Pagine

mercoledì 30 ottobre 2019

Gli altri film del mese (Ottobre 2019)

Ho già detto ieri di non avere nessuna news interessante (non credo che sapere che un mio eccezionale amico si sposa vi interessi, o no?), ma anche in questa occasione mi preme dirvi alcune cose, in merito ovviamente al blog. Come avrete notato, questo post e il precedente, sono usciti con un giorno di anticipo, ebbene ciò è stato necessario per permettermi di pubblicare domani il consueto consiglio cinematografico per la notte (ma anche il giorno, e quindi il pomeriggio) di Halloween. In tal senso, non perché abbia qualcosa da fare (non perché il giorno precedente avrò partecipato ad una festa in maschera), ma il giorno successivo, ovvero il giorno degli Ognissanti, osserverò un giorno di riposo, semplicemente perché è Festa. E così ci rivedremo il lunedì successivo, e da lì in poi non mi fermerò fino a Natale, quando avrò già pubblicato tutte le classifiche di fine anno. Nel frattempo ci sarà molto materiale da farvi scoprire e quindi leggere, come questo qui, dove presento film non eccezionali ma semplicemente riusciti. Ma prima vorrei farvi partecipi di una mia fissazione scaturita da un programma televisivo di cui non riesco a fare a meno, e questo programma in onda su Blaze (canale Sky) è Lego Masters. Io non sono mai stato un accanito giocatore (e consumatore di mattoncini) però vedere le costruzioni che i concorrenti di questo programma che premierà con 100 mila dollari il vincitore (tra le iniziali 8 squadre) del concorso, è qualcosa di davvero affascinante. Perché tra ponti di due metri, modellini di auto (e che auto, la mitica DeLorean), nascondigli di cattivi e costruzioni di grande impatto, il divertimento non manca. Saranno stati i film d'animazione, a tal proposito ho visto anche le prime due puntate della nuova serie a cartoni Lego Jurassic World (davvero carina e tanto simpatica), ma mi dispiace non averci mai giocato con impegno e passione. Però nessun rimpianto, anzi forse ho risparmiato così centinaia di euro (e di lire), quindi mi accontento di vedere altri all'opera. Ma ora bando alle ciance, ecco i miei consigli (perché sono film sufficientemente riusciti da vedere) cinematografici del mese.
Io, Dio e Bin Laden (Commedia, Usa 2016)
Tema e genere: Frizzante commedia sulla vera storia di un vagabondo un po' pazzo.
Trama: La storia vera di Gary Faulkner, un ex detenuto disoccupato, che armato solamente di una spada comprata su un canale televisivo, si recò in Pakistan undici volte allo scopo di catturare Osama Bin Laden, spinto dalla convinzione che Dio in persona glielo avesse chiesto.
Recensione: Partendo dall'assunto che la storia, come si vede dai titoli di coda, è tragicomicamente vera (ma ormai lo si capisce sin dall'inizio: più certe storie sono assurde e meno sono frutto di immaginazione) la vicenda di Gary Faulkner potrebbe essere liquidata come quella di uno dei tanti pazzi che abitano il pianeta. Il mix con la comicità demenziale di Larry Charles (quello di Borat e Il dittatore: ma qui meno esplosivo, senza il "suo" Sacha Baron Cohen) riesce però a rendere interessante una vicenda altrimenti solo da brevi in cronaca. In particolare, Nicolas Cage (dopo anni di b movie uno peggio dell'altro) usa un piccolo film (peraltro sfortunato: negli Usa è uscito direttamente in home video: ormai di Bin Laden non si interessa più nessuno) per costruirsi un personaggio memorabile, survoltato e folle e certo più grande del film che lo ospita, che fa rimpiangere le tante occasioni perse da questo nipote di Francis Ford Coppola dalla abbondante filmografia ma anche dal talento discontinuo. Se si ride meno di quanto si dovrebbe (pur se le continue irruzioni di Dio, interpretato da Russell Brand, altro comico attivo nel demenziale), e se le "gesta" di Gary sono un po' troppo ripetitive, sorprende la tenerezza che si insinua nella storia, grazie al suo rapporto con l'amica Marci Mitchell (Wendi McLendon-Covey), anche lei alla deriva dopo una vita di sconfitte, con un amore che sembra non decollare mai per le scempiaggini del protagonista. Che però, miracolosamente, fa breccia nel suo cuore e in quello di una bambina che non parla, piccolo segno di una realtà che non è solo riducibile all'aneddoto scherzoso sull'uomo che voleva catturare Osama Bin Laden.
