Era tornata nello scorso (sedicesimo) finale di stagione, non si sapeva il perché, ma il mistero che circondava Ziva David viene svelato nel corso della stagione 17 di NCIS. Sicuramente un ritorno (atteso) che doveva esser introdotto bene, sinceramente, per quanto mi riguarda, il tutto si è perfettamente inserito nel contesto. Ciò che è stato mostrato ha avuto un senso, in particolare se si aveva compreso nelle tante stagioni precedenti di NCIS (qui il mio commento alla 16a) sia il carattere ed il modus operandi dell'ex agente, sia il suo rapporto in particolare con Gibbs. Una toccata e fuga apprezzabile, un ritorno in verità doppio, dato che a metà stagione quello che viene rimasto in sospeso prima hanno finalmente una conclusione. A parte ciò, il resto è nella medietà della serie, con indagini interessanti e sorprendenti sempre ben gestite. Certo, a volte si esagera e qualcosa non sempre quadra, ma ci si accontenta. I nuovi rinsaldano le redini, i vecchi non mollano un colpo, fino all'ultima puntata, una puntata, la ventesima, che anche se finale di stagione non è, riuscita è, grazie anche alla presenza del redivivo Christopher Lloyd (la puntata probabilmente più intensa e bella). Tra le tante produzioni colpite dall'emergenza Coronavirus c'è infatti anche la diciassettesima stagione di NCIS, che ha dovuto chiudere in anticipo rispetto ai programmi originali. Il vero episodio finale sarà tuttavia inserito nella prossima stagione, che ovviamente prossimamente guarderò e nuovamente a tempo perso. Ecco invece il (corposo) resto delle serie viste in questo mese, tra ennesime conferme, belle sorprese e piccole delusioni.
Fargo (4a stagione) - Nella quarta stagione il nome Fargo rimane solo un'eco. Le
caratteristiche rimangono, quali gli elementi bizzarri e visionari, e
dove il Caso appare per scompaginare tutte le macchinazioni
machiavelliche dei suoi personaggi. Allarga molto il contesto rispetto
alle altre stagioni, qui non è l'innevato Minnesota a fare da sfondo ma
la città di Kansas City, specchio delle eterne contraddizioni di un
paese di immigrati che vogliono essere americani, ma che quando scendono
da terra sono dei criminali o trattati come tali. La proibizione di
quel sogno che solo attraverso il crimine può essere assaporato, con
codici e leggi proprie. La terra dell'abbondanza è lì, pronta per essere
presa e non importa come. Eccede forse nelle citazioni, un vero e
proprio compendio di tutto il genere gangster, ridondante in alcune
sottotrame per eccesso di personaggi, alcuni dei quali un po' sopra le
righe, tra questi ci sono gli italiani, che comunque fa piacere vedere
interpretati da veri italiani. A proposito degli attori, Chris Rock è
sempre stato un buon attore, e se avesse continuato a fare solo quella
strada sarebbe stato meglio, soprattutto quando poi dici cavolate. Una
stagione che mi ha soddisfatto, tutto sommato, ma inferiore alle
precedenti (anche rispetto alla terza). Voto: 7
The Falcon and the Winter Soldier (Miniserie) - Dopo gli avvenimenti di Avengers: Endgame, Sam Wilson e Bucky Barnes
diventano partner in una nuova avventura (il duo Sebastian Stan-Anthony
Mackie funziona, anche se ci mette un po' a carburare). Prosegue il corso
dell'MCU con una (mini)serie che omaggia (senza mostrarla nella sua
forma "storica") una delle sue figure più iconiche, Captain America, la
cui difficile eredità è raccolta in modo diverso dai due protagonisti.
