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venerdì 15 luglio 2022

Le serie tv del mese (Luglio 2022)

Presto detto presto fatto, avevo accennato all'intenzione di recuperare oltre alle tre stagioni dello spin-off  sui film della nostra infanzia (ancora da completare) anche quello "originale" su I giocattoli (della nostra infanzia), e così ho fatto, vista la prima stagione delle tre complessive (sempre su Netflix) sulla storia di importanti linee di giocattoli. Giocattoli che, paradossalmente, non ho mai avuto l'onore, l'onere di ricevere e/o avere, ma questo non mi ha impedito di apprezzare questa docuserie incentrata appunto sulle tecniche di marketing e i processi creativi che hanno portato alla creazione di alcuni dei più famosi giocattoli del mondo. Un documentario a puntate in cui le menti che hanno ideato i giocattoli più famosi della storia parlano dell'ascesa, e a volte della caduta, delle loro creazioni da miliardi di dollari. Perché di certo non potevo mica possedere una Barbie, nel caso specifico traendo ispirazione da un'audace bambola tedesca, il cofondatore di Mattel rivoluziona per sempre l'industria dei giocattoli destinati alle bambine, ma potevo forse possedere un giocattolo della linea di G.I. Joe (un gruppo di esperti di marketing, a cui si deve anche la creazione del termine "action figure" più di 50 anni fa, inventa un nuovo tipo di bambola per i maschietti), di He-Man (i creatori che hanno ridato lustro a una linea di action figure in crisi discutono dell'epica ascesa e della caduta del loro impero miliardario), ma soprattutto Star Wars (una piccola azienda di giocattoli di Cincinnati ottiene i diritti per il progetto più grande che abbia mai gestito, dando vita al franchise più redditizio della storia), però non è successo. Poco male, presumo di aver risparmiato tantissimi soldi, e continuerò probabilmente a risparmiare. Ma ecco le altre cose, le serie viste questo mese.

The Haunting (2a stagione) - Tutta un'altra cosa rispetto al precedente Hill House, ne rimangono solamente il cast (valido, e in alcuni anche casi riciclato, in stile AHS) e le qualità tecniche in specie per fotografia e scenografie di cui nulla di male si può dire. L'orrore fa capolino in qualche sequenza riuscita, ma a farla da padrona sono il melodramma e i rapporti umani filtrati dal sentimento amoroso (che travalica tempo, spazio e morte). Il risultato è una serie poco a fuoco rispetto alle premesse. L'ambientazione e i personaggi principali sono quelli, ma il resto è da far cadere le braccia. A partire dalla mancanza di una qualsiasi forma di tensione che sia degna di chiamarsi tale, passando attraverso lungaggini del tutto inutili (addirittura interi episodi) che appesantiscono il racconto in modo insostenibile. Buone le caratterizzazioni dei personaggi e buona la confezione, ma a certi livelli è il minimo sindacale. Dopo i primi episodi che lasciano intendere grandi cose Bly Manor conosce una brutta caduta nella sua parte centrale cadendo in banalità varie e risultando un po' troppo prevedibile in alcuni passaggi. Si salva fortunatamente con un finale abbastanza convincente nella sua malinconia. Non inguardabile ma con parecchi difetti. Voto: 6-

The Last Dance (1a stagione) - Il mito di Michael Jordan e di una squadra forse irripetibile in uno dei documentari meglio narrati e confezionati che mi sia mai capitato di vedere. Con molti aneddoti del periodo mai detti (ad esempio tutta la storia del contratto di Pippen, della quale non ero a conoscenza) e tanti momenti di forte emozione sportiva e non (il rapporto tra Jordan ed il padre scomparso tragicamente). Quella di Michael Jordan e dei suoi Chicago Bulls è una eccezionale storia di sport, che questa docuserie racconta come meglio non si può. Non sono un appassionato di basket, conosco Michael Jordan di nome (e di fatto grazie al cinema), ma questa serie mi ha appassionato ed emozionato. La sapiente mano ESPN si vede tutta nella miriade di filmati, con parecchio inedito, con cui si ripercorrono tutte le tappe del glorioso periodo 1984 - 1998: accanto a Jordan, di cui non vengono taciuti gli aspetti caratteriali più duri, trovano così spazio anche molti suoi compagni, allenatori e avversari. Notevoli i capitoli riservati ad alcuni di questi. Ma che il racconto passi dal collettivo o dal singolo, è stupefacente l'impresa di un giovanissimo MJ che già da ragazzo prevedeva grandi annate per sé e la propria squadra. MJ è stato e forse resterà la più luminosa stella NBA, capace di anticipare la mediaticità dei futuri social con una capacità unica di attrarre spettatori. Piacevole l'espediente del flashback alternato. Una serie "evento" interessante e sviluppata con stile, peccato che in qualche momento si scada nell'agiografia, ma nel complesso (difetti ci sono) una docuserie con i fiocchi. Voto: 8

