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mercoledì 5 luglio 2017

Taboo (1a stagione)

Una storia ricca d'intrighi e doppi giochi, una città ricca e fiorente, ma anche corrotta e ripugnante, un protagonista oscuro e violento, una venatura soprannaturale e storica, tutto questo è Taboo, la serie con Tom Hardy marchiata BBC e che vanta Ridley Scott come produttore. Serie che non avevo propriamente intenzione di recuperare presto, ma grazie a Sky Atlantic, che l'ha mandata in onda dal 21 Aprile scorso, l'ho potuta finalmente vedere e il mio giudizio (nonostante alcune non lusinghiere recensioni) non può che essere positivo, perché Taboo, composta da 8 episodi, prodotta da Tom Hardy, oltre che interpretata da egli stesso, da suo padre Chips Hardy e dal grande regista, scritta e sviluppata da Steven Knight, regista di Locke, è una serie davvero affascinante. Come affascinante lo è senz'altro l'Inghilterra ottocentesca, poiché pochi periodi storici hanno visto protagonisti paesi in cui si sono trovate a convivere rivoluzioni industriali, stagioni di colonialismo sfrenato, trionfi economici e culturali. Ed è appunto in questa Inghilterra che è ambientata la serie, siamo infatti nel 1814 quando, James Keziah Delaney torna a Londra per riscuotere l'eredità del padre, morto in strane circostanze. Il suo ritorno dall'Africa dopo molti anni però, sconvolge l'intera città, poiché tutti lo davano per morto, in più sulla sua persona girano voci tanto inquietanti quanto assurde (cannibalismo, voodoo, incesto, omicidi) che non tarderanno in ogni caso a trovare conferme. Giacché la sua presenza è scomoda a molti, dalla sorella che pensava di essere finalmente libera, al cognato borioso e incompetente. Il suo unico obbiettivo difatti è generare il caos, distruggere, vendicare. Inizia così per Delaney il suo peregrinare avanti e indietro per una Londra agghiacciante popolata da grotteschi e disgustosi nobili da un lato e da orrendi e violentissimi derelitti dall'altro, minacciando, comprando e ricattando chiunque gli si pari davanti. Ma soprattutto dovrà affrontare e presumibilmente sbeffeggiare la potente Compagnia Britannica delle Indie Orientali, che per il possedimento della Baia di Nootka, un piccolo pezzo di terra tra gli Stati Uniti e il Canada, fondamentale per i commerci in occidente, farà davvero di tutto. Nel frattempo però, anche la Corona darà filo da torcere a tutti.
Fin dal primo episodio, Taboo ha saputo esercitare un fascino accattivante sullo spettatore, pur non avvalendosi di un'idea alla base particolarmente brillante da un punto di vista drammaturgico. Soprattutto nella prima parte, è appunto il contesto in cui è ambientata la storia a rappresentare il vero punto di forza della serie, la Londra del 1814, con i toni freddi e opachi attraverso cui regia e sceneggiatura scelgono di dipingerla, è indubbiamente la cornice perfetta nella quale incastonare un racconto che (da principio) si configura come carico di mistero e vendetta, dalle atmosfere intrise di sangue e orrore, dando vita ad un meraviglioso contrasto tra le ambientazioni rarefatte e il contesto mistificato che spinge i numerosi comprimari e lo stesso protagonista a commettere i gesti e le azioni più abominevoli. In ogni caso Taboo non è una serie che ricerca necessariamente il colpo di scena, e questo è abbastanza chiaro fin da subito. Steven Knight delinea con precisione chirurgica il quadro di una narrazione che si compone di chiare e semplici linee. Servendosi della tipica calma scrupolosamente ponderata che contraddistingue il racconto filmico, lo sceneggiatore intreccia poco alla volta un robusto ed intricato tessuto tematico, prendendosi così i suoi tempi e non assecondando quelli dello spettatore, al quale concede la possibilità di conoscere a fondo tutti i personaggi, studiarli, e decidere così se provare una certa affezione o un più che ragionevole disprezzo nei loro confronti.
È così che la forza dirompente di Taboo viene fuori, a mano a mano che si addentra nella smisurata e labirintica mente di James Delaney (personaggio carismatico ma ostico, con il quale non è sempre facile entrare in empatia) e nei piani machiavellicamente congegnati della Compagnia. Una serie che il suo ideatore, Tom Hardy, si è letteralmente cucita addosso. Tra gli attori più "fisici" della sua generazione, la star dei recenti Mad Max Fury Road e Revenant Redivivo padroneggia ormai come il più navigato degli interpreti la sua encomiabile varietà interpretativa (e la sua straordinaria versatilità come recentemente visto in Legend), pienamente consapevole di essere il vero "deus ex machina" dietro l'intero progetto, grazie ad un lavoro minuzioso e manieristico sul personaggio da fare invidia a più grandi divi di Hollywood. La ricchezza tematica, il gusto visivo, la cura dei dettagli (soprattutto per quanto riguarda costumi e ambientazioni) e la scelta di un cast di altissimo