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martedì 13 novembre 2018

Lui è tornato (2015) & Sono tornato (2018)

L'idea alla base del film (e del libro best-seller da cui è tratto) è semplice ma geniale. Infatti Lui è tornato (Er ist wieder da), film del 2015 diretto da David Wnendt e basato sull'omonimo romanzo di Timur Vermes, ipotizzando che Adolf Hitler improvvisamente faccia ritorno sulla Terra propone una satira geniale, una critica sociale molto forte, in un film davvero interessante, dissacrante e al tempo stesso inquietante. Difatti il film, che appunto vorrebbe rispondere a quel semplice interrogativo che troviamo sulla locandina italiana (e non solo) del film, ovvero "Cosa potrebbe succedere se Adolf Hitler si risvegliasse improvvisamente in un pomeriggio berlinese, oggi?", muovendosi tra il grottesco e il drammatico, riesce a far sorridere ma soprattutto riflettere. Proprio perché il film, un film necessario che deve essere fatto vedere (la gente deve vederlo e deve riflettere), fa una satira molto intelligente, che fa davvero riflettere sull'importanza e la pericolosità anche (e soprattutto) dei mass media, sulla politica e la società moderna, sulla paura del diverso. In tal senso, sicuramente un bel rischio quello che si è voluto assumere il regista che, maneggia un'idea senza dubbio interessante, ma con un coefficiente di difficoltà elevato che avrebbe potuto portare la pellicola sul pericoloso campo minato dell'empatia e della comprensione nei confronti del Fuhrer, mitizzando una figura che ancora oggi rappresenta per il popolo tedesco, un tabù. Invece, il suo lavoro muovendosi sempre sull'orlo del precipizio, mischiando commedia, documentario, satira, grottesco con una miscela spesso molto vicina alla deflagrazione, riesce anche a fare di più. Giacché il film, film in cui molte sono le tematiche messe alla berlina, dalla politica alla società, dai rappresentanti di partito alle idee popolari (fino alla potenza pericolosa del mezzo televisivo), mette in guardia l'esser umano su come sia assurdamente facile ripiombare nell'oblio nazista se non si sta attenti. Anche perché secondo scrittore e regista se Hitler si risvegliasse sarebbe certamente inizialmente disorientato, ma impiegherebbe poco a rimettersi in carreggiata, aggiornarsi sulla situazione politico-sociale della sua amata patria e riconquistarsi l'attenzione dei tedeschi facendo comizi in televisione in prima serata, inoltre, come se non bastasse, gli argomenti del redivivo sarebbero accolti con entusiasmo dal pubblico, che lo scambierebbe giustamente per un attore, ed egli finirebbe per assicurarsi la fama di "combattente della democrazia" grazie a un'aggressione subita da alcuni neo-nazisti sin troppo zelanti.
E infatti, Hitler in qualche modo riappare ai giorni nostri (cosa sia è avvenuto non si sa, e in fondo non incide sull'operazione di Vermes, e anche del film) e si ritrova in una Germania completamente cambiata, invasa dai turchi secondo lui, con una leader inadeguata, con un Partito Nazionalsocialista che ormai non è più quello di un tempo e con nessun in grado di riportare la Germania agli antichi splendori. Quindi grazie all'aiuto di un reporter (che vorrebbe diventare regista) disoccupato che si chiama Fabian Sawatzki, Hitler cerca di riconquistare simpatia presso il popolo tedesco, va alla televisione, intervista la gente comune chiedendoli quali sono i loro problemi con la Germania moderna e ottiene tantissima popolarità. La gente lo scambia per un comico ma viene acclamato lo stesso, sarà solo l'inizio. Ed ecco quindi che l'Hitler di Oliver Masucci (bravissimo nell'ottima serie Dark), credibile fisicamente (notevole la somiglianza fisionomica) e negli atteggiamenti, risoluto, inflessibile, laconico nell'esprimere le proprie idee, si muova fiero per le strade della capitale, da luoghi celeberrimi come la Porta di Brandeburgo a scorci di tutti i giorni (edicole, bar) a intervistare (tramite lo stile del falso documentario) persone vere (e qui sta la genialità) chiedendoli dei problemi e vedendo un po' cosa ne pensa della Germania attuale (il tutto senza copione alcuno, assistendo per questo a reazioni ogni volta differenti, e non tutti edificanti). In tal senso è ovvio, che ad abbondare sono le trovate comiche, si va dal blitz in lavanderia allo spray al peperoncino che una "madre tedesca" spruzza negli occhi del povero Hitler, dalla commozione per la scoperta di Wikipedia (l'enciclopedia vichinga, per lui) all'incontro coi deludenti nazisti-vegani. E poi c'è il linguaggio antiquato del protagonista, spesso retorico e