Regia/Sceneggiatura/Cast: La particolarità del film è l'assenza di linearità nella sceneggiatura (che comunque perfetta non è affatto). L'azione ruota attorno ai ripetuti tentativi da parte di Gary di avvicinarsi al covo di Bin Laden. Nel momento in cui, per qualche motivo, Gary decide di rinunciarci, ecco ricomparire Dio a ricordargli la sua missione. Il tutto è condito in un'aria alquanto comica, supportata dall'interpretazione di Nicolas Cage, abile a calarsi nella parte e a saper connotare il suo personaggio con tutte le sfumature caratteriali di cui necessitava una simile parte. Bene anche il resto del cast (ci sono anche Denis O'Hare e Matthew Modine) che assiste il buon vecchio Cage, diretto in maniera diligente da Larry Charles.
Aspetto tecnico: Non malissimo gli effetti speciali, e neanche le musiche, nella media il resto.
Commento Finale: Per Gary Faulkner rappresenta ben più del canonico quarto d'ora di celebrità, dato che la sua pazza impresa ha fruttato addirittura un film. Ed è un film gradevole (grottesco ed estremamente comico in senso positivo), con un buon Nicolas Cage che finalmente si ritrova in una interpretazione apprezzabile, ben diversa da quelle solite che, ultimamente, avevano poco o nulla da offrire. In Io, Dio e Bin Laden (una commedia on the road che non pretende niente di più se no quella di mettere in mostra la possibilità di affrontare una tematica sociale notevole, la malattia mentale e di conseguenza il tema della schizofrenia, con una leggerezza gradevole) l'attore americano sembra trovarsi a proprio agio nei panni di un bifolco, con qualche rotella fuori posto, che ha come missione principale nella vita catturare Bin Laden, nascosto in qualche grotta in Pakistan. La storia presenta dei momenti simpatici, legati anche a dei dialoghi spiritosi, che offrono una visione discretamente divertente e folle quanto basta per non annoiarsi. Vale un'occhiata.
Consigliato: Se siete detrattori di Cage, consiglio di vedere questo film, perché potrebbe farvi cambiare idea sulle sue potenzialità, spesso vittima delle pessime sceneggiature che si ritrova ad accettare. E poi comunque questa è la classica commedia fresca, da guardare senza troppi pensieri, quindi che problema c'è?
Voto: 6
The Spectacular Now (Commedia, Usa 2013)
Tema e genere: Commedia di formazione basata sull'omonimo romanzo di Tim Tharp, pubblicato nel 2008.
Trama: Sutter Kelly (Miles Teller) non è quello che si dice uno studente modello. All'ultimo anno di liceo, ama vivere al momento, godersi il divertimento e non ha ancora un piano per il college. Un giorno però si imbatte in Aimee (Shailene Woodley), una studentessa introversa a cui si propone di insegnare a vivere a modo suo. Quando il loro rapporto si intensifica, i confini tra giusto e sbagliato, amicizia e amore, salvezza e corruzione diventeranno sempre più confusi.
