lunedì 22 febbraio 2021

Le serie tv del mese (Febbraio 2021)

Poco più di un anno fa, l'ultimo episodio di Euphoria, teen drama spregiudicato e a tinte forti che, pensato per un pubblico adulto, toccava diverse tematiche complesse, il risultato era disturbante, talvolta grottesco, ma alquanto efficace. Tanto che anch'io ne rimasi discretamente ammaliato, e al netto dei difetti, la promossi a buoni voti. La notizia (due mesi fa) di uno speciale "natalizio" (diviso in due parti dedicate a Rue e Jules, i due personaggi più in vista della serie) mi spiazzò, per le atipiche modalità e il momento scelto, Sam Levinson veniva a patti con le restrizioni covid, con due attori e un solo set svuotato trasformava Euphoria in un quadro di Edward Hopper, un episodio minimale negli eventi ma strabordante di parole che non mi attirava granché. Stavo insomma per rinunciarci ma alla fine ho visto il primo "Trouble don't last always" e vedrò probabilmente anche il secondo, e ho fatto bene. È un episodio toccante e la bravura di due attori che intrattengono lo spettatore per l'intera durata della visione, senza annoiare è da sottolineare e ammirare, davvero bravi (Colman Domingo è Alì, sponsor di Rue). Lo spettatore si ritrova catturato da questo profondo e sofferto dialogo che analizza nel dettaglio la situazione attuale dei due personaggi, tormentati dalla loro vita. Si sentono prigionieri e carnefici di loro stessi e della loro malattia, perché è questo che è la tossico dipendenza, una malattia. Zendaya si riconferma una brava attrice che ha dimostrato di essere maturata molto in ambito artistico tanto da aggiudicarsi un Emmy Awards proprio per il ruolo di Rue in questa serie. Perfettamente in linea con la prima stagione, il risultato di questo primo episodio è infatti più che discreto, la conferma del mio voto/giudizio dategli a suo tempo. Ecco invece, relativo a stagioni intere, e serie complete, cosa ho visto dall'ultima volta, tante belle cose, due soprattutto.

Strike Back (8a stagione) - Mai dire mai, perché nel mondo televisivo attuale tutto può succedere, come può capitare che una serie ormai data per morta, chiusa e finita, torni nuovamente in vita. E' successo con questa serie action della Cinemax, e ben due volte, poteva non mancare una terza volta (dopotutto non c'è due senza tre, anche quattro, ma quella è un'altra questione)? No, e infatti Strike Back, dopo una settima stagione che all'apparenza si mostrava quella finale, resuscita nuovamente (battute blasfeme anche no), e questa volta però per morire più degnamente, cosa per purtroppo non accade, ma questa è comunque e per davvero l'ultima stagione, il finale (la squadra, o i membri rimasti facente parte, definitivamente si scioglie) e le dichiarazioni degli autori infatti (reperire informazioni era d'obbligo stavolta), non lasciano spazio a dubbi o a possibili ripensamenti (tuttavia come da prologo preferisco non mettere la mano sul fuoco). Questioni di produzione a parte, come dicevo pocanzi, la serie che voleva probabilmente chiudere bene, purtroppo non riesce nel suo intento, anche se ancora una volta l'onestà paga, e assicurando allo spettatore uno spettacolo degno del suo nome, porta a casa la pagnotta e non fa rimpiangere il tempo passato (spiace finisca, ma forse è meglio così, tirar troppo la corda a volte è controproducente). Comunque, squadra che vince non si cambia diceva un famoso proverbio, e così è, gli attori della precedente stagione presenti all'appello. Tema che va meglio non cambiare pensava lo sceneggiatore, ma forse era meglio variare dico io, però giustamente se ti ispiri a Call of Duty e l'azione è il pane quotidiano, può non esserci il terrorismo o la vendetta al centro di tutto? No, appunto. Nella stagione 8 di Strike Back vediamo infatti la squadra della Sezione 20 combattere contro governi corrotti e prendere forma una vendetta di una famiglia criminale. Al centro della storia di Strike Back 8 c'è anche una coppia di fratelli jihadisti che si interessano ad armi di distruzione di massa. Il risultato? Decente e godibile il minimo. Voto: 5,5

