Tema e genere: Horror tratto dal romanzo Pet Sematary, di Stephen King, che racconta una storia d'amore ma soprattutto morte.
Trama: La famiglia Creed si trasferisce in una piccola cittadina del Maine che sorge vicino ad un antico cimitero indiano in grado di far tornare in vita i morti. Un tragico incidente costringerà il Dott. Louis a seppellire un membro della famiglia e sarà l'inizio della sua discesa negli inferi.
Recensione: Esistono film di genere non perfetti, con difetti evidenti, ma che riescono comunque a ritagliarsi un posto nell'alveo dei cult non troppo trascurabili. In questo gruppo rientra Cimitero vivente, film del 1989, diretto da Mary Lambert e celebre adattamento del romanzo di Stephen King Pet Sematary pubblicato nel 1983. Gli adolescenti degli anni '90, amanti del brivido, con probabilità avranno visto per la prima volta questo titolo nella celebre rubrica Notti Horror di Italia 1 (e questo è uno dei motivi del perché ho scelto questo film per partecipare alla sesta edizione della Notte Horror, la quarta mia personale), i neofiti magari l'hanno recuperato in seguito, ma tutti avranno notato come, nonostante una sceneggiatura a volte lacunare e un ventaglio di interpretazioni caricate, Cimitero vivente sia un piccolo gioiellino che racconta al meglio quel che il cinema horror realizzava a fine anni '80. Tanto che in pieno revival '80 era più o meno scontato che ciò avrebbe suscitato anche 30 anni dopo, l'interesse di Hollywood nel rifarlo. Infatti, mesi fa è uscito il remake, perciò valeva forse la pena (ri)dare uno sguardo al film "originale", e così ho fatto (questo l'altro motivo del perché ho scelto questo film per la rassegna cinematografica tra blogger). Uscito nel 1989, il film appare come una produzione minore se paragonato ad altre incarnazioni (successive o precedenti) su celluloide dei lavori di King. Opere imprescindibili come Carrie - Lo sguardo di Satana di Brian De Palma, It (la miniserie) diretta da Tommy Lee Wallace e ovviamente Shining di Stanley Kubrick. A Cimitero vivente non è legato alcun grosso nome hollywoodiano: la regista Mary Lambert aveva alle spalle solo una lunga gavetta di video musicali (perlopiù di Madonna) e il nome più altisonante che appariva nel cast era quello di Fred Gwynne, che negli anni '60 era parecchio attivo soprattutto in tv. Ma contro ogni previsione Cimitero vivente è un film che riesce a terrorizzare oggi come allora, soprattutto per l'argomento che tratta, ovvero la difficoltà dell'essere umano di accettare la morte di un suo caro. I Creed sono la tipica famiglia medio borghese americana degli anni '80. Si trasferiscono in uno sperduto paesino di provincia (ovviamente nel Maine, dove sennò) dove le loro vite subiscono improvvisi traumi. Quando il gatto Churchill muore, il capo famiglia e il vicino di casa lo seppelliscono in un vecchio cimitero indiano in grado di riportare i defunti di nuovo in vita. In effetti la bestiola tornerà ancora a vivere, ma pervasa da un'anima corrotta e malvagia. Eppure ciò non frenerà il protagonista nell'affrontare lo stesso percorso quando a morire sarà qualcun altro. È tutta questione di essenza: gli stacchi di montaggio irruenti, la presentazione didascalica della famiglia medio-borghese americana, i momenti stereotipati non influiscono sull'atmosfera malsana e angosciante che si respira in Cimitero vivente. Complice di questa atmosfera l'argomento universale dell'accettazione del lutto, inserito in contesto sovrannaturale che si mischia lievemente anche con la storia dei nativi americani.
