violenza di certe situazione che nell'aspetto tecnico in cui domina soprattutto il classico montaggio frenetico dei film del regista, ma la pretesa iniziale, unita ad un doppio finale gestito sicuramente non nel migliore dei modi e appesantito da una voce-off a tratti fastidiosa (che torna spesso anche durante tutto il film) rende il tutto un po' meno fluido e godibile di quanto ci si aspetterebbe. Diciamo che Oliver Stone aveva la possibilità di creare qualcosa di veramente autoriale, ma si è accontentato di realizzare il classico compitino ben fatto. Un compitino che grazie all'incredibile cast, tutti discreti ed efficaci, è comunque da vedere, anche solo per ammirare la meravigliosa Blake Lively, qui bomba sexy (sempre di più anche se prima di Adaline: l'eterna giovinezza), al pari dell'esuberante Salma Hayek (meglio che ne Il fidanzato di mia sorella). Senza dimenticare un fantastico Benicio del Toro (ugualmente eccezionale come in Sicario), Travolta e tutti gli altri, tra cui alcuni attori messicani molto attivi cinematograficamente parlando, abbastanza bravi. In definitiva film intrigante e interessante, bello ma non eccezionale, e soprattutto non così violento e neanche tanto imperdibile. Voto: 6,5
Ooops! Ho perso l'arca... (Ooops! Noah is Gone...) è un simpaticissimo, divertente e frizzante film d'animazione che ispirandosi al racconto biblico dell'arca di Noè, qui presentata agli occhi dei più piccoli con un gusto moderno e sarcastico senza però tralasciare gli aspetti prettamente classicisti, e per la prima volta dal punto di vista degli animali, racconta con vivacità e ironia il dramma delle specie animali che hanno perso l'arca per salvarsi dall'inondazione. Semplice ma divertente nello sviluppo, questo film del 2015 (di produzione europea più precisamente tedesca) diretto da Toby Genkel e Sean McCormack infatti, è come una sorta di L'era glaciale dove all'arrivo del gelo si sostituisce la biblica inondazione. I protagonisti sono creature inventate, gli agili ma solitari felini 'musoni' (coinvolti involontariamente per futili motivi), gli innocui 'nasocchioni' (coloratissimi animali per certi versi simili alle puzzole) e una coppia composta da un enorme lumacone obeso e da una sorta di mollusco. A quasi tutti loro la burocrazia animale ha rifiutato, senza 'apparente' spiegazione, l'accesso all'arca di Noè, per questo verranno tutti coinvolti nel vorticoso gioco attuato da Dave (padre del piccolo Finny) che con un 'efficace' travestimento riescono a salire furtivamente a bordo con l'aiuto involontario delle "Musoni" Hazel e sua figlia Leah. Ma poco prima della partenza, i cuccioli scendono dall'arca senza accorgersene e si ritrovano a lottare per sopravvivere al diluvio e ai predatori affamati, tentano allora di raggiungere la cima di una montagna in compagnia dei nuovi amici. Nel frattempo, Dave ed Hazel devono mettere da parte le loro differenze e rivalità, per cercare di invertire la rotta dell'Arca e salvare i loro figli. Ooops! Ho perso l'arca è un film ben giostrato dal regista, dato che riesce attraverso un marcato uso virtuosistico dei colori a farci innamorare del mondo pre-diluvio. Anche se la regia non fa una grinza e il cartoon pecca leggermente di originalità aggrappandosi fortemente alla tradizione filmica del genere a cui appartiene. Il divertimento non è sempre ben distribuito e alcune parti possono risultare meno scorrevoli che altre rendendo il tutto con un ritmo alternato e discontinuo. In generale però la pellicola risulta gradevole e non evidenzia difetti che ne distorcono ampiamente il significato. Uno dei punti di forza di Oops! Ho perso l'arca è però il design di tutti i personaggi, dai protagonisti ai loro compagni di avventura, fino a tutti quelli che appaiono su schermo. Infatti è evidente che il film voglia rivolgersi prima di tutto a un pubblico di bambini e l'attitudine con cui tutto il cast di personaggi è realizzato è in linea con questo scopo, le linee morbide, gli occhioni, la generale sofficità che li contraddistingue è perfetta per attirare, coinvolgere e far sorridere i giovanissimi spettatori. Ma è ugualmente evidente la passione impiegata nel crearli e realizzarli, quella cura nel design, nell'animazione e nell'orchestrare le situazioni che li vedono coinvolti. Quella di dedicarsi ai bambini è infatti una scelta che si rispecchia anche nella costruzione della trama, lineare e semplice da seguire, ma non per questo banale, impreziosita da qualche strizzata d'occhio anche per lo spettatore più smaliziato (geniale in tal senso la citazione di Tetris, che nessun bambino di oggi potrebbe cogliere). Spassosa anche la sequenza del doppio immaginario ammutinamento, prima inscenato come un videogame in 16 bit e poi come un gioco in soggettiva di ultima generazione. Ooops! Ho perso l'arca dunque è un buon prodotto destinato ai più piccoli che regala senza ombra di dubbio 90 minuti di divertimento senza mai trascurare l'insegnamento della grande storia dell'umanità. La tecnica ovviamente non è quella delle grandi produzioni americane, ma è un prodotto onesto e ben realizzato sotto ogni punto di vista, con perizia e anche un minimo di originalità. Un film come questo difatti stupisce per capacità di creare qualcosa di semplice ma efficace, per l'inventiva nel tratteggiare personaggi simpatici e originali, e ancor di più per il livello tecnico al di sopra delle aspettative. Anche il lieto fine vanta elementi sorprendenti e nel complesso siamo ben al di sopra dell'animazione digitale europea per famiglie. Insomma, pur non essendo un capolavoro che verrà ricordato a lungo, è un film bello, movimentato e avvincente, che sfrutta con intelligenza i propri personaggi per muovere una storia interessante ma non troppo complessa dal doppio (riuscito in entrambi i casi) intento, pedagogico e ludico. Voto: 6

6 commenti:

  1. Pietro ma tu guardi veramente di tutto! Ci sono titoli, tra questi che hai inserito, che io snobberei a prescindere XD
    In ogni caso, devo recuperare i film di Alvin, mi pare di aver visto solo il primo. Questo, specie per ciò che dici sul quarto personaggio presentato, potrebbe essere divertente^^

    Moz-

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    1. Sì purtroppo sì, no scherzo, in effetti vedo praticamente di tutto ma solo per non vedere sempre le solite cose, però da adesso in poi cercherò di snellire e di lasciar perdere alcuni titoli scadenti ;)
      Come ho già detto Alvin è un personaggio che adoro perciò era prevedibile che mi piacesse questo quarto, comunque non ti aspettare tanto potrebbe anche deluderti, però vedilo :)

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  2. Un mio piccolo cult Blue Valentine.
    E un dolore grandissimo.
    Non penso riuscirei a rivederlo.

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    1. Mi stupisco io di averlo precedentemente perso e di non averlo visto prima, ma difficilmente anch'io lo rivedrei perché è tosto, il dolore alla fine è lancinante..

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  3. Per Blue Valentine la penso come te, doloroso e realistico ma bellissimo proprio per questo.. Le belve invece a me è piaciuto tantissimo! È vero che non è perfetto e il doppio finale non l'ho proprio capito, però mi ha lasciato un bellissimo ricordo, anche per gli attori che adoro tutti!

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    1. Infatti, bello perché vero e credibile :)
      Il cast è quello che più spicca in effetti, composto da attori visti spesso perché bravissimi ma soprattutto efficaci ;)

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