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mercoledì 9 giugno 2021

[Cinema] Fantascienza Vintage - Parte 2 (Metropolis, 2022: La seconda Odissea, Andromeda, Ai confini della realtà)

A distanza di due anni dall'ultima volta tornano le visioni di pellicole fantascientifiche prodotte "almeno vent'anni prima del momento attuale", questa una delle tante definizioni di Vintage, che anche questa volta rientrano nella Promessa cinematografica annuale in corso. Per questo motivo infatti, alla dicitura del titolo ho aggiunto "seconda parte", per non far confusione. E riallacciandomi alle scorse quattro pellicole (che ricordo furono Westworld, Brazil, Solaris e Stalker), il post lo trovate Qui, è paradossale scoprirne le attinenze con questi altri quattro (di cui uno dei film più vecchi che ho mai recensito) che ho visto (vorrei comunque precisare che Metropolis conoscevo già benissimo, mancava solo una mia visione completa e dettagliata). Infatti, Brazil come tanti altri, da Metropolis è stato influenzato, che Solaris con 2002 condivide l'odissea spaziale, che Stalker con Ai confini della realtà condivide la concezione di surrealità espressionistica insita, che Andromeda con Westworld condivide lo stesso autore dei romanzi omonimi, quel Michael Crichton padre di Jurassic Park. Insomma, e non è la prima volta che mi capita, coincidenze curiose, e giuro che apposta non ho fatto. Ma in ogni caso, quattro film tra i più famosi (a parte uno forse) e tra i più interessanti, ciak si gira.

Metropolis (Sci-fi/Dramma 1927) - Uno di quei film su cui risulta difficile scrivere una recensione originale, perché tutto è già stato detto, sia a favore che contro (ma principalmente a favore). Il film ha avuto un notevole impatto sulla fantascienza dei decenni a venire (punto di riferimento per opere importantissime che verranno realizzate moltissimi anni dopo, come ad esempio Blade Runner), nonché sulla cultura popolare in genere, ma è oggetto di controversie fra i critici: una parte di essi lo ritiene un capolavoro "senza se e senza ma", altri gli rimproverano difetti soprattutto nella sceneggiatura. Indubbiamente, alcuni elementi narrativi possono risultare un po' datati, soprattutto l'idea che "la mano e il cervello possono essere riuniti soltanto dal cuore", che semplifica il conflitto fra il proletariato schiavizzato e il capitalismo tirannico e crudele, mentre funzionano molto meglio elementi narrativi di derivazione espressionista, come la lotta fra la dolce Maria e il suo "doppio", il robot creato dallo scienziato pazzo Rotwang. Anche nella recitazione si avverte qualche squilibrio: piuttosto enfatico l'attore Gustav Frohlich che interpreta il giovane eroe Freder, anche Brigitte Helm e Rudolph Kleine-Rogge tendono a caricare molto le rispettive interpretazioni in linea con i dettami del muto, ma la loro intensità è preferibile rispetto all'overacting di Frohlich e regge bene anche per gli standard odierni. Tuttavia, quello che rende il film eccezionale ancora oggi è la genialità delle invenzioni visive e scenografiche adottate dal regista (Fritz Lang, anche sceneggiatore insieme alla moglie Thea Von Harbou): uno stile visivo che costruisce una città futuristica popolata da palazzi monumentali collegati fra di loro da un intrico di ponti e passaggi sopraelevati, contrapposti a un mondo sotterraneo dominato da macchinari giganteschi dove gli uomini si sentono alienati. L'effetto visivo risulta volutamente abbacinante, con un'impressione di artificialità che si sposa benissimo all'idea di società totalitaria che sta alla base della trama. Fra le sequenze memorabili, da citare almeno la visione del Moloch che si nutre di carne umana, quella della Torre di Babele, il lavoro disumanizzante provato dal ricco Freder o la creazione del robot da parte di Rotwang, quest'ultima omaggiata da tantissime citazioni in altri film su scienziati pazzi come la saga di Frankenstein. Nel complesso, un'opera di impatto ancora molto forte a più di novant'anni dalla sua uscita, dunque una pietra miliare nell'evoluzione del linguaggio cinematografico: da vedere preferibilmente nell'edizione integrale (disponibile su Youtube) di quasi due ore e mezza che reintegra molte sequenze assenti dalle copie che avevano sempre circolato. Uno dei pochi film muti che, in virtù del suo estremo dinamismo, si fa apprezzare anche dal pubblico odierno non avvezzo a questo tipo di linguaggio. Voto: 9

