mercoledì 18 luglio 2018

Il Miracolo (1a stagione)

In una società in cui siamo biologicamente spinti a dare una spiegazione a qualsiasi cosa, come potremmo reagire al cospetto di un miracolo? Un evento così leggendario, che solo chi ha una fede ferrea è disposto ad accettare, travolge e innesca una serie di eventi destinati a cambiare la vita di tutti. E Niccolò Ammaniti, esordiente regista nel film "Io non ho paura", torna sullo schermo con una serie televisiva in cui analizza proprio le varie reazioni che alcune persone, differenti per ceto sociale, religione e professione, innescano nel momento in cui entrano in contatto con qualcosa che non possono comprendere. Toccherà a loro decidere in quale modo affrontare un evento simile. Il Miracolo infatti, serie televisiva italiana di genere drammatico trasmessa dall'8 maggio 2018 su Sky Atlantic, co-prodotta dalla stessa Sky, che si struttura su due narrazioni apparentemente disgiunte, ma che saranno poi destinare ad incontrarsi: il prima e il dopo del miracolo, e in dove i paesaggi romani, i luoghi selvaggi e aridi della Calabria e le distese pianeggianti dell'Emilia Romagna fanno da sfondo alle vicende dei protagonisti, ma soprattutto fortemente aderente alla realtà politica e sociale presente (basti pensare alla questione dell'uscita dall'euro) che parte appunto da una domanda semplice eppure profonda "come cambierebbero le vite di chi entra a contatto con un vero e proprio miracolo?", che parte proprio con l'incipit del ritrovamento di una statuetta della Madonna che piange sangue, ci racconta di come questo evento inspiegabile può sconvolgere l'esistenza, di quali ripercussioni avrà sulle vite di tutte le persone che ci entreranno in contatto, di una serie di personaggi interessanti, atipici (e non del mondo intero, non di un evento ultraterreno). La serie difatti, come si intravede fin da subito, non vuole e non è la storia di un evento soprannaturale che travalica l'umana comprensione violando le leggi della natura per obbedire solo a quelle dell'onnipotenza divina, non a caso la statua della vergine che piange compare non spesso e lo stratagemma del congelarla è solo un intelligente escamotage per suggerire allo spettatore che quel sangue che si accumula in maniera sovrabbondante è solo la scintilla che doveva accendere la fiamma di una serie il cui fuoco si sarebbe alimentato di ben altro. Giacché tenere nascosto il miracolo in nome di una discutibile ragion di stato ha permesso alla serie di concentrarsi non sull'isteria collettiva che avrebbe colto il mondo di fronte ad una tale rivelazione, ma piuttosto sui pochi personaggi che ne sono venuti a conoscenza. Ed Il Miracolo è appunto la loro storia.
La storia privata di chi non sa cosa fare della statua ed ha problemi ben più urgenti. Ovvero il premier italiano Fabrizio Pietromarchi (Guido Caprino, direttamente da 1992 e 1993, e forse 1994..) con la sua famiglia. È lui infatti a dover gestire la delicata questione che viene in realtà messa da parte a causa delle difficoltà che è costretto ad affrontare nella vita pubblica e privata. Una moglie infelice ed infedele (Elena Lietti), due figli (bravissima, intensa e di gran talento è la piccola Sara Ciocca) che si allontanano sempre di più dai genitori (colpa di una tata abbastanza ambigua interpretata da Irena Goloubeva) e un referendum che minaccia di fargli perdere l'incarico. Il miracolo è difatti solo uno dei numerosi problemi nella vita di quello che, prima di essere premier, ci viene presentato in quanto uomo. Il Miracolo è anche la storia di Sandra (Alba Rohrwacher) che si è dedicata anima e corpo alla madre in stato vegetativo sacrificando la sua vita nell'attesa di una guarigione impossibile. E, invece, il sangue in cui credeva di trovare la medicina miracolosa di una malattia incurabile arriva a guarire non la madre che invece muore, ma la stessa Sandra. Curando la sua infondata convinzione che assistere la madre fosse un modo di espiare una colpa inesistente. Portandola a sfidare ogni logica pur di dare un volto al miracolo come se dietro di esso potesse celarsi un senso che le sfuggiva. Capendo, infine, che il miracolo era per lei e lei sola che doveva lasciarsi andare ad un nuovo domani che cancellasse i ruderi di un passato da lungo tramontato. Situazione in fondo analoga a quella di Clelia (Lorenza Indovina) ancorata a ciò che poteva essere e non è stato, al ricordo di un amore tranciato come un fiore prima che sbocciasse e alla colpa di un figlio abbandonato per paura e rimorso. Anche se della statua piangente ha solo sentito parlare senza mai crederci, è anche per lei che il miracolo è avvenuto. E non è quello del sangue, ma del cambiamento di cui aveva bisogno per poter finalmente pensare a costruire un domani invece di vivere sempre e solo nel ricordo di un ieri che non è mai davvero esistito. Il Miracolo è anche la storia di innocenti che si sono persi o che stavano per perdersi o che ingiustamente erano stati scambiati per colpevoli. Personaggi che attraversano percorsi differenti accomunati dallo stesso minimo comune denominatore: l'aver visto piangere una altrimenti anonima statua di una delle tante Madonne che popolano l'Italia rurale. Virtuosi che avevano smarrito la via della fede come padre Marcello e che si sono perciò persi negli inferi del sesso malato e della ludopatia.
