Nelle scorse settimane ho notato dal catalogo Sky un certo film, datato anno 2012 ma stranamente in prima visione (non so il motivo e non voglio saperlo), è questo film è Dredd, in Italia con il sottotitolo Il giudice dell'apocalisse, secondo adattamento cinematografico tratto dall'omonimo personaggio dei fumetti (che in questa settimana vedrò e martedì prossimo recensirò), ed ovviamente mi è venuto in mente il primo adattamento datato anno 1995 con Sylvester Stallone nei panni del freddo Giudice. E non ho perso perciò l'occasione di rivederlo, cosa che grazie proprio all'ausilio di Sky (così come accaduto nelle settimane scorse nelle visioni dei primi due capitoli de Il Corvo) ho potuto fare. E quello che mi vien da dire ora è che Dredd - La legge sono io, nel bene e nel male, costituisce un lavoro del tutto particolare. E' un action fantascientifico con diverse virate sulla commedia che intrattiene discretamente ma che con una sceneggiatura meglio scritta e con un tono meno "leggero" avrebbe potuto raggiungere livelli decisamente più alti (le colpe sono da attribuirsi ad una trama non sempre coerente e ad alcuni eccessi che, pur essendo probabilmente frutto di una scelta mirata, finiscono con il risultare leggermente fastidiosi). A capitanare un cast di ottimi attori (fra cui è presente anche il recentemente scomparso Max Von Sydow in una piccola parte, colui che quando entra in scena giù il cappello) troviamo uno Stallone (in una versione decisamente caricaturale) perfetto per il ruolo. Come spalla ecco Diane Lane, sempre bellissima a 30 come a 54 anni (l'età in scena per Serenity), e Rob Schneider, come villain invece Jurgen Prochnow. A distanza di anni resta ancora interessante il design dei costumi e le scenografie, che rimandano molto alle metropoli futuristiche di alcuni film del passato. In conclusione il film è godibile ma la sensazione di occasione sprecata mi torna in mente ogni volta che lo rivedo, anche in questa occasione per esempio, però questo è un solido antesignano dei cinecomics odierni, spassoso e frizzante, da valere sempre la visione.
Sotto sequestro (Dramma 2018) - Prendendo spunti da fatti reali avvenuti nel 1996 in Perù, il regista Paul Weitz (Grandma, About a Boy, American Pie) si affida al romanzo della Ann Patchett, Bel Canto (quest'ultimo anche titolo cinematografico originale), per imbastire una storia piuttosto inverosimile in quasi tutte le situazioni create. Si passa dal dramma assoluto come il sequestro di persona e l'omicidio di uno degli ostaggi, alla commedia corale in stile "volemose bene" che fa storcere non solo il naso allo spettatore ma lo infastidisce pure nel presentargli qualcosa di così estremamente romanzato, con tanto di finale pirotecnico che dovrebbe rappresentare il messaggio critico socio-politico della storia. Non si capisce il senso di questo film, il suo iter narrativo e le sue scelte emozionali, non si capiscono bene le intenzioni di una storia che esagera e sembra perdere il controllo delle proprie capacità: basti pensare al cast di un certo livello (Julianne "Gloria Bell" Moore e Ken Watanabe su tutti) che finisce con l'essere fagocitato da una sceneggiatura senza nerbo, mancante di lucidità e che non riesce, o non vuole, osare qualcosa di più che non sia un romanzare degli eventi tragici con situazioni e decisioni esagerate. Vero è che non ci si annoia ma i sorrisi di commiserazione sul mio volto, durante la visione del film, non sembrano appropriati per un prodotto che intendeva essere drammatico. Voto: 5
