Parto subito dicendo che nonostante io non sia un grande amante della serie di Winnie the Pooh ho apprezzato questo live action, un live action veramente ben realizzato e fedele all'atmosfera del lungometraggio animato originale, anche se forse un po' tedioso e fin troppo buonista perfino per gli standard del genere. In una Londra pre e post seconda guerra mondiale i personaggi reali "rendono" infatti perfettamente la grazia di cui si ammanta da anni una saga che oggi potrà sembrare anacronistica ma che riesce, nella sua semplicità e, a volte, banalità a piacere soprattutto ai più piccoli. Perché tra una scorpacciata di miele, il pessimismo cosmico dell'asino di pezza Ih-Oh (che perde continuamente la coda), le fughe della combriccola dai fantomatici Efelanti e Nottole, creati dalla fantasia più fervida dei paciosi personaggi, il regista Marc Foster crea un mondo magico, semplice e magnetico che grandi e piccoli vorrebbero condividere. Non bastasse che nonostante qualche caduta di tono nella sceneggiatura (che si può comunque perdonare poiché fedele allo stile infantile e sempliciotto dei personaggi della serie dell'orsacchiotto di peluche) risulti questa, una pellicola con buon ritmo e godibile anche per i più grandi. Una pellicola, Ritorno al Bosco dei 100 Acri, non male il titolo in italiano anche se quello originale, come capita praticamente sempre, risultava più appropriato (Christopher Robin), semplice ma efficace. A proposito di Lui (interpretato da Ewan McGregor), egli è diventato adulto e, nonostante la promessa fatta a Winnie The Pooh, ha dimenticato il Bosco dei 100 acri e i suoi simpatici abitanti. Ora è un grigio impiegato, responsabile del settore "efficientamento" della valigeria Winslow, tutto dedito al lavoro, per il quale trascura la famiglia composta dalla moglie e dalla figlioletta Madeleine. Un giorno Pooh ha bisogno del suo aiuto per ritrovare gli amici scomparsi e decide di cercarlo a Londra. Ma forse è Christopher Robin ad aver più bisogno del suo amico orsetto per riscoprire le cose importanti della vita.
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giovedì 9 maggio 2019
giovedì 19 aprile 2018
Britannia (1a stagione)
Doveva essere per Sky, dopo l'affascinante, sorprendente e intrigante serie Babylon Berlin, la conferma, invece Britannia, serie televisiva statunitense e britannica co-prodotta da Amazon e Sky e andata in onda su Sky Atlantic (che ha già annunciato il rinnovo per una seconda stagione) si rivela essere come le precedenti sue produzioni Tin Star e Riviera e come l'ultima produzione storica del canale History, ovvero Knightfall, un'occasione persa. Britannia infatti (ambientata nel 43 d. C.), di stampo prettamente storico (che però di realmente storico ha in verità ben poco) ma che vira spesso (e imprudentemente) verso il fantasy, sfrutta solo in parte l'interessante e affascinante script di base (perché della serie sono interessanti i rapporti tra le tribù, i riti di iniziazione delle vergini del villaggio, lo scoprire che nel cast c'è anche Fortunato Cerlino che interpreta un certo legato di nome Vespasiano, e poco altro), che racconta il selvaggio e mistico mondo di una terra, pronta a essere, dopo la disfatta di Giulio Cesare, conquistata dall'Impero romano. Difatti una nuova legione cerca di sconfiggere e dominare le lande governate da varie tribù, in cui il volere degli Dei cambierà il corso canonico delle tradizioni locali, ma la serie che vede come "antagonista", il generale Aulo Plauzio (il governatore di The Walking Dead, David Morressey) e come protagonisti Kerra (la giunonica Kelly Reilly), figlia del Re dei Cantii Pellenor (Iain McDiarmid), in conflitto perenne con i Regnensi e la Regina Antedia (Zoe Wanamaker), e lo sciamano Divis (Nikolaj Lie Kaas), seppur senza alcun dubbio parta in maniera incalzante, offrendoci uno sviluppo narrativo sostanzialmente equilibrato, e comunque ricco di picchi di tensione durante tutto l'arco, regalando altresì allo spettatore ripetute scene di azione, spesso cruente, capaci di mantenere, in buona parte, vivo l'interesse, non convince. Anche perché lo sviluppo dello script si ferma alla sola azione, visto che la contaminazione fantasy (giacché qui ci sono i Druidi, creature misteriose, la cui lealtà e il cui vero scopo rimangono avvolti nel mistero per tutti i 9 episodi) fa perdere di vista il vero obiettivo della serie, narrare la conquista romana.
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