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martedì 11 febbraio 2020

I film visti in settimana (1-9 Febbraio 2020)

Eccolo qui il nuovo formato, il nuovo metodo di selezione, che poi non è tanto diverso da quello già più volte proposto in alcune circostanze, l'unica differenza è appunto quella che la distinzione di qualità viene definitivamente abolita. Tuttavia sostanziale novità è riscontrabile nella pagina dell'Angolo del Cinema facente parte ogni pellicola in oggetto, poiché questa contiene oltre al Trailer (quando quest'ultimo è disponibile nel widget) una scheda tecnica di informazione antecedente alla recensione. E quindi invito tutti, se volessero sapere tutto ma proprio tutto di ogni singolo film che d'ora in poi recensirò (titolo originale, trama, durata e quant'altro), di consultare codesta pagina, che trovate al link dopo il voto datogli da me. Detto questo, via al nuovo corso.

The Prodigy - Il figlio del male (Horror 2019) - Francamente, questo horror di Nicholas McCarthy, regista di The Pact ed Oltre il male ma soprattutto regista del segmento più affascinante di Holidays, ovvero Easter, delude un po'. Dopo un inizio interessante, anche sul piano di ritmo e montaggio, il film sembra ricadere nei soliti cliché da ragazzino (anzi bambino, teoricamente alla fine del film ha comunque solo otto anni) diabolico, anche se qui non si tratta di possessione diabolica ma di reincarnazione, dove comunque è un serial killer a reincarnarsi, secondo la credenza cui sembra soggiacere il film, un film che si presenta fin dai primi minuti come un prodotto "teen" d'intrattenimento, che però non osa mai e si accontenta di qualche momento di tensione costruito con ingegno (e il tentativo di uscire dai cliché della possessione demoniaca, benché di per sé apprezzabile, si ferma così ad un livello piuttosto approssimativo, anche perché gli stessi luoghi comuni narrativi e tecnici che inflazionano il genere vengono qui applicati, e con sufficienza). Infatti anche già dopo l'antefatto è tutto troppo prevedibile, i colpi di scena latitano, ogni sequenza chiama meccanicamente quella successiva e la dignitosa cornice visiva si regge su una sceneggiatura in molti punti traballante (la dinamica con cui si arriva al disperato tentativo finale di salvare il ragazzino è di spiazzante superficialità). Non annoia ed intrattiene, per passare una serata "tranquilla" può anche andare bene, tuttavia bisogna comunque sottolineare il potenziale che vien sprecato, proprio perché il film, che si affida ad attori fin troppo sconosciuti (a parte Colm Feore e Jackson Robert Scott, il giovane attore, già iconico nel ruolo dello sfortunato Georgie dell'IT - Parte 1 di Andy Muschietti, che poi è l'unico elemento del film a trasmettere, e bene, ambiguità ed una piccola dose di inquietudine), non è all'altezza delle sue premesse, o promesse, sgonfiandosi rapidamente con un deus ex machina troppo, troppo facile. Voto: 5

Il vizio della speranza (Dramma 2018) - Edoardo De Angelis anche in quest'ultimo suo lavoro ripropone un'altra storia di degrado sociale e morale: ambientata sempre in una zona disastrata del territorio campano, il personaggio principale anche questa volta è quello di una ragazza pura nell'anima e sola contro un mondo di persone che si approfittano di lei in maniera bieca ed indegna, la quale, dopo aver preso coscienza della propria misera condizione, cerca di lottare ed affrancarsi da un ambiente a lei così ostile. In Indivisibili le due gemelle siamesi venivano esposte dallo stesso padre al ludibrio del pubblico come se fossero dei fenomeni da baraccone, qui, ne Il vizio della speranza la protagonista viene sfruttata ed "usata" nel commercio illegale di bambini da dare in adozione, ma in entrambi i casi queste donne trovano finalmente alla fine il coraggio di opporsi a tutto ciò. Non si sa, in verità, se vi riusciranno mai o meno, ma il finale delle pellicole del regista napoletano rimane sempre "aperto" e, pertanto, non chiaramente definito o teso verso un futuro roseo certo, ma in ogni caso è colmo di speranza e, dunque, positivo. Il regista De Angelis, nell'affrontare queste tematiche sociali profonde e di forte impatto, predilige solitamente, per ciò che concerne il cast degli attori, persone poco famose o, in alcuni casi, addirittura del tutto sconosciute, cosicché egli riesce a dare oltre ad una maggiore credibilità e veridicità alle storie, anche una forza più incisiva ai contenuti che vuole esprimere, ottenendo di conseguenza delle opere, sì crude, ma anche altrettanto vere e toccanti (anche se qui tra le interpreti ci sono attrici noti quali Pina Turco, che poi è la moglie del regista, Marina Confalone e soprattutto Cristina Donadio). E così, con la sua regia lucida e fatta di riprese ridotte all'essenzialità Edoardo De Angelis, in questo film bello ma non bellissimo, riuscito ma non riuscitissimo, si riconferma regista di un certo valore da seguire sempre con interesse. Voto: 6,5