Midsommar - Il villaggio dei dannati (Horror 2019) - Difficile valutare nel complesso questo film, da un lato ha degli innegabili pregi tecnici ed una idea geniale di far svolgere il tutto alla luce del sole, dall'altro la trama racconta qualcosa di prevedibile e per troppi versi già visto. In tal senso se si ha visto Hereditary (personalmente opera migliore della suddetta in questione), si avrà la sensazione di essere di fronte ad una specie di remake/reboot, ed è così quindi che il film (che già dal titolo aggiunto svela praticamente tutto) non convinca e risulti pure pochino deludente. Ad Ari Aster comunque va riconosciuta l'ambizione di svecchiare l'horror, privandolo di molti suoi tratti tradizionali, imponendo una propria autorialità e manifestando una cifra stilistica sempre ben presente. Il suo cinema, anche a vedere il suo precedente Hereditary, ruota attorno alla relazioni interpersonali, alla famiglia, all'elaborazione del lutto e al significato del rito. L'orrore in Midsommar sta nell'angoscia del vivere quotidiano, quando il trauma (insuperabile) diventa malattia mentale. Diventa dipendenza affettiva, fobia dell'abbandono, prigione eretta dal senso di colpa. E cerca la sua "soluzione" nell'occulto e nel potere catartico e liberatorio del rito. L'orrore e il dramma si manifestano senza fretta, senza spettacolarizzazione, ma quando si manifestano sono dei veri pugni nello stomaco per crudeltà e violenza. La morte a Herga ha mutato totalmente il suo significato, e proprio per questo la si mette in atto (e la si mostra) senza alcun tipo di edulcorante. L'ambizione è tanta, sulla carta funziona tutto bene, ma il risultato non è soddisfacente. Midsommar si trascina per tutta la sua elefantiaca durata in maniera lenta e anticlimatica, senza mai catturare veramente l'attenzione dello spettatore, con alcuni passaggi narrativi privi di senso (le sparizioni degli amici in primis). Forse proprio nell'ambizione di svuotare l'horror di alcuni dei suoi topoi, di contaminarlo con altri generi (il dramma) e di elevarlo a lettura antropologica/culturale dell'essere umano, Ari Aster finisce per partorire un ibrido poco coinvolgente e fin troppo dilatato. L'attenzione è puntata molto (troppo) sulla messinscena, sull'efficacia visiva, sui movimenti di macchina, e troppo poco su come rendere accattivante il fluire degli eventi. Peccato perché con tali premesse avrebbe potuto essere un gran film, e non solo un film al massimo sufficiente. Plauso comunque agli attori, soprattutto a Florence Pugh, che si conferma dopo Una famiglia al tappeto attrice di talento. Voto: 6
Vox Lux (Dramma 2018) - Premiato nel 2015 come miglior regista a Orizzonti per l'opera prima L'infanzia di un capo (film che non ho visto), Brady Corbet è tornato a Venezia anni dopo con un film in Concorso. Vox Lux racconta una storia profondamente americana: una giovane ragazza, scampata a una tragedia che ha i medesimi contorni del massacro alla Columbine High School, diventa una pop star di fama internazionale. Attraverso una narrazione che copre un arco di tempo molto ampio, dal 1999 al 2017, il regista vuole raccontare il cambiamento sociale al quale abbiamo assistito in questi anni servendosi di un personaggio che è, a suo modo, l'incarnazione della stessa America. L'incipit è vigoroso e mette il film sulla buona strada, soffermandosi sul periodo di riabilitazione della ragazza e, soprattutto, sulla realizzazione del sogno nella terra in cui chiunque può farcela. Il regista non fa sconti e utilizza la metafora per condannare una società che, per difendersi dalle minacce interne ed esterne, ha scelto la via del disimpegno e della vacuità. Le ferite della nazione vengono esposte chiaramente dal film e, in generale, a prevalere è una sensazione di angoscia e di incapacità di vivere serenamente in questi tempi bui. Egli utilizza uno stile fortemente indipendente, lavorando sugli effetti stranianti e su una messa in scena frastornante. Nella prima parte, quella della formazione, Vox Lux trova il suo orizzonte e riesce (anche grazie alla folgorante interpretazione di Raffey Cassidy, che rivedremo anche nella seconda parte) a toccare le giuste corde. Con l'entrata in campo di Natalie Portman, la quale si conferma comunque come un'attrice di sicuro affidamento, il film scivola rapidamente verso il baratro. La protagonista di Jackie, che interpreta la pop star nel suo momento di declino, non riesce infatti a limitare i danni causati da uno script che si perde improvvisamente, riproponendo l'ennesima storia di autodistruzione. Il finale poi è estenuante e poco comprensibile a livello stilistico e narrativo. Resta l'amaro in bocca perché con un incipit di questo tipo il film avrebbe meritato una conclusione di tutt'altro respiro. In ogni caso seppur sbagliato film decoroso. Voto: 5,5