militaresco, intonato enfaticamente come nei discorsi dell'originale, il suo esprimersi attraverso stilemi e lessico da Terzo Reich. Per il resto l'ironia lascia spazio alla satira, che costituisce la dimensione principale dell'operazione Lui è tornato. David Wnendt si serve del fantasma più ingombrante della storia tedesca per tentare una diagnosi della società contemporanea e il risultato è appunto tutt'altro che edificante. Da una parte quando il Fuhrer si mette a girare tra la gente per tastare il polso dell'identità politica dei propri connazionali, si imbatte in una serie di commentatori xenofobi e razzisti che non possono che esaltarlo. Dall'altra il suo punto di vista straniante condanna la deriva gastronomica di una televisione priva di contenuti, che è un "insulto all'intelligenza" e collima perfettamente con apatie e superficialità culturali diffuse. Non è un caso che, tra battute mai scontate, sospeso tra il comico e il tragico, Lui è tornato descriva perfettamente la società odierna: una massa talmente tanto intenta in selfie, talk show, reality, video amatoriali, condivisioni in rete e vite parallele sui social da non rendersi conto del ritorno del vero Fuhrer sulla Terra. E che quindi, di fronte a un contesto degradato, persone soggiogate dalla frustrazione per la situazione politica, economica e sociale potrebbero farsi conquistare da un'ideologia come quella nazista, sarà mica possibile? Eppure per questo, per far comprendere alle persone del pericolo di tutto ciò, che quest'opera divertente e al contempo riflessiva, che fa dei mezzi di comunicazione di massa un boomerang per raccontare una società sempre più confinata nella dimensione virtuale, ignara alla realtà dura e difficile e alla politica sempre più classista, tanto confusa da trasformare la figura di Hitler in un fenomeno mediale (peccato soltanto che si tratti di un dittatore sanguinario e spietato), è necessario vedere. Perché certo, il film, che rimane una satira geniale, una critica sociale forte e intelligente, un film interessante con una eccellente performance di Olivier Masucci nei panni di Hitler (era dai tempi di Charlie Chaplin che il dittatore nazista non veniva rappresentato con questa verve), non è perfetto, giacché seppur dissacrante ed irriverente, a tratti, tende ad arenarsi perdendo quel mordente e quell'interesse che per molta parte della pellicola tengono in pugno lo spettatore, inoltre tutti i personaggi di contorno, secondari, personaggi come il reporter/regista, l'assistente, il direttore, il vicedirettore che è il cattivo del film (quest'ultimo davvero ridicolo per come è scritto a mio parere) sono tutti poco interessanti, ed infine che il film in verità non fa tanto ridere, non ho riso molto guardando il film, anche se forse non era questo l'obbiettivo del film, non voleva essere un film esilarante, e tuttavia qualche scena c'è da dire che fa sorridere, alcune anche ridere (soprattutto l'omaggio fantastico ad una scena ormai mitica), insomma me l'aspettavo più divertente (e comunque non un grosso problema), ma è un film meritorio e assolutamente degno di essere visto. Voto: 7
Dopo Benvenuti al Sud (e al Nord), Luca Miniero tenta nuovamente la carta del remake. Stavolta alza il tiro, prende spunto dal tedesco Lui è tornato di David Wnendt (2015), tratto a sua volta dal bestseller di Timur Vermes, in cui viene raccontato il ritorno di Adolf Hitler nella Germania moderna, e ipotizza lo stesso scenario cambiando dittatore e paese d'appartenenza. Peccato che Sono tornato, film del 2018 diretto dal regista napoletano e scritto dallo stesso e Nicola Guaglianone, non sia della stessa qualità e che non riesca a raggiungere la sufficienza. Luca Miniero infatti purtroppo si accontenta di scimmiottare l'originale tedesco (che viene ripreso quasi pedissequamente, e filologicamente, per tutta la parte iniziale) e dimentica di costruire delle solide basi drammaturgiche volte a finalizzare una critica costruttiva e ragionata. Il film difatti, che racconta e ipotizza appunto del "ritorno" di Benito Mussolini, Mussolini che, creduto da tutti come una specie di comico, e che dopo avere girato il paese desideroso di conoscere la nuova realtà che ha di fronte, diventa una star televisiva e del web (le sue invettive, i suoi discorsi, le sue idee espresse nella stessa maniera che gli anni del ventennio e fedeli alla sua visione politica, diciamo così, fanno facilmente presa sulla popolazione italiana che assiste divertita ma allo stesso tempo anche affascinata da questo uomo forte e lontano dalla classe politica cui sono abituati e che come sempre