Pagine

giovedì 28 marzo 2019

I peggiori film del mese (Marzo 2019)

Non l'ho mai specificato, eppure è successo che un film che inizialmente avevo scartato, l'ho poi rivalutato è visto, ma mi preme adesso sottolineare, visto che una specifica richiesta mi è già giunta (e ossessivamente) all'orecchio, che qualora un lettore qualsiasi mi dicesse che un film che ho evitato gli è piaciuto, potrei anche pensarci su, e chissà in futuro recuperare. Io infatti ascolto i consigli, leggo il parere dei critici (e dei blogger) e valuto bene se vedere o meno un film, e quando i motivi sono validi o almeno personalmente interessanti rivaluto e cambio idea, perché come si sa, cambiare idea si può, e certe volte si deve, anche se poi potrebbe risultare sbagliato fare ciò. Come sbagliato sarà stato forse vedere questi film qui, ma di cui tuttavia (più o meno) non rimpiango.

Viral (Horror, Usa 2016): A mio avviso questo film, l'ennesimo lungometraggio riguardante i virus e gli infetti, questa volta diretto dal duo Henry Joost/Ariel Schulman (Paranormal Activity 3Paranormal Activity 4Catfish), non convince pienamente sotto il profilo fanta-horror, lasciando poco spazio alla sostanza (gli attacchi degli infetti, uno strano e non identificato parassita si insinua all'interno delle persone controllandone la mente e successivamente il corpo, sono piuttosto ridotti) e senza approfondire alcune cose che vengono presentate in maniera superficiale. La caratterizzazione di alcuni personaggi poi non sembra delle più credibili, anzi irritano un poco certi atteggiamenti e alcune banalità evidenti. Tuttavia il film, un film che nella tradizione Blumhouse offre un prodotto abbastanza solido a livello qualitativo (anche se il soggetto è quasi mai originale), ha degli aspetti positivi, specialmente nelle due attrici protagoniste (il resto è puro ornamento), brave a sviluppare il rapporto fra sorelle di fronte ad una nascente pandemia (Sofia Black-D'Elia e Analeigh Tipton). Di solito in film di questo genere le fasi iniziali sono saltate praticamente a pie pari, ma qui ci si concentra specialmente nei primi momenti del contagio, quando c'è più incertezza sul da farsi che la necessità di sopravvivere. Meglio la prima parte della seconda, che sconta soprattutto la prevedibilità della narrazione (giacché un momento prima che la scena procede si capisce già tutto) e qualche soluzione non priva di forzature. Nel complesso però, pur non riuscendo a infondere una certa atmosfera ansiogena (nonostante l'ambientazione quasi Lynchiana), il film ha comunque il merito di non rendersi noioso, ma non fa abbastanza per meritare la sufficienza piena. Infatti senza infamia e senza lode, ma senza riuscire nemmeno a farsi ricordare più di tanto. Voto: 5+