Vox Lux (Dramma 2018) - Premiato nel 2015 come miglior regista a Orizzonti per l'opera prima L'infanzia di un capo (film che non ho visto), Brady Corbet è tornato a Venezia anni dopo con un film in Concorso. Vox Lux racconta una storia profondamente americana: una giovane ragazza, scampata a una tragedia che ha i medesimi contorni del massacro alla Columbine High School, diventa una pop star di fama internazionale. Attraverso una narrazione che copre un arco di tempo molto ampio, dal 1999 al 2017, il regista vuole raccontare il cambiamento sociale al quale abbiamo assistito in questi anni servendosi di un personaggio che è, a suo modo, l'incarnazione della stessa America. L'incipit è vigoroso e mette il film sulla buona strada, soffermandosi sul periodo di riabilitazione della ragazza e, soprattutto, sulla realizzazione del sogno nella terra in cui chiunque può farcela. Il regista non fa sconti e utilizza la metafora per condannare una società che, per difendersi dalle minacce interne ed esterne, ha scelto la via del disimpegno e della vacuità. Le ferite della nazione vengono esposte chiaramente dal film e, in generale, a prevalere è una sensazione di angoscia e di incapacità di vivere serenamente in questi tempi bui. Egli utilizza uno stile fortemente indipendente, lavorando sugli effetti stranianti e su una messa in scena frastornante. Nella prima parte, quella della formazione, Vox Lux trova il suo orizzonte e riesce (anche grazie alla folgorante interpretazione di Raffey Cassidy, che rivedremo anche nella seconda parte) a toccare le giuste corde. Con l'entrata in campo di Natalie Portman, la quale si conferma comunque come un'attrice di sicuro affidamento, il film scivola rapidamente verso il baratro. La protagonista di Jackie, che interpreta la pop star nel suo momento di declino, non riesce infatti a limitare i danni causati da uno script che si perde improvvisamente, riproponendo l'ennesima storia di autodistruzione. Il finale poi è estenuante e poco comprensibile a livello stilistico e narrativo. Resta l'amaro in bocca perché con un incipit di questo tipo il film avrebbe meritato una conclusione di tutt'altro respiro. In ogni caso seppur sbagliato film decoroso. Voto: 5,5
Captain Marvel (Supereroi 2019) - Ventunesimo film di questo tanto amato (da me) MCU (Marvel Cinematic Universe), Captain Marvel (il primo interamente dedicato ad un personaggio femminile) è un film di transizione tra un Avengers (Infinity War) e l'altro, indispensabile infatti viatico prima di vedere l'atteso Avengers: Endgame (manco ormai solo io), il prequel ambientato negli anni '90 dedicato alla supereroina (pare) più forte di tutti. Captain Marvel colma il ritardo "di genere" (l'unico a dire il vero) con la rivale DC Comics, ma ha il grande pregio di non fermarsi alla semplice etichetta. Persino la selezione musicale (si va dai Garbage alle Hole passando per i No Doubt di "Just a Girl" come accompagnamento a una scena di lotta) è tutta improntata su un'idea di Girl Power che non diventa mai pedante, né tanto meno predominante rispetto al quadro generale. La pellicola in alcuni aspetti prova in ogni caso a distinguersi dalle altre pellicole Marvel: montaggio serrato, passaggi temporali repentini, richiesta di attenzione da parte dello spettatore per comprendere appieno le vicende (simbolica la sequenza in cui gli Skrull danno un'occhiata al passato misterioso della protagonista), ma soprattutto la struttura narrativa apparentemente non convenzionale. Senza dubbio è la commedia ciò che funziona di più: Samuel L. Jackson nei panni di un Nick Fury "gattaro" e in balia degli eventi, Skrull meno spaventosi di quello che sembrano, il gatto Goose che riserverà sorprese, e una Brie Larson molto deliziosa, ironica