livello (tra cui spiccano Oona Chaplin, David Hayman, Michael Kelly, Stephen Graham e Jonathan Pryce, molteplici volte visto in I Pirati dei Caraibi e Il Trono di Spade, senza dimenticare Franka Potente della saga Bourne e Tom Hollander di The Night Manager), rendono Taboo un prodotto che, per quanto possa risultare fuori dagli schemi dell'attuale panorama televisivo, ha saputo fondere con sapienza crudezza estetica e sincerità narrativa, servendosi di un contesto narrativo solo apparentemente superato per mescolare al suo interno più generi (su tutti il dramma in costume e il thriller dalle sfumature soprannaturali) e parlare di "tabù" che, sfortunatamente, esistono ancora oggi in quel mondo che così tanto crediamo di conoscere.
Prodotto in cui, una sceneggiatura complessissima e azzardata che se da una parte fa dell'implicito e del sotto-testo un asse portante su cui sviluppare i personaggi, riempiendola di simbolismi e riferimenti difficilmente percettibili con una singola visione,  dall'altra si lancia in un rischioso gioco all'accumulo dove situazioni, personaggi, linee narrative si moltiplicano quasi a dismisura per una serie di sole 8 puntate, ma, incredibilmente, ogni volta che sembra ci si stia per perdere, arriva sempre quel tassello che serve a riprendere le fila di tutto arrivando ad un finale (emozionante e tumultuoso) in cui (quasi) tutto torna perfettamente e trova molteplici chiavi di lettura ambigue e misteriose, che speriamo non vengano svilite nella già annunciata seconda stagione. Infatti, tanti sono i piani su cui si muove l'intera vicenda e sia quello "storico" che quello "esoterico" si intrecciano benissimamente, riuscendo a tenere l'attenzione sempre alta. Inoltre la sua natura quasi auto-conclusiva fa sì che alla fine della corsa ogni personaggio trovi un perfetto ruolo e attraversi un percorso personale coerente e quasi mai collaterale o inutile alla storia (il rapporto di Delaney con la sorella, la "matrigna", il piccolo Robert, Brace il maggiordomo). E poi chiaramente c'è lui, Tom Hardy, ormai una garanzia di qualità indiscussa che è ovviamente l'intero (forse troppo, dato che senza niente avrebbe senso e non susciterebbe interesse) cuore pulsante di tutto lo show.
E' lui infatti a trovarsi perennemente in scena, a mettersi in gioco continuamente diventando inevitabilmente centro di gravità per tutte le azioni e i personaggi, e quindi sua è la grandissima responsabilità di riuscita dell'intero lavoro, ed è davvero enorme e sorprendente il suo James Delaney, personaggio complessissimo e sfaccettato, misantropo e oscuro, un po' bestia e un po' uomo, consegnando a memoria un personaggio carismatico, inedito e veramente borderline. Così bravo che sottomette inevitabilmente ogni altra figura e performance. Poiché non si tratta di un anti-eroe ma di una vera e propria mina vagante che non si ferma e non si piega davanti a niente e nessuno, che disintegra ogni rapporto umano che gli si para davanti e che è tanto moralmente abietto quanto affascinante. Alla fine delle corsa insomma si rimane soddisfatti e con una gran voglia di vederne di più. Taboo infatti sa rapire visivamente, e narrativamente, riuscendo, a mio avviso, a superare alcune parti dove dialoghi e inquadrature dal taglio documentaristico mettono il piede sul freno dell'azione vera. Difatti, sola la lentezza di qualche scena, sembra essere l'unico tallone d'Achille (insieme forse al futuro che intende intraprendere la serie, visto che era stata pensata come miniserie) di una bella (avvincente e machiavellica) storia, conclusasi proprio con questi 8 episodi. Comunque nonostante qualche perplessità, dopo Locke (che in ogni caso non mi è granché piaciuto), il sodalizio tra Tom Hardy e Steven Knight si dimostra ancora una volta alquanto vincente, con l'attore inglese che regge da solo la scena grazie ad un personaggio costruito su misura. Anche grazie alla sceneggiatura di Knight crea una storia in grado di rappresentare realisticamente una città attraverso le sue brutture e diseguaglianze, con molta attenzione ai dettagli. Per questo è una serie che merita di essere vista. Voto: 7

2 commenti:

  1. Ottima la tua esposizione di una serie che in effetti è cucita addosso ad Hardy, l'ho seguita con interesse questa storia mista fra thriller ed esoterismo, con un ambientazione quasi oscura sul misterioso personaggio principale che episodio dopo episodio si rivela un uomo astuto e ingegnoso. Speriamo che la seconda serie, probabilmente tutta in terra americana, riesca a essere all'altezza della prima.

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    1. Grazie, infatti lui è bravissimo ad impersonarlo, e impersonare quindi un astuto e geniale stratega in modo eccellente e "gratificante" :)
      Comunque spero anch'io che la prossima sia, se non migliore, almeno sullo stesso livello ;)

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