American Horror Stories (1a stagione) - Complessivamente questo spin-off di American Horror Story è abbastanza deludente, visto che su 7 episodi soltanto 2 o 3 sembrano essere convincenti, mentre il resto fa abbastanza pietà. Tre episodi non sono altro che una variazione sul tema della prima stagione "Murder House" (carina, ma non certo la migliore di tutta la serie) con situazioni ancora più forzate e paradossali, e per quanto riguarda gli altri quattro, beh solite cose: film maledetti, babbi natale assassini, figli del demonio, wrong turn etc. Tutta roba che per gli appassionati dell'orrore è vista e rivista. Per carità: non tutto è da buttare, c'è sempre il caro vecchio splatter e qualche trovata simpatica, ma se devo dare un voto complessivo non ce la faccio ad arrivare alla sufficienza. Una serie che parte già vecchia. Già che l'idea degli episodi autoconclusivi è stata scopiazzata da "Black Mirror" non è una grande scelta, poi dopo 10 anni ancora che Ryan Murphy (nel frattempo visto all'opera con Hollywood) racconta della Murder House? I problemi principali sono le recitazioni abbastanza trash e il poco impegno in regia e confezione finale. Adoro gli horror, ma spero in future stagioni più originali e migliori di questa. Qualche episodio carino, ma nell'insieme è mediocre. Voto: 5,5
Das Boot (2a stagione) - La prima stagione di Das Boot era stata un viaggio immersivo nella seconda guerra mondiale raccontata da diverse prospettive: il punto di vista dei cittadini francesi e della loro resistenza all'occupazione, i soldati tedeschi di stanza in Francia e i marinai degli U-Boot, i letali sottomarini orgoglio della marina del Reich. Un mix (abbastanza) ben dosato ed (in parte) efficace di atmosfere soffocanti, azione adrenalinica e di dramma corale. La seconda stagione riparte da dove si era interrotta la prima, con i tedeschi impegnati nel disperato tentativo di cambiare il corso di una guerra che sembra ormai segnata. E in questo senso, sostanzialmente, niente cambia dalla precedente. Con storie che, procedono un po' come visto nella prima stagione, a compartimenti stagni, senza mai un reale intreccio complesso e appagante tra le tre linee narrative. Tutto scorre sullo schermo senza mai percepire l'ansia di una minaccia incombente, di qualcosa che possa smuovere le acque (scusate il gioco di parole). Alcuni temi come la segregazione razziale, il movimento nazista americano, il rapporto opaco tra la politica, l'opinione pubblica e l'industria americana potrebbero ampliare il ventaglio delle emozioni e dare nuova linfa alla storia, ma finiscono per ridursi a semplici lampi nella notte. L'America sembra solo uno sfondo senza una propria specificità narrativa: si presenta come spazio riflesso e prolungamento degli altri due. Dei tre campi d'azione è sempre quello marino (fortunatamente) il più convincente. Insomma, la sensazione è quella di trovarsi davanti ad un "more of the same" che si lascia guardare e non annoia, con alcuni passaggi estremamente piacevoli ed altri invece un po' troppo scontati. Dopo una prima stagione che aveva gettato le basi per qualcosa che potesse evolvere il prodotto, gli autori e produttori hanno optato per un'operazione più sicuro che non stravolge e stupisce, ma punta a portare avanti la storia senza mai annoiare... un po' un'occasione mancata, lo si può tranquillamente dire. Tuttavia la scrittura asciutta e semplice e la cura scenografica non affonda del tutto la barca, rendendola una serie d'intrattenimento senza grosse pretese, (clamorosamente) migliore della stagione passata. Voto: 6-