Azione e spionaggio in sei puntate ricche di ritmo e dalle variegate
ambientazioni, che non trascura di dare un certo "spessore" psicologico
ai suoi personaggi. Tuttavia riuscita a metà, perché dopo le
interessanti prime puntate esce fuori troppo un discorso politico e
soprattutto di perbenismo che comincia a diventare stucchevole. L'azione
(come detto) è tanta, e ben girata, ma forse sarebbe servito un villain
più interessante per renderla emotivamente coinvolgente. Alla fine una
serie corta (e non sarebbe stato meglio fare qualche puntata in più per
chiudere degnamente? così sembra tutto chiuso in fretta e furia ed è un
peccato) che si guarda volentieri, indispensabile ai
fini del proseguo della storia, ma che resta un occasione persa visto il
budget e le premesse che c'erano. Molto meno fantasioso e accattivante
di WandaVision, un pelino migliore di Loki, ma pur sempre una mezza
delusione. Voto: 6+
Hollywood (Miniserie) - Ryan Murphy sbarca su Netflix con una miniserie che è una favola che
rilegge in chiave moderna "come sarebbe stato se" la Hollywood del
secondo dopoguerra fosse quella inclusiva e integrativa di oggi verso le
donne, gli omosessuali, le persone di colore, e così via. Una visione
decisamente utopistica, come un sogno ad occhi aperti, che ricalca lo
stile perfezionista di Murphy così come era nella più riuscita Feud
e
come era nella Golden Age di Hollywood. Lì la carriera quasi finita di
due attrici in età, qui tutta la determinazione, i sogni, le speranze e
l'incoscienza di un gruppo di giovani arrivati in California per
cambiare la propria vita. Tra metacinema e un po' troppo "buonismo",
tutti i pregi e i difetti del Murphy che ancora una volta sente
l'importanza di parlare di coloro che sono stati discriminati nella
propria vita. Bene o male manca però il guizzo, in una storia così tanto
perfetta quanto prevedibile, una storia che ha bisogno di un happy
ending che nella realtà è arrivato tardi. Fatta bene ma pur sempre una
favola di 7 ore. Voto: 6+
Chucky (1a stagione) - Questo nuovo capitolo de La bambola assassina (che arriva dopo il non troppo
disprezzabile reboot, qui) occupa uno spazio
importante per il franchising, andando a rispondere ad alcune delle
domande lasciate in sospeso dai film, ma anche regalando una visione più
completa della storia di Charles. Inoltre, la serie è un sequel del
film del 2017, Il culto di Chucky, diventando così un tassello da vedere
se si è fan spassionati del bambolotto assassino più famoso del cinema.
Ma questo nuovo tassello che si va ad aggiungere ha una pecca
importante. Dai temi trattati, dalle ambientazioni, dal passato di
Charles quando era ancora un essere umano fino al fenomeno nostalgia,
Chucky non ha nulla di nuovo da mostrare. Anche le dinamiche che
coinvolgono Jake sono molto simili a quelle che Andy Barclay ha vissuto
quando era solo un bambino. Chucky, in fin dei conti, si rivela essere
una serie tv leggera che ricalca tutte le peculiarità che hanno reso la
bambola di Don Mancini iconica, come il carattere stesso di Chucky ai
tratti splatter e grotteschi, e per questo apprezzabile in toto, anche
perché oltre al sangue, agli omicidi, la serie porta anche un po' di
buon umore allo spettatore, con scene divertenti e spensierate. E pure
se tutto sembra strizzare troppo l'occhio alla modernità, riuscita è
questa serie, già rinnovata per una seconda stagione, e in questo senso
si spera che con il prosieguo della storia la qualità non venga meno.
Voto: 6,5
Undone (1a stagione) - Gli autori dello splendido BoJack Horseman riescono a tirare fuori
un'altra bella serie, seppur non al livello di quel
gioiello, comunque intrigante e riuscita (piacevoli i toni narrativi e le atmosfere). Realizzata con
la tecnica del "rotoscope", una serie decisamente innovativa, in cui
temi come la depressione, lo spiritualismo e l'elaborazione del dolore
vengono trattate in modo originale seminando molti dubbi nello
spettatore circa il concetto di normalità. Una serie che seppur
incentrata su viaggi spazio-temporali e relativi loop, che seppur sa di
già visto/sentito, da non ignorare assolutamente. E' la scrittura
dei personaggi, a mio parere, uno dei principali punti di forza di
questa serie. Sono "veri", sfaccettati, e la serie colpisce emotivamente
numerose volte. E, nonostante la drammaticità dei sentimenti
raccontati, non manca l'umorismo. Undone mi è piaciuto per questi
motivi e per
la sua brevità (8 episodi da 23-25 min./cad.). Certo, l'effetto grafico è
anche
piacevole (che in ogni caso la tecnica contribuisce all'atmosfera
onirica, così come la musica, il lato "visionario" della serie è infatti
ben riuscito) ma non su tutti gli attori: la protagonista (Rosa Salazar) e il buon Bob Odenkirk sono azzeccati, mentre sul
fidanzato e sulla sorella sembra accentuata un'espressione smorfiosa.
