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giovedì 10 novembre 2016

Self/Less & Extraction (2015)

Durante i primi giorni di novembre, ho visto due thriller, sorprendente e avvincente il primo, davvero deludente il secondo. Due film però con una cosa in comune, una certa vena di fantascienza al loro interno, molto più evidenti nel primo, che parla di immortalità e di qualcosa di umanamente impossibile, che nel secondo, l'ennesimo film action spionistico atto a impedire che il caos più totale avvenga sul suolo americano e mondiale. Ovvero la CIA contro un gruppo di terroristi che ha 'rapito' un suo agente. A questo punto vi starete chiedendo perché quindi è un film di fantascienza? Perché ancora una volta la sceneggiatura sembra ricalcare un videogioco, tutto sembra finto, forzato, già visto ma soprattutto esagerato. Poiché, e questa è una piccola tirata d'orecchie al genere action, non è coerente ma soprattutto non veritiero con la trama. Ma vedremo dopo, intanto partiamo da Self/less, thriller del 2015 diretto da Tarsem Singh, che ci mostra, ancora una volta, come il cinema nel corso degli anni ha fatto, con vari metodi sul come diventare immortali e ha seguito a sua volta il progresso scientifico, dal patto con il diavolo ed elisir di lunga vita siamo arrivati alla clonazione e, ultima novità, al trasformare la nostra mente in dati digitali da trasmettere in un involucro vivente all'altro come oggi si fa con i computer e relativi hard-disk. Tutto ciò ovviamente apre a meditazioni filosofiche su cosa sia la vita, su come la mente possa sopravvivere anche in altre situazioni, e, come accennato nel film, il cervello siano l'unico organo importante da preservare o se anche le nostre memorie e esperienze vivano in altre parti di noi. Il concetto base della vicenda infatti, è che esiste un sistema ultra avanzato che permette ad una persona defunta di rivivere una seconda vita dentro l'involucro corporeo di un'altra persona anch'essa ovviamente morta. Ed è quello che accade ad un ricco uomo d'affari condannato da un tumore irreversibile, che (sottoposto ad una sperimentale ed innovativa procedura medica) rinasce nel corpo di un ragazzo sano ed aitante ma tormentatissimo perché inseguito dai fantasmi di quello che fu il passato (soprattutto famigliare) di un'altra persona a cui (a sua volta) fu rubato il corpo dopo la sua morte. Non tutto però fila così liscio come dovrebbe e l'uomo inizia a svelare il mistero legato all'origine del suo corpo e all'organizzazione segreta pronta ad uccidere per proteggere i propri intenti. Una storia insomma complessa (mi rendo conto che a raccontare una storia del genere si rischia di creare solo confusione, ma vederne l'evolversi sullo schermo è molto più agevole) ma appassionante, una sceneggiatura intelligente che mescola tante chiavi narrative, ponendosi tanto come intrattenimento pop quanto come amara riflessione sul delicato rapporto tra etica, scienza, affari e aspirazione dell'uomo all'immortalità. Una sceneggiatura che nonostante le 'complicazioni' e grazie alla buona recitazione dei protagonisti rendono credibile un copione che di per se sarebbe assolutamente inverosimile. Dato che è fantascienza, nel senso che si parla di progressi scientifici avanzatissimi ma chiaramente non verosimili, ma lo si fa con una grande attenzione ai sentimenti e tutto il film è dominato da un umanesimo che non ti aspetteresti in una pellicola che ci viene presentata con tutti i crismi dell'action-thriller.