e carismatica. Il percorso della protagonista Carol Denvers (la storia, ambientata nel 1995, segue appunto lei nel suo percorso per diventare Capitan Marvel, dopo che la Terra è finita al centro di un conflitto intergalattico tra due mondi alieni) è molto toccante e coinvolgente, frutto di un grande lavoro di scrittura da parte dei 7 sceneggiatori, che rivitalizzano il tema della superiorità e dell'unicità di un forte e risoluto carattere umano, pieno di speranza, rispetto a un miliardo di protoni e superpoteri vari, che comunque visivamente fanno la loro porca figura. Invece non mi ha convinto la gestione delle scene d'azione da parte della coppia di registi (già conosciuti con Mississippi Grind, non esattamente un gran film) Anna Boden e Ryan Fleck: poche, frettolose e confuse, ed è un peccato vista l'importanza del personaggio. Ma va bene così: il film (che comunque non è né perfetto né il migliore dei cinecomic della Marvel) intrattiene, provoca sia la risata sia la commozione, e riesce a mixare generi, dal thriller al fantasy, dal drammatico al comico in modo discreto. Durante i titoli di coda, come da tradizione, due scene inedite: una crea hype, l'altra no, una semplice gag. Doppio omaggio per Stan Lee: sigla Marvel con lui protagonista assoluto (è questo il primo dopo la sua morte) e classico (purtroppo ultimo) cameo. Voto: 7
Driven - Il caso DeLorean (Biografico 2018) - Un film che racconta di un'amicizia particolare, di un informatore dell'FBI che per sdebitarsi con l'agenzia federale che l'ha trovato con le mani nel sacco (di cocaina), mette nei guai il suo vicino di casa facoltoso, un certo John DeLorean, sì proprio lui, il folle e geniale inventore dell'automobile DeLorean, di cui fu prodotto un unico modello, la DMC-12, ritrovandosi così (ma non del tutto per puro caso) accusato. Il regista quindi sviluppa la storia intervallando due filoni: il processo che vede Jim Hoffman alla sbarra e il flashback che analizza il rapporto travagliato e controverso tra i due protagonisti. Il film, tuttavia, non appartiene propriamente al genere processuale, non fosse altro per il tono calibrato su una compiaciuta e trascinante ironia. Come nel precedente Il viaggio il regista poggia il proprio racconto sulla performance dei due attori principali, che lo assistono alla grande. Per la regia di Nick Hamm, cineasta interessante quanto discontinuo (il suo The hole e Godsend appartengono a ciò che di buono si attribuisce al suo lavoro), Driven è infatti un biopic pieno di energia, brillante e sottilmente cinico che si giova di due protagonisti non ancora pienamente assurti allo status di star, ma di fatto pienamente azzeccati ognuno per il proprio sfaccettato ruolo ricoperto. Jason Sudeikis, riso malefico da furbastro impenitente, è il double-face Jim Hoffman, placido padre di famiglia che di nascosto pensa solo a procurarsi soldi facili per migliorare lo status sociale suo e della propria ingenua famiglia, che sa solo vederlo nel ruolo edificante del buon padre di famiglia. Nel ruolo del cinico John DeLorean, ecco l'affascinante quarantenne Lee Pace, noto soprattutto in serials televisivi e come comprimario in mega produzioni hollywoodiane (trilogia Hobbit, Guardiani della Galassia, Lincoln di Spielberg), molto somigliante all'originale costruttore (a tal proposito i fan di Ritorno al futuro potrebbero rimanere delusi dalla scarsa presenza di riferimenti al film, solo una breve comparsata della mitica DeLorean DMC-12 e un bozzetto dell'automobile, con tanto di strizzata d'occhio alla fantascienza, ma è giusto così). Ritmo ben giostrato, intrighi loschi e caccia serrata al primo passo falso in un biopic molto ben calato a cavallo tra i '70 e gli '80, gli anni di un grande sogno americano che si è rivelato un sonoro flop. Un biopic che pur con qualche battuta a vuoto e con una scarsa caratterizzazione dei personaggi secondari (in particolare quelli di Judy Greer ed Erin Moriarty, stereotipati nella più classica moglie comprensiva e nella più banale donna oggetto), si rivela scorrevole e godibile. Una commedia dell'eccesso e delle contraddizioni (il finale che ovviamente non si rivela, è surreale e divertente, oltre che sorprendente), che ha il coraggio di avventurarsi in diversi sottoboschi cinematografici per restituire il racconto di un uomo disposto a qualsiasi sacrificio e ai più insidiosi compromessi per salvaguardare il suo più grande sogno, e che riesce a convincere. Voto: 6