2002: la seconda odissea (Sci-fi/Avventura 1972) - Una piacevole sorpresa questo film di fantascienza un po' datato (i quasi 50 anni che si porta sulle spalle si vedono tutti). Sulla falsariga del primo insostituibile 2001: Odissea nello Spazio, questo non è assolutamente un sequel ma un film a sé stante. Purtroppo già dagli anni '70 in Italia si usava storpiare i titoli per attirare maggiormente il pubblico citando titoli di successo, il titolo originale (Silent Running) secondo me era perfetto. Questo è un film ambientato totalmente nello spazio (ecco, a parte il tecnico degli effetti speciali, qui all'esordio in regia, l'ambientazione è l'unica cosa in comune con il capolavoro di Kubrick), un film molto ben realizzato da un punto di vista visivo (del resto si parla di Douglas Trumbull, regista, produttore cinematografico ed effettista statunitense, vincitore di due Premi Oscar, noto per aver creato gli effetti speciali dei film Incontri ravvicinati del terzo tipoStar Trek e Blade Runner), ma anche coinvolgente, riflessivo, e perché no, pure divertente. Un buon film di fantascienza (pur con momenti morti evitabili e dialoghi facili e scontati la storia funziona) dal messaggio ecologista. Il film è infatti un forte monito per la difesa dell'ambiente naturale sulla Terra, il quale è fortemente compromesso dall'attività sconsiderata dell'uomo. Nel film essa ha anzi distrutto ogni forma di vegetazione. Il messaggio e l'ammonimento non sono però didascalici, ma espressi con buon senso attraverso tante situazioni durante lo svolgimento della trama. Il film è anche privo di certi eccessi dell'ecologismo moderno, come la totale denigrazione dell'uomo di fronte alla natura, o la sua totale parificazione ad essa. Bravo Bruce Dern, che con il suo "giardiniere" (e l'apporto degli aiutanti robot) rende bene (e tristemente) l'idea di uomo solo contro tutti disposto a qualunque cosa pur di portare avanti la sua causa persa in partenza. Un bel personaggio, paranoico ma estremamente umano, per cui sarà impossibile non parteggiare. Anche qui comunque, alla fine, gli adorabili robot si riveleranno più umani degli umani stessi. Le scene tra il giardiniere e questi (chiamati simpaticamente Paperino e Paperina) sono le più belle e toccanti del film. Bellissima la canzone "Silent Running - Rejoice In The Sun" di Joan Baez. Ogni nota e parola trasmette allo spettatore una gran voglia di baciare la terra e respirare aria pulita (d'altronde siamo ancora in pieno periodo hippie). Finale molto suggestivo, ma anche un po' triste, l'ultima scena di pochi secondi è da pelle d'oca e ha contribuito a farmi dare un mezzo voto in più all'intera pellicola. Una pellicola seppur ingenua e leggermente noiosa, semplice, toccante ed intelligente. Da rispolverare. Voto: 6,5
Andromeda (Sci-fi/Thriller 1971) - Tratto dal romanzo omonimo di Michael Crichton e sceneggiato da Nelson Gidding, The Andromeda Strain (questo il titolo originale) è un film (forse uno dei primi che sviluppa la tematica dell'epidemia) pienamente inserito nel suo periodo storico, figlio di un epoca di grandi stravolgimenti culturali e di un evidente malcontento popolare verso le istituzioni e il governo. Il regista Robert Wise (vincitore di 5 Oscar) non ha problemi nell'approcciarsi a questo tipo di tematica e per farlo sceglie uno stile quasi documentaristico, una messa in scena di rigorosa asetticità che concede pochissimo allo spettacolo pur mantenendo viva un evidente tensione narrativa, è senza dubbio una scelta coraggiosa che privilegia una dilatazione dei tempi che rischia in alcune circostanze di stoppare il "naturale" flusso drammaturgico. Si può tranquillamente sostenere che un buon 70% del film non è altro che la messa in scena dei processi di decontaminazione e studio adottati nel laboratorio Wildfire, seguiamo quindi i medici impegnati nel loro lavoro di ricerca e individuazione del batterio killer, il tutto in un contesto scenograficamente affascinate, l'obbiettivo evidente è quello di mostrare come la perfezione di un contesto tecnologicamente avanzato sia comunque fallibile se affidato alle mani (pur esperte) dell'uomo. Come detto lo stile scelto dal regista è assai diverso, si va ben oltre una ricercata verosimiglianza, si punta tutto su un vero e proprio realismo formale, questo non impedisce al regista di presentare sequenze affascinanti in grado di tenere lo spettatore con il fiato sospeso, l'arrivo dei due medici nella città piena di cadaveri è reso con notevole maestria tecnica e crescente tensione. Dall'ingresso nel laboratorio il ritmo cala nettamente, ma il film non smette di alimentare suspense, paranoia e tensione, il regista si attiene ad una rigidità espositiva che richiama la dimensione originaria della storia, ossia quella letteraria, per cui si prende tutto il tempo necessario per presentare i quattro personaggi principali e per inserirli all'interno del complesso Wildfire, la scelta di attori poco noti è certamente voluta e serve a togliere qualsiasi punto di riferimento allo spettatore, che si ritrova così nei meandri di una struttura sotterranea in balia di un minaccia batteriologica invisibile ma letale. L'opera di Robert Wise può lasciare insoddisfatta una certa fascia di pubblico, nonostante il tema trattato le sequenze action sono ridotte al minimo e culminano in un finale, questo si, dalla grande carica emotiva, per il resto si assiste ad un film che con freddezza clinica analizza i fallaci limiti umani e tecnologici di fronte ad un evento di straordinaria pericolosità, una storia che resta opera di finzione ma che propone, a distanza di tanti anni, riflessioni molto attuali. Impressionanti per l'ottima resa le scene con le cavie animali, buona la prova dei quattro attori principali e in particolare di Kate Reid, vanno menzionate perché assolutamente meritate le due nomination agli Oscar per montaggio e scenografie. Voto: 7