Quasi nemici - L'importante è avere ragione (Commedia 2017) - A parte il titolo italianizzato in modo banale, tanto per trovare assonanze con il film di Olivier Nakache, Le Brio è una dramedy gradevole, figlia dei nostri tempi dove l'integrazione tra razze è sempre più radicata e dove il voler amalgamare culture e realtà diverse diventa il pretesto per una storia dall'incipit poco originale ma funzionante sotto il profilo emotivo. La pellicola infatti, coraggiosa e nello stesso tempo oltraggiosa sulle ipocrisie, il perbenismo ed il conformismo che alimentano forme di razzismo dell'attuale società, che gioca la sua carta vincente sul rapporto conflittuale e classista tra i due protagonisti, costretti, loro malgrado, a costruire una relazione di lavoro che, anche se burrascosamente, salverà entrambi dai loro stessi limiti e contraddizioni, è una piacevole e riuscita commedia, a tratti anche divertente, che porge con ragguardevole disinvoltura la trappola del pregiudizio, affidata con sapiente ironia all'arte indiscussa della retorica. In questo senso Daniel Auteuil (un attore fuoriclasse che nobilita ogni pellicola attraverso l'interpretazione di sempre differenti personaggi e, pertanto, egli costituisce già un valore aggiuntivo al film) e Camelia Jordana (che per la sua performance ha conquistato il premio César come miglior promessa femminile del cinema francese), formano una coppia cinematograficamente perfetta, volutamente caricata di cliché e appunto retorica ma appagante per carisma, interpretazione e carica emozionale, tanto che appunto il film, diretto da Yvan Attal (conosciuto soprattutto nella sua veste di attore che di regista), si segue bene e senza grossi affanni (se troppe parole non stancano e una certa romanzosità non infastidisce), assicurando una linearità e un ritmo discreto che ne facilita la visione e la comprensione (i dialoghi intelligentemente brillanti). Insomma, una classica commedia francese che spicca, secondo la tradizione, in eleganza (in tal senso la colonna sonora "moderna" è altamente forbita ed efficace) e spirito arguto e, pertanto è sicuramente consigliabile. Voto: 6+
La figlia della sciamana II - Il dono del serpente (Fantasy 2019) - Con questo film, di produzione sempre scandinava, continuano le avventure fantastiche di Dina, giovane ragazza che ha ereditato le abilità soprannaturali e magiche dalla madre. E ne erediterà altre in questa nuova avventura, ovviamente dal padre che, misteriosamente "fuggito" anni prima, si rifà vivo, proprio quando le nuove abilità serviranno entrambi, ma soprattutto alla giovane ragazza, per liberare alcuni prigionieri e finalmente smascherare le malefatte del malvagio Drakan. Avevo visto il primo capitolo per colpa della curiosità, e sempre per colpa della curiosità ho visto questo secondo capitolo, ma era meglio che non l'avessi assecondata questa curiosità, questa maledetta curiosità. Maledetta perché è previsto un terzo capitolo ed io non voglio che mi spinga nuovamente nel vortice. Infatti anche questa pellicola come la precedente non ha un vero finale, tutto è rimandato al prossimo giro. Ora non che sia una cosa brutta, ma dopo un peggioramento così netto rispetto al primo episodio (qui), che mi era pure piaciuto, forse è meglio non andare oltre. Però siccome io non conto niente e che sicuramente lì al Grande Nord la vedono diversamente, l'unica cosa che posso fare è dire perché la saga è peggiorata. Semplicemente per due motivi, il primo è che i pregi si annacquino e secondo è che i difetti si impoveriscano ancor di più. La trama già di per sé debole si regge a malapena, non c'è tensione e tutto è abbastanza prevedibile (i dialoghi banalissimi), gli effetti speciali poi, se prima a livelli accettabili siamo ora a livelli televisivi di bassa lega, e le interpretazioni infine, l'unico punto cui tutto è rimasto uguale, ossia al limite del minimo indispensabile. In tal senso non basta la nuova presenza, quella di Dejan Cukic, ad alzare la qualità di un film mediocre. Voto: 4,5