Troppa grazia (Commedia 2018) - Lo dico subito così da non creare fraintendimenti, La felicità è un sistema complesso (dello stesso regista Gianni Zanasi) era migliore di questo film che comunque, indipendentemente dal risultato finale, è l'ennesima prova che il cinema italiano negli ultimi anni si stia riprendendo da un lungo periodo buio di generale e radicata mediocrità, ciò lo si percepisce dallo spirito genuino e spontaneo e dall'originalità con la quale viene espresso. Purtroppo, per quanto le intenzioni iniziali siano alquanto interessanti e di lodevole ambizione, nel corso della sua durata il film degrada in una confusione interiore e una mancanza di sicurezza che lo porta ad una conclusione superficiale, raffazzonata e sbrigativa. Una progressione a questa conclusione abbastanza visibile e sentita anche solo dalla sceneggiatura che si fa sempre più incerta e vuota, con un susseguirsi di eventi sempre meno sensati, credibili (nel suo in-credibile contesto) e coerenti (ad una geometra "freelance" le appare la Madonna, la sua vita e quella di chi le sta intorno cominciano a cambiare) con ciò che inizialmente sembrava voler raccontare e che alla fine va a perdersi, così come il significato generale della pellicola che alla fine da trovare appare molto forzato perché privo di consistenza. Un peccato vista la presenza di varie inquadrature e sequenze degne di essere ricordate perché suggestive e profonde, della grande sincerità e della satira comunque ben calibrata e densa di piacevole onestà ma anche della innegabile presenza di un lato estetico e tecnico indubbiamente notevole. Un'ottima fotografia, infatti, colora con luci chiare, nitide e colori molto espressivi delle inquadrature molto mature e studiate nonché molto ricercate e che il più delle volte funzionano su più livelli. Anche le interpretazioni non possono che essere gradite, in particolar modo quella della protagonista (Alba Rohrwacher, che non è più una scoperta) che con una spontaneità fuori dal comune interpreta egregiamente un ruolo tutt'altro che semplice, una performance che rende il personaggio molto interessante e dotato di una caratterizzazione, anche se solo velata, soddisfacente, al contrario degli altri personaggi che risultano superflui e inutilmente resi importanti da una storia che anche qui si dimostra incerta (gli attori comunque tutti bravi). Insomma il film finisce senza concludere praticamente nessuno dei percorsi narrativi che si apre nel corso dello svolgimento, tanto da esserne poi saturo e non sapere come gestirli in uno sviluppo pieno di intoppi. Voto: 5,5
Ecco infine i film scartati ed evitati della settimana: Unthinkable - Gli ultimi sopravvissuti, Killer Anonymous.
Finalmente hai vito Captain Marvel! Mi hai fatto ricordare i titoli di testa con le multiple versioni di Stan Lee...sono partiti gli applausi in sala, meritatissimi!
RispondiEliminaSì, io mi sono pure un pochino emozionato a vederle, un giusto tributo ;)
EliminaSu Midsommar sospendo il giudizio. Non mi ha convinta al 100 per 100 ma mi ha affascinata e vorrei riguardarlo, a differenza di Vox Lux che mi è sembrato un trionfo visivo con pochissima sostanza. Captain Marvel carino e divertente, con un'eroina tosta come poche.
RispondiEliminaL'avrei voluto sospendere anch'io, anche se non credo servirebbe una seconda visione, ma non ho potuto, sugli altri giustamente concordiamo ;)
EliminaDredd con Sly è magnifico, rivisto di recente.
RispondiEliminaMidsommar davvero gli dai un voto così basso (specie rispetto al Capitan Marvel...), pensavo meglio, me ne hanno parlato tutti molto bene!
