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venerdì 25 novembre 2016

La regola del gioco & The Reach (2014)

Oggi recensirò due film, due thriller, che mi hanno piacevolmente colpito, anche se nel primo il finale amaro lascia un po' scontenti, al contrario il secondo ha un finale avvincente, ma entrambi convincono soprattutto per i due attori principali, davvero bravi che ancora una volta dimostrano il loro valore, partendo da uno che ultimamente sta riscuotendo successi, fino ad arrivare ad un mostro sacro, ma saprete dopo, intanto cominciamo parlando de La regola del gioco (Kill the Messenger), political drama (del 2014) ottimamente architettato ed interpretato da un Jeremy Renner sempre più impegnato (questo è anche il suo primo film da produttore) e qui in forma veramente smagliante, nei panni di Gary Webb del quale racconta la difficile battaglia nel far emergere la verità su uno dei molteplici scandali della CIA (uno di quei soliti scandali che il governo americano ha più interessi a mascherare piuttosto che ammettere le enormi responsabilità del gioco sporco) e diffonderla. Inutile dunque ribadire che il film si ispira non solo a una storia vera, quella del tenace giornalista di una piccola e indifferente testata giornalistica, ma racconta in modo coerente e lucido di fatti realmente avvenuti (e frettolosamente insabbiati), fatti raccontati dallo stesso Webb nel libro Dark Alliance sui cui si basa il film di Michael Cuesta, regista che ha fatto tanta gavetta in tv (S.F. Under, Dexter, Homeland), insieme ai libro Kill the Messenger di Nick SchouLa regola del gioco infatti riporta alla luce del sole degli scandali che vennero a galla solo negli anni '90 (ma riguardanti la decade precedente) grazie al meticoloso e alquanto ostacolato lavoro investigativo di Webb che riuscì a scoprire il coinvolgimento della CIA nello spaccio di droga (cocaina) negli USA. Droga che aveva come principali destinatari la popolazione afro-americana, e il ricavato delle vendite andava a sostenere i Contras del Nicaragua nella loro lotta per destabilizzare il governo comunista. E per raccontare ciò il regista e lo sceneggiatore (Peter Landesman), scelgono il metodo più semplice e popolare possibile, seguendo rigorosamente lo schema di altre pellicole del genere (Tutti gli Uomini del Presidente, State of Play, Insider, etc.), non aggiungendo nulla di particolarmente innovativo al canovaccio, ma in modo semplice ed avvincente riesce a raccontare una storia, una storia ovviamente interessante. Difatti nel film vengono riportate tutte le fasi dell'inchiesta iniziata e portata avanti dal giornalista che, per puro caso come spesso accade (anche se in questo caso grazie all'avvenente pupa di un boss del narcotraffico, una stupenda Paz Vega), viene in possesso di un documento che proverebbe un certo intrallazzo tra agenti governativi ed i Contras, il tutto sommato a qualche discrepanza tra la mole di droga in circolazione allora nel paese e l'effettivo potere di spaccio dei gruppi malavitosi realmente conosciuti. Ma il film non si limita a questo perché le sue indagini, che iniziano ad essere scomode un po' per tutti, lo porteranno a sprofondare, contro di lui infatti inizia una campagna diffamatoria, che colpirà anche la sua famiglia, che lo porterà vicino al suicidio.
Per questo La regola del gioco è un film potente, spiazzante ed anche sconcertante, che fa riflettere e pensare, un film che avvalendosi di un cast di contorno ottimo (tra cui Michael Sheen, Andy Garcia, Ray Liotta, Barry Pepper, Mary Elizabeth Winstead, Rosemarie DeWitt, Oliver Platt, Richard Schiff e Michael K. Williams) avvince e convince. Il regista infatti mette a punto un dramma personale e politico dal forte impatto narrativo, anche se leggermente carente dal punto di vista del coinvolgimento emotivo. Manca difatti una buona dose di pathos che riesca a coinvolgere e far appassionare lo spettatore medio alla storia che viene raccontata. La sceneggiatura poi (come detto in precedenza) è strutturata in maniera lineare, semplice (forse troppo), tanto da darti l'impressione di seguire un vero e proprio reportage piuttosto che una pellicola cinematografica. Non vi