RecensioneThe Spectacular Now (arrivato in Italia stranamente in ritardo) è uno dei molti film esistenziali sul passaggio dal diploma di maturità a ciò che viene "dopo", eppure davvero piacevole è costui film nel rivisitare un argomento assai spremuto. La pellicola, questa pellicola indipendente infatti (vincitore al Sundance), che tratta di una piacevole e garbata storia d'amore tra due giovanissimi compagni di scuola, nobilitata da un cast di un certo rilievo (c'è anche Brie Larson), è leggera sì, ma di contenuto, incentrata più seriamente di quanto voglia apparire su una maturazione consapevole di un adolescente che trova nella spensieratezza e nella comunicatività lo strumento efficace e concreto per lasciarsi alle spalle drammi e delusioni di una vita fatta di quotidianità e piccole meschinerie. E così questo film, che non è un dramma (lo sfiora solo), con l'abile sceneggiatura di Scott Neustadter e Michael H. Weber, riesce a toccare molte delle problematiche adolescenziali. La narrazione si mantiene difatti commedia (una di quelle che sa far temere il peggio), nonostante qualche situazione complicata (ma niente "borderline"), grazie alla sagacia di James Ponsoldt (no, non posso credere sia lo stesso regista del pessimo The Circle) e a una godibile struttura scorrevole e convincente. Non si esagera ma si parla il linguaggio dei ragazzi con la loro stessa frivolezza mista a una filosofia dalle prospettive ampie di chi ha davanti una vita intera ma pochissimo tempo per decidere. I pregi di The Spectacular Now stanno infatti quasi tutti nella naturalezza del racconto, dei dialoghi, dei personaggi, degli attori. Non ci sono le carinerie e i bizzarri virtuosismi pop che ci si aspetta da un certo cinema indipendente americano, non c'è l'approccio un po' comico, sopra le righe, con personaggi dalla battuta sempre pronta, non ci sono avvenimenti melodrammatici o tragiche rivoluzioni. C'è solo la delicata, ammirevole leggerezza con cui vengono raccontate le vicende di due persone normali e di chi vive loro attorno, in una maniera semplice, naturale. In The Spectacular Now c'è semplicemente uno spaccato di vita adolescenziale, fra due ragazzi che si incontrano, si divertono, iniziano a conoscersi e vedono nascere una fortissima amicizia, o forse qualcosa di più. C'è magari qualche cliché, ma raccontato in quella maniera (ancora) così naturale che ti ricorda come in fondo la maggior parte dei cliché siano figli della realtà. C'è anche qualche fuga dal cliché, perché la ex di turno non è la solita stronza invidiosa e insopportabile, ma semplicemente una ragazza con cui le cose, oltre un certo punto, non hanno funzionato. C'è soprattutto un ritratto adorabile del rapporto fra due persone, che si evolve in maniera credibile, parte dal nulla, diventa "qualcosa" e lascia poi spazio agli inevitabili problemi, tirando fuori una svolta per molti versi annunciata ma, anche qui, messa in piedi con grande bravura e delicatezza. Per un bel po' non si capisce neanche troppo bene dove il film voglia andare a parare, ma lo si guarda comunque rapiti, perché troppo riuscita è la rappresentazione di quello spaccato di vita. Poi la svolta arriva, anche abbastanza annunciata, ma pure lei perfetta per tempi, semplicità e soprattutto interpretazioni. Molto bravi i giovani protagonisti (Miles Teller e ancora di più Shailene Woodley, perché naturali, capaci e ipnotici), volti ormai noti, che ai tempi di The Spectacular Now erano poco più che esordienti sullo schermo, coadiuvati da una Jennifer Jason Leigh sempre in discreto "spolvero" artistico e da Kyle Chandler. E insomma il cinema a stelle e strisce si mostra ancora una volta abile nel trasporre gli schemi che caratterizzano il percorso dei teenagers (diploma, ballo di fine anno e poi via, altrove, verso l'età adulta) e i loro disagi che dalla famiglia si riflettono sulla scuola e sulle loro scelte, in sostanza sulle loro vite, e gli eccessi (come l'abuso di alcol quasi come sollazzo che può divenire letale quando si stringe un volante). Certo, il finale è prevedibile ma egualmente piacevole, come il film stesso, un film garbato e riuscito, e perciò da vedere.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/CastScott Neustadter e Michael H. Weber gli sceneggiatori, firmano una pellicola romantica, delicata e sensibile, riuscendo a scansare gli stereotipi del caso, a vantaggio di una narrazione scorrevole e verosimile. Il regista James Ponsoldt dirige con scioltezza, dando un ritmo uniforme al narrato e connotando la storia di un tratto dolce e nostalgico, i giovanissimi Miles Teller e Shailene Woodley, se la cavano egregiamente, con una prova schietta e naturale. Le musiche e tutto il resto (tecnico) accompagnano bene il tutto.
Commento Finale: L'impianto di The Spectacular Now si basa su due personaggi apparentemente stereotipati come nelle classiche pellicole adolescenziali e l'inizio conferma tali ipotesi con due caratteri opposti, lui "popolare" lei più appartata a livello di relazioni sociali. L'aspetto positivo del film sono sicuramente i due attori che giocano sugli stereotipi fino a ribaltare le loro caratteristiche. Un meccanismo in fondo semplice però efficace perché gli attori, i due protagonisti sono all'altezza nel mostrare nel corso del film le proprie insicurezze mascherate dall'alcoolismo e l'indubbia maturità di lei. Evita abbastanza bene la trappola del mieloso e mette in scena una storia semplice e sincera. Non mi ha colpito particolarmente ma tutto sommato è un buon film.