Stephen King ha raccontato che l'idea del romanzo gli è venuta quando il gatto di famiglia è deceduto e lui ha dovuto affrontare la reazione della figlia, assolutamente non pronta ad accettare questa perdita. Tra le altre cose Cimitero vivente è uno di quegli adattamenti che Stephen King digerisce (Shining di Stanley Kubrick ad esempio lo disprezza come ormai sapranno tutti), tanto che in una sequenza girata durante un funerale c'è anche un cameo dello scrittore di Portland. L'elemento soprannaturale viene introdotto a piccole dosi, andando di pari passo con la costruzione di un'orrore intangibile, impalpabile, eppure sempre più presente mano a mano che trascorrono i minuti sullo schermo. Il tema centrale dell'intera vicenda è la Morte, in tutte le sue declinazioni. Il terrore cresce e nella semplicità della messa in scena della seconda metà del film, il brivido si insinua come anche tutte quelle paure inconsce che affliggono l'essere umano da sempre. Il dolore, la disperazione e l'attesa che la sensazione di vuoto che la morte lascia dietro sé vada via sono ben introiettati dallo sguardo del protagonista, Dale Midkiff, che riesce a dare un volto alla follia. Il capofamiglia, un medico, viene perseguitato dallo spettro di un ragazzo che non è riuscito a salvare in sala operatoria. La moglie, da piccola, ha assistito alla morte della propria sorella maggiore, divorata da una grave malattia. Poi c'è la morte del gatto Churchill e il racconto del vicino di casa su quando lui stesso ha seppellito nel cimitero indiano il proprio cane deceduto. Ma è solo in seguito alla scena dell'incidente con il camion che il film decolla veramente e l'orrore (per quanto prevedibile) si manifesta in tutto il suo terrificante splendore. Bellissimi gli effetti speciali artigianali che fanno rabbrividire e quel make-up realizzato sulla presenza fanciullesca che ritornerà dalla morte con sete di sangue. L'idea di utilizzare un certosino indemoniato e il volto di un bambino di 3 anni per inscenare le scene più truculente non ha prezzo e lascia un velo d'angoscia addosso dopo la visione. Famosa la colonna sonora del film, con due brani del gruppo punk rock Ramones, il secondo è stato appositamente inciso per i titoli di coda del film. Resta invece un mistero insondabile la scelta dei distributori nostrani di cambiare il titolo Pet Sematary in Cimitero vivente, visto che a quanto pare l'omonimo romanzo di Stephen King era stato distribuito anche da noi con il titolo inglese originale e quindi, stando così le cose, cambiare quello della sua trasposizione cinematografica era un vero e proprio autogol annunciato. Meglio non parlare invece del sequel, di livello più basso, da parte dalla stessa Lambert appena un paio di anni più tardi. Bisogna parlare al contrario della scena finale, fantastica, seppur quasi vomitevole, e del volto contratto in una smorfia di cattiveria del piccolo Gage, che ha probabilmente perseguitato più di uno spettatore, oltre al fatto di non aver perso una sola oncia della sua malsana essenza anche se rivisto oggi, a quasi 30 anni dalla sua uscita, anzi, meglio di certi film moderni, che al contrario di questo non si dimenticano.
Regia: Partendo da un romanzo (a detta di molti) di qualità eccezionale, Pet Sematary, probabilmente uno dei migliori in assoluto di Stephen King, la regista Mary Lambert ne tira fuori una versione cinematografica solo parzialmente riuscita. Il lato positivo dell'operazione sta certamente nella buona resa del concetto di fondo intorno a cui "presumibilmente" (dico così perché non l'ho letto) girava il romanzo, e cioè la morte e la frustrante impotenza dell'uomo di fronte ad essa, oltre che ad un paio di scene genuinamente da brividi. Il segno meno lo applicherei invece ai dialoghi, spesso palesemente artificiosi, al povero controllo del mezzo da parte della giovane regista, e musiche che non aiutano certo a creare le giuste atmosfere. Eppure Mary Lambert riesce, nonostante tutto, dove tanti altri hanno fallito miseramente (nelle trasposizioni dei romanzi del Re dell'horror), e a questo bisognerebbe rendergli decisamente atto sempre.
Sceneggiatura: L'escalation di eventi è piuttosto chiara (ma non prevedibile), tuttavia la sceneggiatura (scritta dallo stesso King) si mantiene su buoni livelli sempre, anche se non mancano passaggi deboli. Cimitero vivente parla di quanto a volte sia fottutamente difficile accettare il concetto di morte, e l'ostinazione e la violenza con cui lo fa è il suo punto di forza.
Aspetto tecnico: Buoni i non molti effetti speciali (trucco). Le scenografie sono apprezzabili, soprattutto gli scorci notturni nebbiosi nei due cimiteri, quello degli animali e quello indiano. Da segnalare anche la colonna sonora, che presenta due brani dei Ramones, band amata da King, che per l'occasione scrissero un brano inedito dal titolo Pet Sematary, ascoltabile durante i titoli di coda.
Cast: Si evidenzia la bella interpretazione di Fred Gwynne nel ruolo di Jud Crandall, ma neanche tutti altri sfigurano troppo, a partire da Dale Midkiff e Denise Crosby, fino a finire a Susan Blommaert e Miko Hughes (il piccoletto).