The Mandalorian (2a stagione) - Neanche il tempo di iniziarla che subito finisce, è questo l'unico (sostanziale) difetto della serie ideata da Jon Favreau e prodotta da Lucasfilm che dopo altre 8 puntate di livello eccelso raggiunge il traguardo finale. Le avventure del tanto amato duo Mando (Pedro Pascal) e "Baby Yoda" terminano sì (per adesso), ma nel migliore dei modi, regalando, nel complesso, una seconda stagione (dopo l'ottima prima, qui) davvero degna di nota. Se infatti la seconda stagione inizi nel migliore dei modi, la restante parte delle puntate ne costruiscono un ulteriore upgrade. The Mandalorian 2 è stata in grado difatti di dosare con il giusto equilibrio nuove ambientazioni e avventure, un ottimo fan service mediante i vecchi personaggi (anche quelli presenti nell'universo Star Wars) e, soprattutto, speculazioni del tutto nuove. Inoltre, la stagione è riuscita a colmare quella delusione causata dalla nuova trilogia cinematografica che ancora divide i cultori della celebre saga (nel frattempo ho visto il nono capitolo e purtroppo non è andata benissimo, qui). Insomma, il bilancio è più che positivo. Le puntate di The Mandalorian 2 seguono un unico ritmo: Mando arriva su un pianeta per un'informazione, il contatto gli chiede un aiuto, comincia la missione che termina nel migliore dei modi, il protagonista parte per un nuovo pianeta. Ma per quanto possa sembrare stucchevole, in realtà è il punto attraverso cui, gioco-forza, la serie riesce a dare il meglio di sé. La seconda stagione di The Mandalorian, infatti, tende a rinnovarsi, non offrendo più quel calco western-fantascientifico a cui aveva abituati nella prima stagione. Solo la prima puntata tende a riprendere quella struttura primordiale, per poi notare come le restanti puntate tendono a rinnovare il tutto. Le avventure che portano Din Djarin a trovare lo/la Jedi che potrà prendersi cura del piccolo Yoda sono inserite in un piano narrativo semplice, ma ricco di contenuti. È grazie ai suoi viaggi, al suo vagabondare per i pianeti, che Mando conosce i Mandaloriani superstiti della Grande Purga, che ritroviamo un Mandaloriano per eccellenza: Boba Fett (di cui sarà prodotto uno spin-off). Se la serie perde da un lato, ne guadagna da un altro. Le parti action sono più presenti e alcune di loro tengono lo spettatore ancorato alla sedia (o al divano). Gli scontri via terra e via spazio sono una pietra miliare della stagione, e questi aggiunti a tanto altro di spettacolare ed intenso, riescono a donare una forte carica emotiva, in grado di coinvolgere lo spettatore per i quaranta minuti di durata degli episodi. Non mancano, ovviamente, i vari colpi di scena (che non svelo minimamente), ma, soprattutto, veniamo a conoscenza del vero nome di Baby Yoda: Grogu (quest'ultimo dotato di una immensa forza e di una potente volontà). Ma è con l'ultimo episodio che The Mandalorian 2 raggiunge davvero vette molto alte, giacché lo showrunner decide qui di inserire tutto il corollario descrittivo della serie. Azioni, incursioni, suspense sono i punti di forza di buona parte della puntata, che poi, sul finale, lasciano il posto alla zona più emotiva e sensibile. A conclusione si può dire che la qualità in The Mandalorian è davvero (e nuovamente) ottima. I legami con la trilogia storica funzionano del tutto. La serie poggia tutta se stessa nella narrazione, la quale cerca di ricamare spazi anche mediante i collegamenti con le altre pellicole, senza l'utilizzo (quasi eccessivo) del fan service. Il risultato è senza alcun dubbio trionfale. Voto: 8
I delitti del BarLume (8a stagione) - Un'altro gennaio è passato, un'altra stagione de I delitti del BarLume (uno dei migliori prodotti di stampo giallo-comico italiani), composta da due film, anche. L'appuntamento anche questa volta, c'è infatti stato, ed io ancora una volta ho apprezzato. La settima stagione, quando ancora la pandemia non c'era, aveva posto buone basi sul proseguo della serie, e così è stato, nonostante tutto. Nel primo episodio "Mare forza quattro" i protagonisti si trovano ad affrontare i primi problemi dati dalla pandemia di Covid, se gli anziani hanno quasi tutti paura, qualcuno è ancora scettico, ma a Pineta la calma verrà sconvolta da una mareggiata che porterà di fronte al BarLume un cadavere. Il commissario Fusco con Cioni e Govoni dovrà risolvere il mistero non senza l'aiuto di Massimo, Beppe e Tiziana. Nel secondo episodio "Tana libera tutti" si assiste invece alla risoluzione di un delitto in piena emergenza e lockdown. Pasquali "denuncia" una misteriosa scomparsa e fa scattare ricerche e dubbi su cosa può essere successo realmente alla donna scomparsa. Viene però ritrovato il cadavere di un uomo vestito da samurai con tanto di katana. I quattro vecchini nonostante la quarantena e con uno sgangherato utilizzo di internet saranno come sempre fondamentali per la risoluzione del caso. Chi segue fin dalla prima stagione I delitti del Barlume non può non essersi appassionato ed affezionato ai personaggi che popolano Pineta (il cast è sempre quello ed è fantastico). La regia (di Roan Johnson) è sempre ottima, con un taglio molto più cinematografico che televisivo (cosa sempre gradita). Come è normale che avvenga la sceneggiatura negli anni ha un po' perso lo smalto, quell'ironia fresca e nuova delle prime stagioni è andata scemando creando come degli "archetipi" attorno ai personaggi. Senza dubbio è da apprezzare che si parli di attualità, la prima produzione italiana a parlare del lockdown e farlo con intelligenza sottolineando come ognuno l'abbia presa e vissuta in modo diverso a seconda della propria situazione. Quello che però viene a galla dopo molti anni di messa in onda è che la scintilla del Barlume si è un po' persa, i personaggi non stanno evolvendo più, se prima anche le dinamiche fra Massimo e Tiziana appassionavano ora è come se una coltre di frustrazione avesse inglobato tutti i personaggi della serie e non li lasciasse andare. La seconda puntata in qualche modo riesce a recuperare un po' di quello smalto che sembrava perso, forse per il cambio nelle dinamiche d'azione, essendo prevalentemente girato da remoto si ha una sorta di miglior capacità di far alternare i personaggi nella storia, ma la situazione risulta ugualmente evidente. Nonostante ciò, riuscita è questa "innovativa" stagione, una stagione divertente e spensierata, che con leggerezza riesce nell'intento di rallegrare la giornata. Voto: 6,5