Consigliato: Sì, agli amanti del genere, ma non solo.
Voto: 6+
Un re allo sbando (Documentario, Commedia, Belgio 2016)
Tema e genere: Commedia surrealista che racconta l'Odissea in chiave documentaristica di un re belga il cui stato vive una profonda crisi d'identità.
Trama: Mentre è in visita in Turchia, dove dovrebbe girare un documentario per rilanciare la sua immagine, il re del Belgio viene a sapere che in Patria si rischia la guerra civile e decide di rientrare infrangendo ogni protocollo.
Recensione: Presentato al Festival di Venezia 2016 casualmente a pochi giorni dal tentato colpo di Stato in Turchia, la commedia travestita da documentario (o meglio mockumentary) di Peter Brosens e Jessica Hope Woodworth riesce nella difficile impresa di unire in un road movie dinamico e incalzante una notevole comicità e un'altrettanta capacità di riflessione. I personaggi della corte belga, ritratti con un gusto per il surreale che non impedisce di creare una grande empatia, quello del documentarista d'assalto semi-fallito che si lascia ingaggiare per il rilancio di immagine di un sovrano dall'aria triste e poi non perde l'occasione di dare una sterzata imprevista al suo lavoro su commissione, così come l'ex comandante militare dal grilletto facile e i paesani dal cuore d'oro: sono solo alcuni dei caratteri, sempre ai limiti dell'eccesso, che costellano un racconto decisamente dinamico. Le disavventure del sovrano che, deciso a tornare in patria per evitare la scissione della Vallonia, sfida sia la tempesta solare che ha messo fuori gioco telefonini e aerei che le autorità turche che rifiutano di fargli fare il viaggio via terra, sono l'occasione per decostruire la freddezza del protagonista, smontare le convenzioni della sua "squadra" e per ridare a quest'uomo solitario e un po' triste la voglia di agire ed essere felice. Nel frattempo il viaggio, spassoso e surreale, consente ai due autori di affrontare le contraddizioni di un'Europa tutt'altro che unita, sfiorando con leggerezza, ma non senza serietà le ferite aperte dei paesi balcanici, ma senza tralasciare di lanciare pesanti frecciate anche agli stati "centrali", che sono incapaci di trovare un punto di incontro persino al loro interno. E insomma film inaspettato e godibile, che inoltre regala, sul filo del rasoio, anche momenti di verità e commozione, momenti che elevano il film, un film decisamente riuscito.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: La coppia Peter Brosens/Jessica Hope Woodworth (conosciuta soprattutto per alcuni documentari ma anche per la pellicola La quinta stagione), confeziona una pellicola dalla trama semplice, dall'anima dolce e dall'ironia atipica ma coinvolgente, utilizzando l'espediente del "film nel film" (in tal senso originale il montaggio) che regala movimento ma con una fluidità difficile da ottenere e meritevole di plauso. Il pregevole cast composto da Peter Van den Begin, Bruno Georis, Lucie Debay (che assomiglia, anche per bravura, a Jessica Chastain), Titus De Voogdt e Pieter van der Houwen, è l'ingrediente migliore per un film che regala spontaneità e freschezza senza però mai raggiungere l'apice della commedia "classica", facendosi cullare per tutta la sua durata da un tono lievemente drammatico che è forse il suo pregio migliore. Infine un doppiaggio di livello e una colonna sonora non particolarmente avvolgente eppure azzeccata accompagna lo spettatore, in un road movie che dimostra come un Re non sia poi tanto diverso dai suoi sudditi.
Commento Finale: Una buona commedia avventurosa, non particolarmente coinvolgente (anche complice una colonna sonora ricca di suoni della realtà, ma avara di musiche, seppur ottime) ma ricca di contenuti e dalla realizzazione particolare.
Consigliato: Sì, a tutti, ma soprattutto a chi digerisce un certo cinema sperimentale e surrealista.
Voto: 6
Bangla (Commedia, Italia 2018)
Tema e genere: Partendo da un approccio fortemente autobiografico, il regista racconta le difficoltà dell'amore all'interno di un particolare contesto familiare, religioso e culturale. E lo fa con una commedia simpaticissima nella sua semplicità.