Michelangelo - Infinito (Documentario, Italia 2018): Diretto e scritto da Emanuele Imbucci e nato da una coproduzione di Sky con Magnitudo Films, film che insieme a Raffaello - Il Principe delle Arti e a Caravaggio - L'Anima e il Sangue, Michelangelo – Infinito si inserisce nella falange di film che, con scopo divulgativo, ripercorrono le tappe fondamentali della vita e della carriera dell'artista preso in esame, esaltandone quegli unici lati caratteriali e quelle inclinazioni che ne hanno fatto personalità ineffabili e artisti ineguagliabili. Purtroppo però il film, che riesce tuttavia a rispettare l'opera del grande artista, trasmettendoci attraverso lo schermo l'emozione suscitata dai suoi capolavori, e facendoci anche riscoprire dettagli che sfuggono all'attenzione dei più, o rivelando particolari inediti e misconosciuti, non convince fino in fondo, o per essere più precisi, sbaglia il metodo di fruizione. Il suddetto infatti viene proposto allo spettatore tra 3 livelli di lettura, di cui solo uno è senza valutazione critica possibile, ovvero la parte dedicata alla descrizione delle opere (e che opere, semplicemente straordinarie), che da solo vale il prezzo del biglietto (perfette le parole, la voce e la musica, come sempre dopotutto), ma per il resto tanti sbadigli e poche vere emozioni. Il film ricorre infatti alla figura di Giorgio Vasari (Ivano Marescotti), autore delle "Vite", per guidarci alla scoperta dei momenti salienti dell'esistenza del Buonarroti, ma soprattutto della sua opera, con una carrellata di capolavori tra i più rappresentativi del suo genio, inoltre lo stesso Michelangelo (interpretato da Enrico Lo Verso, che purtroppo, a tratti, si lascia sfuggire un'inflessione siciliana incongrua in bocca al grande genio aretino) si rivolge al pubblico dall'interno di una cava di marmo, e, sempre circondato dal suo materiale prediletto, ci trasmette l'immagine di un uomo tormentato dall'ambizione e dall'insoddisfazione, in una continua sfida per cercare di superare se stesso e gli altri, ma nessuno dei due convince. Essi difatti, neanche tanto nella parte, dipanavano loro pensieri astrusi e non sul come meglio definire l'arte in un modo abbastanza noioso. Non a caso più che un docu film mi sembrava di stare a teatro durante tutta una serie di monologhi, e siccome troppe parole spesso stancano ho avuto difficoltà nel farmi del tutto coinvolgere. Tuttavia alla strenua di tutto appena ciò scritto, consiglio questo film a chi soprattutto apprezzi l'arte e non la vuole mettere da parte, e soprattutto che se ne intenda almeno un po' delle opere di Michelangelo, magari avendole già viste ed annoverate nel proprio bagaglio culturale. Voto: 5,5

Police Story (AzioneCina, Hong Kong, 2013): Poche parole per esprimere il mio disappunto di fronte a questo film, di fronte a questo reboot/riavvio (diretto da Sheng Ding) della saga poliziesca interpretata prevalentemente da Jackie Chan (qui insieme a Liu Ye e Jing Tian), perché è questo un film senza capo né coda. Questo dramma action infatti, che racconta di un padre che per colpa della figlia viene rapito da un pazzo che vuole vendetta per un qualcosa successo anni prima, ha un impianto narrativo abbastanza debole (debolissimo proprio, praticamente inesistente), per nulla convincente nei dialoghi e nelle caratterizzazioni di alcuni, anzi, tutti i personaggi (come se non bastasse la regia è mediocre). Jackie Chan mostra la solita padronanza marziale ma stavolta non è così pressante come in altri suoi lavori, preferendo la parte drammatica (una parte decisamente stramba e brutta) della vicenda (una vicenda bislacca). E insomma il film, un film lontano anni luce dai fasti dei primi capitoli, che non è assolutamente tra i migliori prodotti sfornati dall'attore Premio Oscar alla carriera, che comunque si lascia guardare senza affanni, è un film che si dimenticata dopo soli due minuti, un film probabilmente inutile e certamente mediocre o meno, peccato. Voto: 4

Gangster Land (Azione, Usa 2017): Questo film, classificabile come gangster-movie, prova a raccontare un periodo storico e un personaggio (il braccio destro di Al Capone, un certo Jack McGurn), che pur se di secondo piano, è molto intrigante (il tutto tramite il suo punto di vista). La sua trasformazione da tranquillo e sportivo uomo di famiglia a spietato criminale è impressionante e ci ricorda come è facile anche per una persona mite, degradarsi e scivolare inesorabilmente nel male, quando si verificano degli eventi che cambiano la vita e il modo di intenderla. Purtroppo però il film, diretto da Timothy Woodward Jr. con Sean Faris, Milo Gibson, Jason Patric, Jamie-Lynn Sigler e Peter Facinelli (a tal proposito un cast sottotono), nonostante una discreta qualità di aderenza alla realtà, non racconta nulla di nuovo in termini di storia, ed è lontanissimo anni luce da illustri predecessori, che appartengono al medesimo filone, ma hanno ben altro spessore. Colpa non solo della breve durata, che non da la possibilità allo spettatore di conoscere davvero i personaggi e i loro background, ma anche di tanto altro. Gangster Land comincia con una delle peggiori scene di boxe girate in un film: il regista avrebbe dovuto guardar bene Toro scatenato per capire come eseguirla. Inoltre ciò che alla fine impedisce al film di superare la propria mediocrità sono gli stereotipi che la sceneggiatura trattiene, dai modi e le usanze dei personaggi italo-americani, alla pochezza con cui affronta la faida tra la mafia irlandese e quella italiana. I vincoli di budget del film sono perfettamente evidenti, un limite che non permette forse alla trama di potersi divincolare da una certa monotonia espositiva, seguita da uno dei finali più anticlimatici e noiosi visto in un film gangster, che avrebbe dovuto culminare con la dirompente strage celeberrima. Invece Gangster Land si rivela una miscela indigesta e malconfezionata, che tenta di fondere il genere gangster con il noir ma che invece non possiede né la ferocia dell'uno né l'aplomb dell'altro. Voto: 4

