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sabato 20 novembre 2021

I film del periodo (8-19 Novembre 2021)

Giuro, questo sarà l'ultimo speciale cinematografico periodico dell'anno (dopotutto non c'è più tempo ormai) e forse di sempre (dopotutto se tutto andrà come previsione, dall'anno prossimo un solo post mensile per raggruppare le mie visioni, difficile diventerà farlo). Uno speciale ancora una volta, per la seconda volta in questo 2021, di marca Netflix. Uno speciale doppiamente speciale, perché tutti questi film sono stati candidati agli ultimi Premi Oscar, e in quasi tutte le categorie, alcuni peraltro sono riusciti a vincerla quella benedetta statuetta. In questo senso è stata una coincidenza che tutti, proprio tutti e 12, provenissero dalla piattaforma streaming (a detta di molti) numero uno. Avevo infatti intenzione di recuperare altri film, molto meno recenti di questi, ma neanche a farlo apposta, 12 i film (anch'essi comunque, e tutti, in lista di visione) di produzione (e/o distribuzione) Netflix che hanno ricevuto quest'anno la, o le nomination, quindi non potevo fare altro che "soccombere" alla situazione, che comunque si è rilevata abbastanza soddisfacente, più o meno, perché tutto, e decisamente, non mi è piaciuto.

La vita davanti a sé (Dramma 2020) - Una Sophia Loren convincente a più di 80 anni è la nota più lieta di questo film, un film, remake del film del 1977 "La Vita davanti a sè" (che a suo tempo vinse l'Oscar come miglior film straniero) tratto dall'omonimo romanzo francese "La Vie devant soi", che viene leggermente soffocato da una sceneggiatura un po' scontata in cui a tratti prevalgono noia e lentezza. Una sceneggiatura a cui manca quel guizzo che ci faccia entrare davvero nel dramma e nei suoi personaggi, una sceneggiatura che non possiede lo spessore necessario per donare carattere alla pellicola che, tolta l'interpretazione dei due protagonisti (e il conseguente rapporto intenso tuttavia riduttivo tra i due), non sembra possedere altre doti degne di nota. Il regista Edoardo Ponti (figlio della grande attrice) non riesce inoltre a creare la giusta atmosfera. Il film in effetti è un festival di banalità e già visto con il tentativo di redenzione di un giovane disadattato (senegalese) che viene allevato da una prostituta (ebrea) in pensione. Il film purtroppo mette sul tavolo tante (troppe, ci sta in mezzo di tutto) tematiche (la storia nel suo tentativo di essere multiculturale ed inclusiva, alla fine è un po' troppo sbrigativa e superficiale), ma poi punta principalmente sul sentimento, diventando un filmetto light di cui perfetta è la dimensione da piattaforma streaming, ossia Netflix (non a caso sa un po' di televisivo in alcuni passaggi). La canzone della Pausini (che non meritava la candidatura figuriamoci la vittoria dell'Oscar) ha sì un bel messaggio (nella sua ruffianeria), ma arriva inutilmente alla fine, quando ormai irricevibile è alle orecchie dello spettatore, nei migliori dei casi già addormentato. Non male, ma parecchio deludente. Voto: 5,5
 