Il complotto contro l'America (Miniserie) - Cosa sarebbe successo se le elezioni presidenziali americane del 1940 fossero state vinte da Charles Lindbergh? È la domanda a cui cerca di rispondere questa serie tv. Tratta dall'omonimo libro di Philip Roth, la miniserie riporta David Simon su HBO dopo la serie di culto The Wire e le più recenti The Deuce (che ha chiuso i battenti degnamente l'anno scorso) e Show Me a Hero. Il complotto contro l'America mette così in scena una ucronia (genere di narrativa fantastica basato sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale), che comincia con la vittoria (con l'appoggio dei Repubblicani) di Lindbergh (il famoso aviatore ed eroe nazionale, ma anche noto antisemita) alle elezioni presidenziali del 1940, evento che porta gli Stati Uniti d'America a scegliere di rimanere neutrali rispetto alla Seconda Guerra Mondiale, arrivando a stringere persino inquietanti relazioni con la Germania nazista. Nelle mani dello sceneggiatore la storia ideata da Roth si carica di inquietanti e pressanti riferimenti all'attualità. Tutto viene visto dall'ottica dei Levin, una famiglia ebrea di Newark, New Jersey. Con la vittoria di Lindbergh delle elezioni presidenziali, i Levin si troveranno ad affrontare le conseguenze dei violenti e sconvolgenti cambiamenti politici che ne deriveranno. Il risultato? Discreto, ma personalmente non del tutto soddisfacente. La serie infatti parte lenta, decolla a metà e barcollante va fino alla fine. Sul piano tecnico niente da dire, la scelta orgogliosamente vintage funziona, la fotografia calzante unita a scenografie e costumi, rende il salto indietro nel tempo perfetto, la serie è anche un film di attori, Winona Ryder (che, dopo Stranger Things, sta vivendo grazie alle serie tv una nuova fase della sua carriera) è perfetta nel ruolo di una donna insicura e propensa agli innamoramenti, Zoe Kazan (già in The Deuce) riesce ad essere una donna fragile e forte allo stesso tempo, John Turturro, che interpreta il rabbino Bengelsdorf, è come sempre intenso, il problema sta (colpa del romanzo o meno) nell'impianto narrativo. Tutto è spaventosamente attuale (facile capire il riferimento, e non è solo uno), ma non può e non deve bastare esserlo, furbo e giusto proporre adesso, però non può solo questo elemento (o la qualità tecnica) sopperire alle mancanze. A parte i caratteri troppo sfaccettati della famiglia sotto scacco (odio i bambini "capricciosi"), la storia non spinge (e poteva farlo) sull'acceleratore (credibile sì ma fredda), si aspetta qualcosa (di brutto) che non avviene mai, anche perché basta poco tempo che il "vero" vincitore (Roosevelt) prendi (seppur in modo fraudolento, paradossalmente) il potere (ma quando ormai, forse, è troppo tardi), infine, solo 6 episodi ma ci sono ugualmente alcune storie di contorno inutili. Eppure qualche scena rilevante c'è, qualche pugno lo da, ma è bastato un giorno e tutto è poi passato. Nonostante ciò la serie è da vedere, però non è quella serie che la critica spaccia come ottima, e solo perché attuale. Voto: 6