Certo, c'è un certo senso di incompletezza, seppur forse voluto (e la
seconda stagione già bell'e che pronta c'è probabilmente per questo),
e verso la fine una certa fretta nel giungere alla conclusione della
stagione, ma nel complesso un buonissimo risultato. In attesa del prossimo step. Voto: 7
Only Murders in the Building (1a stagione) - In una New York dai chiari tratti Alleniani, due ex uomini di spettacolo
e una giovane designer accomunati dalla passione per il podcast, dopo
la morte di un inquilino del palazzo si improvvisano investigatori per
scoprirne le cause. Una gradevolissima e brillante serie (prodotta da Disney), molto curata
anche dal lato grafico e musicale, che si affida al mestiere e alla
disinvoltura di Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez nel dipanare
la matassa degli indizi e dei colpi di scena, con una bella dose di
ironia unita a un pizzico di melanconia, con in più una semiseria
critica all'ormai inaggirabile potere dei social. I botta e risposta
funzionano piuttosto bene, anche se non tutte le
battute sono allo stesso livello, come alcuni episodi (gustoso il cameo di Sting). La simpatia e
singolarità dei tre investigatori improvvisati, con tutti i loro
problemi e traumi, resta comunque la chiave principale della riuscita di
questo prodotto, e le varie piste abbandonate e riprese ne sono la
linfa vitale. Personalmente avrei chiuso con questa stagione lasciando
il felice
esperimento così come forse era stato pensato senza diluirlo troppo, ma
vedremo come continuerà nella seconda annunciata stagione. Voto: 7
Carnival Row (1a stagione) - Un programma ambizioso, un dramma steampunk/fantasy tecnicamente
pregevole ma narrativamente disomogeneo. Se è infatti ben evidente lo
sforzo produttivo grazie a un works-building estremamente ricco e curato
e ammirevole nel ricostruire una Londra ucronica e post-industriale
fantastica ma, al contempo, verosimile, la serie mostra invece il fianco
come improbabile patchwork di generi, una rilettura pedestre di
archetipi, anche scontati, che vanno dal Mito favolistico al thriller
poliziesco con derive anche orrorifiche, tra Jack lo squartatore e il
mito del Golem, e che spazia dalla semplice avventura alla denuncia
sociale, dal tema dell'immigrazione al razzismo, dal dramma politico al
conflitto sociale, da Jules Verne ad Arthur Conan Doyle passando, perché
no, anche da Jane Austen. Tante storie e argomentazioni (forse troppe)
trattate anche con crudezza ed estremo realismo ma che si intrecciano
troppo caoticamente, perdendosi in uno specchio che vorrebbe
rappresentare, in tutta la sua bruttezza, il nostro mondo ma che spesso
si riduce soltanto in un melodramma anche piuttosto pedante. Ad incidere
è anche la scelta dei protagonisti, in primis Orlando Bloom e Cara
Delevingne, dettata probabilmente più dalla fama e dallo star power che
non dalla rispettive capacità (anche se la seconda non mi era affatto
dispiaciuta in Life in a Year e il primo qualche buona prova ha offerto in carriera), e da un resto del cast in realtà
piuttosto anonimo, ad eccezione di Jared Harris, seppur relegato in un
ruolo di contorno. Carnival Row, un titolo poco originale che notevoli
premesse non mantiene, non del tutto ancora, perché anche se non era
necessario, purtroppo una seconda stagione ci sarà. Voto: 5+
La casa di carta (Parte 4) - Per uscire dall'impasse dovuto alla brusca interruzione tra il
professore fuggiasco e la banda all'opera nel caveau dell'oro, occorre
un salto di strategia per riprendere le fila della temeraria impresa.
Nonostante il pregresso (ovvero e soprattutto la deludente terza parte) e
le molteplici (anche forzate, alcune inutili) sottotrame (nonché la dilatazione di
narrazione), la serie conserva tutta la sua forza situazionale e il
carico emotivo, che qui si arricchisce di flashback sentimentali e di
spessore passionale. Il pezzo forte resta tuttavia l'apparato
tecnologico e l'armamentario di idee partorite dalla mente sempre lucida
e motivata (nonostante tutto) dell'ideatore, lasciando il finale aperto
a una nuova stagione, finalmente l'ultima (che si spera concluda senza troppo dolore una serie che ansima e boccheggia rinvangando gli antichi fasti delle prime due parti). Questa in ogni caso
guardabile, ma la frittata è (già troppo) allungata. Voto: 6,5
Succession (3a stagione) - Ancora non capisco perché piaccia così tanto, e non sono riuscito a capirlo anche vedendo questa ennesima stagione (che arriva ad un paio d'anni dalla seconda).
Ispirandosi alle dinastie moderne delle famiglie Murdoch e simili,
la terza stagione di Succession prosegue la narrazione della
guerra fratricida tra i "folli" Roy per conquistare
l'impero del patriarca Logan Roy. Alternando momenti drammatici e comici
e dialoghi senza filtri, anche questo nuovo capitolo, rendendolo
protagonista, non dimentica di criticare il sistema, un sistema che
ormai tutti conosciamo, semplicemente marcio, con a capo in questo caso
un personaggio più folle dell'altro. Insomma niente è cambiato nelle
dinamiche della serie, anzi, i colpi bassi, gli intrighi e le ripicche
fratricida diventano sempre più cervellotiche e sarebbe il caso di
rinfrescare un poco queste dinamiche generali inserendo qualche nuovo
personaggio di livello. Resta sempre girato ed interpretato benissimo,
ma non può girare sempre intorno allo stesso punto. Ci sarà anche una
quarta stagione e vedremo come andrà, ma intanto, seppur rimanga un buon
prodotto, personalmente preferisco rimanere sui miei passi e convinzioni, e giudicarla nuovamente negativamente. Voto: 5,5
Concordo su Falcon e Winter Soldier: una serie guardabile, in alcuni punti anche apprezzabile, ma nulla di più. Sicuramente non riuscitissima, e anch'io ho trovato narrativamente pesante il tema Black Lives Matters inserito a forza. Tema importante, sia chiaro, però forzato. Per carità, Isaiah Bradley e suo nipote (Patriot) e Falcon che diventa il nuovo Capitan America sono tutte cose presenti nei fumetti. Però a un certo punto ti viene da dire (soprattutto nell'episodio finale): "Ma anche meno, eh."