Trama: Nel multietnico quartiere romano di Torpignattara vive Phaim, un ventenne figlio di una coppia di bengalesi. Come tanti altri figli di immigrati, Phaim vive le mille contraddizioni delle seconde generazioni alle prese con un complicato processo di integrazione culturale. L'incontro con una ragazza di origini italiane creerà in lui difficoltà fino a quel momento del tutto inattese.
Recensione: Il tema dell'immigrazione straniera è in tempi recenti, molto dibattuto sfiorando toni drammatici se utilizzato per fini di speculazione politica italiana, ma se a raccontare una storia di integrazione di un giovane nato in Italia di origine bengalese è proprio il protagonista e il realizzatore del film ovvero il Phaim (Bhuiyan di cognome) di cui si parla allora i toni si stemperano diventando addirittura ironici con punte di comicità involontaria sia nel linguaggio parlato che nei comportamenti dei personaggi. Allora tutto il dramma degli immigrati assume un differente punto di vista che il giovane regista (già svezzato fra documentari e la passione folle per il cinema, concretizzatasi in questa pellicola distribuita da Fandango) ci propone in questa storia semplice di un amore tra lui indiano di colore cappuccino, e una lei altrettanto giovane, ma italiana, della periferia romana abitante nella stessa Torpignattara dove risiede con la sua tradizionalissima famiglia, il ragazzo bangla. Dunque un melting pot tra centro e periferia del mondo tra chi nasce immigrato e chi nasce "periferico" essendo cittadino italiano titolato. Un divertente miscuglio nel film, diciamo recitato, in un dialetto romanesco alla "Bangla" quasi a dire coatto, che conferisce un tono forse pasoliniano di borgata o forse il perfetto opposto di brutti sporchi e cattivi di memoria scoliana. Infatti tutti i personaggi da Phaim ad Asia la neo fidanzatina, agli amici e familiari e via dicendo sono pulitini bellini e soprattutto buoni e simpatici. Forse il vero riferimento cinefilo del giovane regista indiano Phaim è il Moretti alias Michele di Ecce bombo o meglio il Nanni di Caro diario (tuttavia il riferimento principale spetta a The Big Sick, ugualmente simpatico). Tutto questo confezionato in una semplice e veloce narrazione di scenette divertenti e adatte ad un pubblico consono all'età dei protagonisti, forse più autentici dei giovani di Moccia e Muccino. E così si ride e si sorride delle convinzioni del poco più che ventenne che si affaccia al mondo, grazie alla capacità dell'autore di sdrammatizzare argomenti così importanti che possono essere fonte di separazione fra differenti culture, come nel caso di scelte imposte da tradizione e famiglia, sempre riviste con una dose di leggerezza che pervade tutto il film. Ci deliziano le aggiunte di Pietro Sermonti e Simone Liberati, nei ruoli di un padre rocker mancato e di un pusher silente oltre alla protagonista Carlotta Antonelli anche lei, come buona parte del cast, alla sua prima uscita sul grande schermo. Certo, poteva essere indubbiamente migliore, ma è piacevole da vedere proprio per alcune battute ironiche, alcune scene divertenti e la leggerezza nella narrazione. Da vedere per rilassarsi.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Commedia leggera, fresca, variopinta, Bangla ha tutto il sapore di un film senza alti obiettivi: la voice over di Bhuiyan invade quasi tutta la storia, accelera l'empatia con lo spettatore, ci spiega quello che il protagonista pensa e vive. Non affronta certo tematiche inedite: gli italiani di seconda generazione, l'amore tra musulmani e italiani, le tradizioni familiari, la fluidità relazionale, i social come via iniziale di comunicazione, gli smartphone e gli audio di WhatsApp. A renderla diversa dalle altre commedie scritte da italiani per italiani è la scrittura "giovane" di Phaim (con l'aiuto di Vanessa Picciarelli), la direzione creativa di Emanuele Scaringi (filmmaker esordiente con La profezia dell'armadillo e sceneggiatore anche di film come Diaz), la regia e interpretazione (da protagonista) dello stesso Phaim Bhuiyan.
