Pagine

martedì 6 aprile 2021

[Games] Videogiochi del periodo (Gennaio/Febbraio/Marzo 2021)

Una nuova stagione videoludica è cominciata (la scorsa fine qui), anche se di nuovo c'è quasi niente (e in senso generale), anche perché quello che porterò in dote quest'anno saranno quasi tutti (spero comunque di trovare qualche gioco a buon prezzo prossimamente) videogiochi acquistati lo scorso (fine) anno. E tra saldi autunnali, black friday e saldi invernali (e nel mezzo di tutto ciò ho anche vissuto nostalgiche avventure gentilmente offerte da SEGA per il suo anniversario, ho infatti potuto farmi una partita a Sonic ed a tanti altri giochini), anche giochi (tre) gentilmente offerti da Ubisoft (uno è qui oggi, gli altri ancora da provare) e tanto altro rimasto in giacenza. Una mole di giochi che cercherò di portare a termine (giochi che ricordo appena usciti non sono, anzi, da un bel pezzo), nonostante alcune difficoltà che ultimamente sto cominciando a riscontrare. Colpa di meccaniche di gioco che in alcuni specifici giochi impediscono la fluidità di controllo dei comandi al giocatore, troppi pulsanti e troppo movimenti in sincronia, che appunto non giovano alle articolazioni delle mani, nel mio caso già deficitari di loro. Cosicché un cambio di "genere" sta avvenendo e avverrà, più avventure e meno giochi di ruolo, ve ne accorgete man mano, ma oggi ecco cosa ho portato.

Syberia 3 - Più di dieci anni sono tanti, tanti lunghi anni (dal 2004 al 2017) Kate Walker ha dovuto attendere per essere salvata dal triste destino che sembrava attenderla alla fine di Syberia 2. In un lasso di tempo del genere i videogiochi, i giocatori e il mondo in generale cambia (radicalmente può cambiare). È possibile, allora, che una saga come Syberia, protagonista tra il 2002 e il 2004, avesse ancora la forza di dire qualcosa di originale dopo un periodo così lungo? Dopo aver terminato il gioco la mia risposta è no, anche perché Syberia 3 è il sequel che temevi di una serie che non aveva bisogno di sequel. Ma c'è un aspetto di Syberia 3 che, già a pochi secondi dall'avvio del gioco, spalanca un mondo di ricordi piacevoli ai seguaci della saga come me: le musiche. Quelle musiche orchestrali soavi, imponenti, che nell'arco di poche note riescono a strappare il giocatore per trasportarlo in una fiaba senza tempo, dove la ricerca della famigerata Syberia altro non è che la metafora del viaggio di un popolo alla ricerca della propria identità. Una colonna sonora sopra le righe, che a distanza di tutti questi anni ricorda ancora come, oltre due generazioni fa, mollare la frenesia di New York e seguire l'avventura più incredibile e pericolosa del mondo sia stata la scelta migliore che potessi fare. Peccato che musiche, un doppiaggio esclusivamente in lingua inglese (sottotitolato in italiano) e un set di enigmi interessanti esauriscano i pregi indiscutibili di Syberia 3, incapace di offrire una narrazione avvincente come le precedenti e di presentare problemi tecnici (dinamiche, game design ed altro) inspiegabili e leggermente fastidiosi. Certo, si rimane comunque rapiti dallo stile retro-cyberpunk del gioco, ma è un po' una delusione. Un vero peccato perché molte delle location che si visitano possiedono ancora la magia di Syberia, che purtroppo però è in gran parte svanita, forse anche a causa dei troppi anni passati dall'uscita del secondo capitolo. Per questo motivo, si consiglia Syberia 3 solo ai fan duri e puri di Benoit Sokal che vogliono vedere che fine ha fatto Kate Walker. Voto: 6

