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lunedì 25 settembre 2017

La pazza gioia (2016)

Ho sempre avuto una certa antipatia per Valeria Bruni Tedeschi, ho trovato troppe volte sopra le righe le sue tante interpretazioni, con la sua voce un po' fastidiosa e i movimenti un po' farraginosi, ma è probabilmente proprio questo di lei che ne La pazza gioia, film del 2016 diretto da Paolo Virzì, ho trovato perfetto. Giacché in questa pellicola, di cui il titolo dice molto, ella interpreta, insieme ad una "trasformata" ma sempre brava Micaela Ramazzotti, una pazza scatenata ad alto tasso di vitalità. Dopotutto il film di Virzì vuole essere un inno alla vita, alla voglia di esserci nonostante tutto. Una storia di affetto e di amicizia a metà tra la realtà e l'invenzione così come i suoi due personaggi femminili. In particolare la Bruni Tedeschi che ha il ruolo di Beatrice, una ricca nobile un po' âgée con una mentalità reazionaria e snob, che confonde la fantasia dalla realtà continuando a impartire ordini anche a Villa Biondi (la comunità terapeutica nella quale è relegata) come se le altre pazienti fossero tutte sue domestiche, giardiniere e cameriere. Donatella invece (la sempre discreta Ramazzotti) è una giovane donna proletaria piena di tatuaggi e di pochissime parole, provata da varie disavventure della vita, ex cameriera in un night-club, anche lei sbarcata a Villa Biondi. L'incontro tra le due è in crescendo, la logorroica Beatrice non si arresta difronte alla scorbutica Donatella e man mano riesce a sfondare il muro protettivo dietro il quale si trincera e ad acquistarne la fiducia. In fondo la trama del film è tutta qui nel rapporto tra le due donne, con la progressiva apertura dell'introversa e con l'affiorare di sincerità dell'altra una volta crollate le maschere, e si apprezza così sia la buonissima interpretazione delle due attrici, sia la mano alla regia di Virzì quasi priva totalmente di sbavature.
Dopo fughe rocambolesche (non programmate ma nate casualmente per un disguido) con la voglia di gioire della libertà in giro per vari luoghi della Toscana, Donatella finirà infatti per aprirsi con l'amica e raccontare la sua storia, rimasta incinta del suo capo già sposato è stata da lui stesso licenziata. Con sacrifici arriva a partorire ma, una volta nato suo figlio, per una serie di gravi motivazioni, sarà dato in adozione. Beatrice, dal suo canto, si era invaghita di un imbroglione l'ha raggirata e truffata facendola finire in galera. Situazioni che ovviamente hanno fatto scattare in loro qualcosa, tanto che nel narrare le vicende delle due donne Paolo Virzì fa nascere appunto il dubbio che la follia sia una conseguenza, in crescendo, delle privazioni affettive e delle grandi delusioni d'amore che hanno accresciuto il senso di malessere e/o il disagio sociale. Per questo La pazza gioia non è solo un bel film, ma anche un film intenso, ironico, poetico e commovente, che tuttavia personalmente non mi ha in ogni caso del tutto convinto. Perché, ricca di temi forti e di spunti notevoli, la pellicola si muove certamente sulla linea sottile che esiste tra follia e realtà, alternando momenti decisamente drammatici e scene di infinita leggerezza, ma essa quasi mai trova un perfetto equilibrio tra le due situazioni. Non trovando spesso appunto una sorta di equilibrio tra la parte più intensa (che prevale comunque nella seconda metà del film) e quella più spensierata, volta alla ricerca di una libertà che è stata tolta alle due donne per volere di una perizia psichiatrica, e che porterà a una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po' di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo dei sani.
Se infatti la parte "libertina", coinvolge e si fa vedere, in quanto grottescamente divertente (anche se leggermente esagerata), l'altra parte, quella del dramma esistenziale di Donatella, in cui Virzì sfoga la sua vena intimista e populista, non proprio. Poiché il dramma, seppur aiutato dalla bella interpretazione della Ramazzotti, è convenzionale, perde di segno rispetto ai risultati eccellenti del tragicomico precedente. Tuttavia dal punto di vista narrativo, il film grazie anche alla buona regia, che Virzì sia un buon regista infatti lo sanno anche i sassi (il David di Donatello difatti non si vince mica per caso), è divertente e costruito abbastanza bene in più parti (la colonna sonora difatti si può dire che segue il ritmo della narrazione e che dà alla pellicola una nota di dramma, di emozione, in più, anche se non strappa nemmeno una lacrima). Perché anche se alcune cose non funzionano per niente, come per esempio il background della