Commento Finale: Un'opera prima decisamente creativa ed intelligente, quella del giovane regista classe '95. Bangla non è certo esente da alcune naturali ingenuità, come ad esempio una gestione della regia ancora acerba. Phaim Bhuyian porta in scena una storia fresca, autentica, specchio di una realtà che ci riguarda e che non deve farci paura. Nel racconto di un amore giovanile complicato c'è tutta la passione di un ragazzo che ama quello che fa e che ha voglia di descrivere le differenze di una cultura diversa dalla nostra, ma ormai radicata ed integrata, quindi accettata. E riguardo al dilemma del protagonista? Il dubbio di un ragazzo innamorato diventa fonte di una riflessione universale. Buona la prima.
Consigliato: Secondo me da vedere, o se l'avete già visto, da rivedere.
Voto: 6+
Dopo la guerra (Drammatico, Italia, Francia, 2017)
Tema e genere: È una riflessione sulle colpe e le violenze di un periodo storico recente, difficile da dimenticare e che condizionerà per sempre le vite di una famiglia diventata vittima di se stessa, costretta a condividere il dolore privato con il giudizio pubblico. Il film è liberamente ispirato alle storie di alcuni condannati degli anni di piombo italiani, riparati in Francia sotto la dottrina Mitterrand (François), tra cui Paolo Persichetti e Cesare Battisti.
Trama: Per evitare di essere estradato in Italia, Marco (un ex terrorista non pentito rifugiato in Francia) cerca di scappare in Nicaragua con la figlia. Il destino risolverà per tutti la quanto mai difficile situazione, sua e della famiglia.
Recensione: Presentato a Cannes nel 2017, Dopo la guerra è il primo film di finzione di Annarita Zambrano. Un film non facile e coraggioso (ispirato alla tragica vicenda di Marco Biagi ucciso nel 2002 dalle Brigate Rosse) perché si addentra in una delle ferite ancora sanguinanti della storia italiana, quella del terrorismo di estrema sinistra o destra che ha insanguinato il nostro Paese. La regista, però, sceglie un taglio particolare. Il film, infatti, non scava nelle ragioni sociopolitiche che portarono a fine anni '60 decine di persone a intraprendere quella strada, ma si sofferma sulle conseguenze che le loro azioni hanno causato sulle persone a loro vicine. Nella parte italiana, infatti, il film si focalizza sulle figure di Anna (Barbora Bobulova, per una volta davvero brava), sorella di Marco (Giuseppe Battiston, più a suo agio in altre parti ma comunque anche qui molto bravo), sul marito Riccardo (Fabrizio Ferracane), un magistrato di primo piano nazionale, e sulla madre Teresa (Elisabetta Piccolomini). Anche loro vengono investite direttamente dall'attenzione mediatica che si riaccende su Marco. È il maledetto passato che ritorna e le loro vite ne vengono sconvolte nei gesti quotidiani. Sono anche loro vittime e, agli occhi dell'opinione pubblica, colpevoli per il fatto di essere parenti di un terrorista. Nella parte francese tutto ruota attorno al rapporto tra Marco e la figlia Viola (Charlotte Cétaire) che viene letteralmente strappata dalla sua vita, dalle sue amicizie e passioni. Un rapimento vero e proprio che si conclude in un casolare abbandonato dove Marco aspetta i documenti per scappare e dove incontrerà una giornalista per un'intervista in cui ribadisce le folli ragioni (senza ombra di pentimento) che lo hanno portato sulla strada del terrorismo. Il film è certamente intenso e ricco di spunti. Dove fatica un po' è proprio nell'amalgamare la parte italiana (più convincente) con quella francese, tanto che il film sembra veramente troppo spaccato in due parti. Rimane comunque un interessante esempio di cinema di impegno civile, da parte di una regista che ha dimostrato di avere coraggio e qualità.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Pur essendo un'opera prima, Dopo la guerra di Annarita Zambrano risulta una pellicola riuscita e toccante. La regista, infatti, riesce ben a rappresentare le reazioni ed il coinvolgimento che hanno i vari protagonisti della storia: qui non si giudica affatto l'operato o meno del protagonista terrorista e, pertanto, non vi sono manifestati espressamente giudizi morali, ma solo, la rappresentazione degli stati d'animo e della condizione che essi stanno vivendo come ripercussione ai vari eventi e, nel caso specifico, al cambiamento della legge in Francia. Una condizione, alquanto dolorosa e difficile da sopportare e da affrontare per tutti, colpevoli e non. Convincente la recitazione nel proprio ruolo drammatico di ex-terrorista di Giuseppe Battiston come anche quella dell'esordiente e giovanissima Charlotte Cétaire nella parte della figlia. Insomma, un'opera intimistica ben diretta e presentata (perché anche tecnicamente ben confezionata) che va dritta al cuore dello spettatore, inducendolo anche a riflettere seriamente.
