martedì 29 maggio 2018

Le altre serie tv (Marzo/Aprile/Maggio 2018)

Esattamente come successo in occasione della prima parte dell'ottava stagione (qui), anche la seconda parte si è chiusa tra l'indifferenza generale, perché ormai The Walking Dead sembra non avere più l'appeal dei tempi che furono. L'attesissimo finale di stagione infatti, attesissimo sia dai fan della prima ora sia da tutti gli spettatori che non ne possono più della serie ma per qualche motivo continuano a guardarla (anche solo per parlarne male), ha alternato, come tutta l'annata, momenti convincenti ad altri in cui si è toccato il ridicolo. Questo season finale dell'ottava stagione, che avrebbe potuto tranquillamente, tramite l'ultima puntata, terminare l'intera serie e che invece sembrerebbe procedere su binari non propriamente interessanti (anche se si intravede un nuovo barlume di speranza, con la possibilità di reinventare la serie e tornare, forse, ai fasti delle prime annate), se sotto certi punti di vista accontenta entrambe le fette di pubblico, mostrando momenti fatti apposta per appassionare quelli che ancora oggi si definiscono fan della serie (in particolare per quanto riguarda i momenti introspettivi e le scene di battaglia), ma anche diverse situazioni che sembrano fatte apposta per far mettere le mani nei capelli a tutti coloro della serie ne hanno piene le scatole, procedendo a singhiozzo e alternando momenti spettacolari e interessanti però a scelte narrative che confermano le debolezze della gestione di Scott M. Gimple, giunta ora al termine, lascia un po' l'amaro in bocca. Tuttavia bisogna ammettere che, dopo una stagione poco convincente, The Walking Dead ci ha sorpresi (nuovamente e in modo certamente meno banale della precedente seppur in modo sicuramente ridicolo) con un finale imprevedibile. Tutti infatti attendevano la battaglia finale, tutti si aspettavano uno spargimento di sangue, una decimazione dei protagonisti e, invece, lo showrunner sceglie una strada praticamente opposta, chiudendo la guerra contro i Salvatori con un atto di pietà nei confronti degli avversari che hanno tormentato le comunità guidate da Rick, per onorare la memoria di Carl (che nel frattempo dopo il cliffhanger della scorsa prima parte di episodi è definitivamente morto) e la sua ultima richiesta. Il problema però non è tanto il fatto che ciò avviene, dopotutto la serie è sempre stata parecchio ottimista (e la speranza finale, l'inaspettata redenzione, ne è la prova), quanto è il modo con cui succede.
La sopraffazione nei confronti dei Salvatori infatti, e dopo tre stagioni di lotta continua, avviene anche troppo in fretta e con eccessiva facilità, mentre fino alla puntata precedente pareva che i due gruppi si sarebbero fronteggiati duramente. Invece appunto niente, e il fatto che dopo una prima parte di stagione all'insegna dell'azione, dal debutto della seconda parte è stato come se lo showrunner si fosse dimenticato di inserire tensione e ritmo, troppo preoccupato di piazzare tutte le pedine sulla scacchiera, non ha aiutato. Troppi momenti emotivi, troppi dilemmi psicologici e poca carne al fuoco per una serie horror che vive tanto di questi attimi di introspezione quanto di sviluppi più concreti. Parecchie puntate sono risultate così noiose (il lungo e straziante addio al figliol prodigo seppur emozionante è risultato pedante), o più semplicemente di passaggio. Non dimenticando appunto che la puntata finale (seppur di buon livello) disattende le attese di un fuoco d'artificio in un mortaretto. Perché in conclusione, l'ottava stagione di The Walking Dead si conclude con un episodio altalenante, fatto sì di alcune cose buone ma anche altre (tante altre) tutt'altro che efficaci. Perché se azzeccata è stata la scelta di uccidere Carl, giacché se lo show nella seconda parte ha acquistato un'anima che sembrava aver perso è proprio per via del sacrificio del ragazzo, la stessa, fornisce tuttavia la possibilità certamente lodevole di lavorare su una nuova idea di futuro che comprende sia Rick (Andrew Lincoln) sia Negan (riuscendo così a non sacrificare quest'ultimo, il quale è a tutti gli effetti il personaggio più riuscito della serie allo stato attuale, grazie alla bella performance di Jeffrey Dean Morgan) ma che non sembra avere una direzione precisa o più semplicemente intrigante o interessante, anche perché la conclusione vera, quella che i fan accaniti (e la critica di settore) reclamano a gran voce, poteva essere proprio questa. Invece la carta di "un futuro migliore" se la sono già giocata e non so se quello che ci proporranno nella prossima stagione basterà, anche perché sinceramente non si capisce se sia davvero necessario (giacché la visione, purtroppo, prosegue per inerzia) continuare a raccontarci la vita dei sopravvissuti, con nuovi villain sempre più cattivi, morti sempre più tragiche e prospettive che sembrano sì positive, ma che poi deviano nel disastro più totale. Il tempo dirà, ma nel frattempo giudizio freddo e poco significativo. Voto: 6-
