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venerdì 17 luglio 2020

I film del periodo (1-15 Luglio 2020)

Generalmente sfrutto questo piccolo spazio di introduzione per spiegare le mie visioni (presenti e futuri) e informarvi di alcune cose, ma in quest'occasione niente ho da dire o spiegare, al massimo potrei aggiornarvi (prima di lasciarvi alla consueta e periodica lista dei film visti) sulla mia attuale condizione fisica e psicologica, è così farò (anche per tranquillizzare molti di voi). Ebbene, lo stress è diminuito grazie al cambiamento attuale ed allentamento della morsa del virus (che fa comunque ancora paura), mentre gli acciacchi fisici continuano. In tal senso, finalmente la questione ustione di secondo grado al braccio è chiusa, così come la conseguente reazione allergica (non si è capito a cosa), il braccio è infatti ok. La questione nuova sedia a rotelle deve invece essere ancora sistemata (e si sta rivelando complicata), mentre il perenne guaio fisico c'è ancora, il caldo ha poi accentuato questo problema, però niente che non riesca a sopportare. Difatti, come sempre, stringo i denti e vado avanti. Detto ciò, bollettino concluso, buona lettura.

SEMAFORO VERDE PER...
Un affare di famiglia (Dramma 2018) - Hirokazu Kore'eda, regista giapponese che con questo film ha vinto la Palma d'Oro al Festival di Cannes 2018, prosegue (nuovamente e dopo Ritratto di famiglia con tempesta) la sua analisi della famiglia giapponese e delle sue contraddizioni. Qui lo fa portando sullo schermo una famiglia disfunzionale che vive di espedienti e cerca ogni volta che può il sussidio statale (e fa capolino un certo sostrato politico che sottolinea le difficoltà economiche giapponesi). La tranquillità di questo nucleo famigliare sembra venir scossa dall'arrivo di una piccola bambina, accolta dalla famiglia prima con contrasti (soprattutto dal più piccolo) e poi via via accettata come parte della stessa. Ma qua e là vengono lasciati dei segnali su di una realtà diversa che poi viene esplicata nella seconda parte del film, dove si ribalta gran parte della costruzione precedente e dove il regista sembra volerci far rompere l'empatia che aveva costruito fino a quel momento. Perché l'assunto fondamentale che sta alla base della pellicola è che se è vero che non possiamo sceglierci i genitori, è altrettanto vero che "non si è madre perché si partorisce", ma è nell'amore e nella comprensione quotidiani che si costruisce la famiglia. E cinicamente Kore'eda ricorda che il denaro, e quindi le condizioni materiali di vita, è elemento altrettanto fondamentale della stabilità famigliare. Per tutto questo, per una regia posata, per la solita grande capacità del cinema orientale di rendere un'emotività sentita e mai mielosa e fine a se stessa (anche grazie ad attori di talento e di grande espressività, di grandi interpreti quali Kirin Kiki e Lily Franky), Un affare di famiglia è un film estremamente riuscito, toccante, semplice e tremendamente attuale, perché racconta una realtà che accomuna il cosiddetto "occidente" e l'estremo oriente (in questo caso giapponese). E dove i figli subiscono sempre le decisioni dei genitori che non hanno scelto. Meno coinvolgente di Father and Son, ma nel complesso leggermente migliore. Voto: 7+

lunedì 25 giugno 2018

Recuperi Sky on demand (Maggio/Giugno 2018)

Sembra strano a dirsi, ma per la prima volta ho davvero concluso una lista di film da vedere, anche se in verità la suddetta, come accennato nella prima parte di quasi due mesi fa, a tal proposito qui potete trovare la prima tranche (con film quali: Il prezzo della gloria, Ma Ma: Tutto andrà bene, Fiore, Che Dio ci perdoni, Zeta e Noi siamo Francesco), essa conteneva solo 12 titoli. Quindi niente di così impegnativo, eppure questa lista di film, di film che non potendo o non riuscendo a registrare, ho dovuto scaricare e vedere tramite Sky Go, mi ha comunque impegnato parecchio. Ma soprattutto alcuni hanno reso meno delle mie aspettative, come in parte successe anche nella prima parte (e quindi alcune piccole delusioni avrei fatto meglio ad evitare, dopotutto a parte 3-4, tutti gli altri hanno risicato la sufficienza), tuttavia dopo aver concluso questo piccolo "progetto", sono comunque contento di averli visti tutti.

mercoledì 31 maggio 2017

I peggiori film del mese (Maggio 2017)

Come forse già sapete verso fine Aprile ho avuto problemi con il mio pc, ora ad un mese di distanza e dopo aver cambiato hard disk, monitor e scheda video (praticamente come aver comprato un computer nuovo), finalmente tutto è sistemato. In più, per non farmi mancare niente, ho messo Tim Fibra. C'è stato insomma un bel cambiamento, che comunque non ha frenato ma solo rallentato il blog che si appresta anch'essa ad un cambiamento radicale, ma per quello ci sarà tempo, per il momento ecco nuovamente la lista dei film peggiori visti, che per essere chiaro non contiene solamente film sconsigliati, poiché alcuni in certe circostanze potrebbero fare al caso vostro. Da evitare sono invece, sempre secondo il mio modesto parere, quelli della lista finale. Ma andiamo con ordine e vediamo le piccole delusioni che ho subito questo primaverile mese.

