Fondata più di vent'anni fa, ma solo ultimamente (negli ultimi cinque anni) ha cominciato ad inserirsi nel mercato della distribuzione via internet di film, serie televisive e altri contenuti d'intrattenimento a pagamento, eppure è diventata velocemente regina indiscussa (anche se altre e nuove piattaforme lentamente aumentano e cominciano a ben carburare). Parlo ovviamente di
Netflix, che non solo in termini di quantità non è seconda a nessuno, ma anche in termini di qualità è in grado di esprimersi a grandissimi livelli. In questi anni molte le serie eccezionali (perché di film al momento non allo stesso grado) prodotte, di queste molte ancora mi mancano, tuttavia ad alcune impossibile resistere e non vedere, soprattutto dopo tante pubblicità, chiacchiere e tran tran mediatici (
Stranger Things fenomenale). Negli anni infatti ne ho viste alcune, vederle tutte difficile, scaricarle tutte ancor di più, difatti ribadisco che non ho mai sottoscritto l'abbonamento, ma che ho usato metodi "alternativi" per farlo (non me ne vogliano tutti gli altri, però era l'unico modo, avendo
Sky già da pagare), alcune che ho tanto apprezzato. Una è qui (con la sua seconda stagione e con una terza già pronta), in questo post mensile che ne racchiude quattro della suddetta piattaforma streaming (parlo ovviamente di
Dark). Le altre, a parte
Black Mirror, che seguo dall'inizio e non potevo non vedere/recuperare, non avevo intenzione di guardare (per motivi diversi che molti sanno), ma ho deciso di farlo, rimanendone scottato soprattutto da un caso (parzialmente sorpreso dall'altro). Decisioni a parte, eccovi le recensioni.
Black Mirror (5a stagione) - Ben lontana dalla qualità dei suoi esordi, la serie
Black Mirror torna, dopo una
quarta stagione non del tutto disprezzabile e l'esperimento interattivo di
Bandersnatch, con la sua quinta stagione, con un sensibile cambio di rotta rispetto al passato. Ritorna sì al formato classico, senza però riacquistare la stessa cattiveria e la stessa ispirazione di un tempo. Narrando infatti vicende poco complesse e concentrate maggiormente sull'umanità e sui drammi dei suoi protagonisti, la nuova stagione di
Black Mirror dimostra di non essere in grado di osare e sconvolgere come un tempo. Tra i difetti (trame e personaggi dal debole approfondimento), la serie mostra qualche pregio, una buona capacità di intrattenimento, la qualità delle interpretazioni (
Anthony Mackie in primis) e il fatto di aver annullato quello scarto temporale che ci separa da un futuro tecnologico mostrato nei primissimi episodi, rendendo le questioni etiche ancora più attuali e inquietanti. Nonostante ciò rimane un prodotto ben confezionato e poco più, questo è
Black Mirror adesso, che si prende pure il lusso di deludere. Delude nel complesso difatti questa stagione, nuovamente disponibile su
Netflix e con
Charlie Brooker al timone, che si salva dal baratro grazie e paradossalmente al terzo episodio dei tre complessivi, quello più criticato. Il primo episodio è infatti un racconto di amicizia in cui il contesto tecnologico diventa più che altro una scusa per narrare la vicenda, che non avrebbe avuto bisogno di un'ora intera per essere sviluppata. Non è certamente la peggior puntata della serie (apprezzabile è il citazionismo nei confronti dei picchiaduro, con tanto di riferimenti ai vari
Tekken e
Street Fighter, condensati nel fittizio
Striking Vipers nel cui mondo virtuale si rifugiano i protagonisti), ma si può facilmente collocare tra quelle non memorabili (una puntata alla
San Junipero, ma di livello molto molto inferiore).
Smithereens è il secondo tassello narrativo, il più lungo dei tre e forse quello che fa maggiore affidamento sugli attori. In particolare, per quasi tutto il minutaggio la puntata è sorretta dal talento di
Andrew Scott. Il problema è che oltre all'interpretazione del protagonista c'è ben poco, perché la pericolosità della dipendenza dai device mobili è tutto eccetto un'idea illuminante e soprattutto ciò che succede non ha nulla a che vedere con la pervasività tecnologica ma solo con una crisi in tutto e per tutto umana. Il terzo e ultimo episodio della stagione, in maniera antitetica rispetto al precedente, si concentra su un'idea già ampiamente utilizzata sia dalla fantascienza contemporanea sia dalla stessa
Black Mirror, perché la migrazione della personalità di un individuo in un involucro artificiale era già stata sviluppata in maniera infinitamente più complessa in
Be Right Back.
Rachel, Jack and Ashley Too è stato l'episodio protagonista della campagna promozionale della stagione per via della presenza di
Miley Cyrus e sebbene non racconti nulla di originale riesce a essere lo specchio migliore della
Black Mirror di questi ultimi anni: idee molto semplici (o già viste) e sviluppate in un modo meno cupo, che in questo caso si aggira dalle parti della favola e del coming of age, decisamente simpatico (e non solo, tematiche per riflettere). Ma ovviamente non basta, e alla fine resta da dire che
Black Mirror praticamente non c'è più. Voto: 5 [
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