Commento Finale: Cimitero vivente è ammirevole esempio di horror capace di inquietare sfruttando elementi basici, in grado di distorcere in maniera morbosa spaccati idilliaci tramutati in tane per gli incubi più neri. La difficoltà dell'accettazione della morte, il timore di essa, l'orrore nei confronti del dolore e della malattia, fanno di Cimitero Vivente un film per certi aspetti molto triste, ma che è diretto con una certa dose di ironia, che si evidenzia anche nello stile recitativo, molto "ottantiano", molto marcato e a tratti fin troppo televisivo e pacchiano. Ma nel complesso un film, crudo, forte, serio e angosciante che, senza troppe pretese, regala brividi ben costruiti, in grado di rimaner certamente impressi, risultando per questo un film alquanto particolare davvero imperdibile.
Consigliato: A parte che andrebbe visto a prescindere, consiglio la visione di questo cult di fine anni '80 soprattutto prima di visionare il remake uscito mesi fa.
Voto: 7
Recensione: Esistono film di genere non perfetti, con difetti evidenti, ma che riescono comunque a ritagliarsi un posto nell'alveo dei cult non troppo trascurabili. In questo gruppo rientra Cimitero vivente, film del 1989, diretto da Mary Lambert e celebre adattamento del romanzo di Stephen King Pet Sematary pubblicato nel 1983. Gli adolescenti degli anni '90, amanti del brivido, con probabilità avranno visto per la prima volta questo titolo nella celebre rubrica Notti Horror di Italia 1 (e questo è uno dei motivi del perché ho scelto questo film per partecipare alla sesta edizione della Notte Horror, la quarta mia personale), i neofiti magari l'hanno recuperato in seguito, ma tutti avranno notato come, nonostante una sceneggiatura a volte lacunare e un ventaglio di interpretazioni caricate, Cimitero vivente sia un piccolo gioiellino che racconta al meglio quel che il cinema horror realizzava a fine anni '80. Tanto che in pieno revival '80 era più o meno scontato che ciò avrebbe suscitato anche 30 anni dopo, l'interesse di Hollywood nel rifarlo. Infatti, mesi fa è uscito il remake, perciò valeva forse la pena (ri)dare uno sguardo al film "originale", e così ho fatto (questo l'altro motivo del perché ho scelto questo film per la rassegna cinematografica tra blogger). Uscito nel 1989, il film appare come una produzione minore se paragonato ad altre incarnazioni (successive o precedenti) su celluloide dei lavori di King. Opere imprescindibili come Carrie - Lo sguardo di Satana di Brian De Palma, It (la miniserie) diretta da Tommy Lee Wallace e ovviamente Shining di Stanley Kubrick. A Cimitero vivente non è legato alcun grosso nome hollywoodiano: la regista Mary Lambert aveva alle spalle solo una lunga gavetta di video musicali (perlopiù di Madonna) e il nome più altisonante che appariva nel cast era quello di Fred Gwynne, che negli anni '60 era parecchio attivo soprattutto in tv. Ma contro ogni previsione Cimitero vivente è un film che riesce a terrorizzare oggi come allora, soprattutto per l'argomento che tratta, ovvero la difficoltà dell'essere umano di accettare la morte di un suo caro. I Creed sono la tipica famiglia medio borghese americana degli anni '80. Si trasferiscono in uno sperduto paesino di provincia (ovviamente nel Maine, dove sennò) dove le loro vite subiscono improvvisi traumi. Quando il gatto Churchill muore, il capo famiglia e il vicino di casa lo seppelliscono in un vecchio cimitero indiano in grado di riportare i defunti di nuovo in vita. In effetti la bestiola tornerà ancora a vivere, ma pervasa da un'anima corrotta e malvagia. Eppure ciò non frenerà il protagonista nell'affrontare lo stesso percorso quando a morire sarà qualcun altro. È tutta questione di essenza: gli stacchi di montaggio irruenti, la presentazione didascalica della famiglia medio-borghese americana, i momenti stereotipati non influiscono sull'atmosfera malsana e angosciante che si respira in Cimitero vivente. Complice di questa atmosfera l'argomento universale dell'accettazione del lutto, inserito in contesto sovrannaturale che si mischia lievemente anche con la storia dei nativi americani.