Commento FinaleDopo la guerra è un film tutto sommato riuscito alla luce dei fatti che racconta e per come li racconta, ossia attraverso l'eco delle conseguenze di azioni lontane. Ed in fondo quello che ci comunica l'autrice è proprio questo, come tutto quello che facciamo influenzi non solo noi ma chiunque ci stia vicino, anche se sono passati anni, anche se ci sono centinaia di chilometri a separarci. La (non) presa di coscienza dei propri errori e gli effetti che essi hanno sulle persone a noi care sono il tema portante di un film che analizza in modo apparentemente distaccato, ma alla fine efficace, la causa-effetto di un crimine, senza entrare troppo nel merito politico delle vicende ma rimanendo, al contrario, su un piano più intimo e umano.
Consigliato: Sì, ma va visto però evitando i pregiudizi, e concentrandosi sul lato umano.
Voto: 6
La mélodie (Drammatico, Francia 2017)
Tema e genere: La storia di un riscatto possibile attraverso la passione per la musica.
Trama: Simon, violinista in attesa di una svolta nella sua carriera, accetta di dare lezioni di violino in una scuola problematica della periferia francese.
Recensione: Primo lungometraggio di Rachid Hami, La mélodie è un film francese presentato fuori concorso durante la Mostra di Venezia nel 2017. Il regista presenta un tema già più volte esplorato dal cinema, sia sul versante dell'insegnamento che sullo specifico musicale (basti pensare a Les Choristes o a La famiglia Belier), indagando il classico rapporto tra adulti e ragazzi, tra insegnanti e studenti, tra maestri e apprendisti.  Sorta di favola educativa al tempo stesso contemporanea (il disagio dei ragazzi e il loro retroterra è realistico) e dalla struttura classica, La mélodie si muove con una certa prevedibilità, alternando a ostacoli e sconfitte, momenti di commovente comunione e unità tra genitori e insegnanti, che imparano a conoscersi e si uniscono per offrire a quei ragazzi un'opportunità mai presa in considerazione e per farli arrivare ben preparati alla serata d'esibizione. Il film di Hami non è certo un capolavoro, ma la vicenda, per molti versi scontata, non ne sminuisce il valore e la potenza. Con semplicità e senza troppe pretese (e sicuramente rivolto a chi è altrettanto in cerca di una storia semplice e non di ricercatezze e sofismi artistici), il regista si accosta alla narrazione e al tema classico (l'influenza dei maestri sugli allievi, ma anche la passione che si rinnova negli insegnanti attraverso di loro) con dialoghi improvvisati o situazioni genuine e immagini delicate, sempre tese a mostrare i dettagli dell'universo musicale (violini, spartiti, corde, archetti) così come tensione, rabbia o gioia e stupore nei volti dei ragazzi. Il racconto nella sua linearità e totale assenza di colpi di scena o inaspettate svolte drammatiche esalta con semplicità tutto ciò che merita di essere sottolineato: il desiderio di un gruppo di giovani emarginati di riuscire a commuovere spettatore e genitori attraverso la loro musica, la scoperta di un vero talento in una realtà periferica dove mai ti sogneresti di andare a scovare un'artista, la rinascita di un uomo capace, attraverso il suo ruolo di maestro, di risolvere i suoi problemi personali riallacciando il rapporto con la figlia e la madre e donando un senso nuovo al suo mestiere (ed è apprezzabile la prova nei panni del protagonista di Kad Merad, in genere noto per i suoi ruoli comici). Le ambientazioni, i personaggi, il tessuto multiculturale e sociale esplorato dalla relazione tra gli studenti e gli insegnanti si fa così carico di sentimento e ci conduce verso un finale che restituisce a protagonisti e spettatori speranza e profonda emozione. Con un messaggio così forte e vitale non si può che passare sopra qualche perdonabile limite e apprezzare la delicatezza di una storia assolutamente positiva, ma anche una sobrietà che evita strade patetiche che sarebbe stato facile percorrere.