Trials Rising - Le leggi della fisica, queste crudeli ma indispensabili regole che ci impediscono di volare ma contemporaneamente di evitare che il nostro corpo compia movimenti poco piacevoli o si incastri con l'ambiente. Trials Rising prende queste leggi, le applica alla lettera per poi affrontarle solo come i veri trials nel mondo reale osano fare. E come spesso accade nel mondo reale, anche qui ci ritroveremo spesso a sfracellarci contro il terreno. Ecco, parlare di cadute è sbagliato, perché più che cadere, in Trials (anche Rising ovviamente), spesso si muore. Si muore male, molto male. Prendere una discesa a massima velocità, decollare dalla rampa situata alla fine di quest'ultima, schiantarsi contro un pilone di cemento e sprofondare nel vuoto. Oppure su un ammasso di barili esplosivi posti proprio sotto di noi, essere travolti dall'esplosione e scagliati lontano. Il tutto con una fisica credibilissima e le urla del povero pilota, che col suo aspetto pupazzoso rende in realtà queste tragiche dipartite in momenti di puro e viscerale spasso. Gli ingredienti di Trials Rising sono pochi ma efficaci: Moto, ostacoli e tanto divertimento. Il gioco si presenta come un racing game in 2.5D che ci permette di gareggiare in sella alla nostra moto su tracciati pieni di ostacoli e salti mozzafiato unendo meccaniche platform a quelle dei balance game. Una serie di checkpoint aiutano a ripartire in caso di cadute, mentre un timer scorre implacabile sullo schermo. Insomma per me che era la prima volta una bella scarica di adrenalina, con l'unico problema che più si va avanti più diventa difficile, e più imprecazioni si dicono. Ci vuole una certa pazienza da un certo punto in poi (e il coraggio di mollare), ma non tutti sono me, con un po' di pratica si può riuscire ad imparare le tecniche e migliorare i tempi che servono, e può per questo sicuramente risultare appagante e stimolante. Il comparto tecnico non è eccelso, ma lo stile (coloratissimo e folle) compensa in buona parte le sbavature. Consigliabile a tutti, ma soprattutto ai fan del genere e della saga, giocarci a patto di non avere paura di sporcarvi di fango. Voto: 7
Assassin's Creed: Rogue - Dopo aver amato e odiato (personalmente la prima opzione) i tetti di Parigi (ed esser volato in China per una breve, sfortunatamente deludente, vacanza), è tempo di tornare a solcare il mare, sfidare il freddissimo Atlantico del Nord e vivere i dubbi esistenziali di Patrick Shay Cormac, protagonista di Assassin's Creed: Rogue, episodio conclusivo della saga americana del titolo Ubisoft, uscito lo stesso anno di Assassin's Creed: Unity, poiché un gioco all'anno era poco, Ubisoft pensò bene di farcire il 2014 di ben 2 titoli su Assassin's Creed. Una scelta che poteva starci, ma se non avessero svolto un lavoro di riciclaggio come questo sarebbe stato meglio. Assassin's Creed: Rogue parte da premesse molto promettenti cercando di offrire per la prima volta al giocatore un'avventura nei panni di un Templare. Questa scelta tuttavia non si riflette in una maggiore profondità nel rapporto tra le due fazioni e in maniera un po' sbrigativa cerca di portare a conclusione una storia fatta di scelte poco ponderate. Il titolo presenta la metà delle sequenze che componevano la campagna del precedente capitolo e costituisce una sorta di riassunto o espansione di quanto offerto con gli altri capitoli della saga americana. Sul finale c'è anche una chicca che ricollega il gioco a Unity. Non mancano ovviamente le sezioni nel presente, anche se, esattamente come in Black Flag, sono decisamente sottotono, soprattutto se paragonate a quelle di Desmond. Il grosso difetto della produzione è il comparto tecnico, ma da non fraintendere: preso singolarmente, il comparto tecnico è di tutto rispetto, pur con le sue sbavature. Si tratta però esattamente di ciò che si è visti in Assassin's Creed IV: Black Flag (e, a dirla tutta, anche in AC III), senza cambiarne una virgola. Punto debole della produzione è sicuramente la longevità, decisamente scarsa rispetto alle precedenti. Complice anche una difficoltà non regolabile (raramente capita di affrontare una missione due volte), la campagna scorre veloce e finisce un po' troppo presto. Ovviamente ci pensano le numerose missioni secondarie e attività varie ad arrotondare in positivo la durata del gioco. Eppure Assassin's Creed: Rogue, sebbene non si proponga come il capitolo più innovativo della serie, riesce in qualche modo a divertire il giocatore, anche se purtroppo permangono i soliti (annosi) problemi che affliggono la serie fin dagli albori, come il sistema di combattimento mai impegnativo, l'intelligenza artificiale deficitaria e una scarsa fluidità nei controlli del protagonista (e sfortuna vuole che per questo motivo potrebbe essere questo l'ultimo capitolo a cui giocherò). Solo i fan della saga possono/potrebbero apprezzare, seppur con delle riserve, come le mie. Voto: 6,5