sono infatti alcuni picchi emotivi o colpi di scena eclatanti o memorabili. Addirittura il film, comprime anche troppo l'attività investigativa (e se vogliamo questa è un po' una pecca) decidendo di puntare e facendo comunque bene sugli effetti che tali scoperte ebbero sull'opinione pubblica americana, sui mass media, sui servizi e soprattutto sulla vita personale del giornalista. Paradossalmente però, tutte queste mancanze e lacune della sceneggiatura non rovinano affatto la visione del film, il quale riesce a tenere acceso l'interesse dello spettatore complice il ritmo serrato che sostiene la pellicola e la storia veramente interessante, nonché praticamente (almeno personalmente) sconosciuta, che ci viene esposta. Il merito però non va solo al regista che dimostra di cavarsela bene anche confezionando prodotti di levatura impegnativa come il suddetto lungometraggio, ma anche e soprattutto a Jeremy Renner (che si dimostra finalmente attore vero, sfoderando un'interpretazione di spessore). Lui è infatti la vera colla che tiene insieme l'intera pellicola, riuscendo a far esaltare il personaggio di Gary Webb, al quale dona spessore armandolo di verosimiglianza e facendone trapelare tutta la determinazione, il coraggio e l'integrità morale di un reporter della vecchia scuola, che resta fermamente convinto che la missione principale del suo mestiere sia far conoscere la verità, esponendola, divulgandola a quante più persone possibili e pagandone le conseguenze. Una verità scomoda che in molti hanno però cercato di insabbiare, ostacolando più volte lo stesso Webb e segnandone il rapido declino. Insomma una pellicola che scava nelle acque torbide dei coinvolgimenti americani nelle faccende continentali in ottica anti-comunista o anti-castrista e in questo caso i fari sono puntati sul Nicaragua. Per questo e per tanto, La regola del gioco è un film di denuncia che merita di essere visto per (ri)spolverare una parte di Storia contemporanea alla quale i Media hanno dato ben poco risalto e per capire meglio alcune dinamiche della politica statunitense. Quel genere di film/inchiesta che a prescindere da limiti e debolezze va apprezzato in quanto ha il merito di divulgare notizie importanti al grosso del pubblico, spesso all'oscuro di certi eventi o meglio ancora sapientemente distratto da notizie scandalistiche più appetibili. Ma anche per onorare la memoria di un uomo onesto che ha sacrificato tutto (inclusa la sua vita) a servizio della verità la quale venne definitivamente comprovata pochi anni dopo la sua morte. Un film quindi imperdibile, perché a volte il cinema sociale riesce a lasciare il suo marchio distintivo. In più ciliegina sulla torta, la soundtrack rock/punk che tra gli altri propone la classica Know Your Rights dei Clash. In definitiva, buon ritmo e buona tensione per un film che nonostante non sia spettacolare potrà appassionarvi. Voto: 6,5
The Reach: Caccia all'uomo (Beyond the Reach), moderno thriller dal sapore vintage, ideale per gli amanti del genere 'caccia uguale adrenalina' e dell'azione, è un avvincente film d'azione del 2014 con Michael Douglas (la star che vi accennavo) e Jeremy Irvine. Una pellicola, che basandosi su un romanzo di Robb White del 1972 intitolato "Deathwatch", e diretta da Jean-Baptiste Léonetti, al suo secondo lungometraggio, racconta di una doppia lotta, quella di uomini contro se stessi ed uomini contro il deserto, e si deve sopravvivere ad entrambi, ma non è poi così facile. Uno scontro quasi mortale (che avviene fra i due uomini senza tanti giri di parole o scene superflue) che esplode quando durante una battuta di caccia un imprevisto cambia la vita di Ben, giovane tracker molto esperto nel far attraversare ai turisti il deserto del Mojave, che lo stesso giorno in cui la sua fidanzata parte per l'università viene ingaggiato da un ricco uomo d'affari, Madec, per accompagnarlo nella caccia al muflone che l'uomo cerca come ennesimo trofeo da esibire. Succede però un incidente molto grave che trasforma la situazione in un incubo per il ragazzo. The Reach: Caccia all'uomo ha perciò una trama molto minimale, una trama che nonostante si concentra totalmente sullo scontro, viene presentato