Il cinema italiano si sofferma troppo su argomenti difficili e moralmente controversi, questi tre film (tutti del 2014) ne sono l'esempio, sinceramente nessuno dei tre qui presentati mi hanno convinto, la prossima volta ci penserò due volte, perché i film drammatici italiani sembrano tutti uguali, sempre con finali non soddisfacenti ed incompiuti, come se lo spettatore dovesse ogni volta capire il finale e riflettere al senso del tutto, lasciando un vuoto di idee e spiegazioni su ciò che il film vuole farci sapere, mettendo sempre recitazioni monotone e poco espressive, eccedere negli eccessi di attori che provano a fare ciò che vuole il regista, ma non sembrano mai troppo credibili. Cosa fare se tuo figlio commette un crimine? Coprirlo o denunciarlo? I nostri ragazzi è il tentativo di rispondere a questa domanda. Due fratelli che non potrebbero essere più diversi, per statura e non
solo: Paolo (Luigi Lo Cascio), chirurgo con mano ferma e schiena dritta,
convinto che nella vita esista il bene e il male e non sia difficile
scegliere da che parte stare, e Massimo (Alessandro Gassman), spilungone
e fascinoso avvocato dai confini morali più sfumati.
E che dire delle mogli, Clara (Giovanna Mezzogiorno) è una donna sobria e forse più raffinata della compagna di Massimo, Sofia (Barbora Bobulova), ma quest’ultima almeno non ha la stessa puzza sotto il naso della prima. In compenso a trovarsi alla perfezione sono i loro figli adolescenti, Michele e Benedetta praticamente cugini inseparabili, ma sarà proprio una loro "bravata" (ripresa da un telecamera di sicurezza) a mettere in discussione gli equilibri tra le coppie e la tenuta dei rispettivi principi morali. Il regista mostra il degrado morale e l'assenza di punti fermi, suggerendoci pregiudizi con i quali confrontarci. Fondamentalmente I nostri ragazzi è un film su una vicenda interessante raccontata nel modo meno interessante possibile, più attento agli effetti macroscopici che alle cause più intime di una tragedia annunciata. Ma il film si conclude con un nulla di fatto, sbagliando, con un finale moralistico e fondamentalmente diffidente della capacità di giudizio del pubblico, peccato. Voto: 6-
Senza nessuna pietà è la storia di Mimmo (Pierfrancesco Favino) che vorrebbe fare solo il muratore, perché gli piace più costruire
palazzi che rompere ossa. Invece recuperare crediti, con le cattive, è
parte integrante del suo mestiere, almeno secondo il signor Santilli, suo
zio nonché datore di lavoro. Mimmo vive in un mondo feroce dove si
rispettano regole e ruoli, se si vuol tirare a campare senza problemi:
giusto o sbagliato che sia, è l'unico mondo che conosce. Tutto cambia
quando nella sua vita irrompe Tania, una ragazza bellissima che il
Roscio, il suo migliore amico, ha "rimediato" come intrattenimento per
Manuel, il figlio di Santilli. Costretti da un imprevisto a passare la
notte insieme, Mimmo e Tania (la bellissima Greta Scarano) si scopriranno uniti dal bisogno di
sentirsi amati e dalla voglia di sfuggire a un destino già segnato. Ma
non si può sperare in una nuova vita senza fare i conti con la vecchia. Un film di genere che inizialmente sembra virare verso la
cinematografia criminale che negli ultimi anni è tornata a risplendere
nelle sale nostrane, ma con il passare dei minuti muta sempre più forma e
sostanza, diventando storia d'amore a tutti gli effetti. Il film è cupo, violento e triste (a tratti stucchevole), e il finale leggermente ambiguo e un po' troppo scontato, per essere un noir, lascia un po a desiderare. Voto: 6+
Davide Bias scrive racconti brevi e conta i passi che lo separano
dall'alienazione. Uno stato di disagio persistente che reprime con gli
psicofarmaci e gestisce con una fidanzata confusa e un lavoro da
creativo in un'agenzia pubblicitaria. Figlio di Achille Bias, uno
sceneggiatore di B movie, Davide non riesce a doppiare suo padre, che
muore all'improvviso in un incidente automobilistico. L'avvocato
dell'assicurazione, chiamato a indagare sulla dinamica della sciagura, è
convinto che si tratti di suicidio. La dichiarazione getta nello
sconforto Davide (Riccardo Scamarcio) che adesso vuole capire chi sia l'uomo che ha passato
la vita ad odiare, tenterà di fare pubblicare il romanzo autobiografico lasciato incompiuto, nel quale
l'uomo racconta il mondo cinematografico e culturale romano che l'ha
rifiutato. Al romanzo, però, manca il finale e il figlio decide di
trovarne uno affinché possa proporlo ad un editore. Partito per Roma, il
giovane finirà per trascurare la fidanzata (Cristiana Capotondi) e per
perdere la testa per un'ex attrice reinventatasi editrice (Sharon Stone). La ricerca senza freni e farmaci lo porterà alla
verità e al tracollo emotivo. Non è facile riconoscere i doni lasciati in eredità dai padri, trasformare in patrimonio la loro acqua di colonia, Pupi Avati realizza l'ennesimo e nostalgico scavo nel passato, quello di Un ragazzo d'oro che attraverso la contemplazione di suo padre approda alla scoperta di se stesso. Un ragazzo d'oro intreccia la riflessione sull'eclissi della paternità nel mondo contemporaneo e la denuncia delle patologie prodotte dalla società dello spettacolo. Il film è di una noia
mortale e di una lentezza sonnacchiosa (non basta la Stone), accentuata da uno Scamarcio mai
così monocorde ed in certi passaggi anche incomprensibile tanto si
parla dentro. Il finale è brutto, ti fa pensare che forse non avrei perso niente a non vederlo. Voto: 5,5
ho visto che tutti e tre stanno passando per sky, ma solo il primo mi incuriosiva...
RispondiEliminaperò dev'essere da zero a zero
Abituato a film un po' movimentati questi tre film sono leggermente noiosi, si hanno incuriosito anche me (tutti e tre), ma alla fine niente di che..
EliminaHo visto solo " un ragazzo d'oro' e l'ho trovato estremamente banale nella sua confusione, non certo aiutato dai protagonisti.
RispondiEliminaMa perchè Scamarcio è tanto sopravalutato?
Cristiana
Eh chi lo sa, è solo un attore di bell'aspetto, dove lo metti sta...effettivamente una vera trama non c'è, un film confuso e lento..
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