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giovedì 20 aprile 2017

Heart of the Sea: Le origini di Moby Dick (2015)

Ci sono dei film che hanno uno strano destino, pur godendo di una trama, una regia ed una fotografia di tutto rispetto vengono crocefissi da una critica super-esigente che per una serie di ragioni aveva ben altre aspettative. In questo caso le aspettative sono dettate, dato che la pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Nel cuore dell'oceano: La vera storia della baleniera Essex (In the Heart of the Sea: The tragedy of the whaleship Essex), scritto da Nathaniel Philbrick nel 2000 sulla storia della baleniera Essex (evento che ha ispirato Herman Melville per la stesura del suo celebre capolavoro), dal riferimento a Moby Dick ed al libro appunto di Melville, con tutto il suo bagaglio di significati che il film possiede solo in parte limitata. Qui si narra invece solo del sorgere della leggenda di Moby Dick, che ha provocato una serie di disavventure tutto sommato ben rappresentate dal film. Dunque Heart of the Sea: Le origini di Moby Dick (In the Heart of the Sea), non è un film (del 2015 diretto da Ron Howard, con protagonista Chris Hemsworth) con grandi pretese letterarie, ma un onesto e godibile film di avventure marinaresche, ben rappresentate, anche se con qualche luogo comune (la scontata lotta tra il capitano incapace ed infingardo ed il primo ufficiale esperto e coraggioso). Un'opera perciò onesta e di sicuro impatto spettacolare, sicuramente e probabilmente lontana dal capo d'opera la cui storia ha ispirato, ma degna di essere vista, perché grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, Ron Howard indaga l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano, e lo fa benissimo.
L'ultimo film visto di Ron Howard però (dopo il bellissimo Rush, prima di Inferno, ancora da vedere, e ancor prima della straordinaria serie Marte), non è solo un film molto solido (tecnicamente quasi perfetto, ottimi costumi e scenografie, fotografia sempre azzeccata e montaggio nelle, poche, scene movimentate serrato), che racconta una classica storia di sopravvivenza nell'infinito scontro uomo-natura, ma è allo stesso tempo un tributo al cinema che fu, ma anche un buon esempio di come gli effetti computerizzati possano (ed anzi dovrebbero sempre) fornire qualcosa in più ed arricchire la storia stessa piuttosto che fungere da più o meno inutili fronzoli (e spesso pure dannosi). Il film infatti, che racconta del primo avvistamento e scontro con Moby Dick, che in realtà si focalizza soprattutto sul rapporto di rivalità tra il nobile comandante della nave Essex e il primo sottufficiale, grazie al regista, che ha fatto un film grandioso e spettacolare ma a suo modo tenero e un po' sentimentale pur non rinunciando a mostrarci le situazioni più drammatiche ed anche indicibili, ed essendo questa una storia di mare, che si fonda sulla caccia alle balene per il reperimento del loro prezioso olio (dove per ciò il ritmo del film vive di scossoni improvvisi), riesce nel suo intento, ovvero emozionare e coinvolgere lo spettatore per il suo senso di umanità ben definito.
Poiché qui è la sorpresa, lo spettatore non è portato a tifare per la preda, la sofferenza dei protagonisti non gli permette questa opzione. Il regista riesce infatti a coniugare perfettamente la grande professionalità del cinema americano con una robusta iniezione di senso di umanità, e la scelta si è rivelata vincente. Vincente come la struttura del racconto, solida ed apprezzabile grazie all'introduzione alla storia con uno dei sopravvissuti al naufragio della Essex che narra la storia a quello che sarà l'autore di "Moby Dick" Herman Melville. Una leggendaria storia che comincia nell'inverno del 1820, quando l'Essex, una baleniera del New England, viene aggredita da qualcosa dall'aspetto incredibile, una balena dalle dimensioni mastodontiche, mossa quasi da sentimenti di vendetta umani. Subito dopo l'agghiacciante episodio, i membri dell'equipaggio rimasti in vita saranno così spinti oltre ogni limite e saranno costretti a tentare l'impossibile per