Pagine

giovedì 15 novembre 2018

[Cinema] Il livello della commedia italiana moderna (Test secondo)

E' successo nuovamente, Sky ha ulteriormente proposto ai suoi spettatori e mandato in onda alcune commedie italiane a pochi mesi dalle sale, è così non ho resistito per riprovare con il test già effettuato ad agosto (qui) sulla qualità, sul livello raggiunto dalla commedia italiana moderna. Ebbene, sarà stata una coincidenza o meno, ma nuovamente il risultato è stato il medesimo, perché ancora una volta solo una commedia su 4 riesce nel suo intento (come potrete vedere dalle mie recensioni), solo una commedia riesce a raggiungere la sufficienza piena (di più è alquanto raro), mentre la metà sono da bocciare (probabilmente era meglio non produrre nemmeno) e l'ultima da "rimandare". Il cambio di rotta insomma non c'è stato, anzi, se contiamo anche Sono Tornato dell'altro giorno (che in verità farebbe parte della rassegna cinematografica proposta da Sky ai suoi clienti) la situazione è anche peggiore. E tuttavia non tutto è da buttare, anche se questa volta a salvare la situazione non c'è Edoardo Leo, ma sorprendentemente qualcuno del tutto inatteso che è riuscito, anzi, sono riusciti a salvare la baracca. Trattasi di Gennaro Nunziante e Fabio Rovazzi che, evitando di esser volgare e proponendo invece qualcosa di genuino, semplice ed efficace, sono incredibilmente riusciti appunto a consegnarci a noi pubblico una commedia che, lontana dalle classiche commediole italiane, riesce nell'intento di far sorridere, un po' riflettere e divertire, senza per questo proporre o far vedere volgarità, vietandone in tal senso (anche se ormai lo sdoganamento è completo) la visione ai minori, ma un qualcosa di fruibile a tutti, che senza grandi difficoltà può far piacere a chiunque, soprattutto a chi da una commedia cerca soprattutto lo svago e il divertimento senza grosse pretese, e farlo con lo scopo ultimo di far ridere il suo pubblico senza esagerazioni inutili. Ebbene il film ci riesce anche senza essere un qualcosa di eccezionale, al contrario delle altre, ma per saperne di più meglio leggere.
Dopo qualche sceneggiatura (la più rilevante è quella di Smetto quando voglio, di Sydney Sibilia, 2014) e alcune regie di cortometraggi, ecco il debutto nel lungometraggio per Valerio Attanasio, un lungometraggio, Il tuttofare (film del 2018), ambizioso, un tentativo di raccontare in chiave di satira sociale certi aspetti distorti dell'Italia contemporanea, dalla tremenda difficoltà dell'inserimento lavorativo per i giovani fino alla corruzione che permea incontrastata gli alti piani del potere. In alcuni momenti il lavoro risulta assolutamente azzeccato, altrove invece è risaputo, tutt'altro che inventivo e quindi poco convincente. Giacché la vocina fuori campo del protagonista, le blande strizzate d'occhio allo spettatore (e non solo), tolgono originalità e rendono un po' meccanico il tutto, soprattutto a ridosso del finale, quando entra in scena il consueto ricorso fumettistico alla mafia. Perché certo, Sergio Castellitto è quasi perfetto, come altre volte, nella parte del gaglioffo in fondo simpatico, nella parte di un uomo che ciancia di merito ma porta avanti le peggio pratiche clientelari (offre favori e ne chiede di continuo), sfruttando giovani disperati alla sua mercé (tra questi un giovane avvocato di nome Antonio che sarà costretto addirittura a sposarsi) e distribuendo a caso promozioni o bocciature agli esami, anzi, se non ci fosse stato il film avrebbe perso molto (praticamente si regge grazie a lui, lui che sembri, e bene ricalcare, le orme dei grandi attori della grande commedia all'italiana), ma questo accentramento attoriale mette in cattiva "luce" tutti gli altri protagonisti, su tutti Guglielmo Poggi, che seppur funzionale e azzeccato nel ruolo del coprotagonista non viene aiutato dalla sceneggiatura pienissima di parole più che di battute folgoranti, e queste, quasi sempre affidate ai big, Castellitto ed Elena Sofia Ricci nella parte della moglie (molto brava ed efficace) che insomma non danno spazio (tra l'altro debolissimi) ai comprimari (tra questi la sensuale Clara Alonso) di aggiungere qualcosa ad una storia già debole di sua. Fra le pecche principali c'è infatti la storia, che dopo una prima parte con alcuni spunti gustosi prosegue affastellata di siparietti male abbozzati e colpi di scena sempre meno credibili, che portano il povero Antonio sempre più nei guai, fino al quasi finale già anticipato nell'incipit. Il tuttofare poteva inserirsi in quel filone di commedie sul precariato, da Generazione mille euro al già citato Smetto quando voglio (che ne è sicuramente l'esempio migliore per i temi affrontati), con varianti interessanti sul cinismo dei "baroni" e delle classi privilegiate, invece, il regista debuttante punta così tanto su stranezze, episodi sopra le righe e gag tanto scatenate quanto sempre meno divertenti