Il processo ai Chicago 7 (Storico/Dramma 2020) - Aaron Sorkin (affermato sceneggiatore già vincitore di un Oscar e candidato con quest'ultimo film agli ultimi Premi) dirige (il suo secondo dopo Molly's Game) una pellicola sul processo che si svolse a Chicago dopo le contestazioni alla convention democratica del 1968. Un'opera al tempo stesso informativa (di un fatto poco noto ai più) e avvincente (basata su tempi e dialoghi serrati), e che si avvale di una sceneggiatura molto ben scritta (ovviamente dello stesso regista) e di un'ottima ricostruzione ambientale, con sequenze coinvolgenti (la ricostruzione degli scontri tra manifestanti e polizia), nonché di una prova eccellente di un cast corale nel quale si segnalano i calzanti Frank Langella e Mark Rylance, ma soprattutto un efficacissimo Sacha Baron Cohen (che con la sua vena ironica ma profonda riesce a far ridere ma allo stesso tempo riesce a fare strenua opposizione pacifica), quest'ultimo non a caso, come il lato puramente tecnico (montaggio e fotografia), ha ricevuto una candidatura agli ultimi Oscar, ma a fronte delle 6 complessive (comprese quella per il miglior film, che sicuramente ci stava, e migliore canzone, sinceramente niente di eccezionale) nessuna statuetta vinta (un po' dispiace). A proposito degli Oscar 2021, paradossale notare che uno dei personaggi in scena è proprio Fred Hampton, il leader delle "Black Panther" co-protagonista in Judas and the Black Messiah (interpretato da Daniel Kaluuya), che in questo The Trial of the Chicago 7 (è il turno di Kelvin Harrison Jr.) deve invece accomodarsi una fila dietro, anche se il suo ruolo non rimane certo secondario. In un film di denuncia perfetto per ricordarci che a volte la manipolazione della realtà è più subdola di quanto immaginiamo. Nulla di originale sia chiaro, ma gli americani son maestri nel girare questo tipo di pellicole. E così le due ore abbondanti di durata scorrono via veloci, coinvolgenti e divertenti senza che ci sia un solo attimo, ma davvero nemmeno uno, di pausa. Forse prevedibile (quando il processo ha una chiara matrice politica è ben chiaro come andrà a finire) e classico, ma gran bel film, peccato anche per le scivolate nella retorica che potevano essere risparmiate. Voto: 7+
Da 5 Bloods - Come fratelli (Guerra/Dramma 2020) - Stavolta Spike Lee stecca, dopo la buonissima prova di Blackkklansman il regista americano tira fuori un film nobile nelle intenzioni ma estremamente pasticciato e confusionario (i fatti sono infatti troppo pompati e la questione che "la guerra non finisce mai" lascia il tempo che trova). Un film troppo grottesco e semplicistico per essere davvero interessante. Egli rende omaggio agli uomini di colore che hanno combattuto nel sud-est asiatico, ma la vicenda dei quattro reduci che tornano in Vietnam alla ricerca di un carico d'oro seppellito con il corpo di un quinto commilitone che era il loro leader, seppur intrigante è abbastanza inverosimile (qualche artificio fine a se stesso, il formato di ripresa, ed alcuni eccessi penalizzano abbastanza). Sono due ore e mezza non banali e con personaggi ben assortiti in cui però, nella prima parte, si potevano benissimo tagliare certi sfoghi o battute da allegra brigata spesso ripetitive. Quando inizia l'operazione recupero si erge la figura di Delroy Lindo, il nero con simpatie trumpiane (resto del cast così così), e il regista dà sfogo alla sua creatività che passa senza remore da sequenze drammatiche a sberleffi e situazioni paradossali. Troppa carne al fuoco ed il risultato è che quella che non bruciacchia rimane cruda (si salva solo la colonna sonora, peraltro candidata agli Oscar). Forse il peggior film (di quelli che ho visto, non tanti in verità) del regista. Voto: 5
 
Mank (Biografico/Dramma 2020) - Più che un biopic sul talento bruciato dall'alcol dello sceneggiatore anni '20 e '30, Herman Mankiewicz, o sulle origini del film considerato il capolavoro di sempre del Cinema mondiale (personalmente lo ritengo tale solo nella sua eccezione filmica), ossia Quarto potere (che per l'occasione non potevo non rivedere), questo film raffigura, nel bianco e nero tipico dell'epoca (una scelta stilistica obbligata e vincente), la Hollywood che fu. Quella pre-età dell'oro post-guerra mondiale, dei primi film con l'audio, delle prime stelle, quasi tutte provenienti dal teatro, ma anche del Cinema che viveva le difficoltà economica della Grande depressione, e che si faceva con pochi soldi ma tanto talento. In tal senso costumi, musiche ma soprattutto scenografia e fotografia (non stupisce che due degli Oscar vinti a fronte di 10 candidature vengono da lì) curate in modo maniacale, aiutano nell'immersione. Bello davvero, un buonissimo film quindi, tuttavia Mank è anche una pellicola autoreferenziale e ultra dialogica, parlata fino all'inverosimile, non esattamente il massimo. David Fincher va sempre apprezzato però, per il suo modo di mettersi in gioco con film ambiziosi, sebbene poi spesso non riesca a saltare l'asta che lui stesso ha piazzato molto in alto. Mank risulta alla fine molto, fin troppo dinamico per ciò che intende rappresentare. Forse anche un po' lungo, con frequenti divagazioni. Più che discreta l'interpretazione di Gary Oldman (che un'Oscar fortunatamente aveva in precedenza vinto prima della sua terza candidatura con questo film), forse l'aspetto più positivo insieme alla ricostruzione di un'epoca molto interessante dalla quale si può attingere spesso, per tutti gli spunti che offre in termini di personaggi sui generis, proprio come Mankiewicz, la cui vita è ben sintetizzata nella citazione finale. Nel complesso mi è piaciuto sì, ho apprezzato in particolar modo l'omaggio in termini cinematografici al film con e di Orson Welles, sia nel diegetico che nella forma, nel montaggio. Un lavoro certamente encomiabile, riuscito, come questo film. Voto: 7
 