in modo originale, nessuno spargimento esagerato di proiettili, nessuna scena fuori dalla realtà, nessun inseguimento rocambolesco o surreale. Solamente, un uomo contro un uomo, in pieno deserto. Ma proprio le condizioni avverse rendono la caccia ancora più terribile: nessuna ombra, nessun rifugio, nessuno può sentirti gridare, nessuno può soccorrerti e nessuno sa dove sei. Se non ti uccide una pallottola lo faranno il sole e la sete. E' questo infatti il perno del film The Reach: Caccia all'uomo, quanto puoi sopravvivere all'uno, all'altro o a tutti e due? Sopravvive il più forte o il più furbo? Si vedrà alla fine. In ogni caso il film grazie alla trama, semplice ed efficace, fa del film stesso un thriller intelligente, ben confezionato ed interessante. Il film poi, forse anche al fatto che dura appena 90 minuti, riesce ad essere avvincente e a conquistare l'attenzione senza annoiare. Un film con personaggi ugualmente semplici, ben delineati e ben resi da due bravissimi attori. Per questo anche il cast, da un punto di vista del numero di attori, è ridotto: poiché oltre ai sopracitati attori, hanno un piccolo ruolo la fidanzata di Ben, lo sceriffo e il malcapitato, nulla più. Per un duello per sopravvivere, tra un ricco con molti mezzi (tra cui l'auto veramente bella) contro un giovane, senza nulla ma, che conosce come le sue tasche il deserto. Proprio il deserto, quello del Mojave (il cui ardo e terribile fascino è una perfetta scenografia per questa caccia all'uomo spietata in cui o si viene uccisi dall'avversario o dal deserto) è quello che ho apprezzato di più. Perché oltre all'idea di base (comunque interessante e gestita in maniera egregia), mi è piaciuto il panorama che fa da sfondo. In questo senso le immagini, la fotografia sono state perfette e, assistere ad un film (bellissime anche le inquadrature), con paesaggi mozzafiato come questi, non può che essere un valore aggiunto. Anche la colonna sonora non mi è dispiaciuta, sa essere profonda, riflessiva e non appesantisce le sequenze. Infine è impossibile non parlare dei protagonisti, veramente perfetti nei rispettivi ruoli. in particolare, Jeremy Irvine ha dato prova della sua sofferenza, della sua voglia di sopravvivere, della sua tenacia, solo con lo sguardo, con le espressioni del viso. Tiene bene il ritmo che è costante per tutto il film, senza fortunatamente noiosissimi buchi e lacune. Impossibile anche non commentare Michael Douglas, che in questo film pare confezionato su misura per lui, fucile in spalla, sguardo di chi la sa lunga ed è prono a fare un patto con il diavolo, occhiali con lenti gialli, gesti calcolati e misurati, freddezza spietata, sicurezza letale che viene infranta per poco dalle decisioni che potrebbe prendere Ben e che in tal senso lo costringono a prender le dovute 'misure'. Un Douglas vecchia scuola insomma, tutto suo padre con quello sguardo freddo e penetrante. In ogni caso nonostante il buon lavoro, qualcosa che non mi ha del tutto convinto (e che in parte mi ha deluso) c'è. Il finale infatti andava forse un po' riveduto, un attimino scontato e quanto meno poco probabile. Le ultime sequenze le ho trovate difatti parecchio fuori luogo, tenuto conto del livello tenuto nel corso della pellicola. Mi sarei aspettato un finale diverso, più originale, invece, si chiude la pellicola con un finale banale e scontato già visto e rivisto in tanti altri film (anche se intrigante e giusto). Peccato, poiché le ultime scene rovinano (solo in parte a mio avviso) la pellicola, perché il film nel complesso, è un film da vedere, di cui do un giudizio positivo di cui consiglio la visione. Voto: 6

2 commenti:

  1. La regola del gioco fa parte di quel genere di biopic che adoro, ispirati a storie vere tuttavia capaci di regalare emozioni più "cinematografiche". E poi lui è davvero strepitoso!!

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    1. I biopic sono sempre molto interessanti, soprattutto per chi non conosce la storia che viene raccontata, e questa in effetti regala qualche emozione ;)
      Beh lui è davvero un ottimo attore, i suoi film poi sono sempre molto efficaci :)

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