e, appunto, credibili con il passare dei minuti, da far perdere ogni equilibrio possibile al film. A quel punto può succedere di tutto, non gli si crede più e difatti certi colpi di scena, non ingannano nessuno. Davvero un peccato quindi, un'altra occasione persa per far ridere (anche di più di quanto non avvenga qui, davvero poco nella seconda parte del film) e anche "castigare i costumi". Come appunto riusciva a fare, benissimo, il primo Smetto quando voglio che si deve anche alla penna dello stesso Valerio Attanasio. In tal senso e per questo un po' di indulgenza se la conquista giusto perché è all'esordio, e perché le doti di scrittura comunque le ha e tutto sommato anche di regia (sperando però le usi meglio nelle prossime occasioni), e in verità siccome brutto questo film non è, anche se qualcosa in più doveva e poteva tranquillamente esserci, la bocciatura non c'è. Voto: 5,5
Partiamo dal presupposto che, per potersi godere questa pellicola, bisogna necessariamente resettare la propria opinione riguardo la figura di Fabio Rovazzi, io l'ho fatto e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso, perché facendolo (e quindi vedendo il tutto senza pregiudizi) vi ritroverete di fronte ad una simpatica commedia leggera e spensierata, mai volgare (ed è un vero e proprio miracolo visti i tempi che corrono, dove bisogna arrivare ai limiti della decenza e del decoro per provare a far ridere il pubblico) e con un accenno di critica sociale che non guasta (quasi) mai. Il vegetale infatti, film del 2018 diretto da Gennaro Nunziante, non vuole raccontare la crisi del posto fisso e dei cervelli in fuga dall'Italia come invece accadeva con Quo Vado? (anche se non troppo velata è la critica sociale rivolta al mondo del lavoro incapace di voler puntare sui giovani e sulle loro idee, lasciandoli abbandonati al proprio destino), bensì una storia politicamente corretta dalla comicità appena abbozzata, tutta incentrata sulla figura minuta e apparentemente fragile di Fabio Rovazzi, qui in veste di attore e non di creatore di tormentoni web come "Andiamo a Comandare" e "Tutto molto interessante". Interessante, appunto, in questo film, è la storia del giovane Fabio, laureato in Scienze della Comunicazione, pieno di sogni e speranze, che cerca un lavoro consono ai suoi ideali e del suo coinquilino, Nicola (efficacemente interpretato da Pinuccio alias Alessio Giannone, l'inviato barese di Striscia la Notizia), che invece si accontenta di fare un lavoro qualsiasi come le consegne per conto di un ristorante giapponese. Fabio, ben presto, è costretto ad accettare come il suo amico (in tal senso il duo che si crea è senza dubbio il più divertente e meglio riuscito dell'opera, e sa far ridere lo spettatore ogni volta che appare sullo schermo) un lavoro qualsiasi e inizia così a consegnare dei volantini, venendo poi selezionato per uno stage particolare. Coinvolto in un rapporto difficile con il padre e con la sorella, viziata e petulante, il ragazzo cercherà di barcamenarsi in un mondo a lui nuovo e difficile quello degli adulti, del lavoro e della difficoltà nel gestire vari aspetti di questa condizione che più di una volta, non solo per colpa sua, lo lasciano inerme come un "vegetale". E insomma seppur la pellicola ha un non so che di già visto, e in verità non è priva di piccoli inciampi, ad esempio alcune scene abbastanza stereotipate che segnano la differenza tra provincia e città come e anche la sdolcinatezza di alcune scene alla "volemose bene" e saggezza popolare annessa che ogni tanto escono fuori contrapponendosi agli squali cinici e senza valori del mondo del lavoro, la suddetta riesce a funzionare. Perché non sono necessarie battute a sfondo sessuale, politico o infarcite di volgarità (nessuna scena erotica, nemmeno un bacio) per far ridere lo spettatore. Non è un caso infatti che la commedia segua lo stile di humour pacato e genuino già ampiamente visto nelle passate opere di Nunziante con Zalone one man show, un humour (donato, oltre che ad un ritmo equilibrato, privo di punti di sospensione sostanziali, anche dalle improbabili coppie che si formano con il protagonista) che seppur totalmente diverso dall'irriverenza del talento comico pugliese, riesce, tramite un protagonista acqua e sapone, capace di racchiudere in sé il classico esempio del giovane italiano docile, onesto ma facile da raggirare (una specie di Ugo Fantozzi dei nostri tempi, prendete con cautela però quest'ultima affermazione), a colpire e divertire. Il film infatti, divertente grazie anche ai dialoghi brillanti, che risulta dunque una rappresentazione, sia pure parecchio fantasiosa, della contemporanea situazione generale del nostro Paese, giacché questo tema così serio e delicato viene qui affrontato appositamente in maniera lieve ed ironica tale da non rattristare lo spettatore, sebbene non impedendogli di riflettere, è riuscito. Riuscito