Stephen King ha raccontato che l'idea del romanzo gli è venuta quando il gatto di famiglia è deceduto e lui ha dovuto affrontare la reazione della figlia, assolutamente non pronta ad accettare questa perdita. Tra le altre cose Cimitero vivente è uno di quegli adattamenti che Stephen King digerisce (Shining di Stanley Kubrick ad esempio lo disprezza come ormai sapranno tutti), tanto che in una sequenza girata durante un funerale c'è anche un cameo dello scrittore di Portland. L'elemento soprannaturale viene introdotto a piccole dosi, andando di pari passo con la costruzione di un'orrore intangibile, impalpabile, eppure sempre più presente mano a mano che trascorrono i minuti sullo schermo. Il tema centrale dell'intera vicenda è la Morte, in tutte le sue declinazioni. Il terrore cresce e nella semplicità della messa in scena della seconda metà del film, il brivido si insinua come anche tutte quelle paure inconsce che affliggono l'essere umano da sempre. Il dolore, la disperazione e l'attesa che la sensazione di vuoto che la morte lascia dietro sé vada via sono ben introiettati dallo sguardo del protagonista, Dale Midkiff, che riesce a dare un volto alla follia. Il capofamiglia, un medico, viene perseguitato dallo spettro di un ragazzo che non è riuscito a salvare in sala operatoria. La moglie, da piccola, ha assistito alla morte della propria sorella maggiore, divorata da una grave malattia. Poi c'è la morte del gatto Churchill e il racconto del vicino di casa su quando lui stesso ha seppellito nel cimitero indiano il proprio cane deceduto. Ma è solo in seguito alla scena dell'incidente con il camion che il film decolla veramente e l'orrore (per quanto prevedibile) si manifesta in tutto il suo terrificante splendore. Bellissimi gli effetti speciali artigianali che fanno rabbrividire e quel make-up realizzato sulla presenza fanciullesca che ritornerà dalla morte con sete di sangue. L'idea di utilizzare un certosino indemoniato e il volto di un bambino di 3 anni per inscenare le scene più truculente non ha prezzo e lascia un velo d'angoscia addosso dopo la visione. Famosa la colonna sonora del film, con due brani del gruppo punk rock Ramones, il secondo è stato appositamente inciso per i titoli di coda del film. Resta invece un mistero insondabile la scelta dei distributori nostrani di cambiare il titolo Pet Sematary in Cimitero vivente, visto che a quanto pare l'omonimo romanzo di Stephen King era stato distribuito anche da noi con il titolo inglese originale e quindi, stando così le cose, cambiare quello della sua trasposizione cinematografica era un vero e proprio autogol annunciato. Meglio non parlare invece del sequel, di livello più basso, da parte dalla stessa Lambert appena un paio di anni più tardi. Bisogna parlare al contrario della scena finale, fantastica, seppur quasi vomitevole, e del volto contratto in una smorfia di cattiveria del piccolo Gage, che ha probabilmente perseguitato più di uno spettatore, oltre al fatto di non aver perso una sola oncia della sua malsana essenza anche se rivisto oggi, a quasi 30 anni dalla sua uscita, anzi, meglio di certi film moderni, che al contrario di questo non si dimenticano.
Regia: Partendo da un romanzo (a detta di molti) di qualità eccezionale, Pet Sematary, probabilmente uno dei migliori in assoluto di Stephen King, la regista Mary Lambert ne tira fuori una versione cinematografica solo parzialmente riuscita. Il lato positivo dell'operazione sta certamente nella buona resa del concetto di fondo intorno a cui "presumibilmente" (dico così perché non l'ho letto) girava il romanzo, e cioè la morte e la frustrante impotenza dell'uomo di fronte ad essa, oltre che ad un paio di scene genuinamente da brividi. Il segno meno lo applicherei invece ai dialoghi, spesso palesemente artificiosi, al povero controllo del mezzo da parte della giovane regista, e musiche che non aiutano certo a creare le giuste atmosfere. Eppure Mary Lambert riesce, nonostante tutto, dove tanti altri hanno fallito miseramente (nelle trasposizioni dei romanzi del Re dell'horror), e a questo bisognerebbe rendergli decisamente atto sempre.
Sceneggiatura: L'escalation di eventi è piuttosto chiara (ma non prevedibile), tuttavia la sceneggiatura (scritta dallo stesso King) si mantiene su buoni livelli sempre, anche se non mancano passaggi deboli. Cimitero vivente parla di quanto a volte sia fottutamente difficile accettare il concetto di morte, e l'ostinazione e la violenza con cui lo fa è il suo punto di forza.
Aspetto tecnico: Buoni i non molti effetti speciali (trucco). Le scenografie sono apprezzabili, soprattutto gli scorci notturni nebbiosi nei due cimiteri, quello degli animali e quello indiano. Da segnalare anche la colonna sonora, che presenta due brani dei Ramones, band amata da King, che per l'occasione scrissero un brano inedito dal titolo Pet Sematary, ascoltabile durante i titoli di coda.