L'uomo dal cuore di ferro (Dramma 2017) - Già portato sul grande schermo con Anthropoid (anche se al contrario del film di Sean Ellis il suddetto è l'adattamento del romanzo che da il titolo alla versione italiana), torna l'attentato di Praga del 1942 dove fu ucciso uno dei più grandi gerarchi nazisti, quel Reinhard Heydrich alias Il Boia di Praga, ideatore della soluzione finale contro gli ebrei. Se (Missione) Anthropoid lasciava praticamente fuori la figura del generale nazista, in questo film (HHhH oppure The Man with the Iron Heart) è la figura centrale della prima, quella della formazione e della sua adesione al nazismo di Hitler. La moglie stessa sembra quasi simboleggiare la Germania, ricca ma umiliata dal trattato di Versailles e facile preda del fascino dell'ideologia di Hitler. Introduce il marito nel partito, crede di averne il controllo, ma ormai è come un cavallo impazzito senza più briglie che lo tengano. L'impostazione data al film (diretto da Cédric Jimenez) non mi ha convinto molto. Si privilegia la figura di Heydrich nella prima parte (quest'ultimo interpretato da un Jason Clarke insolitamente biondo), risaltando anche il personaggio della consorte (è Rosamund Pike a prendersi ancora un ruolo odioso), ma con l'introduzione della Resistenza cecoslovacca (sono Jack O'Connell e Jack Reynor i due paracadutisti) se da una parte hai uno sguardo più completo, dall'altra ha comportato almeno due svantaggi. Il primo è con Anthropoid stesso (decisamente migliore nel complesso) che lascia volutamente (e forse giustamente) Heydrich fuori dal discorso, se non come obiettivo del commando. L'altro svantaggio è nel trattare la figura del gerarca che viene non dico interrotta (malamente, colpa anche del brutto taglio netto, in due, che si da al film) ma quasi (anche se poi francamente del come è diventato "mostro" è poco interessante) e sacrificando sull'altare il personaggio della moglie che pressoché scompare. Uno sguardo più a 360 gradi ma a scapito dei personaggi, sia da una parte che dall'altra. E così L'uomo dal cuore di ferro diventa paradossalmente più interessante (ed avvincente) nella seconda parte non "nuova" che nell'originale prima, e riesce nell'impresa di non essere appassionante in entrambi i fronti, risultando alla fine un film a metà, in tutti i sensi. Voto: 5

