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giovedì 5 luglio 2018

Billions (3a stagione)

Se c'è una serie di cui praticamente quasi nessuno (a parte me) ha parlato è Billions, se c'è una serie che praticamente quasi nessuno (a parte me) ha visto è Billions, se c'è una serie che meriterebbe certamente più attenzione (a parte quella che ho dato io anche nelle stagioni precedenti) è Billions, se c'è una serie che ha mantenuto alto il livello e ad ogni stagione ha migliorato sempre più (per ulteriori rimandi leggere la recensione della prima qui e della seconda qui), quella serie è Billions, la serie della Showtime infatti, andata in onda dal 13 aprile su Sky Atlantic e conclusasi settimane fa, anche in questa terza stagione (che riconferma la qualità di una serie che purtroppo come detto viene seguita fin troppo poco) sorprende gli spettatori raccontando (nuovamente) delle storie tremendamente attuali, usando i personaggi come specchio della società. Una società quella Americana che sta cadendo (nuovamente) sotto la stessa immagine che si è creata, quella di liberatrice e ispiratrice di giustizia e libertà. Qui i soldi e la politica contano e Billions ce lo fa vedere nel modo più crudo possibile con innocenti che finiscono (nuovamente) nel fuoco incrociato. Non a caso forse, lo scoglio principale da superare in questa serie non è solo quel senso di ripetizione continuo dei suoi schemi di base che potrebbe stancare il pubblico considerando anche la difficoltà di seguire le dinamiche finanziarie e certi termini ostici usati, ma anche perché incentrare lo show sul mondo dell'alta finanza e sottigliezze giudiziarie poteva essere per forza di cose un'idea folle, malsana e destinata ad affondare, fin troppo complessa da digerire per lo spettatore avulso da nozioni di economia. Eppure anche questa stagione ha trasformato il suo potenziale tallone d'Achille in un punto di forza. Questo perché la trama, i personaggi e lo stesso andamento di Billions sono studiati, calcolati e scritti così minuziosamente da rendere comprensibile il suo universo mutevole e incerto, senza che ciò comporti una semplificazione eccessiva del complesso mondo che la serie ritrae. Rimane sempre un telefilm imperniato sulla sua originale complessità e ricercatezza, stilistica e non, ma costantemente decifrabile con un piccolo sforzo, che spalanca (nuovamente) le porte ad uno dei migliori drama/thriller in circolazione, anche grazie ad un solido, eccezionale e bravissimo cast, che in questa terza può contare nelle sue fila del grande John Malkovich, un perfetto boss mafioso russo.
Una terza stagione che riparte dagli eventi della stagione passata in cui Chuck Rhoades (Paul Giamatti) assestava un potente colpo al suo avversario Bobby Axelroad (Damien Lewis), finito sotto l'occhio dei "suoi" vertici della procura, fatto che lo ha allontanato dal padre e dagli amici, ma è servito a dimostrare tutta la sua forza e la sua caparbietà. La terza stagione di Billions prosegue quindi sul percorso tracciato dalle prime due, con la sfida continua tra i due protagonisti, i loro colpi di genio, le mosse avventate e l'estrema voglia di prevalere non solo sull'altro ma sul mondo intero. Tuttavia tutti i personaggi dovranno riconsiderare le loro possibilità, che siano quelle di affondare definitivamente il nemico o quelle di poter tornare a respirare, perché l'arroganza a volte è controproducente. Non a caso Billions è una serie tv arrogante come i suoi due protagonisti, che si sfiorano, si inseguono senza quasi mai incontrarsi. Una serie tv sullo spietato mondo della finanza, senz'anima e senza cuore, un mondo che corrompe anche Taylor (Asia Kate Dillon), geniale personaggio non qualificabile in un genere, progressista, vegana che cede il suo genio alla speculazione dell'Axe Capital e nella terza stagione, con Bobby alle corde, sarà chiamata a prendere in mano la società. Non c'è spazio per una coscienza nel mondo della finanza. Non c'è un personaggio positivo in Billions, e forse neanche serve. Ma come detto, i due maschi alfa mostrano, anche in questa terza stagione (e forse più delle altre), come il loro più grosso limite è la loro più grande forza: la