Bruni Tedeschi (anche se la scena con la sua famiglia è perfetta), certe cose che riguardano il personaggio della Ramazzotti, il modo in cui fanno pace e certi personaggi di contorno, grazie proprio a Virzì, che in verità nasconde qualcosa in più, applicando abbastanza efficacemente infatti certi stilemi della commedia all'italiana al suo cinema, con una certa raffinatezza in più nella composizione dell'inquadratura (l'uso dello specchietto retrovisore ad un certo punto, la profondità di campo, ecc.), esso riesce a non rendere un film italiano la solita commediola. Seppur essa si avvia comunque spesso sulla china del già visto. Dopotutto il precedente film di Virzì rifletteva sulle stesse dinamiche, è vero, Il Capitale Umano però aveva un respiro sociologico di ben altra portata, questa è solo una bella storia.
Una storia in cui se non fosse per le due attrici protagoniste (a dir poco impeccabili), niente probabilmente mi sarebbe piaciuto. D'altronde è inutile nasconderlo, questo film mi ha lasciato un pochino interdetto, perché oltre all'ottima recitazione, poco mi ha convinto, soprattutto in due cose. In primis, se paragonata a quanto viene raccontato, la durata del film è decisamente eccessiva, e in secondo luogo troppe volte e in diversi frangenti la sceneggiatura manchi davvero di mordente, sfiorando a tratti la noia. Ma per fortuna c'erano loro due, giacché le due attrici protagoniste, perfettamente in parte e in stato di grazia, si sono rivelate due grandi interpreti. Sorprendente la Tedeschi (vincitrice per questo di un David di Donatello, meritato non saprei per certo avendo visto pochi dei film premiati), brava a rendere il suo personaggio leggero e (allo stesso tempo) intenso nei momenti di pazzia, dando perfettamente vita a due personaggi di differente personalità, una più docile, sensibile e una più aggressiva, la quale nasconde una forte fragilità e senso di vuoto, di disagio. Non tanto invece la Ramazzotti, forse perché in qualche modo siamo abituati a vedere la Ramazzotti nelle vesti di una persona instabile (Il nome del figlio tra i più recenti) e quindi non stupisce più di tanto. Piccola menzione va invece a Valentina Carnelutti, conosciuta per aver interpretato il ruolo di Veronica nella fiction Squadra Antimafia, che nel film impersona Fiamma Zappa.
Quest'ultima è la psicologa che si occupa di Beatrice e Donatella e che sembra l'unica (o quasi) ad avere a cuore la loro salute. L'attrice, grazie alle sue doti recitative infatti, ha dato vita a un personaggio vero, intenso. Una figura che ognuno di noi vorrebbe avere accanto nella propria vita (magari in altre vesti) e uno dei pochi che abbia lanciato un messaggio di speranza, c'è sempre qualcuno su cui poter contare. Nessuno è solo. Comunque tutte le attrici, in un modo o in un altro, hanno contribuito a regalare al pubblico italiano un progetto in ogni caso emozionante ed abbastanza funzionante. Anche perché seppur poco mi ha coinvolto emotivamente, a più persone avrà sicuramente emozionato, e non è poco. Infine, è giusto citare un particolare davvero interessante, nel film infatti ci sono gustosi rimandi al lungometraggio Thelma & Louise. D'altronde, se le protagoniste non fossero due pazze conclamate, si potrebbe pensare che sia una sorta di reboot (per quanto riguarda il viaggio da loro intrapreso) del progetto diretto da Ridley Scott nel 1991. Non è un caso difatti che il soprannome del film è "Thelma & Louise nel mondo dei lunatici". Per questo e nonostante ciò il film è consigliabile solo a un pubblico adulto a causa dei temi affrontati, quali l'amore senza confini, la voglia di riscatto, la pazzia (alcune scene è meglio che siano vietate alla visione dei bambini), la voglia di vivere e di cambiare, ma anche di ricominciare e di trovare quella felicità che entrambe ricercano da tempo. Tutto per un film certamente piacevole e vedibile, ma personalmente e probabilmente non il miglior film italiano da anni a questa parte, ha vinto forse meritatamente il David di Donatello (in tutto ne ha vinti 5), ma non è il migliore film italiano visto quest'anno. In ogni caso la sufficienza è più che meritata, ma non gridate al capolavoro. Voto: 6,5

2 commenti:

  1. Ciao Pietro! A me sinceramente il film è piaciuto molto!
    Concordo con te sul fatto che il punto forte sia sicuramente la bravura delle attrici, ma ho apprezzato parecchio anche la storia.

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    1. Ciao! La storia effettivamente è bella, anche se personalmente non così forte o intensa come credevo, ma certamente apprezzabile ;)

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