viene rappresentata come incapace e priva di idee, contenuti e ideali e interessata solo a badare ai propri interessi), per colpa della mancanza di un buon approfondimento di argomentazioni di spiccato carattere politico e sociale e colpa della qualità anche a livello di produzione sicuramente più scadente, non riesce a fare del tutto centro. Come se non bastasse, allo stesso tempo la pellicola è priva di quei connotati ideologici di un paese come la Germania, dove il nazismo costituiva chiaramente un tabù, che lì venivano affrontati con dei toni più netti e argomentazioni politiche, storiche e sociali che considererei, comunque all'interno dei toni grotteschi complessivi dell'opera, sicuramente più brillanti e interessanti, al contrario, quella che sembrerebbe proporre questo nuovo "Mussolini" appare più come una classica lotta contro la "casta" ma anche contro un certo qualunquismo diffuso, di cui tuttavia poi allo stesso tempo egli si giova usandolo per il proprio tornaconto e la sua scalata verso il successo e la popolarità, come del resto già accaduto e in una riproposizione della storia passata del nostro paese. Da questo punto di vista allora si resta in bilico nel giudicare più o meno negativamente questo film, film in cui la simpatia e goliardia prevale sul contenuto grottesco dell'opera principale. Proprio perché il film, tecnicamente piuttosto fiacco e buttato li (di ben altra struttura scenografica e tecnica di girato si avvaleva il pur non inarrivabile, ma decisamente migliore originale tedesco sopra accennato), si circonda di figurine inconsistenti che, se da una parte permettono al grande attore Massimo Popolizio di sfogare tutto l'istrionismo del caso e della situazione, con ironie e sarcasmi opportuni, ma anche facili, tutti telefonati tanto appaiono prevedibili, dall'altro, al contrario, sottolineano il vuoto che, oltre la figura del duce, si crea attorno a questa pellicola abbastanza scialba. Sono tornato infatti è un continuo mostrare quanto gli italiani siano ignoranti per questioni che riguardano la politica, l'integrazione, la memoria storica, facendo (è proprio il caso di dirlo) di tutta l'erba un fascio. Peggio ancora, quell'ambiguità intrinseca nel modo italico di pensare alla Storia non è sciolta del tutto, anzi è amplificata ulteriormente da scelte narrative discutibili (non si ha l'impressione che Miniero voglia condannare i movimenti neofascisti, e se era davvero quello l'intento, cinematograficamente parlando il messaggio non arriva affatto). Spiace anche per la grandissima interpretazione di Massimo Popolizio, che riesce nel difficile compito di non scadere mai nella macchietta o nella banale imitazione di un personaggio giullaresco come quello del Duce (la sua versione di Benito Mussolini è totalmente personale e personalizzata, per questo molto più credibile e realistica). Da rivedere invece sia Gioele Dix e Stefania Roccameri personaggi di pura routine e facciata, visti mille volte, scritti frettolosamente, senza serbare nulla di interessante addentro ai rispettivi personaggi senza spessore o sfaccettature. Lo è anche Frank Matano, anche se il comico casertano è senza dubbio il male minore del film, anzi sono proprio quei momenti che lo vedono lontano dal vero protagonista a far rifiatare lo spettatore che per tutta la durata si sentirà indeciso sul messaggio veicolato (ma sicuro delle proprie convinzioni, siano esse di destra o di sinistra). Il problema, semmai, giace proprio nella struttura narrativa (soggetto e sceneggiatura, quest'ultima anche premiata, sono firmati dal regista insieme a Nicola Guaglianone, artefice di ben altri film, sicuramente migliori) in cui quest'ultimo va a inserirsi, costituita dalla solita storiella sentimentale, che dopo un inizio nella norma si sfalda e rimane irrisolta (anche se era così anche nell'originale, qui però si nota di più). In definitiva, quello di Luca Miniero è un ritratto svogliato e pressappochista (quando non esplicitamente populista) dell'Italia, dei suoi difetti e delle sue eterne contraddizioni politiche, in cui non emerge mai un'altra faccia della medaglia o una speranza di cambiamento. Perché certo, non manca una certa semiseria riflessione di fondo, la volontà di farci (sor)ridere a denti stretti riguardo ad un Paese dalla memoria corta e troppo puerilmente soggetto a condizionamenti televisivi o da capobranco (da Mangiafuoco del paese dei balocchi), ma al film mancano le basi cinematografiche e stilistiche necessarie per poter slanciarsi in riflessioni pertinenti e mature di tale calibro. E quindi non pessimo ma rimandato. Voto: 5,5