sostanzialmente sia perché il giovane milanese (che sebbene limitato da un'evidente inesperienza attoriale e cinematografica ha una flemma e un'ironia naturale che lo aiutano ad entrare abilmente nel personaggio) riesce a far ridere più volte il pubblico, senza dover utilizzare i soliti artifizi triti e ritriti delle commedie nostrane, sia perché il regista, prediligendo la naturalezza e permettendo ai suoi interpreti di improvvisare, modificare in parte i dialoghi, crea una recitazione più naturale e rilassata, anche agli altri protagonisti (da Luca Zingaretti a Antonio Bruschetta, fino alla piccola Rosy Franzese). Sì ovviamente non sarà il massimo (anche perché se da una parte Nunziante vuole raccontare una storia di cattiverie gratuite e cinismo dilagante, dall'altra rassicura lo spettatore con un happy ending dal sapore agrodolce), ma questo film tutto sommato godibile e divertente, merita più considerazione e certamente la sufficienza. Voto: 6
Togliamoci il dente subito: siamo lontani anni luce dalla produzione aurea di Carlo Verdone. Siamo ad un altro livello, indubbiamente più basso, differente nelle dinamiche comiche e nella realizzazione dei personaggi. In tal senso è certo che se si guarda il film con questa consapevolezza si riesce ad apprezzare una commedia sentimentale leggera che scorre fluida e senza particolari spunti comici, e comunque gradevole (più o meno) nella sua semplicità, ma obbiettivamente è la solita commedia mediocre dell'ormai ex grande caratterista Romano degli anni '80, che da anni a questa parte ha definitivamente perso la bussola e la propria verve comica e registica, anche perché Benedetta follia, film del 2018 diretto da Carlo Verdone, con protagonisti lo stesso Verdone e Ilenia Pastorelli, non propone niente di originale, già formule simili, di contrasto e simpatia, tra opposti si erano viste in altri film del regista romano, come "Maledetto il giorno che t'ho incontrato", o "Io Io, Lara e loro"  e "Posti in piedi in Paradiso", con risultati altalenanti, ma stavolta Verdone, come purtroppo gli capita sovente negli ultimi tempi, non riesce a lasciare il segno, i personaggi sono tratteggiati in modo troppo grottesco e caricaturale, malgrado l'ottima performance della Pastorelli, che dimostra anche un buon "feeling" con Verdone. Il problema è però riscontrabile soprattutto nella storia, troppo sfilacciata, frammentaria e stiracchiata, in più la sceneggiatura zoppica, peraltro, la scena musicale "allucinata", anche se tecnicamente valida e con coreografie accurate, resta avulsa rispetto alla trama. Una trama che, raccontando di Guglielmo che, proprio il giorno del loro anniversario (sono sposati da venticinque anni) viene a sapere dalla moglie del tradimento di quest'ultima con la commessa di Guglielmo, e che quindi avendo perso moglie e commessa, egli offre il posto di lavoro (nel suo negozio ecclesiastico) a Luna, ragazza romana con problemi di denaro, e che dopo un inizio problematico, quest'ultimi riescono ad entrare in simbiosi, sia a lavoro che nella vita privata, al punto che lei lo aiuta a cercare una nuova compagna (anche se con risultati spesso tragicomici), dopo un inizio abbastanza inusuale ed interessante, inizia a sbracare. Già nei vari "incontri al buio" si susseguono incontri con donne sopra le righe e al limite della patologia in cui l'umorismo è (ahinoi) davvero di grana grossa, con scivolate di cattivo gusto (una rischia di passare alla storia, in negativo) che dopo 40 anni di carriera il comico romano potrebbe evitare. Quanto ai velati ma evidenti accenni anticlericali sono tanto prevedibili (la suora laica bigotta, l'amore di vescovi e cardinali per il lusso, pure qualche allusione ad altri "vizietti") quanto banali, come di chi strizza l'occhio a chi già la pensa così (senza capire quanto possa irritare altri spettatori). Quindi c'è una scena musicale e "allucinata" (causa pasticca in discoteca) davvero imbarazzante, che vorrebbe citare Il grande Lebowski, ma che ricorda invece Dumbo (in negativo però). Scena "folle" che introduce il cambiamento del protagonista, fin lì piegato dal rimpianto, con un'evoluzione mal narrata e poco credibile. Evoluzione simboleggiata da una vecchia moto finalmente tirata fuori dal garage e che si dovrebbe approfondire con l'amore per una nuova donna "normale": ma a questo punto intervengono una serie di sterzate, controsterzate e colpi di scena (con puntata "pericolosa" in un locale di Ostia finita con un pestaggio) che appesantiscono sempre di più il film. Un film in cui la riflessione, che non capiamo quanto vorrebbe essere colta, su un amore che finisce e una vita da riprendere in mano, non si spinge oltre ad un patetico incontro tra il Verdone d'oggi e un Verdone giovane e pseudo ganzo che allo specchio lo convince che bisogna vivere, non esistere. E quando finalmente si decide a darsi alla pazza gioia, la "benedetta follia" del titolo