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mercoledì 11 ottobre 2017

Indivisibili (2016)

Calato in un contesto di squallore (quello della Campania del malaffare, sordida e disperata, volgare e trash) che ben si sposa con la vicenda, che segue la storia di due gemelle siamesi (senza organi in comune), sfruttate dalla loro squattrinata famiglia (padre, madre e zii) che le "usa" per esibizioni e cerimonie religiose, anche se loro vorrebbero una vita normale, Indivisibili, drammatico film italiano del 2016 di Edoardo De Angelis, grazie appunto al racconto della loro passione e desiderio di libertà, che commuove ed esalta, e del loro slancio di fuga dalla ribalta, verso la normalità, che ci impone rispetto insegnandoci la dignità, riesce a fare breccia. Dopo Jeeg Robot infatti, il cinema italiano sforna un altro piccolo gioiello, anche se da non dimenticare tra i film italiani visti quest'anno il riuscitissimo Perfetti Sconosciuti e il comunque discreto La Pazza Gioia, seppur personalmente non mi ha convinto. Quello che convince è il regista, che al terzo lungometraggio si conferma (dopo il discreto debutto di Mozzarella Story e la buona opera seconda Perez) come uno dei registi più interessanti del panorama nazionale. Giacché Indivisibili con la forza del desiderio di libertà delle due ragazze, in cui famiglia e religione non offrono alcun conforto, ma anzi sono parte integrante di una gabbia a cielo aperto, rappresenta il film più compiuto di questo regista, capace di dare sostanza ai personaggi facendoli interagire in simbiosi con il contesto, anche se qui nonostante la ulteriore capacità di centrare storie ambientazioni, calca nuovamente un po' troppo su toni e situazioni (un po' più di controllo esalterebbe maggiormente le vicende raccontate, e qualche grevità in meno non guasterebbe). Indivisibili però e fortunatamente è una storia più forte e ricca di spunti e simboli, l'immagine delle due sorelle siamesi (le classiche galline dalle uova d'oro per un padre sfruttatore) che caratterizza tutto il film è visivamente potente e umanamente toccante. E quando un medico introduce il dubbio nelle due ragazze (soprattutto in una delle due, più coraggiosa e ribelle), il film fa esplodere nella storia la voglia di fuga da quel mondo asfittico e mefitico delle due protagoniste, interpretate in maniera eccezionale dalle giovani esordienti Angela e Marianna Fontana, due interpreti sorprendenti e indimenticabili.
Tuttavia, tutti gli interpreti danno il meglio di sé, dall'odioso padre-padrone alla fragile madre e a Peppe Servillo, il medico appunto, che ben comprende la drammatica situazione e che scatena nelle due ragazze sentimenti contrastanti dal desiderio di libertà secondo due precise e distinte volontà al senso di appartenenza reciproca all'angoscia della solitudine e dell'abbandono, e che si percepisce nell'ultima sequenza del film per la spettralità degli ambienti rappresentati. Dopotutto il giovane e talentuoso De Angelis sceglie volutamente (e con efficacia) di raccontare la storia di Daisy e Viola come immerse in un limbo senza uscita, un limbo paludoso e grottesco in cui ci si imbatte in personaggi alla deriva. Un paesaggio quasi post-apocalittico che però per nostra sfortuna non è post apocalittico. E' reale. E in questo squallido scenario reale non c'è traccia di istituzioni, niente scuola per le due gemelle, niente autorità o forze dell'ordine ad aiutarle, niente fede e religione. O meglio la religione c'è, ma non c'è la fede...c'è solo consumismo, superstizione, esibizionismo e tanta tanta cattiveria. Nessuna via d'uscita o di fuga quindi, poiché Daisy e Viola sono "ammanettate" in questa desolazione così come lo sono l'una all'altra. Un oppressione ed impossibilità che viene resa bene non solo grazie alle bellissime immagini fluide del regista ma anche grazie alla solita (efficace) sceneggiatura di Nicola Guaglianone, il quale sembra ribadirci più volte, attraverso le varie situazioni opprimenti, come non esista appunto via di fuga. In alcuni momenti particolarmente toccanti poi, i pianti rabbiosi dei protagonisti ricordano quello disperato di Ilenia Pastorelli con le immagini di Jeeg Robot (che lo sceneggiatore conosce bene avendo scritto in collaborazione) proiettate in faccia. Per fortuna però in questo mondo ci sono Daisy e Viola e soprattutto ci sono l'una per le altra.
Il film infatti, sostenuto dalla bravura e dall'intensità delle sue due giovani attrici, racconta una storia (di libertà e di paura, di possesso e di frustrazioni) che, sospesa tra bellezza e bruttezza, tra attrazione e repulsione, fa breccia nel cuore dello spettatore e ci rimane, nonostante alcuni problemini e un finale meno incisivo di quanto poteva essere. Anche perché a parte la storia, di originalità non c'è né quasi traccia, la pellicola difatti, assomiglia a tanti altri prodotti italiani che si sono distinti nel panorama cinematografico internazionale. Condivide, ad esempio, con Reality e Gomorra di Matteo Garrone la stessa ambientazione e il fatto di essere recitato quasi interamente in dialetto (tanto da richiedere l'inserimento dei sottotitoli che qui purtroppo non ci sono, giacché a tratti si ha difficoltà a seguire i dialoghi senza, su questo punto un vero peccato). Per fortuna la vicenda di queste due bellissime ragazze, appassiona e non ti lascia più. La pellicola procede infatti con un ritmo riflessivo ma inesorabile, De Angelis insomma avvolge lo spettatore con una regia caratterizzata da lunghi e intensi piani-sequenza. Per tutta la prima parte il racconto è di un realismo drammaticamente coinvolgente. Verso il finale, invece, forse ci si perde in un ulteriore rallentamento che sembra quasi immobilizzare la narrazione. Tutto ciò non va, però, a discapito della tensione, che sale inesorabilmente verso delle scene finali dall'impianto tragico (perché nonostante una sceneggiatura che, specialmente nella seconda parte, si sviluppa in modo non troppo convincente, riesce a costruire un racconto decisamente organico e discretamente strutturato). Il tono diventa quasi quello di una rappresentazione sacra votata al martirio (d'altronde in una delle sequenze finali sono portate in processione come due madonne con le mani sanguinanti). Un contesto sociale così opprimente che obbliga a pensare alla morte come unica possibilità di liberazione.
La "liberazione" di due sorelle che sognano Los Angeles e vorrebbero cantare Janis Joplin, invece delle tristi canzoni che scrive per loro il padre (poeta come lui ama definirsi). L'avidità che muove i genitori infatti (nonostante entrambi, soprattutto il padre, che altresì ha un problema con una certa dipendenza, si siano arricchiti sfruttando la specificità fisica delle figlie, che comunque preferiscono restare nella loro spoglia e povera casa ma piena all'inverosimile di elettrodomestici da cucina mai utilizzati) li spinge a far credere alle due ragazze che saranno per sempre "indivisibili", come il titolo di una delle loro (bellissime) hit, cantata spesso come bis nelle loro performance dal vivo. Ma ovviamente era solo una questione di tempo prima che la "verità" venisse ed esplodesse fuori, come la notevole drammaticità della messa in scena. A tal proposito, ad aiutare l'ottima messa in scena del regista ci pensa una straordinaria colonna sonora che oscilla tra la maestosità drammatica e le sonorità neo-melodiche. Le drammatiche fasi del film vengono infatti ottimamente accompagnate dalla voce epica e suggestiva di Enzo Avitabile (vincitore per questo di un David), che, arricchisce con rara poesia le sensazioni dello spettatore del film di nostalgica fierezza e consapevolezza delle umane sofferenze (anche se splendide sono tutte le musiche, originali e non). In conclusione un buonissimo film, e, ultimo ma non ultimo, un funzionale cast, dopotutto la recitazione è uno degli elementi vincenti. Le due gemelle (in realtà non siamesi) Angela e Marianna Fontana difatti, forse aiutate dal dialetto, sono perfettamente nella parte (una sorpresa davvero bella). Mentre i ruoli dei genitori sono gestiti con grande forza e padronanza da Antonia Truppo (vincitrice nuovamente del David come migliore attrice non protagonista dopo Lo chiamavano Jeeg Robot) e Massimiliano Rossi. In sostanza, Indivisibili (film dal messaggio triste e senza speranza, ma assolutamente da vedere) è un prodotto sopra la media del panorama contemporaneo (non per caso si vincono 6 David di Donatello), in grado di restituire uno spaccato delle realtà più misere della nostra società. Poco originale in molte dinamiche, non smette mai, però, di emozionare grazie ad un ottimo comparto tecnico. Voto: 7,5