RispondiEliminaChucky mi ha sorpreso in positivo. Non direi che non aggiunga nulla alla serie, però il finale-finale mi mette il tarlo che vogliano strafare nella prossima stagione, e mi spiacerebbe, perché è stata una serie abbastanza fuori dai canoni.
E' anche il discorso finale che dura 10 minuti, stucchevole...per i miei gusti poi ben poca azione...
EliminaMolto probabile sì, anche se l'esagerazione sarebbe normale visto il franchise, staremo a vedere.
Niente Euphoria? Con Sidney la poppata?
RispondiEliminaAncora no, ma la seconda stagione arriverà presto su questi schermi ;)
EliminaAhaha dovranno essere teleschermi grandi visto il soggetto!
EliminaIntendevo qui sul blog, ma effettivamente grandi sì :D
EliminaFargo ovviamente.. per il resto sto recuperando Blacklist!!.. peggio de te a ritardi!! ahah
RispondiEliminaBlacklist è un'altra che dovrei proseguire, riprendere presto ;)
EliminaPur non amando le serie, mi è capitato di seguire, ultimamente, NCIS, Scorpions e Criminal Minds, nel preserale.
RispondiEliminaLe ho apprezzate tutte e tre, ma in particolare Criminal Minds.
Ovviamente ne ho seguito solo una stagione, delle seimila esistenti.
Se capiterà, darò uno sguardo anche alle altre.
Sì NCIS da Rai2 è passata stranamente su Italia1, ma le ho già viste tutte quelle che passano, non li riguardo. Le altre sinceramente mai seguite e non ho interesse nel farlo.
EliminaHo visto solo Carnival Row e mi ha deluso.
RispondiEliminaLe altre non sono il mio genere.
Eppure lo sapevo, ho voluto dargli una chance, ma avrei dovuto probabilmente non dare..
EliminaAnche io non sono stata soddisfatta da Falcon e Winter Soldier, mentre Hollywood, se si accetta la sua essenza di (come dici giustamente tu) "favola" mi è piaciuta. Mi incuriosiscono moltissimo sia Chucky che Only Murders in the Building, grazie!
RispondiEliminaL'ultima che hai citato non per caso mi sembra adattissima per te, amante dei gialli come sei ;)
EliminaNon ti facevo spettatore di NCIS, mi sarà sfuggito se ne hai parlato in passato.
RispondiEliminaQuindi in Fargo hanno fatto tipo I Soprano (quanto mi piacerebbe guardare quella serie, non so perché non l'ho mai iniziata, mi sa che mi ero già rotto dell'abbondanza)? Lì erano italoamericani che interpretavano italoamericani, qui non ho capito se sono proprio attori italiani.
Per la serie Marvel ero tentato perché è una miniserie ma a politica e politicamente corretto dico un netto no! Preferisco guardare quella di Moon-comecazzosechiama, appena trovo il tempo...
Stessa cosa per Hollywood, mi attira perché corta ma vaffanculo a 'ste leccate di culo politicamente corrette, che stanno anche portando al fallimento Netflix. La gente s'è rotta il cazzo!
Undone non la conoscevo, la trama mi intriga tantissimo ma il rotoscope non lo digerisco.
Quella con Steve Martin sembra carina.
A Carnival Row avrei potuto dare una possibilità per lo steam punk ma il lato fantasy con queste strane creature non mi attira per niente. E poi ho capito che non mi perdo molto.
Parlato ogni tanto sì, e sono spettatore dalla prima stagione ;)
EliminaNeanch'io ho mai cominciato I Soprano...ma dovrei prima o poi...
Ci sono alcuni attori italiani, tra cui Salvatore Esposito di Gomorra.
Per una serie Marvel c'è troppa poca azione, è soprattutto quello il problema, spero che l'altra sia diversa.
Hollywood tuttavia non forza la mano, e poi Ryan Murphy dovresti conoscerlo...
Se ami i gialli devi vederla, mentre l'altra in effetti non ti perdi granché..