sicurezza, l'arroganza, la voglia continua di distruggere l'altro, di prevalere, di emergere, di conquistare un posto rilevante nel mondo che conta. Bobby Axelroad nella terza stagione infatti, egli che deve anche affrontare una controversa pratica di divorzio da sua moglie (interpretata sempre splendidamente dalla sempre bella Malin Akerman), è un animale ferito che vuole vendicarsi e deve dimostrare che sarà stato anche colpito ma non abbattuto. Chuck Rhoades invece è il vincitore che è volato così in alto che rischia di precipitare senza più avere una rete di supporto che possa salvarlo, egli che, sarà costretto a venire meno ai suoi principi (per quanti ne possa ancora avere) quando arriva un nuovo Procuratore Generale, Jock Jeffcoat (Clancy Brown).
Egli che, si troverà stretto quindi nella morsa di un superiore che aspira solamente ad obbiettivi politici, mentre Brian (Toby Leonard Moore), sempre e comunque smanioso di rivincita proprio verso il suo mentore, insieme a Oliver Dake (Christopher Denham) deve perseguire Axelroad, in un caso (e processo) che ha più ombre oscure che punti in luce. A tal proposito, il processo (per sabotaggio e manipolazione del mercato azionario), un vero e proprio scontro frontale tra queste due titaniche personalità, occupa intensivamente la prima metà del terzo ciclo di puntate, puntate che mostrano anche una nuova e intrigante prospettiva con cui osservare le vicende, giacché controversa (altresì peculiare) sarà la posizione in cui si ritroveranno i due contendenti, essi infatti legalmente non potranno comandare in prima linea i propri uomini, il primo per non cadere in un'accusa di conflitto di interessi visto l'impiego della moglie Wendy (una  sempre straordinaria, magnetica, Maggie Siff) presso la AxeCap, il secondo per una forzata cessione della sua licenza di commercio. Nonostante ciò assistiamo ad un legal drama confezionato con i fiocchi, ricca di colpi di scena, di tensione, strategie disperate e alleanze inaspettate. Una guerra senza pause e senza esclusione di colpi, un meraviglioso turbinio di pathos che farà emergere il lato più depravato delle pedine sulla scacchiera, persino le più insospettabili, pronte a tutto pur di far valere la propria retta crociata, imprimendo nella loro anima cicatrici indelebili, sensi di colpa devastanti, oppure soltanto stimoli a scavare ancora di più pur di ottenere ciò che si vuole. Non a caso la seconda parte della stagione è dedicata alle conseguenze del processo. E se c'erano dubbi che Billions non riuscisse in tal senso a dare il meglio di sé tenendo separate le storyline di Chuck e Bobby, giacché nei periodi di (relativa) quiete le parti dedicate al miliardario e al suo fondo di speculazione soffrivano, sprofondando in situazioni procedurali molto fini a se stesse, non accade in questa terza stagione, se si esclude qualche piccolo passaggio a vuoto. E in verità era anche ora che questa parte dello show fosse curata al pari delle altre, che ci fosse un plot forte a guidare le vicende giornaliere dei dipendenti che lo spettatore ha imparato a conoscere e ad apprezzare, che non si risolvesse tutto come una delittuosa attesa della prossima stoccata di Chuck.
Tuttavia e certamente, il ritmo continua a non essere perfettamente bilanciato, giusto un pizzico di pausa più del necessario per riprendere a pieno regime e confluire in un finale impetuoso e magistralmente orchestrato (seppur stranamente prevedibile), ma è solo una sottile ombra su una serie che ha finalmente dispiegato il suo intero potenziale, dimostrando una volta per tutte di essere entrata non per caso nel ristretto circolo delle migliori produzioni in corso. Proprio perché questa terza stagione è riuscita nel difficile compito di superare in complessità ed intreccio la seconda, che già si era dimostrata solida e con ottimi dialoghi. Addirittura la battaglia formale/informale tra Chuck e Bobby passa in secondo piano quando i due si trovano quasi costretti a fare fronte comune. In tal senso le due interpretazioni di Damien Lewis e Paul Giamatti sono (nuovamente) fenomenali, sono l'incarnazione dei due popolari ragazzi della scuola che un po' si apprezzano tra di loro, ma che profondamente sono così