Moz-
Se leggi bene puoi ben capire che sia un Hereditary 2.0, quindi non so, per quanto riguarda il paragone di voto, semplicemente conta il genere, e conta pure la soggettività ;)
EliminaIo, invece, sono stata del tutto conquistata da Midsommar.
RispondiEliminaL'unico altro che ho visto di questi è Troppa Grazia, che comunque, tutto sommato, la sufficienza e anche un po' oltre secondo me se la merita. Lei è vero: ormai non è più una scoperta e tra l'altro è sempre molto naturale e credibile quando recita.
Conquistato anch'io, ma dalla Pugh che dalla pellicola...mentre di Troppa grazia credo di aver già detto tutto, onesto ma senza un senso preciso ;)
EliminaA parte Troppa grazia, che ho trovato un gioiello, ho visto soltanto Midsommar e Vox Lux. Sopravvalutatissimi. Uno spreco di talenti e mezzi.
RispondiEliminaAh vedi, quindi non sono l'unico a cui non è piaciuto soprattutto Midsommar, che fortunatamente all'Oscar non si è manco avvicinato..
EliminaMi dispiace che Midsommar ti abbia deluso, perché è l'unico che guarderei della lista.
RispondiEliminaSì, me l'aspettavo diverso, e invece niente di nuovo, è il caso di dire, sotto il sole.
EliminaPer Midsommar concordo, ho un rapporto di amore/odio con quel film, troppo grottesche e d'effetto contrario alcune scene.
RispondiEliminaPerò se hai dato sette al film Marvel...
A questo punto Midsommar meriterebbe molto, ma molto di più.
Scene alcune che fanno solamente sorridere in Midsommar...
EliminaCome detto sopra sono due film diversi, e se mi basassi solo sul merito obbiettivo non sarebbe giusto.
Ciao Pietro.
RispondiEliminaHo visto appena uscì, al cinema, Captain Marvel. Credevo di restarne delusa ed invece... Un film bellissimo, il tuo voto è più che giusto e condivido. Buona serata!
Il consenso non sarà mai unanime, a chi piacciono certi film a chi no, ma è la normalità ;)
EliminaConcordo con il tuo 6 a Midsommar.
RispondiEliminaE' un film furbetto (es. la solita scena inutile di nudo maschile per fanservice), il finale non mi è piaciuto, ma su quest'ultimo punto il mio giudizio è ancor più soggettivo. Certo la scena della scogliera è girata benissimo, di grande impatto. Sai a cosa mi riferisco. E' il meglio del film. Poi cala.
Sì lo so, avevo già capito prima in verità, però è d'impatto davvero, forse la migliore scena, poi effettivamente perde in mordente..
EliminaCiao Pietro! Non conosco questi film, a parte quello della Marvel, a cui però ho rinunciato da tempo perché non è proprio il mio genere :-(
RispondiEliminaSe non fa per te è giusto così ;)
EliminaNon ho ancora visto Captain Marvel, tornerò come di consueto a lasciarti le mie sensazioni.
RispondiEliminaInvece gli altri due che ho visto Midsommar e Troppa grazia ecco, il primo deludente e noioso, di una lentezza esasperata che nemmeno la bravissima Florence Plugh riesce a mitigare non lo raccomanderei al mio peggior nemico ahahah
Il secondo, devo dire che non avrei mai pensato che mi sarei avvilita a guardare un film con tre dei miei attori preferiti: Rohrwacker, Battiston e Elio Germano. E invece, mi sono persa proprio nella storia che alla fine non aveva capo ne coda e mi parevano dispersi pure loro. Bellissime alcune scene, ma un film non è solo quello.
Non ho mai visto il primo Dredd mi sa che devo recuperare.
Buona serata!
E come di consueto io attendo ;)
EliminaBeh dai, così brutti non sono entrambi, tuttavia capisco benissimo perché non ti sono piaciuti. Mi sa di sì, buona serata a te :)
Siamo sulla stessa lunghezza d'onda con Vox Lux, Corbet proprio non riesco a farmelo piacere attento com'è alla forma più che alla sostanza, e come dici il film parte benissimo, ma poi si perde e nemmeno la Portman riesce a farlo reggere.