sopravvivere. Sfidando le tempeste, la fame, il panico e la disperazione, gli uomini rimetteranno in discussione le loro più profonde convinzioni mentre il loro inesperto capitano George Pollard (Benjamin Walker) ricercherà una direzione in mare aperto e il suo primo uomo Owen Chase (Chris Hemsworth) non mollerà la caccia alla balena. Loro che, soli, in mezzo al nulla, ritroveranno il senso del proprio limite e si dovranno commettere azioni difficilmente confessabili. Un vero percorso di redenzione attraverso l'umiliazione e la sofferenza, per capire che la vera sapienza, l'unica via per giungere alla salvezza, è trattenere il braccio, fermando la violenza.
In Heart of the Sea, la ricostruzione è perfetta, il ritratto presentato da Howard è difatti tanto bello, con le distinzioni di classe, le ambizioni e le sofferenze dell'uomo di quel tempo. Ma grazie allo spettacolare ed epico scontro con la balena e la macabra e realista la lotta per la sopravvivenza dell'equipaggio, le due ore scorrono velocissime. Però quello che funziona soprattutto è l'eccellente cast, tutti molto bravi, anche se sono i protagonisti principali passando dal sempre positivo Hemsworth al veterano Brendan Gleeson, a dare il migliore ed eccezionale contributo. Il cast difatti è di medio-alto livello, con un Chris Hemsworth che forse dà la prima vera prova da grande attore (poliedrico) qual è, ottimi il bravissimo Cillian Murphy ed ovviamente Gleeson, un po' meno Walker (capitano di mercantile non per volere, ma per nome, però un po' troppo ambiguo nei comportamenti e nelle scelte) e Ben Whishaw (non mi ha convinto del tutto nei panni di uno squattrinato Mellville alla ricerca disperata di una storia che valesse la pena di raccontare), buona la prima invece per il nuovo Spider-manTom Holland (davvero molto promettente). Da segnalare inoltre Michelle Fairley (Catelyn Stark de Il trono di Spade), la bella Charlotte Riley (Peggy, moglie di Chase) e Jordi Mollà (famoso attore spagnolo).
Questi i pregi, per quanto riguarda i difetti, grande mancanza, almeno personalmente, è invece l'assenza di una colonna sonora degna di nota, o che almeno sostenga il film nei suoi momenti più coinvolgenti e che vorrebbero (e dovrebbero) essere carichi di pathos e\o di epicità. Questo perché se c'è una (abbastanza importante) pecca è proprio questa, la mancanza di capacità di coinvolgere (nonostante un po' lo fa lo stesso) appieno lo spettatore nei momenti clou. In una storia che poi narra le gesta di un gruppo di sopravvissuti, disposti (giustamente) a tutto pur di farcela e tornare a casa, senza mai peraltro eccedere nelle scelte, si dovrebbe ovviamente creare un profondo senso di fratellanza e condivisione con tutti i protagonisti, e invece è così solo in parte, non che fosse facile dopotutto, anzi tutt'altro, forse avrebbero dovuto usare molto di più il buon vecchio Moby per creare un senso di continua inquietudine, invece di ridurlo (seppur funzionale) a poco più di un antipatico "Stalker" (anche se forse Howard non voleva far passare la natura come solo una forza vendicatrice, ma piuttosto che si limita a mantenere l'equilibrio rovinato dall'uomo avido rappresentato qui sotto-forma dei balenieri senza scrupoli), insomma se si usa la figura di Moby Dick, una delle più iconiche e complesse di sempre, lo si deve fare ottimamente, e non solo sufficientemente e come macchietta di sottofondo. Inoltre ho trovato un po' fuori luogo, o quantomeno mal gestita, la scelta finale della facile morale sul "è sempre bene dire la verità", ma se il film intero verteva su altri temi, comunque discretamente rappresentati, perché infilarcene un altro alla fine tanto per fare? Questi e altri difetti ne hanno leggermente compromesso la "potenza", ma ciò non toglie che resti un film altamente godibile e da vedere, particolarmente consigliato per chi ama quelle belle storie sul mare che si raccontano solo di rado, dove in ogni caso qualcosa in più si poteva fare, anche se questo è un film educativo, ma anche intenso, girato senza pause e con grande mestiere. Voto: 7+

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