Sembrava ormai finita con un finale che chiudeva definitivamente il corso degli eventi con lo scioglimento della squadra e della sezione (e un finale motoristico alla Jack Kerouac in stile Bruce Springsteen), soprattutto con l'abbandono del cast di Sullivan Stapleton e Philip Winchester, che avevano lasciato un po' l'amaro in bocca, visto che erano stati proprio loro e con il loro carisma (e tante altre ottime cose) a far diventare Strike Back la serie di riferimento in ambito action, invece un po' a sorpresa (e dopo quasi 3 anni) e abbastanza stranamente ecco tornare (su Sky Atlantic ad aprile scorso) con la quinta stagione (in verità la sesta, perché come già spiegato in occasione della recensione della quarta stagione, qui, la numerazione è stata stravolta dato che la casa di produzione americana Cinemax non partecipò alla prima, che era esclusivamente britannica) la serie più adrenalinica del piccolo schermo, Strike Back appunto, in una specie di reboot e prequel rinomato Strike Back: Retribution. Questa volta però con un cast completamente diverso e con quattro membri (due soldati e due soldatesse abbastanza gnocche, vedasi alcune scene hot) nuovi di zecca della Sezione 20, l'unità segreta inglese specializzata nell'antiterrorismo. Un cambio che sembrava presagire un risultato per buona parte, nonostante il rispolvero gradito dell'originale e straordinaria sigla iniziale, mediocre. E infatti sembra chiaro subito dopo i primi episodi che il nuovo cast, comprendente Samuel Wyatt (Daniel MacPherson), Gracie Novin (Alin Sumarwata), Thomas "Mac" McAllister (Warren Brown) e Natalie Reynolds (Roxanne McKee), senza dimenticare alcuni comprimari importanti interpretati da Michelle Lukes e Robson Green, non sembra affatto avere la stessa tempra, carisma e agilità del precedente duo. Non aiutato anche da una trama ancor sempre più prevedibile e inflazionata, quella del classico terrorista che in questo caso aiutato dalla moglie dapprima infedele vuole distruggere il mondo, tutto sembra andare in malora, anche perché nonostante le stesse atmosfere e avventure ad alto tasso di adrenalina che avevano fatto la fortuna dei primi capitoli, qualcosa non è al posto giusto. Ma durante e verso la fine, una sorpresa gradita e il mantenimento di certi standard (ovvero l'aver mantenuto quel discreto livello di azione, suspense e thrilling, che hanno addirittura spinto la produzione ad un ulteriore rinnovo) risollevano in parte la serie e il giudizio conclusivo. La serie infatti, basata quasi esclusivamente su operazioni militari (salvo qualche parentesi sulla vita privata di alcuni personaggi) che si fa tuttavia (nuovamente) apprezzare per la realizzazione ottima e accurata dello svolgimento delle missioni in cui vengono immersi i protagonisti (al tal proposito tutti personaggi sono ben caratterizzati, arrivando a costruire anche qualche simpatica gag, un insieme di valori che rendono l'opera veramente godibile e interessante), arrivando a creare scene realistiche, adrenaliniche e ricche di suspense, spiazza gli spettatori con l'apparizione (comunque marginale ma di grande impatto narrativo) negli ultimi due episodi dei protagonisti delle precedenti quattro stagioni. Difatti Sullivan Stapleton e Philip Winchester, ora impegnati sui set di Blindspot e Law & Order: Unità Speciale rispettivamente, riprendono i ruoli dei sergenti Damien Scott e Michael Stonebridge, dando così nuova linfa ad un serial che sembrava se non morto, ma chiuso. Perché nonostante la ripetitività delle situazioni, che comunque non penalizzano troppo, dato che in un serial di stampo action o comunque di stampo militare è difficile trovare qualcosa di diverso da una trama scontata, e grazie ad un ritmo invidiabile e alla qualità tecnica, la visione diventa facile. Certo, i gusti son gusti e in verità questa stagione raggiunge solo la sufficienza, ma se cercate l'azione e se volete volete divertirvi e tenere l'adrenalina alta con scene d'azione spettacolari dovete almeno provare Strike Back, sia quest'ultima ma soprattutto le precedenti. Voto: 6