Ai confini della realtà (Sci-fi/Horror 1983) - Un film che viene oggi ricordato più che per il suo valore artistico, per la grave tragedia che colpì la produzione, rientrando in quel ristretto gruppo di opere considerate "maledette". Durante le riprese del primo episodio Time Out girato da John Landis (tra l'altro l'unico frutto di una sceneggiatura originale, a cura dello stesso regista, gli altri sono remake di puntate della serie), l'attore Vic Morrow (padre di Jennifer Jason Leigh) morì insieme a due bambini Vietnamiti a causa di un grave incidente, un elicottero militare precipitò da una altezza di dieci metri e si rovesciò su un lato decapitando lui e uccidendo le due giovanissime comparse, il regista fu accusato di omicidio involontario insieme al pilota dell'elicottero ma l'inchiesta giudiziaria non ebbe poi un seguito rilevante. Ed è un peccato, perché a parte questa tragica vicenda il film, seppur abbastanza ordinario, è godibile e valido. Non posso fare il paragone con la serie televisiva che questo prodotto omaggia, ma la visione mi ha sufficientemente soddisfatto. Quattro grandi registi si cimentano nel girare ognuno un episodio che cerca di focalizzarsi su un elemento sovrannaturale, un qualcosa che in qualche modo si estranei dalla realtà. Ci riescono in gran parte, ma non tutti gli episodi hanno lo stesso effetto. L'episodio di Landis, il primo, verte sul contrappasso ai danni di un convinto razzista. L'idea è semplice, la messa in scena efficace e interessante, peccato soltanto per un finale letteralmente troncato a metà. L'episodio di Steven Spielberg, il secondo (dove i reclusi di un ospizio tornano all'infanzia), è (e mi spiace dirlo, perché sapete quanto io l'adori, qui) ai confini del guardabile, almeno in un contesto del genere, infantile e mieloso, sembra quasi una versione collaudo del futuro "Hook - Capitan Uncino", è il più debole dei quattro. Joe Dante gira la terza storia riuscendo ad unire il cartone animato con il contesto reale, grazie anche alla collaborazione ottima di Rob Bottin che cura gli effetti speciali. Il regista analizza le turbe e i disagi di un bambino isolato perché diverso, e quindi viziato affinché venga tenuta a bada la sua ira. Riflessione interessante che si coadiuva benissimo con il comparto tecnico strepitoso. Forse un pochino fiacco il finale. L'ultimo episodio girato da George Miller (che parla di un passeggero isterico in un aereo che ha un incubo) è un cult che mi pare fosse stato tratto da un racconto di Richard Matheson (tra l'altro questo e il terzo episodio saranno ripresi anche dai Simpson in due speciali di Halloween, e questo quarto, nella versione Simpson, è tra l'altro bellissimo). Bravissimo John Lithgow e atmosfera surreale\horror tratteggiata alla perfezione. Finale azzeccato e beffardo che si ricollega al prologo (che era più adatto forse a Creepshow che a Twilight Zone, ma comunque godereccio), in cui appare Dan Aykroyd ed è un gran piacere. Insomma, come tutti gli horror o film ad episodi finisce per risultare discontinuo e non sempre convincente, ma si merita la sua visione, anche come stimolo per chi ancora non conosce la serie, di andare a cercarla e vederla (cosa che prima o poi io farò), perché a quanto pare è un autentico cult degli anni sessanta. Voto: 6