The Witcher 3: Wild Hunt - Lo strigo (o Witcher) più famoso del mondo torna con il terzo capitolo della sua epopea nata in versione cartacea dalla penna di Andrzej Sapkowski e poi evolutasi in fenomeno videoludico sin dal primo, acclamato, The Witcher. Geralt è uno di casa (le "sue" donzelle anche), e sapere che questo è l'ultimo appuntamento con uno dei più riusciti paladini videoludici e letterari degli ultimi anni non può che riempire di tristezza il mio cuore. The Witcher 3 è comunque la degna conclusione delle sue fantastiche avventure. La trama si concentra sull'aspetto più umano di Geralt, manca dell'epicità del secondo capitolo, ma è comunque appassionante, immerge il giocatore in una ricerca di cui è protagonista, in un mondo vastissimo e soggetto al cambiamento. Le novità introdotte sono tutte valide, a partire dal sistema di combattimento, meno legnoso rispetto al passato, più dinamico ma comunque impegnativo. Dalla prima all'ultima, le quest stregano il giocatore aiutate anche da una colonna sonora d'eccezione, che supporta perfettamente ogni inquadratura o cambio di scena. The Witcher 3: Wild Hunt è semplicemente magnifico. Un GDR fantasy open world con un mondo enorme e bellissimo.  Un gioco che è esattamente come lo si aspettava, appagante, immenso e divertente dall'inizio alla fine. La terza e (forse) ultima avventura del "nostro" strigo preferito è in assoluto una tra le esperienze ruolistiche più esaustive degli ultimi tempi ed ogni appassionato del genere dovrebbe senza alcun dubbio procurarsi (se non l'avete già fatto, e scommetto che molti l'hanno fatto) una copia del gioco da spolpare su PC (come me) o sulla propria console. I ragazzi di CD Projekt RED hanno insomma regalato al mondo un'opera colossale, dallo scheletro assolutamente magistrale e capace di divertire e intrattenere su molti fronti. Non priva di difetti certo, ma comunque importantissima all'interno del genere di riferimento e non solo. Perché appunto, anche se The Witcher 3 è un gioco che possiede numerosi grandi pregi nonché numerosi difetti, difetti che sommati tutti assieme tengono purtroppo il titolo lontano dalla definizione di capolavoro che avrebbe potuto tranquillamente ambire (qualche difettuccio dell'IA e dei vari bug), resta comunque uno dei migliori giochi di ruolo action di questa generazione, senza se e senza ma. Dunque, se si è alla ricerca di un RPG longevo, maturo e profondo (è un gioco che rischia di portarvi via anche 100 ore come niente se dovesse rapirvi per la sua storia!) a The Witcher 3 non si può sfuggire. Voto: 8

8 commenti:

  1. Come sai, non sono esperta di videogames, e gli unici giochi che mi interessano sono il Burraco e, al massimo, quelli di logica. 😅

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì lo so, e non tratto di quei tipi di giochi, non credo mai ci giocherò o recensirò ;)