Notizie dal mondo (Western/Dramma 2020) - Uno dei padri di Jason Bourne, Paul Greengrass, che ne ha diretto anche l'ultimo capitolo (con il titolo dello stesso personaggio), dirige un film semplice nella sua linearità, ma non privo di contenuti, scegliendo un particolare momento della storia di un paese lacerato ancora nel profondo dalla guerra di secessione da poco terminata. Lettore delle notizie dal mondo, il capitano Kidd si imbatte in una bambina a cui hanno sterminato la famiglia e decide di riportarla a casa: non mancheranno gli imprevisti. Western contemporaneo che riprende alcuni temi tipici del genere e che si segnala per un andamento lento, introspettivo e placido, come quello di un fiume, ma che sa però comunque coinvolgere lo spettatore, facendolo empatizzare coi protagonisti e la loro sorte. Perdonabili alcune inverosimiglianze della sceneggiatura. Belle le prove di Tom Hanks (un perfetto uomo di mezza età con i suoi patemi e si trascina lungo tutto il film con la figura bonaria che da sempre lo contraddistingue) e della giovanissima Helena Zengel. Niente di originale (un film forse già visto fin troppe volte da Il Grinta a seguire) e di eccezionale (le due ore passano anche abbastanza velocemente e si può dire che non ci si annoia), ma un buon film, peraltro messo in scena con cura. Va da sè che in quest'ultimo caso, appaiono tuttavia esagerate le quattro candidature agli Oscar. Voto: 6+
Eurovision Song Contest - La storia dei Fire Saga (Musicale/Commedia 2020) - Divenuta ormai di culto, grazie alle sue esibizioni all'insegna del kitsch, la principale kermesse canora del Vecchio Continente riceve la consacrazione di una commedia americana, che un po' la prende (bonariamente) in giro in stile Zoolander, e un po' ne celebra i lustrini e gli eccessi (si riconoscono pure alcuni volti già noti della kermesse). Will Ferrell, diretto dal suo vecchio amico David Dobkin (già regista, tra gli altri, di 2 single a nozze), interpreta una commedia leggera, spassosa, colorata e persino punteggiata da un paio di belle canzoni (una tra l'altro, quella bellissima della finale della rassegna nel film, fu candidatura agli scorsi Oscar) e qualche battuta rapidamente entrata nell'immaginario collettivo (una su tutte: "Play Ja Ja Ding Dong!"). Niente di indimenticabile, intendiamoci, ma il filmetto funziona bene e raggiunge il suo minimale scopo di intrattenere piacevolmente, complice anche un buon cast (Rachel McAdams, Pierce Brosnan, Dan Stevens) che coadiuva lo strabordante (forse troppo?) protagonista. Voto: 6+

The Midnight Sky (Sci-fi/Dramma 2020) - George Clooney porta sullo schermo il libro d'esordio, La distanza tra le stelle (Good Morning, Midnight), di una giovane autrice americana, Lily Brooks-Dalton. La storia, con lo sfondo dell'impianto fantascientifico, è una riflessione sulle fasi che precedono la fine dell'esistenza e sui bilanci di una vita intera, in cui rimpianti e rimorsi spesso sembrano prevalere sulle soddisfazioni vere. Il regista (non alle prime armi, e diligente mestierante, si ricordi Suburbicon) cerca di rendere il travaglio emotivo dei personaggi lavorando sui primi piani e sui giochi di ombre (non solo Augustin, ma anche gli astronauti di Aether che tornano a casa senza essere riusciti a comunicare con nessuno, ignari di quanto sta succedendo sulla Terra) e non rinuncia ad alcune sequenze spettacolari (quelle nello spazio a tratti ricordano quelle di Gravity), che gli sono valse addirittura una candidatura agli Oscar per gli effetti speciali, ma alla fine manca quella scintilla che renda il film veramente memorabile. Mancano, almeno in parte, tensione narrativa e coinvolgimento emotivo, ogni tanto però qualche emozione fa capolino, specie nel finale. Non male, ma neanche troppo bene. Opera comunque godibile e meritevole di visione. Voto: 6

