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lunedì 24 giugno 2019

Unsane (2018)

Tema e genere: Unsane è la nuova sfida al Cinema di Steven Soderbergh, uno psycho-trhiller claustrofobico, teso ed angosciante, un film girato in modo e in una tecnica non del tutto standard.
Trama: Una giovane donna vittima di stalking si rivolge a una specialista, ma si ritrova suo malgrado rinchiusa in una clinica psichiatrica, dove farà un'orribile scoperta.
RecensioneUnsane è un esperimento decisamente particolare, un film che il regista Steven Soderbergh ha realizzato con un budget limitato girando in poco tempo con vari iPhone. Un film girato con il cellulare non è che sia la novità più assoluta, si è già visto da qualche parte, la particolarità di Unsane è però quella di essere il primo film girato in questo modo per una precisa scelta stilistica e non per restrizioni di budget. Unsane infatti, che ha, grazie all'uso di cellulari per la ripresa, che deformano la percezione soggetto-sfondo, un approccio visuale versatile e coinvolgente, riesce proprio per questa scelta stilistica a trasmettere il senso di impotenza della protagonista, entrata in una spirale degenerativa che assottiglia sempre di più il confine tra sanità mentale e follia. E difatti il film risulta profondamente inquietante pur senza far mai realmente paura e consente allo spettatore una profonda identificazione con la protagonista e le sue paure, e più in generale con il tema dell'opera: non siamo più capaci di un contatto umano reale, tra noi e l'altro c'è sempre di mezzo uno schermo, l'amore diventa ossessivo e i rapporti di amicizia impossibili. Non è un caso che il film parta come una farsa kafkiana, si trasformi in un'acida satira politica e poi si tuffi a capofitto nel thriller psicologico, per culminare infine in una mescolanza organica di tutte e tre le cose. E al centro un'aspra critica al sistema sanitario statunitense, ma anche e soprattutto la rivalutazione di una femminilità che è disposta a tutto pur di trarsi in salvo: sotto-testo costante una riflessione sui social-media contemporanei. Qui infatti, e non per caso, l'uso dell'iPhone per le riprese riecheggia il fulcro del film: in una contemporaneità in cui sembra impossibile non riuscire a mettersi in contatto con la persona che si desidera, in cui quindi uno stalker diventa una presenza ineludibile e onnipresente, in grado di raggiungere ovunque la propria vittima, l'ossessione è l'unico scenario possibile. La possibilità che da persecutore digitale (sui profili Facebook o Instagram, come sottolinea Matt Damon nel suo interessante cammeo) il carnefice si trasformi in una sagoma ubiqua anche all'interno dello spazio reale è tutt'altro che fantasiosa, più concreta che mai. Allora la scelta del dispositivo mobile specchia il tema centrale di Unsane: la tragica facoltà di un incubo digitale di affiorare all'interno di uno spazio tangibile (per giunta istituzionalizzato). Insomma un film sociologico e teorico che riflette sul mezzo per riflettere la società. Il regista infatti riesce a cogliere e raccontare con grande efficacia l'incredibile solitudine dell'uomo contemporaneo, anche grazie ad un'ottimo volto per queste paure, a Claire Foy, star della serie Netflix The Crown, protagonista assoluta e incarnazione della paura e della solitudine del mondo di adesso. Peccato che ogni tanto qualcosa si inceppi a causa di una sceneggiatura che si avvita nei troppi finali e che non sempre è all'altezza dell'intelligenza della regia.