DOBBIAMO PARLARE (Commedia Italia 2015): Scialba e goffa imitazione di Carnage di Roman Polanski, questo film di Sergio Rubini, regista ed attore che in ogni caso mi piace tanto essendo mio conterraneo, proprio non funziona. La storia è semplice, due coppie che scoperti gli altarini di tutti ne diranno di cotte e di crude, ma il risultato è grottesco, non tanto nell'aver caricato eccessivamente in negativo i difetti di ambedue le coppie ed esagerato su alcune situazioni o alcuni comportamenti, quanto nel fatto che in una sola serata si finisce per rinfacciarsi l'impossibile ed il cinismo sembra avere il sopravvento su tutti gli altri sentimenti, anche quelli buoni. Certo, gli attori hanno indubbie capacità recitative, ma per colpa di troppe forzature, risulta mediocre la prova di Isabella Ragonese, non sufficientemente brillante quella di Fabrizio Bentivoglio e solo appena sufficiente quella di Maria Pia Calzone. E anche se i film basati principalmente sui dialoghi fa sempre piacere poterli gustare, questo si può tranquillamente non vedere. Poiché i contenuti sono scarni, triti e ritriti ma soprattutto, nonostante si lasci seguire fino alla fine perlomeno per vedere come andrà a finire, ha un finale poco comprensibile e la resa complessiva è davvero poca cosa. Si poteva fare di più. Voto: 5

venerdì 1 aprile 2016

Le leggi del desiderio (2015) & Fino a qui tutto bene (2014)

Le leggi del desiderio è un film del 2015 diretto da Silvio Muccino. I desideri dell'uomo muovono il mondo, e ogni giorno, per riuscire a ottenere l'oggetto del nostro desiderio, modifichiamo noi stessi e la nostra realtà, o perlomeno, cerchiamo di farlo, ma attenzione a quello che desiderate. Secondo Giovanni Canton, il carismatico e funambolico, popolare e di successo trainer motivazionale protagonista di questa storia, ci sono delle tecniche precise che possono aiutarci a raggiungere quello che desideriamo, sia esso il piacere, il lusso, il potere, il successo o l'amore. Ai suoi incontri, un misto tra spettacolo teatrale e one-man-show, partecipa un gran numero di persone insoddisfatte della propria vita. Considerato dai suoi tanti fan una sorta di profeta, e da molti altri un cialtrone che si approfitta delle debolezze altrui, Canton decide di dimostrare la veridicità delle sue teorie organizzando un concorso mediatico-televisivo per la selezione di tre fortunate persone che verranno da lui portate in sei mesi al raggiungimento dei loro più sfrenati desideri, affinché possano, con i giusti suggerimenti e trucchetti, realizzare qualsiasi loro aspirazione. I tre selezionati sono un sessantenne disoccupato in cerca di impiego, una cinquantenne segretaria in Vaticano con la passione per la scrittura di romanzi soft porn, e una trentenne editor e amante del suo capo, che guarda caso è anche lo sponsor del concorso. L'intenso rapporto che si stabilirà fra il life coach e il terzetto prescelto produrrà però effetti inaspettati nella vita di tutti loro, soprattutto in quella di Canton, poiché con Matilde, una dei suoi tre allievi, l'incontro prenderà una via inaspettata che cambierà la vita di entrambi. Il tema del film è molto interessante ed attuale e si presta a sviluppi ben più ampi. Ma, purtroppo, diversamente da certi buoni film americani, (che porta avanti un certo messaggio dall'inizio alla fine, senza cadere in facili compiacimenti del pubblico), Le leggi del Desiderio da metà film in poi (ad essere generosi) decade verso un finale a tarallucci e vino. Un film dai due volti, un primo tempo in versione commedia, divertente e spensierata, ed una secondo parte più drammatica ed introspettiva. Non avendo una trama eccelsa o particolarmente originale, tutto si basa sulla bravura degli attori e questi non falliscono, ne i protagonisti ne i caratteristi, ma il film manca di quel sottotesto e quel non detto che sono la forza del cinema europeo. Anche i dialoghi, spesso accattivanti, si concludono troppo spesso con una frase fatta o una chiosa edificante. L'anello debole della catena resta la sceneggiatura, che scivola nella mediocrità proprio nei momenti in cui dovrebbe spiccare il volo e che presenta svariate incoerenze narrative e che cerca di "chiudere" ogni arco narrativo in modo retorico e sdolcinato. Così la caratterizzazione dei tre concorrenti, il cui identikit è di per se interessante e consente riflessioni sulle maschere della contemporaneità, sconfina nella prevedibilità e nello stereotipo, nonostante l'abilità recitativa di Maurizio Mattioli, Carla Signoris e della deliziosa Nicole Grimaudo.