si esplica in una corsa in moto e una gita a Ostia Lido a fare il bagno in un mare marrone da far ribrezzo. Carlo Verdone è un regista/attore simpatico e di qualità, che ha saputo raccontare i nostri costumi sociali, con stile, ironia e garbo, dunque spiace stroncare i suoi film, tuttavia per onore di obbiettività (come anticipato all'inizio), non si può non prendere atto, che sta attraversando un periodo di scarsa ispirazione artistica. Infatti anche Benedetta follia finisce nell'elenco dei suoi titoli minori, che sprecano una serie di intuizioni e spunti e anche un paio di momenti godibili. Soprattutto spreca l'ottima performance di Ilenia Pastorelli (scegliere le attrici e dirigerle bene è sempre stato un suo punto di forza). Non è mai stato l'equilibrio il valore primario dei suoi film, ma in quelli migliori i difetti si dimenticavano volentieri grazie a una maggior leggerezza, a un'idea forte o a un finale che rimaneva impresso. Qui, purtroppo, tutto ciò non avviene. Voto: 5
Dopo vari tentativi più o meno riusciti (anzi, quasi nessuno) come attore non protagonista, ecco Frank Matano cimentarsi nei vesti di attore protagonista (e di sceneggiatore insieme al "suo" regista) in una commedia del 2018 di produzione sfortunatamente italiana. Una commedia scatenata e un po' folle in cui ogni verosimiglianza è abbandonata in nome del rischio e del tentativo di impostare una comicità slapstick il più possibile pirotecnica e fracassona. Forte appunto dell'apporto registico fresco e pimpante del fido sodale Matteo Martinez, consueto "braccio" tecnico dietro tutti i progetti salienti della sua fortunata carriera sul web, egli gigioneggia senza remora alcuna, ma il registro del demenziale gli sfugge quasi sempre di mano e la corrosività fumettistica del film si accartoccia puntualmente su se stessa. Le trovate molto coreografate non mancano, ma Tonno spiaggiato somiglia troppo spesso a un lunghissimo e interminabile sketch unico, nemmeno troppo riuscito, che di tanto in tanto si appoggia pretestuosamente al politicamente scorretto. Il risultato finale è pericolosamente in bilico tra sitcom e black comedy, con un'indeterminatezza controproducente. Tonno spiaggiato infatti, che racconta di un comico che, lasciato dalla ragazza a causa delle sue battute negli spettacoli sulla sua stazza, cercherà in tutti i modi di riconquistarla (anche e soprattutto in modo non proprio ortodosso) fa davvero ribrezzo. Giacché in Tonno spiaggiato, Matano e Martinez organizzano una storia-base semplice, anzi esilissima, e la riempiono solamente poi di situazioni, gag e personaggi, puntando molto sul demenziale mischiato (malamente) con il surreale, con una spruzzata di trucchi ed effetti tecnici sempre più virati su un "comico noir" quasi inedito in Italia. Senza negarsi riferimenti parodistici di vario tipo (quando Francesco si traveste da prete l'atmosfera diventa alla Dan Brown, o meglio ricorda i film tratti dai suoi libri). Il risultato è strampalato e moscio, con pochi momenti divertenti (il finto sacerdote straniero doppiato dal celebre Luca Ward) e alcuni fortemente irritanti (l'anziana e garbatissima signora che non riesce a evitare di bestemmiare quando perde la pazienza). E ha due gioielli sprecati in un film così modesto. Il primo è il personaggio di Niccolò (interpretato dal bravo Niccolò Senni), miglior amico di Francesco che vive con il padre e si veste da donna, precisamente come la sua mamma di cui non accetta la dipartita, un personaggio questo sì surreale e a tratti divertente, e perfino toccante, ma inserito in modo forzato e incongruo nella storia. L'altro, più funzionale, è quello di zia Nanna, anziana e terribile vecchietta interpretata da un vero uragano: Lucia Guzzardi, caratterista di lungo corso (nota per aver doppiato in siciliano Claudia Cardinale ne I soliti ignoti e L'audace colpo dei soliti ignoti) che a oltre novant'anni ottiene per la prima volta una parte importante. Ma è fin troppo brava, tanto da mangiarsi il film e risultare debordante. Soprattutto, senza poter salvare quello che rimarrà come un tentativo, forse coraggioso, di far qualcosa di nuovo sul fronte della comicità italiana. Però, senza riuscire a far ridere (e senza ambizioni più profonde), un film comico non può certo dirsi riuscito. Perché i "registi" (a questo punto) hanno cercato di emulare film come Austin Power, Scemo + Scemo, ma anche le parodie di Scary Movie, costruendo un film basato esclusivamente sulla risata, ma quello che ne esce è qualcosa di davvero tremendo. Tanto che il paragone con lo sfortunato, ma ben più intelligente e innovativo, Omicidio all'italiana di Maccio Capatonda (fatte salve le cifre comiche molto diverse dei due attori) rende l'idea di come Tonno spiaggiato sia un film finito in fretta alla deriva, che non riesce a valorizzare le poche idee buone ed è oltre tutto appesantito da un finale davvero terribile. Voto: 3,5

