Dopo aver concluso la "missione recupero" di quest'anno, con altre che probabilmente ci saranno nei prossimi anni, si ritorna al solito ritmo, ritmo che prevede la visione delle serie in lista, lista decisamente recente, con qualche piccola eccezione. Infatti nel compilare questa lista di sole (e nove) miniserie, ne mancavano alcune, così ho ripiegato su miniserie di cui sì è parlato parecchio negli scorsi anni. In ogni caso, da questa specie di speciale miniserie televisive, tante cose buone, anzi buonissime, e poche cose non tanto buone. Raggruppate non per caso, formano un misto di generi niente male, miniserie, che ricordo si definiscono in questo modo poiché non ci sono seconde stagioni e tutto si conclude in una sola botta, che un segno hanno comunque lasciato, e non solo a me.
Alias Grace (Miniserie) - La serie sorellina di The Handmaid's Tale (basata anch'essa su di un
romanzo della Margaret Atwood, che tuttavia al contrario della sorella
si ispira a fatti realmente occorsi intorno al 1840) non è male
(tecnicamente è ben curata), però in virtù di aspettative
migliori, essa parzialmente delude, nel suo essere leggermente fredda e
decisamente ambivalente, non rimane così tanto impressa nella testa. Una
giovane donna è accusata dell'omicidio del suo datore di lavoro e
della governante della casa in cui è impiegata. Ambientato in Canada a
metà ottocento, una serie il cui fulcro è la divergenza tra la vicenda
reale e la versione della protagonista, come emerge dal racconto della
stessa. La serie "lavora" in particolare sulla psicologia di un
personaggio principale dalla doppia personalità, benissimo interpretato
da Sarah Gadon, autrice di una prova ricca (anche troppo, ma non per sua
colpa) di sfumature e ambiguità (è lei comunque l'unica, di tutto il
cast, ad offrire una degna performance, fra di loro, abbastanza
incolore, compare anche il regista David Cronenberg). In questo senso la
vera dote de L'altra Grace (da titolo italiano, comunque meno efficace
dell'originale) è sì la sua capacità di essere una miniserie intrigante,
pronta a far dubitare le sicurezze dello spettatore giocando con il suo
orientamento, rendendo possibili soluzioni diverse tra loro (non è mai infatti ciò che sembra), ma il troppo stroppia.
Prodotta da Netflix, è una serie molto lenta, dove ogni puntata, cogli
qualcosa di nuovo, ma sempre pochissimo alla volta. Quindi devi avere
molta dedizione per arrivare fino alla fine. Che lascia tutto aperto,
comunque. La verità ce la creiamo noi. Forse sei puntate sono un po' troppe per i fatti narrati, non è probabilmente per tutti ed è fin troppo letteraria.
Dal mio punto di vista, una miniserie abbastanza dimenticabile, anche
se ha vari spunti affascinanti (certamente fa riflettere sulla condizione disumana della donna nei secoli scorsi), con un finale troppo affrettato seppur
di buon impatto. Quale che sia la verità, infatti, di una vicenda che ancora oggi rimane avvolta nel mistero, Grace ha sofferto
umiliazioni di ogni genere per anni, per cui il finale rimane
accettabile (sebbene non del tutto condivisibile). Voto: 6
La regina degli scacchi (Miniserie) - Una miniserie (basata sull'omonimo romanzo del 1983 di Walter Tevis) riuscita (che riesce a tenere incollati allo schermo)
e coinvolgente (c'è abbondante spazio per le emozioni) benché tratti un
argomento
piuttosto ostico e non proprio alla portata di tutti come gli scacchi.
Ci si sofferma molto sulla personalità della protagonista (interpretata
alla perfezione dalla abile e dotata di un
fascino particolare Anya Taylor-Joy),
una bambina tanto geniale negli scacchi quanto sfortunata e fragile
nella vita, e su una perfetta ricostruzione
ambientale (con scene e costumi che permettono allo spettatore una vera e
propria full immersion negli anni '60 e '70, sullo sfondo l'inquietante
ma a suo modo affascinante clima della guerra fredda USA-URSS), aspetti
che permettono di passare sopra ad una storia
facilmente prevedibile (gli scacchi come forma di salvezza e di
riscatto, ma anche di ossessione e desolazione). Tecnicamente
ineccepibile, nonostante qualche
sbavatura (qualche aspetto magari, come le dipendenze mai approfondito
in maniera esauriente, la sceneggiatura presenta inoltre alcune
forzature che riguardano i punti chiave della storia, a mio parere forse
un po' troppo enfatizzata) è un lavoro che merita sicuramente una
visione. Un lavoro in cui per una volta a prevalere è decisamente la
forma sulla sostanza, pur valida. La storia è interessante ma non è, a
mio giudizio infatti, la chiave del successo del lavoro di Scott Frank.
La regina degli scacchi, una miniserie assolutamente godibile,
indubbiamente uno dei recenti migliori lavori firmati Netflix. Voto: 7+