17 commenti:

  1. Grandi registi sì, di cui film tuttavia sono gran lunga preferibili ai cortometraggi, a questi episodi altalenanti ;)
    Uno dei primi film che alla parola capolavoro ci sta bene, mentre condivido la tua menzione speciale, un film piccolo ma con un cuore grande così :)

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  2. Sai che non amo il genere.
    Comunque che storia quella dell'elicottero militare.
    Sembra già da sola la trama di un film, e invece è accaduto davvero.

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    1. Beh sì, paradossi del cinema. Gli incidenti comunque capitano, questo è uno dei tanti.

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  3. Metropolis si, un qualcosa di pazzescamente visionario che fa ancora storia a se, dopo quasi un secolo.

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    1. Esatto, e chissà come sarà stato vederlo all'epoca, immagino minimo la sorpresa ;)

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  4. Devo dire di averli visti tutti, Metropolis però rimane sempre il must!

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    1. Beh sì, il cinema non solo della fantascienza è nato con quel film, film che ne ha cambiato la concezione stessa ;)

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  5. Twilight Zone non aveva convinto tantissimo nemmeno me (ma lo amo a prescindere, perché c'è John Litghow) mentre Metropolis, in qualunque versione lo si guardi, è un maledetto capolavoro!!

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    1. Perché c'è lui e un sacco di grandi registi tra l'altro ;)
      Indubbiamente, ma con più dettagli e sottotitoli (italiani) adeguati è meglio :)

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  6. Bellissimo Metropolis (senza musica dei Queen!) e Twilight Zone sfortunato, ma effettivamente simpatico e meritevole di una visione!

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    1. Non so se c'è ancora su Youtube, ma la versione che ho visto è quella più completa, più vicina all'originale, quindi senza Moroder e Queen sì. Esatto, nonostante tutto, Twilight Zone merita ;)

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  7. Metropolis, come dici tu, pietra miliare imprescindibile del genere fantascientifico, tuttavia quando l'ho visto ho trovato anche io la sceneggiatura confusa e troppo complicata, la seconda parte è quasi incomprensibile. Non il mio preferito di Lang ma resta un colosso cinematografico, di cui hai scritto benissimo!

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    1. Di Lang ho visto solo questo, quindi non ho idea, Metropolis è comunque grandissimo, confuso sì ma con un immenso cuore ;)

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  8. devo dire che tutte queste pellicole hanno dato molto alla cinematografia attuale , con qualche pecca, alcune con tragedie veramente accadute, ma in tutta sincerità non possono essere dimenticate. Buona serata caro Pietro

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    1. Sì è vero, tutte a modo loro punto di riferimento, film citati e omaggiati, buona serata ;)

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  9. Dei quattro film l'unico che abbia visto è Ai Confini della Realtà.
    In realtà tutte e quattro le storie sono remake di episodi della serie, compreso il primo. A differenza degli altri tre è stata utilizzata da Robert Bloch solo vagamente l'idea di base dell'episodio della serie, pertanto in effetti può quasi risultare come un inedito. L'episodio dell'ospizio per me è stata una scelta poco oculata, quando si sarebbe potuto scegliere uno degli episodi più iconici (Tempo per Leggere, in assoluto il più famoso della serie). L'episodio del bambino-mostro, un altro dei più famosi, era migliore nell'originale, dato poi che era anche fedele al racconto di Bixby e al suo inquietante finale, invece di quello rassicurante del film. Dei quattro episodi direi che il migliore resta l'ultimo (anche se con William Shatner era un'altra cosa).

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    1. Credo che qualunque episodio sarebbe stato meglio di quello dell'ospizio...ma purtroppo non ho un metro per fare paragoni, lo scoprirò quando forse recupererò la serie ;)

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