22 commenti:

  1. oooh mi piace che hai stroncato Frank Matano, Bro-Fi, come direbbe Cassidy! Emulare le parodie di Scary Movie..già son pesanti quelle .E condvido che tu abbia definito "intelligente e innovativo" Omicidio all'italiana, per me i due film di Maccio sono molto interessanti..ma forse sono di parte io.
    Il vegetale sai che mi incuriosisce? Rovazzi non mi piace come cantante (diciamo così :D, siamo però sul 3,5 o forse anche meno), però non ho nulla in contrario su di lui come personaggio né tantomeno come attore in film che naturalmente non hanno obiettivi alti.
    Poi per carità, ci sono personaggi dei primi grandi fratello che sono diventati bravi attori, quindi lo stesso Rovazzi può diventare un buon attore di commedia.
    Lo vedrò comunque per farmi un'idea.
    (sì, ci sta il paragone - seppure alla lontana - con Fantozzi eh)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Stroncare sì, anche se poi in verità mi fa anche ridere in tv, qui però esagera davvero troppo! E comunque ritengo Omicidio all'italiana sopravvalutato, è meglio certo ma non tantissimo...
      Non mi piace neanche a me come detto come cantante, tuttavia per il ruolo è stato perfetto, e per quanto riguarda le doti recitative, lasciamo comunque perdere, non ha la stoffa per fare altri tipi di film se non questi...