Dark (3a stagione) - Il cervello non mi è esploso (fortunatamente) ma un gran mal di testa mi è venuto sì, giacché Dark 3 espandendo ancora di più (forse eccessivamente) la mitologia creata nelle prime due stagioni, ha messo in crisi i miei neuroni, perché si sa che le storie sui viaggi nel tempo non sono sempre le più facili da gestire, e se si aggiungono al mix pure mondi paralleli e altre dimensioni allora il rischio di sbagliare si fa ancora più forte. Dark, però, riesce a soddisfare le aspettative con una terza e ultima stagione di buonissimo livello, che conclude con efficacia le varie storyline senza lasciare niente in sospeso e si congeda dai suoi fan con una conclusione decisamente azzeccata. Ma sì, che poi Dark 3 è un po' la summa cum laude di quanto visto nelle precedenti stagioni, e non poteva essere altrimenti. Gli sceneggiatori imbastiscono un'ultima tornata di episodi che centrano un delicato obiettivo: dare risposte e soprattutto un senso a quanto visto, tutto questo con un ritmo ancor più frenetico, una direzione sempre impeccabile (al netto di alcuni svarioni) e una resa del cast (un cast impressionante di nomi e volti) ancora una volta eccellente. Tutti questi fattori, messi insieme, contribuiscono a rendere più che soddisfacente il lungo addio allo show, e non importa se il finale è tutto sommato telefonato e se si vuole poco ispirato (semplicemente inevitabile). Ho amato le precedenti stagioni di Dark, e ho amato questa forse più delle altre (anche se in verità il voto è quello identico datogli alla seconda stagione, che non raggiungeva quello dato alla prima ottima stagione), e poco importa se mi ha fatto venire un mal di testa più alto di me, considerata appunto la natura dello show, questo è il finale che volevamo e meritavamo. Un epilogo che chiudesse degnamente gli eventi iniziati nel 2017 (personalmente l'anno dopo), e lo fa appunto con una terza stagione di qualità. Voto: 7,5

12 commenti:

  1. Ciao! Ho visto solo I delitti del BarLume. Il tuo discorso sulla "stanchezza" dei personaggi e degli archetipi è più che giusto; io però ho riso tantissimo!

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  2. Dark!!! meglio tardi che mai.. direbbero (quasi) tutti!! .. Il Barlume invece sta divenendo una poverissima parodia di se stesso.. al posto di Malvaldi mi vergognerei.. e mi dispiace che siano coinvolti attori che stimo tantissimo..

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    1. Era solo questione di tempo, non potevo non finire una serie fantastica come Dark ;)
      Il BarLume diverte, intrattiene, a me basta :)

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    2. Come sottolinei giustamente anche tu.. le prime stagioni erano di un altro pianeta..si è calcato sempre più sulle caratterizzazioni esasperate.. vabbè.. p.s. su Dark non potevamo non combaciare.. credo serie davvero Top..

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    3. Era normale che dovesse succedere, ma ancora funziona.
      p.s. Sì, anche se non c'ho capito una mazza :D

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  3. Ho visto solo The Mandalorian, che mi è piaciuta molto come sai ..peccato che dobbiamo attendere un altro anno ora :D

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  4. Che delirio Dark... e che soddisfazione! Alla fine mi sono anche un po' commossa :)

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    1. Un caos pazzesco risolto efficacemente, non ho capito l'ultimissima parte ma il finale ha emozionato anche me ;)

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  5. E' vero "I Delitti del Bar Lume2 hanno un poco perso di smalto però rimane una serie divertente, in una recente intervista lo stesso Corrado Guzzanti ha detto di augurarsi che la serie non finisca mai tanto gli attori si divertono a parteciparvi. Confermo anche il giudizio su "The Mandalorian", una seconda stagione che non ha fatto rimpiangere la prima.

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    1. Si vedeva infatti che si divertivano, anche in quest'ultima stagione, e se riesce a divertire ancora bene, altrimenti è giusto che finisca ;)
      Due stagioni che sono una, davvero fantastico :)

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