RispondiEliminaCon Midsommar mi è andata meglio, non è perfetto, ma ha una cura estetica così impressionante che solo per quello vale la promozione e la visione, soprattutto.
Mi ero quasi dimenticata di aver visto Troppa Grazia, invece, che non mi era dispiaciuto ma a cui forse manca quel qualcosa in più a renderlo... beh, diciamo indimenticabile ;)
Fortunatamente per Vox Lux le aspettative erano basse, altrimenti non l'avrei sopportato. Su Midsommar infatti mi sono espresso comunque positivamente perché esteticamente notevole. Su Troppa grazia che dire, manca praticamente un senso diciamo.. ;)
EliminaDi questa lista di film ho visto solo Capitain Marvel al cinema, quando era uscito e concordo con la tua recensione e anche con il tuo voto. Non ho visto gli altri film perché ultimamente non guardo molto Sky (tranne che per la serie tv Dexter che ho già finito di vedere completamente), nei mesi scorsi avevamo gratis Infinity e questo mese abbiamo attivato Amazon Prime e per il memento scopriamo altri film qui... insomma forse finché finiremo di vedere i film su Amazon, arriveranno altri nuovi su Sky...Comunque mi sono segnata alcuni di questi titoli che hai recensito.
RispondiEliminaNe arrivano e ne arriveranno su Sky, per dire il primo maggio C'era una volta a Hollywood e il 7 Parasite, due film che attendo con impazienza di vedere ;)
EliminaBeh sì, scoprire altre piattaforme è pure giusto, visto che ci sono tante belle opportunità ed offerte ultimamente :)
Ho visto su Disney + per esempio Captain Marvel, non a livello degli altri Marvel, ma film bello ;)
Posso dire che non sono titoli che mi incuriosiscono? Un po' mi fa piacere che non ti siano piaciuti 😂 Avrei dato una chance a Vox Lux ma ammetto che non è che mi abbia attirato così tanto (infatti non l'ho recuperato...)
RispondiEliminaMa certo che puoi dirlo, son io che mi faccio attirare da certi film senza troppi problemi :D
EliminaVox Lux seems to be something perfect for me: D Regards!
RispondiEliminaWell, then good vision ;)
EliminaL'unico che ho visto di questi è Captain Marvel.
RispondiEliminaNon mi è dispiaciuto e in certi momenti mi sono divertito, anche se l'ho visto con la consapevolezza fastidiosa che Carol Danvers nei fumetti è Miss Marvel e che Mar-Vell (il primo Capitan Marvel) è un uomo. Goose il flerken invece mi ha molto divertito.
In conclusione: per me non è uno dei migliori del MCU, non è uno di quelli che avrei voglia di rivedere, ma tutto sommato non era male.
Io nessuna consapevolezza invece, giacché non conoscevo il personaggio, tuttavia siamo d'accordo sul giudizio complessivo ;)
EliminaVisto ieri Midsommar, lo avevo scaricato da SkyGo da fine marzo... ma in realtà aveva fallito il download e l'ho dovuto guardare in streaming, con momenti di bassa risoluzione per non bloccarsi a causa della connessione del cellulare
RispondiEliminaIl mio commento a freddo è stato: è una cagata di film che però ha avuto il pregio di incuriosirmi fino alla fine (ancora non ho capito tutti e 9 sacrificati). In altri casi ho bloccato rimandando la visione (senza mai concludere), mi sono addormentato o ho spento dopo mezz'ora consapevole che non mi ci si sarei più riavvicinato.
Leggendo la tua recensione, concordo su tutto. Non catturare mai veramente l'attenzione ma quel pizzico che basta, aggiungo io, almeno per capire dove vogliano andare a parare, anche se si era capito quasi tutto (a me ha ricordato Il Prescelto). Concordo molto anche sul troppo diluito, con mezz'ora/tre quarti d'ora di meno sarebbe stato meglio.
Non mi parlare de Il prescelto, sempre odiato quel film, e forse anche per questo che Midsommar l'ho visionato con sospetto...
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