Il regista in ogni caso ci fa intravedere tutto questo solo in minima parte, e dopotutto è cinema e il cinema come primo dovere deve intrattenere il pubblico, perciò il resto della sua opera scorre più o meno banalmente tra inseguimenti, ravvedimenti e tristi finali pieni di speranza già visti in altri film di fantascienza (The island, Transcendence, Minority report). Self/less però è un film che si espone senza paura, scavando nella psiche devastata del protagonista, senza timore di apparire ridicolo. Un film di chiaroscuri, che alterna momenti cupi a momenti action e momenti di grande dolcezza. Il ritmo è elevato e l'azione sostenuta, non ci si annoia e anche se lo scorrere dei minuti sembra gestito da un sapiente copia-incolla di clip, scene e momenti quasi a se stanti, e non come un unico filo narrativo, è una pellicola originale e interessante. D'altronde il regista di origini indiane Tarsem Singh ha sempre avuto idee originali ed interessanti da proporre, nonché l'opportunità di lavorare con le maggiori stelle del firmamento hollywoodiano. Ma questo ultimo suo lavoro conferma luci ed ombre delle sue produzioni perché se l'incipit narrativo e la tematica trattata sono allettanti, lo svolgimento ed il finale franano con l'irruenza di una demolizione programmata verso l'ovvietà e la scontatezza. Una pellicola che pare un monito verso la superbia dell'uomo che in questo film, tuttavia, viene soltanto abbozzato. C'è indubbiamente un messaggio didascalico in questo lungometraggio fanta-scientifico ma è annacquato da un montaggio frenetico forse per colmare la pochezza dei dialoghi nonché l'incapacità del regista di creare momenti topici, in grado di sostenersi senza che qualcosa esploda o che qualcuno le prenda. Ma nonostante ciò non si tratta certamente di un film da ignorare perché a quanto affrescato finora, c'è da aggiungere la buona prova attoriale del cast con un combattivo Ryan Reynolds ed un cinissimo Ben Kingsley (è sempre un piacere vederlo sul grande schermo, in The Walk fu bravissimo), ricco tra i più ricchi ma nudo dinanzi alla natura umana che inesorabilmente lo sta conducendo verso la morte. Il cast infatti funziona perfettamente, Ryan Reynolds (attore piuttosto ondivago nelle sue scelte artistiche) qua aderisce alla perfezione a questo personaggio dolente e tormentato. Su Sir Ben Kingsley che posso dire, se non che si tratta di un autentico gigante della recitazione contemporanea, magnifico ad ogni suo battito di ciglia, un attore assolutamente unico. Poi ci sono i personaggi di contorno, anche quelli affidati a validi professionisti. Matthew Goode, inquietante coi suoi occhialini da impiegato, la splendida Natalie Martinez, mamma affranta ma coraggiosa e Victor Garber che fa pensare ad un ottimo caratterista (è un socio in affari di Ben Kingsley nella storia e anche lui custode di dolorosi, uno sconvolgente, segreti). Infine solo un cenno alla musiche che commentano il film, senza essere eccezionali, sono però assai funzionali al film, ricche di stacchi che spesso attingono ad un piacevolissimo drum'n'bass. E il discorso musicale ci porta inevitabilmente allo sfondo di questo film, uno scenario coloratissimo, quello della meravigliosa città di New Orleans. Nelle scene iniziali infatti, ci viene mostrata la città attraverso le sue strade animate dalle band, da tanto tanto jazz popolare, da un senso del ritmo che quasi inebria i sensi tra spettacolarità ed entusiasmo. Peccato solo che questo sfondo, si veda solo all'inizio e poi sparisca per far luogo alla cupezza dell'aspetto "dark" della vicenda. Senza dimenticare il comparto visivo di spessore con una fotografia adeguata e accompagnamento mai invadente per un film consigliato (che per me si è rivelato una bella sorpresa), ma che testimonia come la regia abbia ancora un lungo percorso da intraprendere. Insomma, è un film di intrattenimento ma tutt'altro che banale, poco ma sicuro. In conclusione un film che scorre bene nonostante tutto e si può vedere senza pretendere troppo anche se vale davvero. Voto: 7