Cast: Si evidenzia la bella interpretazione di Fred Gwynne nel ruolo di Jud Crandall, ma neanche tutti altri sfigurano troppo, a partire da Dale Midkiff e Denise Crosby, fino a finire a Susan Blommaert e Miko Hughes (il piccoletto).
Commento Finale: Cimitero vivente è ammirevole esempio di horror capace di inquietare sfruttando elementi basici, in grado di distorcere in maniera morbosa spaccati idilliaci tramutati in tane per gli incubi più neri. La difficoltà dell'accettazione della morte, il timore di essa, l'orrore nei confronti del dolore e della malattia, fanno di Cimitero Vivente un film per certi aspetti molto triste, ma che è diretto con una certa dose di ironia, che si evidenzia anche nello stile recitativo, molto "ottantiano", molto marcato e a tratti fin troppo televisivo e pacchiano. Ma nel complesso un film, crudo, forte, serio e angosciante che, senza troppe pretese, regala brividi ben costruiti, in grado di rimaner certamente impressi, risultando per questo un film alquanto particolare davvero imperdibile.
Consigliato: A parte che andrebbe visto a prescindere, consiglio la visione di questo cult di fine anni '80 soprattutto prima di visionare il remake uscito mesi fa.
Voto: 7
La notte non si conclude qui, continuerà alle 22 nel blog Director's Cult con Atomic Age Vampire,
comunque ecco il bannerone completo, ma prima i post delle mie passate edizioni:
9 luglio 2019, ore 21: La bara volante (Stuff, il gelato che uccide)
9 luglio 2019, ore 23: Malastrana VHS (Vivere nel terrore)
16 luglio 2019, ore 21: Il Zinefilo (L'albero del male)
16 luglio 2019, ore 23: Non c'è paragone (The Omen)
23 luglio 2019, ore 21: Stories (Scream)
23 luglio 2019, ore 23: Solaris (Il villaggio dei dannati)
30 luglio 2019, ore 21: La stanza di Gordie (American Gothic)
30 luglio 2019, ore 23: Malastrana VHS (Trucks)
6 agosto 2019, ore 21: Pensieri Cannibali (So cosa hai fatto)
6 agosto 2019, ore 23: Il Bollalmanacco di cinema (La casa 5)
13 agosto 2019, ore 21: In central perk (The Ring)
13 agosto 2019, ore 23: La fabbrica dei sogni (Changeling)
20 agosto 2019, ore 21: Pietro Saba World (Cimitero Vivente)
20 agosto 2016, ore 22: Director's Cult (Atomic Age Vampire)
20 agosto 2019, ore 23: Deliria (Deliria)
27 agosto 2019, ore 21: Combinazione casuale (La setta)
27 agosto 2019, ore 23: Il Zinefilo (Dr. Giggles)
3 settembre 2019, ore 21: Redrumia (Society)
3 settembre 2019, ore 23: White Russian (La casa del diavolo)
10 settembre 2019, ore 21: Il Zinefilo (Virus)
10 settembre 2019, ore 23: The Obsidian Mirror (Non aprite quell'armadio)
Non l'ho visto, nonostante fossi una fan della rassegna e restassi sveglia fino a tardi per non perdermi un solo film.
RispondiEliminaComunque credo che mi piacerebbe, quindi se ripassa in tv giuro che lo guardo.
Visto il remake, penso che potrebbe avere occasione di passare in chiaro, comunque interessante che seguivi la rassegna ;)
EliminaVisto all'epoca, quindi 30 anni fa (!!!). Il libro mi era piaciuto, ma quel gatto non si poteva guardare, da quanto era brutto e malfatto! La cosa che mi è piaciuta di più è sicuramente la canzone dei ramones!
RispondiEliminaL'aspetto non dei migliori del gatto però l'inquietudine c'è ancora, mentre la canzone personalmente nessun effetto particolare ;)
EliminaAhimè il remake mi interesserebbe vederlo comunque, però son contento di aver rivisto l'originale, che indubbiamente non è solo un horror ;)
RispondiEliminaSono abbastanza vecchio da potermi vantare di aver visto questo film al cinema. Quel dannato bambino ha poi popolato i miei incubi per anni...
RispondiEliminaDavvero? Giuro che non l'avrei mai creduto se non me l'avessi detto :D
EliminaComunque sì, era ovvio e normale che l'avrebbe fatto, fa davvero impressione e suggestione.