14 commenti:

  1. Complimenti per la bella recensione.
    Altro film da aggiungere alla lista di quelli da vedere...prima o poi.
    Una cosa non ho capito , ma il film è tutto in dialetto senza sottotitoli?
    Spero tu stia bene ,ciao Max

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    1. Grazie...è da recuperare infatti, ne vale la pena ;)
      Sì esatto, e a volte non si capisce tanto quello che dicono, anche se il discorso si capisce ugualmente :)
      Tutto bene grazie, spero tu altrettanto, ciao ;)

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  2. Cavolo.
    Non lo conoscevo.
    Senza speranza... dovrebbe quasi allontanare e invece avvicina. Perché forse più cose al mondo sono senza speranza, o forse lo sono solo nei film.
    Voto alto, film particolare per come lo hai descritto, mi piacerebbe vederlo.

    Moz-

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    1. Chissà perché ma non ne dubitavo :D
      I film sono sempre altro, non sempre è credibile ma il più delle volte quello che dice vale tanto :)
      Sì abbastanza particolare, voto alto perché coinvolge tanto ;)

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  3. Io ne avevo già sentito parlare benissimo ma non l'ho visto, anch'io lo aggiungo alla lista di quelli da vedere..

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    1. Ultimamente se né parlato tanto effettivamente, anche grazie ai David vinti, ma anche prima giustamente ;)

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  4. Stupendo, per me una delle visioni più belle degli ultimi mesi.

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    1. Di questo mese anche per me certamente, anche se ho tanti grandi film da vedere ancora ;)

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  5. Bella recensione Pietro, conoscevo questo film solo perché ha vinto il David di Donatello, ora lo guarderò sicuramente!😊

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    1. Grazie, in effetti grazie a quello si è fatto molto più conoscere, e meritatamente, buona visione ;)

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  6. a me non era piaciuto perché mi era sembrato troppo, troppo, troppo angosciante :(

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    1. Ti capisco, perché lo è tanto effettivamente...ma a me è stato l'effetto opposto :)

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  7. La scena finale è senz'altro una delle più memorabili viste quest'anno.
    Bellissimo.

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