L'amore criminale (Thriller, Usa 2017): Non che mi aspettassi chissà cosa, però visto il livello di produzione (la regista è assistente alla regia di Tim Burton) e cast (Rosario Dawson e Katherine Heigl su tutti) mi aspettavo qualcosa di diverso o migliore rispetto a tantissime produzioni simili, e invece no. E' sempre la solita storia, è questo infatti l'ennesimo e banalissimo thriller di stalker in famiglia (l'intreccio ruota attorno alla nuova vita coniugale di Rosario Dawson e Geoff Stults e ai tentativi di rovinargliela messi in atto dai rispettivi ex, Katherine Heigl e Simon Kassianides), con atmosfere laccate da "A letto con il nemico", plot telefonato e dinamiche psichiche talmente scontate che, volendo, si potrebbe interrompere quando si vuole la visione e non perdere mai il filo del film. E insomma l'esordio dietro la macchina da presa di Denise Di Novi, è tutto fuorché "indimenticabile", il titolo originale Unforgettable non lascia scampo. Battute a parte, L'amore criminale è povero di idee, dato che non c'è traccia di originalità o di innovazione (è suggestivo ma scontato, la regia è tesa ma non brillante, la recitazione credibile ma nei limiti della banalità della vicenda raccontata per immagini) e quelle che ci sono finiscono presto fagocitate da situazioni inverosimili (i colpi di scena che dovrebbero sostenere la tensione e coinvolgere lo spettatore nella visione, piuttosto prevedibili e banali, si rivelano cliché già visti nel mare dei thriller analoghi per tematica e atmosfere) e dialoghi banali. Non mi soffermo sul finale poiché l'insulsaggine che traspare è piuttosto evidente, perciò chi vedrà il film (spero nessuno) capirà senza tanti preamboli. Peccato, perché il cast non era da buttare, anzi, volevo dare mezzo punto in più per le due protagoniste, la Heigl in particolare mostra autentica malignità psicotica (già brillantemente intravista in Home sweet hell) e il tema della violenza domestica particolarmente sensibile, ma la caratterizzazione pessima della storia non permette nessuna indulgenza. Voto: 3

L'altra metà della storia (Dramma, Usa 2017): Tony Webster (Jim Broadbent) è un settantenne divorziato che possiede un negozio di macchine fotografiche. Un giorno riceve una lettera che l'informa che la madre di Veronica, una sua vecchia fiamma, gli ha lasciato in eredità un diario. Il passato, così, tornerà a bussare alla sua porta. Tratto da un romanzo di Julian Barnes del 2011 (Il senso di una fine), il film è una riflessione discretamente interessante sulla vecchiaia e il tempo che passa (sulla verità storica dei vinti e dei vincitori e dell'animo umano). L'anziano protagonista si trova a incontrarsi/scontrarsi con un passato che ha cercato di rimuovere, ed è proprio su questo versante che la pellicola di Ritesh Batra porta avanti le riflessioni più incisive, forte anche della buona scrittura del personaggio principale efficacemente interpretato da un Jim Broadbent perfettamente in parte. Detto questo, il film ha tanti spunti interessanti quanti difetti: fatta eccezione per la buona prestazione di Broadbent, gli altri attori dicono poco, inclusa una legnosa Charlotte Rampling (Veronica anziana). Nell'alternarsi di presente e feedback del passato (gli sceneggiatori puntano su continui flashback che appesantiscono non poco la drammaturgica complessiva) manca quel sotterraneo legame che dovrebbe farci riconoscere i protagonisti vecchi nei giovani e viceversa (sembrano storie e persone del tutto indipendenti una dall'altra...). La stessa disorganicità caratterizza la presenza di episodi e personaggi la cui funzionalità rispetto alla linea narrativa resta dubbia sino alla fine o è priva della forza allusiva che giustifica la pregnanza che assumono in seguito. Alcuni passaggi, inoltre, sono troppo frettolosi e tutta la parte conclusiva è piuttosto fragile (il film sembra voler puntare alla suspense ed al finale ad effetto ma, il mistero svelato non fa il botto), anche se rimane qualcosa su cui pensare al termine della visione. Il risultato è un prodotto così così, che alterna momenti toccanti ad altri troppo didascalici. E in definitiva quindi, anche grazie ad una regia piattamente convenzionale, il film dà la sensazione di un'occasione mancata e presumibilmente persa. Voto: 5