La tigre bianca (Dramma/Thriller 2021) - Un amaro apologo sulla divisione in caste, basato su una sceneggiatura intelligente (una sceneggiatura non originale, e ci sta, candidata agli Oscar, si tratta infatti dell'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Aravind Adiga del 2008) che mette bene in evidenza l'immobilismo e le forti sperequazioni della società indiana. Sembra il classico racconto di lotta per la sopravvivenza e ascesa sociale nell'India morsa dalla povertà, ma questo anti-Millionaire va oltre, e affonda il coltello nella cancrena delle caste e nella corruzione, con cinismo, prima seducendo lo spettatore con i toni della commedia per poi inghiottirlo in un mondo tutto marcio dove nessuno si salva. In questo senso, magari non tutto può apparire coerente come caduta o ascesa del protagonista, ma ha il merito di rinunciare alle sequenze melodrammatiche o telefonate. Voce off, qualche lungaggine e qualche virata favolistica, sono riscattate dall'interpretazione del giovane Adarsh Gourav (nel suo primo ruolo da protagonista) e dalla cura scenografica, anche se un po' troppo patinata. Una storia tagliente, implacabile, universale, diretta da Ramin Bahrani (regista anche del film tv Fahrenheit 451), da non sottovalutare e possibilmente vedere. Voto: 6,5

Elegia americana (Biografico/Dramma 2020) - Storia (vera) anche bella e interessante (sceneggiato da Vanessa Taylor, il film è l'adattamento cinematografico dell'omonimo libro di memorie del 2016 di J. D. Vance) ma piena a tappo di retorica buonista, col classico americano medio che ce la fa nonostante tutto. Tante situazioni già viste, niente di nuovo. Non naufraga per le ottime prove della Amy Adams (nonostante un certo overacting) e soprattutto della Glenn Close, un vero mostro sacro della recitazione, che non per caso ha ricevuto l'ennesima (l'ottava a fronte di zero statuette) candidatura all'Oscar (questa volta come migliore attrice non protagonista). A tal proposito, quest'ultima molto somigliante all'originale, diciamo quindi giustificata la seconda candidatura ricevuta dal film, quella per miglior trucco e acconciatura. Del resto non si salva molto e (il grande) Ron Howard (ahimè) non piazza mai un colpo un po' ad effetto per migliorare un pochino una sceneggiatura appunto sincera ma troppo poco statica e povera. Delude lui (capace di ben altro e di molto superiore qualitativamente parlando), ma soprattutto questo film, troppo lungo, abbastanza prevedibile e con poco mordente per convincere abbastanza, o almeno il minimo indispensabile. Voto: 5,5
Over the Moon - Il fantastico mondo di Lunaria (Animazione/Avventura/Musicale 2020) - Produzione sino americana per questo film d'animazione distribuito da Netflix che parla di elaborazione del lutto, di piccoli e grandi delusioni famigliari ma anche di ritrovata serenità e maturità interiore. Nulla di particolare, ma forse la seconda parte della storia appare un po' troppo bambinesca sotto l'aspetto visivo, e le canzonette ogni due scene mettono decisamente alla prova la resistenza di chi non ama queste ingerenze (purtroppo molto spesso prerogativa di certi film animati). Il conflitto interiore della protagonista è risolto rapidamente senza creare empatia alcuna. Molto più interessanti sono le vicende del fratellino e il suo incontro con la Regina. Graficamente non eccezionale, c'è di meglio in giro, ma abbastanza colorato e movimentato per piacere un po' a tutti, però soprattutto a un pubblico giovane. Perché target o meno è comunque un buon lavoro, un lavoro candidato agli ultimi Oscar, diretto da John Kahrs e Glen Keane (quest'ultimo animatore proveniente dalla Disney, e si vede), e giustamente dedicato alla memoria della sceneggiatrice Audrey Wells (già sceneggiatrice de Il coraggio della verità - The Hate U Give, suo ultimo). Forse è stata messa troppa carne al fuoco, forse gli eventi si susseguono in modo troppo veloce e a volte citazionista ma Over the Moon è un film sufficientemente godibile e piacevole. Voto: 6
 