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/CastLa mélodie appartiene al canone più classico dei film musicali ambientati nelle scuole. C'è un professore apparentemente inadeguato ma appassionato e, quindi, talentuoso. Ci sono ragazzi indomabili e indisciplinati ma ricchi di vita ed energia. C'è un obiettivo formativo, un concerto, che sembra impossibile da realizzare. L'incontro tra queste tre linee narrative dà origine all'arco di trasformazione del personaggio che, a dirla tutta, non è neanche troppo difficile da intuire. Eppure La mélodie è un'opera pienamente riuscita, dalla regia sicura e tecnicamente ineccepibile. Questo perché il regista Rachid Hami, a cui non interessa sfornare un capolavoro o mandare in sollucchero i cinefili d'essai con chissà quali elucubrazioni tematico-stilistiche, ciò che gli importa davvero è scaldare il cuore del pubblico e far comprendere le straordinarie possibilità (educative e non) offerte dalla musica classica, che tutto è tranne una "cosa da vecchi", si affida alle facce giuste. Infatti, al di là dell'essenzialità funzionale della messa in scena e della linearità del copione (che riesce a non scivolare mai nel patetismo retorico, anche se le occasioni per farlo abbonderebbero), del sempre bravo Kad Merad e della trascinante colonna sonora di Bruno Coulais (con un occhio, anzi un orecchio di riguardo agli estimatori della musica classica), gran parte del merito de La mélodie va ai suoi giovanissimi protagonisti: irriverenti, sboccati e cresciuti troppo in fretta, ma proprio per questo irresistibili, genuini e sempre convincenti, sia che vengano alle mani scambiandosi i peggiori insulti, sia che si esercitino suonando il violino sui gelidi tetti delle banlieue.
Commento Finale: Quello che sulla carta pareva un film avvolto nella carta da zucchero, sentimentale e benpensante dal primo proposito sino ai titoli di coda, in realtà possiede una grazia che ne fa una piccola sorpresa. Argutissimo nelle osservazioni psicologiche, attento a "registrare" solo l'autenticità, con scafati professionisti come un imprevedibile e profondo Kad Merad (lontanissimo dalle sue pur allegre commedie) a interagire con la visceralità e la disinvoltura dei ragazzi, La mélodie avvince ed emoziona, scatena ilarità e deterge eventuali scorie ciniche dall'animo degli spettatori. Un'opera prima di Rachid Hami (attore in La schivata e autore di due corti) che si pone felicemente un passo avanti a qualsiasi film-dibattito su razzismo e integrazione, nata dall'osservazione diretta di un corso di classica in un quartiere popolare. Ogni tanto è bello emozionarsi.
Consigliato: Sì, giacché questo è uno dei quei film che fanno bene all'anima, dove la semplicità è un valore aggiunto e, diciamolo pure, indispensabile.
Voto: 6,5

8 commenti:

  1. Mi stai dicendo che Salvatore si sposa? Wow!
    Ma torna in città, o resta a vivere a Roma?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo sapevo io, ahah :D
      Comunque sì, ma per adesso me l'ha solo accennato, ancora non ho tutte le risposte ;)

      Elimina
  2. Mi hai ricordato il film con Cage (non faccio parte dei suoi detrattori, anzi!) anche se non ho una grandissima voglia di guardarlo.
    Forse darò una possibilità a Bangla. L'altro mi attira per Battiston, il genere decisamente meno.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' un film pazzo, come lui qui davvero pazzo, se sopporti quel tipo di commedie non puoi però non vederlo, comunque per questo come per gli altri aspetto di saperne qualcosa a riguardo se li vedrai ;)

      Elimina
  3. Me n'ero dimenticato di quel film con Nicholas Cage. All'epoca del trailer ero rimasto abbastanza spiazzato e incuriosito. Magari lo recupero.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io te lo consiglio, a te come a tutti, ovviamente deve piacerti il genere, però questa storia particolare merita di essere conosciuta ;)

      Elimina
  4. Ciao Pietro mi hai appena ricordato che devo recuperare una marea di film ma le poche volte che accendo la tv mi chiudo con le serie Tv o Thriller... ops :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, che poi questa è una delle poche volte che non compare un thriller nella lista, in ogni caso ti capisco, e comunque anch'io ho una marea di cose da recuperare ;)

      Elimina