Ammore e malavita (Commedia, Musicale, Italia, 2017): Non avevo intenzione di vederlo, soprattutto per la mia poca propensione a i film musicali, ma essendo un critico cinematografico (di scarsa lega ovviamente) non potevo esimermi nel vedere il film vincitore dei David di Donatello dell'anno scorso (ben 5 premi). Ebbene, mi aspettavo qualcosa di molto peggio, e invece alquanto innovativo ed interessante è questo film, che però non raggiunge (a parer mio) la sufficienza. Se lo spunto e l'attacco del film sono geniali, purtroppo il resto della pellicola, che racconta di un killer senza scrupoli, Ciro (Giampaolo Morelli), sicario di Don Vincenzo (Carlo Buccirosso), a cui gli viene attribuito l'incarico di uccidere un testimone, la persona in questione però è Fatima (Serena Rossi), il suo amore di gioventù, è vessato dai difetti che da parecchio tempo impediscono ai Manetti Bros (che già non mi avevano convinto in Song 'e Napule) di fare il salto di qualità. È vero che il tono connaturato ai due registi è quello di genere (finora veicolata da un'innegabile attitudine pop cui guardare con favore e simpatia, ma dall'iper-citazionismo "colto", sfrenato e manifesto, dalla derivatività ammantata di un certo gusto, dalla faciloneria registico-narrativa, in estrema sintesi, non si scappa, nemmeno questa volta), ma qui come altrove vanno con la mano pesante a ricercare l'eccesso, il sopra le righe, il grottesco. Se all'inizio strappa applausi a scena aperta, purtroppo il film si piega rapidamente al suo stesso gioco, perdendo di smalto e diventando al contempo irriverente ma tradizionale e buonista. Permettendosi un po' di rigore e cinismo in più, Ammore e Malavita avrebbe potuto essere un vero e proprio cult nostrano. Manca infatti l'armonia del disegno complessivo, molto sbalestrato a livello di ritmo (l'amicizia virile tra Ciro e Rosario rievoca le bromance del genere gangster, soprattutto orientale, ed è il nucleo emotivo di un film che, paradossalmente, fallisce proprio nella sua svolta romantica: la storia d'amore con Fatima non ha sostanza, non ha carne, e non riesce a trasmettere quel senso di esigenza che la renderebbe "concreta" e credibile), e non riesce a essere pienamente originale per quanto riguarda la creazione dei singoli brani musicali e le coreografie che li accompagnano (fatta eccezione per qualche sorprendete trovata macabra e ironica canterina in stile Gatta Cenerentola, quest'ultimo decisamente migliore in quel lato). Il twist finale poi, è visto e stravisto (il secondo finale lascia un po' interdetti per il suo buonismo), e c'è poca naturalezza nella transizione dal parlato al cantato. Certo, ci sono diversi momenti azzeccati, "carini", anche geniali, purtroppo la genialità termina dove iniziano le banalità dei dialoghi, costruiti con un linguaggio televisivo, e le noiose sequenze da soap opera. In alcune parti risulta anche simpatico ma alla lunga mi ha stancato (non tutte le gag appaiono riuscite), a proposito di lunghezza, decisamente troppo lungo e tutto sommato abbastanza banale nonostante alcuni spunti intelligenti. È comunque lodevole il tentativo di confezionare un musical d'azione che ritragga Napoli nei suoi scorci meno banali, talvolta notturni, dove il confine tra grottesco e melodramma sfuma in un dialogo divertito tra le due parti. Peccato che i limiti tecnici s'intravedano nei momenti più spettacolari (esplosioni e sparatorie), quando Ammore e malavita lotta con se stesso per tenere insieme le sue molteplici "anime" in un prodotto coerente. Si percepisce il coraggio almeno di giocare con i generi e di rimescolare l'immaginario collettivo, ma non un film sufficientemente riuscito è questo. Voto: 5+