simili che si odiano, proprio questo elemento è stato il perno della seconda stagione e anche in questa terza Brian Koppelman, David Levien e Andrew Ross Sorkin (non imparentato col più famoso Aaron) riescono ad alzare ulteriormente la posta in gioca per i due rivali/bulletti e a metterli in estrema difficoltà su due lati opposti della barricata, un lavoro magistrale che solo grazie a delle solide interpretazioni e dei dialoghi splendidamente scritti, dopotutto la serie, che continua comunque a giocare con i dialoghi sopra le righe, gli scambi improbabili e artificiosi, le affermazioni estemporanee pronunciate per bocca del solito impassibile Axelrod o del suo solito sboccato assistente Mike Wagner (ma lo fa fa per alleggerire una trama che più di una volta intraprende sentieri faticosi da seguire, o semplicemente non interessanti, anche se strano a dirsi tutto è abbastanza semplice e lineare da capire), non punta sull'eccessiva estremizzazione delle storie, o sulla bellezza tecnica, quanto più sulla potenza della scrittura e delle interpretazioni.
D'altronde l'ottimo lavoro fatto con personaggi come Brian (che in evidente difficoltà farà scelte alquanto controverse), Wags (sempre difficile a trattenersi e a regalare divertenti siparietti), Taylor (solito genio sociopatico che ci piace odiare e ammirare al tempo stesso) e Wendy (che in questa stagione diventa ancora di più il perno su cui girano Chuck e Bobby, colei a cui affidano le decisioni e colei di cui hanno bisogno per portare avanti decisioni difficili e passi che farebbero inorridire chiunque, ormai anche lei è dentro e non ne può uscire) nelle due precedenti stagioni qui si sente. Ognuno di loro ha infatti il proprio percorso e il suo ruolo in una macrostoria che è ancora più grande degli stessi personaggi. Una storia, una terza stagione, che si dimostra perciò appassionante tanto quanto la seconda e riesce a consegnare parecchi colpi di scena nella maniera che solo Billions sa fare, ossia nascondendoli in piena vista e svelandoli piano piano. Una stagione per questo curata in ogni suo aspetto, perché certo, non mancano alcune défaillance (qualche piccola sidestory è ancora un po' fine a se stessa, il ritmo non è sempre bilanciato alla perfezione, la colonna sonora è meno "potente" delle precedenti), ma tutto il resto è al posto giusto e squisitamente confezionato. Insomma (nonostante il tema), uno dei migliori thriller/drama in circolazione, senza alcun dubbio. Giacché riuscire a rendere interessante una serie basata sull'economia reale dei fondi speculativi e di tutto quello che gli gira intorno, con le dovute modificazioni per il bene della narrazione non è un lavoro facile e sarebbe stato ancora più impossibile senza un mosaico di personaggi (e in tal senso non solo ottimi sono le interpretazioni di Lewis e Giamatti, ma anche quelle degli altri membri del cast come David Costabile e Asia Kate Dillon, e ovviamente John Malkovich) tanto ampio quanto ben definito nel suo ruolo e nella sua psicologia, ma Billions ci riesce, ed anche abbastanza degnamente. Perché anche quest'anno abbiamo guardato nell'abisso che sono i fondi speculativi e guardando al suo interno lui ci ha sorriso, così tanto che non vedo l'ora di rifarlo, rivederlo nuovamente nella quarta, ormai già annunciata, stagione. Voto: 7,5

3 commenti:

  1. Avevo visto la primissima puntata in inglese (non sottotitolato, quindi capendoci poco) e avevo intuito le intriganti potenzialità. Avevo allora deciso di aspettare il passaggio in italiano ma, purtroppo, tra una serie e l'altra non sono mai riuscita a considerarla con la giusta attenzione. Non escludo un recuperone!

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    1. All'inizio anch'io ero titubante, ma puntata dopo puntata mi ha conquistato ed ora non vedo l'ora di vedere la quarta, anche se molto probabilmente passerà un anno ;)
      La mia attenzione l'ha sempre avuta e spero davvero riuscirai a recuperarla, perché ne vale davvero la pena :)

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  2. Più che ottimo, quest'anno poi la presenza di John Malkovich non passa inosservato ;)

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