Ma Rainey's Black Bottom (Biografico/Dramma/Musicale 2020) - Ciò che funziona come spettacolo teatrale non per forza si traduce in un ottimo film, un'affermata pièce non necessariamente può essere adattata con successo in un altrettanto lungometraggio e questo titolo ne è l'esempio. Viola Davis e lo scomparso Chadwick Boseman offrono due formidabili interpretazioni (specialmente la protagonista, lui è molto bravo ma quando entra in scena "Ma" tutto ciò che è le attorno scompare, è Viola a rubare lo show e dimostrare di avere il perfetto physique du role per il personaggio). Detto ciò, si salvano quasi solo le performance dei due attori. Il film (diretto da George C. Wolfe, che cose migliori in precedenza ha fatto, vedasi soprattutto Qualcosa di buono) è semplicemente noioso e poco coinvolgente, la storia poteva benissimo essere raccontata in un corto di 25-30 minuti, e il ritmo narrativo è sballato per me. Pesante per 80 minuti mentre il finale, la cosa di gran lunga più interessante e da approfondire, troppo frettoloso e poco curato. Precisamente: sono quattro eventi piuttosto importanti ma presentati in neanche 7 minuti di tempo sullo schermo per lasciar spazio ad estenuanti e poco originali monologhi sulla religione e il razzismo (per fortuna c'è un po' di bella musica blues). Da vedere? Solo per la grande Viola Davis e per l'ultima commovente prova di Chadwick Boseman. Nota finale, dopo aver visto questo "statico" film, la conferma che ingiustificati i 2 premi Oscar vinti, non solo perché concorrevano contro il Pinocchio di Matteo Garrone nettamente superiore, ma sinceramente ci sono pochissimi costumi, e il trucco? Come a voler premiare il film solo per il fatto di avere un cast di persone di colore, mah. Voto: 5
 
Pieces of a Woman (Dramma 2020) - Disgregazione di una coppia in seguito ad un drammatico parto che si conclude con la morte della neonata. Film che privilegia il doloroso punto di vista di una giovane madre interpretata con grande intensità da Vanessa Kirby (vincitrice della Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile a Venezia e candidata all'Oscar nella medesima categoria). Non meno rilevante la prova di Shia LaBeouf (nuovamente di livello la sua performance, soprattutto dopo Honey Boy, non tanto gli altri) nella parte di un marito incapace di comprendere fino in fondo l'emotività della compagna e quella (breve ma incisiva) della grande Ellen Burstyn. Le prove degli attori compensano qualche incertezza della sceneggiatura che passa dal dramma intimista a quello processuale forse in modo troppo schematico. Si poteva decisamente approfondire tutto meglio, senza concentrarsi su piani sequenza complicatissimi e simbolismi banali (i semini di mela). Resta nella mente il bellissimo piano sequenza iniziale, condito da un pathos eccellente che rende il tutto molto interessante. C'è anche l'indubbia capacità registica (dell'ungherese Kornél Mundruczó, al suo primo film in lingua inglese) di rendere appieno il calvario umano e psicologico di una donna "in pezzi", ma va anche detto che la storia e tutto ciò che le ruota attorno sono state viste moltissime volte. Bello, ma non affatto bellissimo. Voto: 6

Ecco infine i film scartati ed evitati del periodo: Meander, Il prezzo dell'arte (2020), Impero criminale (2019), Penguin Bloom, 70 Binladens - Le iene di Bilbao, In a Relationship - Amori a lungo termine (2018), Boys (2021), Lasciami andare (2020), Night Hunter, I profumi di Madame Walberg, 800 Eroi.

8 commenti:

  1. Non basta un ottimi attore per decretare la riuscita di un film, e mi pare che "La vita davanti a sé" ne sia l'ennesima dimostrazione.

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  2. Di sicuro hai fatto benissimo a lasciare andare Lasciami andare.. ahah

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  3. Visto solo Mank, che mank a dirlo mi è davvero piaciuto 😜

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  4. Eccomi per The Midnight Sky.
    Il voto ci sta, calcolando che io suddividendo in 5 stelle, sono più largo di manica mentre per te il 7 è raro, mentre 8, 9 e 10 quasi impossibili. Il mio 3.75 è un 7.5 su scala da 1 a 10, togli un voto perché io sono più buono ed ecco che stiamo lì.
    Anche se i difetti che gli attribuiamo non sono gli stessi. Sarà che io mi sono accontentato dei pochi momenti di tensione narrativa e coinvolgimento emotivo.
    Un'altra cosa che non ho scritto manco da me (dopo l'aggiungo) è che ho odiato la sfiga del personaggio di Clooney. Manco Paperino! 🤦‍♂️ Sono scelte narrative che dovrebbero incrementare la tensione ma a me fanno solo rabbia e le ho trovate tutte scontate.

    Ma che è Eurovision? 🤣 Adoro Ferrel e poi quando lo vedo conciato così mi fa ridere solo guardandolo (tipo il film sul pattinaggio). Non so se metterlo in lista, odio i film in cui cantano. Magari mando avanti durante le canzoni...

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    1. Non c'è bisogno di spiegare, abbiamo due metodi diversi, ma più o meno coincidiamo sì, anche se non condividiamo su alcuni punti.
      Innanzitutto non ballano, cantano sì, ma è diverso da altri film, e stranamente non sono neanche male, dovresti provare.

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