Girato con un budget piuttosto risicato, Extraction è un action movie del 2015 diretto da Steven C. Miller, attivo come regista dal 2006 con un inedito splatter movie "Automaton Transfusion", anche se quello che più conosco è Silent Night, discreto horror natalizio ma altrettanto semi-sconosciuto. Detto questo, non è il budget ridotto ne la scarsa voglia di recitare degli attori protagonisti (sebbene tra Bruce Willis, Kellan Lutz e Gina Carano nessuno riesca a dare un minimo di carisma al proprio personaggio) ma sono la regia di Miller assieme e la sceneggiatura di Max Adams e Umair Aleem a creare il disastro. La confusione regna totale sia nel dirigere ogni sequenza (specie quelle di azione) come nella gestione della trama sebbene questa sia piuttosto elementare. C'è un gioco di colpi di scena nel finale ma il risultato non cambia, Extraction resta un action inguardabile che si serve dei soliti "montaggi malamente spezzettati" per nascondere l'assenza di regia e di un minimo di coreografia dei movimenti, per fortuna dura appena 83 minuti. Comunque qualcosa di un film come questo che segue la storia di un rapimento da parte di un gruppo di terroristi che prelevano un agente della CIA quasi in pensione, Leonard Turner (Bruce Willis) c'è, ed è la 'sigla' iniziale molto fumettistica e la musica che la segue, poi però il film dopo una bruttissima introduzione, stilisticamente e registicamente orrenda, comincia e finisce tutto, perché anche se è ovvio che la trama non si riduce solamente ad un rapimento, quello che segue è fortemente prevedibile. Poiché al momento del rapimento, l'analista CIA Harry Turner (Kellan Lutz), figlio dell'agente rapito, decide (dopo aver scoperto della mancanza di un piano per salvare il padre) di far partire la sua operazione di salvataggio senza autorizzazioni con l'aiuto di una ex-fiamma, agente anche lei. Ripetutamente abbassato al livello di analista e sottratto alle azioni operative, l'agente infatti metterà in pratica il suo addestramento e dovrà affrontare i superiori, i terroristi internazionali per trovare il padre e anche per fermare la cospirazione, perché una deve esserci sempre, che ovviamente cambierà la sua vita per sempre. Il film, come larga parte delle produzioni di questo genere, è moderatamente colmo di azione, di quella che spesso sfocia in episodi di super-omismo, anche quando non serve, anche quando una donna come Gina Carano potrebbe farli fuori tutti da sola, davvero odioso. Lei infatti per chi non lo sapesse, oltre ad essere gnocca e una wonder woman, è soprattutto una campionessa di arti marziali, perciò a parte due 'interventi' viene sprecata, addirittura ne In the blood, nonostante la stessa bassa qualità (anche se il film era migliore), veniva giustamente esaltata. A proposito per farvi capire meglio la sua bassezza registica, nel film ha una parte anche un certo Dan Bilzerian, ex giocatore di poker professionista, schifosamente ricco e libertino, tanto che una coniglietta, non una qualsiasi, fa un cameo, forse proprio grazie a lui. La lei in questione è Linsdey Pelas, che Il Cumbrugliume conosce benissimo, che 'mannaggia' mentre sta per farci vedere le sue peculiarità viene bloccato da Kellan Lutz (quello de I mercenari 3 così come Bruce Willis, leggermente sottotono), il belloccio di turno che le vorrebbe tutte per se, anche la fantastica Gina. Per quanto riguarda Willis, povero Bruce, ma perché ti rovini così (delude continuamente, dopo The Prince: Tempo di uccidere e Vice, l'ha fatto anche in Sin City: Una donna per cui uccidere). Ma torniamo al film in questione che comunque non è un thriller di spionaggio psicologico, bensì un thriller di quelli in cui gli spari si sprecano, ma non tanto. In ogni caso, al centro del rapimento c'è il sistema Condor, un software che può estrarre i documenti segreti dalle reti informatiche di qualunque governo, e tramite cui i terroristi possono rivelarle. Si tratta di un terrorismo di hacking, estremamente all'avanguardia, che è un presupposto di fondo di film di spionaggio da almeno 15 anni, ma che ad oggi non fa più presa sul pubblico. Proprio per questo il film sembra dannatamente scontato. Comunque, dal momento che l'agente Harry Turner deve trovare il padre e fermare il sistema Condor inizia il conto alla rovescia di ventiquattro ore, inizierà così una corsa sfrenata contro il tempo in cui l'adrenalina non manca. Quello che manca è la coerenza e veridicità, che insieme a dialoghi pessimi e recitazioni superficiali, affossano un film che per chi è appassionato di inquadrature e immagini spettacolari di scontri corpo a corpo e sparatorie, potrebbe essere una gioia scoprire che sono l'ingrediente principale, mentre per chi non le gradisce così incessanti, non potrebbe comunque soffrire durante la visione del film poiché il ritmo alto rende più leggero il tutto, decisamente più scorrevole ma dimenticabile, e in fretta. Nel complesso quindi Extraction è un film come se ne sono già visti molti, soprattutto provenienti dagli Stati Uniti. Pieno di azione e ritmo incessante, che sicuramente si presta ad essere visto senza troppe pretese di attenzione da parte dello spettatore ma che praticamente delude, annoia un pochino e non aggiunge niente al proprio bagaglio personale. Comunque la scena finale anche se bella, l'avevo già ampiamente intuita. Voto: 5+

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