      Elimina
    2. Ma sì dai, non tutti i film devono essere d'autore.
      Peggio di Boldi non può fare, ahahah!

      Elimina
    3. Boldi è ormai cotto da tempo, e peggio è impossibile fare :D

      Elimina
  2. Quindi Rovazzi ha fatto il Grande Fratello?
    Non ho ben capito, perché non seguo i reality da almeno dieci anni. Ihihih
    Scherzi a parte, non ho visto nessuno di questi film ma Matano mi sta veramente sulle palle. Il suo modo di parlare mi snerva all'ennesima potenza, un po' come accade per la Chiabotto.
    Comunque, tra questi darei uno sguardo solo a "Il Tuttofare", perchè Castellitto è sempre Castellitto.
    Magari cambierei canale dopo appena venti minuti, ma ci proverei.
    Per tutti gli altri, passo volentieri.
    P.S. Quel Rovazzi, GF o no, può far compagnia al Matano.
    In bagno. Quando ho problemi di stitichezza.
    E sì, sarà lo stress, ma a volte mi succede. :P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, non ha fatto GF ma ha solo un po' rotto con le sue canzoni, per fortuna il film è lontano anni luce ed è decisamente migliore ;)
      Per quanto riguarda il resto, effettivamente Castellitto rimane nonostante il film non eccezionale un grande e che sulla voce di Matano, non è quello il problema maggiore :D

      Elimina
  3. Di questi sono curioso del film del buon Carlo nazionale, ormai gli sono affezionato tipo uno zio, anche se non sarà fra le sue opere migliori... Frank Matano ricordo che è stato un fenomeno di Youtube con la sua comicità volgare (Crozza ne faceva un'imitazione molto azzeccata), insegna che non sempre questi fenomeni sono trasferibili in altri media, vedi anche gli altri youtubers che quando sono ospiti in trasmissioni tv fanno tutta un'altra figura che sul tubo..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Siamo affezionati un po' tutti a Verdone, ma è meglio chiuderla se non cambia registro...
      Già, non tutti ci riescono, alcuni ce l'hanno fatta, ma Matano non è capace...

      Elimina
  4. Li hai massacrati tutti, e invece secondo me Il Tuttofare può essere davvero figo.
    Gli altri in effetti non li vedrei (anche se amo Nunziante, da ben prima che esistesse Zalone).

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Massacrati tutti no, uno l'ho salvato, anche se anche lì i difetti ci sono ;)
      Il tuttofare è figo sì, ma all'inizio, poi esagera....mentre non esagera Nunziante, e se si cerca qualcosa di leggero il suo film fa perfettamente al caso :)

      Elimina
  5. Non sono proprio un'amante del filone commedia , sia italiana che straniera, ma a volte mi capita di vederli come nel caso del " tuttofare" che è scivolato via abbastanza piacevolmente anche per merito del solito bravo Castellitto.
    Non ho visto gli altri, e sarà una sorpresa per me vedere Rovazzi in un ruolo più consono a se stesso senza cadere nelle solite gag.
    Ho volutamente scartato Verdone, che io adoravo, ma sinceramente i suoi ultimi lavori , mi hanno deluso ricordandolo come uno dei migliori autori della commedia italiana. Certo lo vedrò, mi sembra di mancare un appuntamento ormai consolidato.
    Ho seguito la tua recensione di " Tonno spiaggato" chissà potrebbe essere una sorpresa
    Come sempre grazie Pietro
    Una serena serata