Dopo la solo passabile quinta stagione (qui la mia breve recensione) avevo quasi deciso di non continuarla più a seguire, d'altronde non solo non si sapeva se sarebbe continuata, ma neanche se sarebbe mai arrivata in Italia data la "rinuncia" della Fox, invece dopo la mandata in onda da parte della Rai in orari personalmente però non consoni, e dopo perciò averla recuperata in altri modi, ho dato una possibilità alla sesta stagione di C'era una volta (Once Upon a Time), la serie fantasy della Abc, giacché nonostante non abbia mai davvero entusiasmato (e nonostante il solito canovaccio), ha sempre regalato piacevole intrattenimento. Per cui non che mi aspettassi granché da questa sesta, tuttavia la nuova (vecchia) storyline, che ci aveva lasciati alla fine della 5a stagione, con il ritorno della Regina Cattiva separata da Regina di Storybrook, all'inizio riusciva a rendersi interessante. Dopo però, con l'uscita di scena di intriganti personaggi prima (Mr. Hyde e Nemo) a discapito di altri insipidi dopo (Aladdin e la bisbetica Fata Nera, l'origine di tutto, alla fine), la prevedibilità prende (troppo) il sopravvento, e fulmini e saette che mi aspettavo finiscono per diventare qualcos'altro, qualcosa di seppur bello e finalmente conclusivo (almeno in parte), banale, convenzionale e poco coinvolgente. Proprio perché dopo ben sei anni, anche se Once Upon a Time ha superato le aspettative di molti ed i dubbi di moltissimi, l'idea azzeccatissima della prima stagione (cioè quella dei personaggi delle fiabe trapiantati nel mondo reale e di adattare ogni nuova storyline ad una sempre lineare e cronologica successione degli eventi) che già dalla seconda aveva iniziato ad arrancare, è poi andata sempre in peggiorando (seppur fortunatamente non malissimo e nella sufficienza). Certo, cosa ti potresti mai aspettare da una serie basata sulle storie Disney? In verità lo (in parte) stravolgimento narrativo di ogni fiaba (non tutte comunque) ha sempre sorpreso in positivo (non sempre però), ma in questa stagione la componente "emozioni" e lieto fine, in pieno stile Disney (non manca in tal senso una puntata musicale e il ritorno dei cliché), fanno prepotentemente capolino. Perché anche se era comunque quello che finalmente si prospettava, dato che il finale della serie (che un po' mi è piaciuto e un po' no, dato che ci sono cose veramente assurde o tirate a caso) si inserisce perfettamente nella strada solcata dalle precedenti stagioni in un happy ending doveroso, esso avviene al termine di una stagione con più bassi che alti e nell'assoluta scontatezza. E' insomma il solito OUAT, che un po' ci piace e un po' ci fa arrabbiare, ma a cui vogliamo bene comunque, anche sul finale. Un finale praticamente perfetto, dove la storia principale è chiusa, la battaglia finale è stata vinta e chiunque poteva essere salvato da sé stesso è stato redento. Perché in effetti è chiaro come il season finale della sesta stagione sia stato pensato come un series finale, tuttavia esso contiene a fine episodio un colpo di scena finale che è un vero e proprio déjà vu del pilot, che di certo non invoglia a continuare la visione di una serie che per me si è conclusa con la battaglia finale (perché ogni storia che si rispetti, favola o non, deve giungere alla sua fine e "The Final Battle" per me segna il capolinea di OUAT). Difatti il piccolo epilogo apre le strade ad una settima stagione ambientata qualche anno nel futuro per quello che viene chiamato un soft reboot, ovvero una rivisitazione della saga originale costituendone comunque una prosecuzione. Una scelta insomma che fa storcere un po' il naso, anche perché molti attori hanno già annunciato il loro ritiro nei loro rispettivi ruoli e per quelli che hanno deciso di rimanere la vicenda non sembra portare da nessuna parte (può bastare apparire nei soliti flashback?). In ogni caso, e ancora indeciso se proseguire o meno, mi sembra giusto tuttavia spezzare una lancia in favore della serie, perché nel bene e nel male, questo piacevole, divertente e sufficientemente gradevole viaggio, altresì ricco di emozioni (positive e non) che mi ha trasmesso in questi sei anni (stagioni), rifarei comunque daccapo. Voto: 6-