Euphoria (2a stagione) - Al netto delle imperfezioni, questa seconda stagione registra (almeno sul piano strutturale) un passo avanti rispetto alla prima annata: liberatasi dalla struttura narrativa che si concentrava su un personaggio alla volta, Euphoria racconta una storia più organica e fa crescere i suoi personaggi di puntata in puntata facendoli passare attraverso crisi che li coinvolgono tutti (gli episodi cinque e sette sembrano quasi degli episodi "evento"). Sam Levinson confeziona una stagione ricca di contenuti, sorprendente per la molteplicità di temi portati in scena e per il modo in cui gli attori si sono perfettamente calati nei ruoli a loro assegnati (Sydney Sweeney, quella di Nocturne, si prende la scena e piovono applausi). Le ultime due puntate le migliori. Tuttavia, e nonostante la maggior parte degli episodi di questa seconda stagione siano stati ricchi di avvenimenti e plot twist, il ritmo di narrazione si è rivelato alquanto (forse troppo) lento. L'inizio claudicante, nel mezzo una sensazione che manchi qualcosa, che qualcosa al contrario si poteva evitare di "mostrare", alcuni flashback, in particolar modo, alquanto inutili. Alcuni punti fondamentali non sono stati risolti e sembrano essere stati lasciati in un momento di stasi, sospesi nel tempo in attesa della nuova stagione (che ci sarà). L'indole decisamente troppo volatile di un regista che conduce al grottesco la propria pretenziosa autorialità a discapito del senso è, in parte e adesso, più irritante che attraente. Questo non toglie nulla però, al suo carattere di eccezionalità. A due anni dalla messa in onda della prima stagione, lenita solo dalla produzione di due interessanti/discreti speciali (due episodi "bottiglia" incentrati rispettivamente su Rue e Jules), Euphoria si è ancora una volta confermata come una delle produzioni televisive più ricche, stratificate, coraggiose e impattanti del piccolo schermo. Ad avercene. Voto: 7

So cosa hai fatto (1a stagione) - Se dovessi riassumere in poche parole questa recensione, potrei dire semplicemente che So cosa hai fatto è una brutta serie tv. Sono troppe le cose che l'ideatrice ed adattatrice (dall'omonimo romanzo del 1973 di Lois Duncan, già adattato, cinematograficamente parlando, da Jim Gillespie nel film cult del 1997) voleva inserire: una storia horror colma di tensione narrativa, personaggi sfaccettati ed intriganti, una visione contemporanea dei rapporti interpersonali e una rappresentazione dei disturbi mentali ed alimentari, conditi con l'uso smodato della tecnologia. Gli ingredienti vengono rimescolati, adattati al mondo che ci circonda (ben diverso da quello di tantissimi anni fa) e la trama viene infarcita degli elementi tipici del teen drama, ma i risultati sono deludenti. Questa serie tv è l'esempio perfetto di come il troppo stroppia. O, almeno, che bisogna avere molta abilità e sensibilità per affrontare determinati argomenti e, al tempo stesso, confezionare un teen horror ben sviluppato. Certo, la cura dimostrata nelle (troppo poche) scene prettamente dell'orrore sono ben riuscite. Il passo falso è stato avere una visione limitata degli adolescenti, su cui si è data tutta l'importanza scordandosi dei numerosi personaggi secondari. Peccato per questo tentativo andato a vuoto, che aveva mosso i primi instabili passi quasi con convinzione proseguendo poi in maniera sempre meno incisiva. Episodio dopo episodio si perde la speranza di andare incontro a una narrazione valida e tra personaggi stereotipati, narrazione poco originale e indubbiamente un insieme di attori adatti a un teen drama e non a una serie horror espressiva. Un remake/reboot effettivamente debole sotto ogni aspetto, una pallida reinterpretazione (nemmeno imitazione) dell'originale So cosa hai fatto. Ora capisco perché la serie sia stata (da Amazon) successivamente cancellata, ma evitarla proprio no? Voto: 5

6 commenti:

  1. sinceramente non ho visto nulla di quello che tu recensisci. Ho solo visto qualche trailer che non m ha soddisfatto affatto... quindi niente di nuovo sotto il sole.
    Ciao mio adorabile Pietro!

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    1. Ciao Nella, che bello risentirti, e comunque l'ordinarietà a volte ci sta ;)

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  2. Bly Manor non è ai livelli né di Hill House né di Midnight Mass ma è comunque una visione piacevolissima e commovente, con degli attori ottimi.
    American Horror Stories è, come tutte le antologiche, un lavoro riuscito a metà. Personalmente ho apprezzato tantissimo il ritorno a Murder House, l'episodio folle sul film maledetto e quello con Billie Lourd, il resto è dimenticabile, persino l'episodio con Danny Trejo. Nonostante tutti i difetti, però, domani comincia la seconda stagione e devo dire che non vedo l'ora!

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    1. Il prossimo sarà proprio Midnight Mass...e vedremo un po', lo spero sia molto meglio...
      Ah è già pronta? Non lo sapevo, diciamo che potrei anche vederla, nonostante appunto questa prima stagione altalenante.

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  3. American Horror Stories sono fermo al quarto episodio. Come dici tu è roba mediocre, per questo non vado avanti...

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    1. Io ricordo che ne avevi parlato, quindi eri a metà....bene, proprio bene....

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