Geostorm (Disaster movie, Usa 2017): Facendo leva sulle politiche ambientaliste di Trump e sull'ansia da global warming (ora più attuali che mai), Dean Devlin sembra adattare The day after tomorrow di Emmerich (di cui è stato sceneggiatore) ai giorni nostri, frullandolo poi con Gravity di Cuaron per una pellicola in cui le sorti del mondo non si giocano solo sulla vecchia cara amata Terra, ma anche nello spazio a bordo di una futuristica stazione spaziale (inutile in tal senso raccontare la trama, è sempre quella). Una pellicola che quindi, più che un'opera a se stante sembra essere una scatola piena di altri film di tanti generi diversi, tutti riconoscibilissimi grazie a sequenze e/o idee visive più o meno ricalcate, e il risultato è un pastrocchio di proporzioni epiche, nel quale di tanto in tanto esplodono cose e i volti notissimi del cast (tanto ampio quanto sprecato) danno la sensazione di essere entrati nel progetto solo per lo stipendio (120 milioni di budget, recuperati miracolosamente al botteghino). Il film infatti ripesca e rimescola il peggio/meglio del genere, tentando di imitarli ma nella maniera più grossolana che si possa immaginare. Improbabile nell'antefatto, ancor più forzato nelle distopie fantascientifiche, "Geostorm" si rivela un pacco retorico di buoni sentimenti, in cui la morale dell'unione fa la forza (che sia tra fratelli o popoli poco importa) tralascia il più realistico cinismo a favore di una favoletta atta a sventare un complotto di rara prevedibilità. Le scene di distruzione convincono ma non sono sufficienti a tenere in piedi uno script incapace di generare la minima tensione, per poi giungere alla solita chiusura buonista, scontata ma soprattutto per nulla emozionante. Il cast di richiamo svolge il compitino senza colpo ferire (Gerard Butler, Abbie Cornish, Jim Sturgess, Ed Harris e Andy García), al servizio però di un disaster movie dalle idee fiacche (anche se l'idea che anche potendo controllare i cambiamenti climatici l'umanità riuscirebbe comunque ad incasinare le cose, perché siamo una razza di avidi e stupidi e stupidi e avidi, è anche sorprendentemente intellettuale per un film del genere) e dagli effetti speciali pregevoli (almeno in questo caso). Pur facendo buon viso a cattivo gioco, e quindi approcciando la visione nella giusta maniera come puro cinema di intrattenimento senza pretese, appare arduo salvare molto. Da Geostorm nessuno pretendeva un nuovo classico del genere catastrofico (un genere forse ormai morto? anche perché una volta i film catastrofici come questo erano considerati di pura fantasia, ma adesso con la situazione climatica del nostro pianeta non stiamo parlando proprio di fantascienza, ecco perché la prima parte del film è perfino interessante, ma dura poco), ma una catastrofe del genere ce la potevano risparmiare. Per lo meno non annoia, meglio che niente. Voto: 4

Ecco infine i film scartati ed evitati (almeno per il momento) in questo mese:
Paziente Zero In questo horror non ci vedo davvero niente di originale, niente che valga una visione.
Hangman - Il gioco dell'impiccato Ok c'è Al Pacino, ma in questo thriller poliziesco la banalità fa capolino in dosi eccessive.
The River Murders - Vendetta di sangue Il titolo già esplicativo lascia solo intendere che è sempre la solita banale storia.
Casa casinò Ok c'è Will Ferrell, che adoro, ma questo in questo film la demenzialità è eccessiva.
Nome di donna Va bene l'importanza di un film del genere, ma già dalla locandina traspare la sua confezione, e non solo, modesta.
Cosa fai a Capodanno? Non c'è mica bisogna di spiegare vero? E poi basta con queste cene, uffa.
Giù le mani dalle nostre figlie Il cliché della scuola americana al ballo studentesco prende forma, e che forma...
Chi m'ha visto Io di certo non ho visto, e probabilmente mai vedrò, questo film che sembra una baggianata.
Dragon E' forte la sensazione di esser di fronte ad un film già visto, o più semplicemente alla più spicciola storia d'amore fantasy.