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick (Biografico 2018) - La storia che qui si racconta è analoga a quella di Barry Seal o di Jordan Belfort, tutti collaboratori dell'FBI che ci rimetteranno in prima persona e di cui il cinema si è già occupato (Barry Seal - Una storia americana di Doug Liman del 2017 e The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese del 2013), tuttavia Cocaine - La vera storia di White Boy Rick (e Rick è un ragazzino di 14 anni) è un film che punta soprattutto a raccontare il lato squallido ed oscuro dell'esistenza. Quell'area grigia che tutti conoscono, ma solo in pochi trattano, dove la legge cerca d'infiltrarsi nel tessuto del commercio di stupefacenti per portarsi a casa una vittoria. E tuttavia non è solo la storia di White Boy Rick, ma anche della sua famiglia disfunzionale. L'esordiente Richie Merritt interpreta un protagonista incastrato in una realtà che gli sta stretta, cammina sul ciglio di un baratro di scelte giuste e sbagliate che lo porteranno ad un inevitabile (e pure beffardo) epilogo. Film cupo e disperato, direzione di qualità del francese Yann Demange (che già aveva fatto parlare di sé per il bel '71), la decadente America mostra il suo solito volto balordo, di degrado ed emarginazione, le sue periferie spettrali, l'incubo americano che avvolge e divora la sterminata massa di fantasmi che non hanno più nulla da chiedere. Le mille luci sfavillanti delle metropoli, che s'accendono di un petrolio ottenuto depredando il resto del mondo, sono lontane, rimane solo l'amara e brutale realtà di un paese volgare, violento e corrotto. Nel cast, una scialba ed invecchiata Jennifer Jason Leigh, il vecchio leone Bruce Dern, il non sempre convincente ed ancora acerbo Richie Merritt e soprattutto un formidabile Matthew McConaughey che interpreta, ancora una volta, uno splendido Loser e si conferma uno degli attori migliori in circolazione. E per quanto riguarda il film che dire di più, che di certo non dice nulla di nuovo (a parte che a volte la giustizia è sproporzionata, e quella Americana ancor di più di qualunque altra), ma è pur sempre un film, in cui ci sono personaggi ed ottime caratterizzazioni, in cui tutto viene abilmente ambientato (visivamente che musicalmente), che coinvolge ed intrattiene, un film che quindi fa sì arrabbiare ma si fa pure discretamente ricordare. Voto: 7

Ecco infine i film scartati ed evitati: Unit 7, Occupation, Brave ragazze, Backtrace, Dog Days, General Commander, L'apparizione, Si muore tutti democristiani.

16 commenti:

  1. Io invece The Prodigy l'ho trovato più originale e interessante di altri film a tema "bimbi posseduti" e vorrei rivederlo in lingua originale, ché al cinema il doppiaggio monocorde non ha aiutato.

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    1. Me ne stando capitando alcuni con questo tema, ma per me al momento questo è il peggiore.

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  2. Per me, invece, bellissimo De Angelis.

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    1. Bellissimo era il precedente per me, ma questo è comunque solido ;)

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  3. Mi piace questo nuovo metodo! Così lasci al lettore la scelta di giudicarlo bello o brutto.
    Il primo potrei provarlo perché horror ma il tema reincarnazione non mi fa impazzire. Non me lo segno ma nel caso dovesse capitarmi per sbaglio, ripasserò a dire la mia.
    L'ultimo invece ha un'alta possibilità di essere visto. Per l'attore, per il genere e per il tuo giudizio 😉

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    1. Più che la scelta la possibilità di vederlo o meno, non consiglio e non sconsiglio.
      Quando vuoi, tanto io son sempre qui ;)
      Beh sì, non capita mica ogni settimana che do 7 :)

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  4. Saltati tutti più per poca voglia/poca ispirazione che per motivi validi, e ancora non sono risaliti nella graduatoria dei possibili recuperi.
    Ho visto solo Cocaine, che conferma lo stallo di McConaughey fermo al solito personaggio. Non male, ma anche un film troppo sporco, troppo lento, per entusiasmarmi se ci penso.

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    1. Credevo che almeno avevi visto Il vizio della speranza, però ora che ci penso non ricordo una tua recensione. Su Cocaine di certo non mi ha entusiasmato, però mi ha colpito.

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  5. Non ne ho visto nemmeno uno e non mi sono persa granché, nonostante Matthew McConaughey mi piaccia sempre molto (nonostante pare sia allergico alla doccia...😉).

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    1. Ma lo fa per interpretare meglio i suoi personaggi tendenzialmente sporchi :D

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    2. Magari fosse così. Questi divi si lavano poco, altro che.
      Brad Pitt, Johnny Depp...
      Sono tantissimi. 😭😭😭

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    3. Ecco perché ora sono soli, peggio per loro.

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  6. Ho bisogno di tempo per dirti se secondo me è funzionale questo nuovo modo di recensire. Ti segnalo che la pagina collegata a quasi nemici non porta a nulla, il post di riferimento non c'è.
    Non ho visto nessuno tra quelli elencati e non so se li vedrò.

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    1. Grazie di avermi avvisato, c'era un piccolo errore nel link, ora è tutto ok ;)
      Aspetto di conoscere la tua risposta, e sui film invece, io li voglio vedere tutti :)

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  7. Non ne conosco nessuno, ma direi che l'unico che vedrei è proprio The Prodigy, sai?

    Moz-

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