      Elimina
  2. Ho abbandonato la saga di Assassin's Creed da un po' ma ero innamorata di quel gioco (il secondo resta insuperabile per me). Non so se potrei giocare nei panni dell'acerrimo nemico templare... Per quanto riguarda lo strigo attendo con impazienza la seconda stagione della serie TV ma temo non farò i videogiochi :/

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il secondo insuperabile anche per me, e nei panni del templare non mi ci son trovato benissimo in effetti..
      E' in programma la visione della serie, ma volevo prima concluderla la saga, ed ora che ho completato la trilogia videoludica posso finalmente recuperarla, quando ovviamente mi sarà possibile ;)

      Elimina
  3. Io di giochi non me ne intendo proprio quindi sarebbe inutile commentare cosa che non conosco. Stammi bene Pietro!

    RispondiElimina
  4. Che palle i comandi complicati dalla troppe combo... non li sopporto neanche io. Ma soprattutto per la memoria, oltre che la scomodità.

    Di Syberia ho il primo per PS2 (ero convinto di averlo venduto e invece è ancora lì 😝). Non so se è perché sono una pippa ma mi sono bloccato quasi subito e mi sono arreso. Diciamo che per le avventure grafiche tridimensionali non sono portato, ero più bravo con le classiche punta e clicca. Eppure con Broken Sword 3 non ero poi così schiappa.
    Ammazza, tutti 'sti anni per il terzo? E sì, hai ragione tu, in 2 generazioni i gusti della massa cambiano. E peccato che non soddisfi neanche un fan di vecchia data come te. Le musiche, da quel poco che ricordo, piacevano anche a me.
    Ma non era steam punk come genere? Forse ricordo male io...

    Pensa che ho mollato la saga di A'sC proprio perché era diventata una commercialata annuale e qui addirittura raddoppiano 😅
    Meno male che ora si sono dati una regolata e infatti gli ultimi 3 dimostrano che sono tornati ai livelli dei primi capitoli (almeno Origins, l'unico che ho giocato, che mi ha invogliato a prendere sia Odyssey che Valhalla).
    Eh, concordo su Sigismondo per le sequenze nel presente. Hanno detto tutto e con l'apocalisse finale non aveva senso proseguire sia la saga ma soprattutto i collegamenti col presente e il lontano passato di quelli che vennero prima.
    L'idea di mettersi nei panni di un templare non è male (anche se per qualche minuto lo facciamo anche all'inizio del III), peccato non sia stata sfruttata a dovere.
    La durata corta per me è un bene ma comunque non mi hai fatto venire voglia di recuperarlo.
    I comandi non li ricordo bene ma con Origins hanno stravolto tutto e ci ho messo un po' ad abituarmi al nuovo metodo di combattimento.

    Per gli altri due, le corse non mi piacciono e per gli action-GdR ho un astio, si perde troppo tempo a modificare armi, vestiti e armature, salire di livello... due palle! Mi stanca anche quando questo elemento è presente in versione molto soft negli open world come A'sC o Horizon Zero Dawn (che sto provando a finire da mesi, ogni tanto mi stanco e lo mollo per qualche settimana).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Punta e clicca è più facile, e ti dirò, li rimpiango i titoli alla Hollywood Monsters, comunque Syberia sa il fatto suo, e non mi è dispiaciuto quest'ultimo (ma non ultimissimo a quanto pare sarà) viaggio. Steampunk certo, meno rispetto agli altri ma è un elemento distintivo, che insieme alla musica ha attuito la delusione di questo terzo capitolo, confidando che il quarto torni ai fasti di un tempo ;)

      All'epoca era così, ora hanno aggiustato qualcosa ed è un bene, anche se non penso che toccherò con mano i prossimi capitoli dopo questo che ho appena finito, e per quanto riguarda il resto, vero sulle sequenze, la durata dipende sempre da quello che vuoi fare e i panni dei templari anche no, sono un "assassino" nel cuore :)

      In effetti è un po' palloso cambiare e modificare armi e tutto in continuazione, ma dipende dal gioco, per The Witcher come per altri (capolavori) vale la pena perder tempo ;)

      Elimina