14 commenti:

  1. Once Upon A Time è una delle mie serie Tv preferite, però sono felice che la sesta stagione abbia avuto una conclusione perché a lungo andare stanca. Hanno anche fatto una settima stagione ma non credo che la guarderò. 😊 Di Strike Back ho visto solo un paio di stagioni. Buona giornata Pietro!👋

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    1. Ricordo la tua recensione della sesta, che poi se non l'avessi saputo da te, probabilmente non l'avrei nemmeno vista...tuttavia anch'io penso di non guardare la settima...
      Hai davvero visto Strike Back? e ti piacquero?
      Buona giornata a te ;)

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  2. Io con Once upon a time mi sono fermato alla..quarta? quinta? Comunque non mi dispiaceva, ma poi ha iniziato a..stroppiare :D

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    1. In verità ha stroppiato quasi sempre, ma almeno non ci si è mai annoiati nel vederla, visto i continui colpi di scena ed interessanti variazioni favolistiche ;)

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  3. Ricordo che la prima serie di OUAT meritava, poi, stagione dopo stagione, ha cominciato ad essere ripetitivo e annoiare.
    Ero ferma alla quinta, ho guardato la sesta perché mi pareva giusto finire, la battaglia finale è stata forse la più grande delusione di tutta la serie.
    Sto guardando anche la settima perché boh, credo che netflix me l'abbia proposta in un giorno di noia e, se da un lato non vedo l'ora che finisca, dall'altro mi spiace anche mollarla a metà, quindi la guardo (la mia logica non fa una piega eh)

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    1. Ad esser ripetitivo certamente, tanto che lo reputo ciò un difetto consistente, ma annoiare personalmente no, anche perché alla fine, nonostante una battaglia deludente, il finale è coerente, bello e convincente ;)
      Prima di decidere se vedere la settima aspetto di leggere un po' di giudizi..

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  4. Tutte serie che non seguo (gli zombi, tra l'altro, mi hano sempre fatto schifo).
    Ma perché continuare ulteriormente? Mah.
    Mettessero la parola fine e amen.
    Strike Back forse è già più interessante...

    Moz-

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    1. Fin quando i guadagni ci sono, fin quando ci sono spettatori, è difficile che qualcosa finisca davvero..
      E' più interessante perché dopotutto è un action ;)

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  5. Come sai, sto riguardando TWD dall'inizio proprio perché l'ottava stagione non mi attira per niente, appena ci arriverò, vederemo se continuerò a pensarla come te.
    Comunque per me il problema è l'andazzo della serie, viene gestita in modo fiacco! Gestita meglio potrebbe ridecollare (almeno in qualità, perché dubito si riavvicinerebbero gli spettatori persi).

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    1. Il problema sai qual'è? gli zombie! perché praticamente non servono più a niente, ormai superflui per una trama che si ricicla continuamente tra lotta tra umani e umani..

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    2. Vero. Sia nel fumetto che nella serie non sono mai stati al centro dell'attenzione, tranne che nelle prime stagioni ma nelle ultime sono stati messi troppo da parte, a momenti neanche abbelliscono più il paesaggio 😒

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    3. Sono di contorno insomma, e quindi non mi sta più bene così, perché più che The Walking Dead sembra The Walking Dad oppure The Walking Human..

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