Da quando ho saputo di questa serie attendevo da tanto di vederla, e finalmente dopo un'attesa incessantemente piena di notizie, alcuni spoiler (fortunatamente evitati) e tantissimi giudizi positivi ci sono riuscito anche se purtroppo per alcune circostanze (ho già
Sky e pure
Premium) l'ho recuperata in streaming, ma tant'è che non potevo prima di quest'anno, prima delle classifiche annuali, perdermela. Ovviamente sto parlando di
Stranger Things, serie televisiva statunitense di fantascienza ideata da
Matt e Ross Duffer (due sconosciuti registi ora 'conosciuti' che però fino a quel momento avevano solo scritto e diretto un solo thriller
Hidden, tra l'altro mai sentito, e avevano lavorato come sceneggiatori e co-produttori esecutivi di quattro episodi della, leggermente deludente, prima stagione della serie televisiva
Wayward Pines, comunque migliore della seconda,
qui), e prodotta per la piattaforma di
Netflix (ormai famosa a tutti). Serie composta in tutto da otto episodi, dalla durata dai 42 ai 55 minuti. Serie che mi aveva incuriosito per la caratterizzazione dei personaggi, il cast e l'atmosfera che voleva omaggiare il (meraviglioso) cinema di fantascienza degli anni ottanta, divenuto cult. Ebbene, nonostante ella non partiva con i migliori auspici, registi inediti, cast abbastanza inedito e davvero poco 'marketing', ha davvero sorpreso. Sorprendente è infatti il risultato, anche se è il contesto quello che più ha contribuito al suo straordinario successo, tant'è che ultimamente la serie e alcuni membri sono entrati in lizza per tanti premi, tra cui il
Golden Globe.
Stranger Things (letteralmente strane cose) infatti ricorda molto da vicino, davvero molto, alcuni capolavori sia per la formula abbastanza simile, sia per tutto il resto, che hanno fatto epoca,
I Goonies, La casa, Poltergeist, I Gremlins, Stand by Me, E.T., La cosa e molti, molti altri, anche se a me ha fatto subito pensare ad una specie di
X-Files (anche se 10 anni dopo), d'altronde la serie, ambientata negli anni ottanta in una fittizia piccola città dell'Indiana (Hawkins nel novembre del 1983), è incentrata sugli eventi legati alla misteriosa sparizione di un bambino e all'apparizione di una ragazza dotata di poteri telecinetici fuggita da un laboratorio segreto, praticamente quello che quotidianamente succedeva a
Mulder e Scully. Ma lasciando perdere l'atmosfera e l'incipit, fortunatamente per il pubblico e per la serie stessa, i pregi del prodotto vanno ben al di là dell'accattivante contesto in cui le indagini sulla scomparsa del piccolo Will Byers (
Noah Schnapp) hanno luogo. Come spesso avveniva nei sopracitati esempi presi come spunto dai creatori,
Stranger Things articola la propria storia lungo tre linee narrative distinte, ciascuna ascrivibile a una precisa fase anagrafica, abbiamo quindi Mike (
Finn Wolfhard), Dustin (
Gaten Matarazzo) e Lucas (
Caleb McLaughlin), i tre amichetti del bambino scomparso, che s'imbattono nella misteriosa e silente coetanea Eleven (
Millie Brown) arrivata da chissà dove con un carico di poteri sovrannaturali. Abbiamo poi Jonathan (
Charlie Heaton), fratello adolescente di Will, e la studiosa Nancy (
Natalia Dyer), sorella di Mike, che si troveranno a collaborare per svelare il mistero dietro le sparizioni in atto nella cittadina, e abbiamo, infine, gli adulti, su cui svettano Joyce (
Winona Ryder), madre di Will e Jonathan, e lo sceriffo Hopper (
David Harbour), mentre sugli oscuri fatti che si susseguono a Hawkins si allunga l'ombra minacciosa del Dottor Brenner (
Matthew Modine), che deve soprattutto fronteggiare la fuga da un laboratorio segreto del governo statunitense di una misteriosa creatura, che nel frattempo è libera di fare ciò che vuole.