15 commenti:

  1. Era ovvio che insieme sarebbe stato meglio, tuttavia vederlo uno dietro l'altro non consiglio...
    E per quanto riguarda il tuo commento al film tedesco non posso che essere d'accordo ;)

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  2. Questo è un film che guarderei sicuramente, sebbene nel momento storico che stiamo attraversando, in cui il razzismo è all'ordine del giorno e ogni occasione è buona per fare scandalo, forse non sarebbe una scelta intelligente.
    In ogni caso, il nazismo rappresenta da sempre la pagina storica che più mi ha affascinata e quindi, li vedrei entrambi anche solo a mo di approfondimento.
    Non stento a credere che quello italiano sia qualitativamente ben peggiore dell'altro, ma sai come la penso sul cinema nostrano....

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    1. Nessun momento è mai buono in verità per parlare di un passato inglorioso della civiltà umana, e tuttavia per questo che dovrebbero vederlo tutti almeno una volta.
      Ha sempre affascinato anche me, anche se per tutto quello che riguarda la seconda guerra mondiale e non solo il nazismo.
      Se tu pensi già così sul nostro cinema, figuriamoci io, soprattutto in ambito commedia..

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  3. Non li ho ancora visti, certo se passano in tv ci posso anche dare un occhio..sicuramente sono entrambi tremendamente attuali!

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    1. Anche troppo attuali in verità, non a caso sono entrambi (a parte la qualità) inquietanti per questo...
      Se passeranno non lo so, ma da vedere sono sicuramente ;)

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  4. Ho visto solo il secondo e debbo dire di essermi spaventato assistendo alla pochezza e all'ignoranza degli italiani che esce fuori dalle scene diciamo così "documentaristiche"

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    1. Eh già, eravamo e siamo ancora popolo di analfabeti, o al massimo di ignoranti....

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  5. Ho visto solo la versione italiana e devo dire che, seppur con evidenti problemi, riesce a difendersi e a passare il suo bel messaggio. Tecnicamente non siamo davanti ad un filmone, ma si può dire che ci si può accontentare XD

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    1. Sì, il messaggio è chiaro e forte anche in quello italiano, però quello tedesco è meglio ;)

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  6. Notevole la differenza di giudizio sui due film.
    Diciamo che prima che ridere, vogliono far riflettere, benché tutto sommato siamo abbastanza consapevoli delle storture dell'uomo moderno.
    Devo vederli entrambi e ho anche il libro pronto per la lettura sul kobo, ma ammetto che forse il film rende di più, visto che possiamo proprio vederci Hitler sullo schermo (l'attore che lo interpreta)

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    1. Sì, in effetti è abbastanza strano visto lo stesso taglio, stesso tema e stesso incipit il giudizio differente, ma purtroppo la versione italiana è meno compatta e poco d'impatto..

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  7. Non sapevo nulla del film tedesco fino a che non è uscito nelle sale il film italiano che lo richiamava.
    In realtà non posso esprimere un giudizio su nessuno dei due neppure ora perchè alla fine non li ho visti (o meglio, ho visto solo i trailers), però mi dispiace che sia stata un'occasione sprecata per il cinema italiano questa qui. Lo scrivi tu ma l'ho letto anche su altri blog o siti di cinema. Peccato perchè tra l'altro Massimo Popolizio a me piace molto, è un attore bravissimo. E peccato perchè poteva scaturirne una vera e produttiva satira per far ragionare un poco noi polpolo di stolti e purtroppo assai spesso troppo ignoranti.
    Magari se ho modo vedrò il film originale tedesco.
    Ciao :)

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    1. Ciao, diciamo comunque che una vera e produttiva satira fa il film tedesco, e non serva in verità essere di una nazione o l'altra (di un dittatore o l'altro), il messaggio è universale, ecco perché dovrebbe essere assolutamente visto, evitando forse di vederne il remake italiano ;)

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  8. Non lo so, non mi attira ma mi hai catturato quando hai scritto della critica alla società moderna (social, selfie, ecc.), forse un giorno gli darò una possibilità.
    Il remake italiano invece avevo intuito dal trailer e dalle mille clip (è come se lo avessi visto) che si trattasse di un film più incentrato sulla comicità, però credevo ci fosse una critica pesante verso neofascismo e similari (che semplice gente che si è semplicemente rotta i coglioni di tante situazioni), invece a te che hai visto il film, questo non è arrivato.

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    1. Sì, anche perché essendoci Frank Matano è difficile restar seri, e le critiche seppur arrivino, non sono esattamente efficaci..

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