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì beh, per fortuna che c'era Castellitto, altrimenti sarebbe stato peggio...su Verdone siamo sulla stessa linea, ma purtroppo al prossimo suo film dovrò pensarci bene se vederlo o meno...
      Personalmente Rovazzi è stata una sorpresa in positivo, in negativo invece Tonno Spiaggiato...ma chissà come dici ;)
      Grazie a te, serena serata a te, ciao :)

      Elimina
  6. Io l'unico che vedrei è "Il vegetale" perchè Rovazzi mi sta simpatico! 😊

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In controtendenza, e tuttavia faresti bene, perché il film è tanto simpatico e leggero ;)

      Elimina
  7. Dovrò dare una possibilità al film di Rovazzi, dato che più di qualcuno mi ha detto che non è male e che lui è meglio come attore che come cantante...Del resto non mi ha mai convinto questa moda di portare al cinema, personaggi che nulla hanno a che fare con la settima arte, ma che il successo televisivo spinge i produttori a volerli in film di dubbio gusto...E infatti non sopporto Matano come attore, che poi lui mi è anche simpatico, ma come attore proprio non mi va giù...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, non è male come attore, vedere anche le pubblicità per capirlo, buffo ma simpatico ;)
      E su Matano attore invece, ecco, è come Alberto Tomba.. :D

      Elimina
  8. Ciao Il vegetale l’ho visto al cinema costretto da mia figlia che allora aveva nove anni.
    Per lei è stata una delusione per me invece una piacevole sorpresa.
    Come ha scritto te è un film che per un ora e mezza non senti manco una parolaccia per sbaglio.
    Per quello che ne so io anche ben recitato.
    Per il tema che tratta e cioè il lavoro e il precariato fa sorridere a denti stretti.
    Apprezzo pure Barbara D’urso che appare in un cameo recitando se stessa , figurati.
    Bravo anche Rovazzi a recitare se stesso.
    Lui è proprio così, l’ho visto intervistato da Fazio e ha confessato di non avere mai studiato canto o recitazione , di essersi trovato al posto giusto e al momento giusto , di essere stato fortunato e di non avere problemi ad ammetterlo.
    Ha sempre confessato che gli piacerebbe stare dietro la telecamera ed essere interessato alla regia .
    Ora che ha i mezzi per provare a farlo sta studiando .
    Le canzoni saranno stupide o furbe fin che vuoi.
    Ma quell’estate , sempre costretto da mia figlia c’era la piazza strapiena di ragazzini e adulti ( costretti anche loro) per uno Summerfestival dove era ospite e che dopo un ora d attesa in piedi ha cantato dal vivo su base registrata le sue tre canzoni.
    Un quarto d’ora e poi ha salutato tutti...timidamente, quasi impressionato per la folla di gente.
    C’è ne fossero di tipi come lui nell’ambiente dello spettacolo che nonostante il successo restano comunque umili.
    Bravo Rovazzi.
    Ps. mia fortunatamente dopo è rinsavita ..adesso ascolta altra musica .

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, beh guarda indubbiamente Rovazzi ha avuto la fortuna di nascere nella generazione giusta, ma soprattutto un plauso va a chi gli sta dietro, che non ha sbagliato praticamente nulla ;)

      Elimina
  9. io non sono una grande amante delle commedie italiane: unica eccezione Checco Zalone.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ultimamente sono solo quelle infatti che riesco a digerire senza problemi ;)

      Elimina
  10. Sì ma pure tu spari sulla croce rossa! Già dai titoli e dalle locandine si capisce che sono film da evitare 😆
    Non avrei dato un soldo a Rovazzi e invece, mi hai sorpreso. Mentre avrei puntato su Verdone, anche se le ultime pellicole le evito, preferendo le repliche delle sue storiche.
    Comunque non guarderò nessuna delle due 😝

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E appunto, sembravano da evitare, e tre lo sono certamente, ma quell'unico da non evitare son contento di averlo visto ;)

      Elimina