18 commenti:

  1. Il film musical dei Manetti bros non mi ispira per niente...ho sempre il pessimo ricordo di "Tano da morire", film che all'epoca piacque praticamente a tutti..tranne me.
    Tra i film elencati c'è giù le mani dalle nostre figlie: lo vorrei vedere per abituarmi a John Cena, futuro Duke Nukem.
    Hai ragione sulle cene ( di capodanno) ma oramai è un cliché del cinema italiano. Quel film comunque mi incuriosisce. Il prossimo Natale lo guardo :D (quest'anno lo hanno dato un venerdì su rai 3)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse se l'avessi visto (all'epoca o meno), Tano da morire intendo, probabilmente non mi sarebbe piaciuto neanche a me...
      Non c'è bisogno di abituarti a lui tramite il cinema, fallo con il wrestling che è meglio ;)
      Io invece il prossimo Natale lo evito sicuramente, e gli anni dopo, se son film italiani come quello lì :D

      Elimina
  2. Ahahaha
    Non ne ho visto nessuno, ma sai che avrei guardato volentieri "L'amore criminale"?
    Magari mi sarei addormentata dopo venti minuti, o forse no, però sicuramente ci avrei provato.
    Katherine Heigl mi piace molto. (Visto che non amo solo gli attori??). :P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Che poi è l'unico di un tuo genere preferito che potresti vedere, però ti dico che è così banale che bastano 5 minuti per addormentarsi o cambiare canale :D
      Ho visto, ho letto, piace anche a me ;)

      Elimina
  3. Mi dispiace che "Ammore a Malavita" non ti sia piaciuto, ma qui sono io ad essere di parte perché praticamente adoro i Manetti.
    Per il resto concordo sulle altre visioni.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh sì, ho apprezzato il coraggio, ma la lunghezza e tante altre cose non mi sono per niente piaciute, e vabbè ;)

      Elimina
  4. Suburbicon e Ogni giorno. Due gioielli. E sarò disposto a discuterne. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Su Suburbicon non ci saranno problemi, è già in lista da tempo ed è già disponibile (presto visione e recensione), per il secondo la rivalutazione è in corso ma dovrai attendere un po' di più ;)

      Elimina
  5. Del lungo elenco ho visto per fortuna solo Ammore e Malavita. Mi ci sono divertita parecchio e anche se forse troppo lungo, troppo napoletano per me, lo salvo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Preferisco di gran lunga Gatta Cenerentola, per non parlare di La la land, perché Ammore e malavita è niente in confronto...comunque un po' mi ci sono divertito anch'io, ma non a sufficienza ;)

      Elimina
  6. Io Ammore e malavita voglio vederlo. Ti dirò😘

    RispondiElimina
  7. Cavolo, mi dispiace per Ammmore e malavita, secondo me era un film che meritava :)

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fino ad un certo punto sì, ma poi dopo un po' già ci si stufa ;)

      Elimina
  8. Invece a me Viral era piaciuto, così come AMMore e Malavita, una trashata epica con delle belle canzoni :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, la parte trash ho mal digerito...su Viral, se le svolte fossero state meno prevedibili, forse mi sarebbe piaciuto di più, peccato ;)

      Elimina
  9. Passo qui (grazie alla funzione "cerca") per dirti la mia su Paziente Zero, che hai saggiamente evitato!
    Ti dico solo che l'ho visto da ubriaco e per fortuna non ricordo quasi nulla, solo i "vaffanculo" a me stesso per averlo avviato su SkyGo!

    Dato che mi sono perso questo post, aggiungo solo che non ne ho visto manco uno.

    "Chi m'ha visto Io di certo non ho visto, e probabilmente mai vedrò, questo film che sembra una baggianata."
    Ahahah 😂

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ultimamente ho un fiuto abbastanza buono, anche se poi basta vedere certi voti in giro (ovvero in Internet) per decidere di scartarli ;)

      Elimina