La serie di Niccolò Ammaniti infatti, oltre alla politica, di cui mette in scena alcuni aspetti fondamentali senza tuttavia analizzarli completamente, è interessata anche alla religione. Essa è sottoposta ad una disamina diversa, più profonda e soprattutto moderna. Lontana dalla classica concezione della religione come verità assoluta ed inequivocabile, Il Miracolo si interroga sul senso di una fede cieca di fronte ad un presente che ci mette sempre più in difficoltà. La figura che incarna questi dubbi è padre Marcello, interpretato da Tommaso Ragno. Giocatore d'azzardo, lascivo, ubriacone. Si tratta di un personaggio camaleontico, estremamente fedele eppure lontanissimo dalla figura ideale di un prete. Tuttavia, proprio costui, il personaggio inizialmente più forte, è però alla lunga anche il meno riuscito della serie: per lunghi tratti è quasi un corpo estraneo al resto della narrazione. Una narrazione che per questo soffre, giacché l'idea di partenza di grande forza, che apriva a una moltitudine di possibilità narrative, non viene del tutto, e non eccellentemente esposta, di qualche lacuna. Infatti, nonostante le infinite potenzialità del soggetto (che non manca comunque di offrire numerosi spunti di riflessione), col progredire della storia è evidente una crescente difficoltà ad armonizzare la dimensione corale dello script, il cui andamento a tratti caotico sacrifica la definizione della resa dei protagonisti. Mettere lo spettatore davanti a delle grandi idee significa anche creare grandi aspettative, che però nel corso degli 8 episodi non sempre vengono soddisfatte. Tra gli aspetti meno riusciti nella realizzazione de Il Miracolo vi sono sicuramente le linee narrative secondarie, a partire da quella del personaggio di Sole, la moglie del premier. Elena Lietti (La Pazza Gioia) mostra un grande talento nel ritrarre una parte tanto irritante da risultare quasi irrealistica, ma il problema risiede proprio nella scelta di portare sullo schermo lo stereotipo di una donna professionalmente e sessualmente frustrata, che non si cura dei figli e si annoia di esser reclusa in casa, e di contrapporla a una "nemesi" altrettanto esasperante: Olga, "nutrice" dei figli che si spende per convertirli alla religione e alla preghiera. Questa ampia parentesi, tutt'altro che appassionante, vuole introdurre la questione della fede senza associarla all'idea del miracolo, ma risente per l'appunto dell'essere del tutto slegata dal tema principale senza per questo arricchirlo: un riempitivo di cui non vi era alcun bisogno. È su questi elementi che lentamente Il Miracolo si arena, dilungandosi in vicende familiari, improbabili sette e continui tradimenti che finiscono per raffreddare nello spettatore l'entusiasmo iniziale. Al pari di questa linea narrativa, gli struggimenti sentimentali della biologa interpretata dalla Rohrwacher o le conseguenze della ludopatia di Marcello finiscono per contribuire a creare un grande affresco che risulta però confuso, mentre la serie perde spesso la direzione e il senso finale.
Un finale che arriva comunque dopo otto puntate di altissimo livello, che potrebbe reggere anche come definitivo, in cui finalmente, dopo che fino all'ultimo episodio l'origine del miracolo era misteriosa, appare evidente che si tratti di un intervento divino fatto per rimettere le cose al loro posto, concedendo giusto un pizzico di misericordia. Da questo punto di vista, quindi, la serie finisce riconoscendo non solo l'esistenza di un Dio, ma anche la sua capacità di intervento nelle faccende umane. Inoltre per quanto sia forzato trovare dei nessi causa-effetto tutto appare in qualche modo legato e in grado di legare quelli che sono i tre elementi intorno a cui ruota la storia degli italiani, ovvero lo Stato, la Chiesa e la Mafia. Non a caso il "vero" finale di stagione è affidato al personaggio (personalmente il migliore) del generale Giacomo Votta (Sergio Albelli), quello che ha attraversato tutte le puntate guidato sempre da razionalità e buon senso. Due fattori che gli hanno fatto capire che il proprio ruolo di difesa delle istituzioni doveva imporgli di agire per togliere troppo potere da mani evidentemente non in grado di amministrarlo. A livello macro, è lo Stato che si prende cura della Chiesa e insabbia tutto, a livello micro è solo un'altra forma di devozione, quella nei confronti dei cittadini e delle istituzioni. In tal senso è doveroso sottolineare la qualità della sceneggiatura che al di là degli incastri perfetti, va elogiata per come sia riuscita a trascinare lo spettatore dentro una storia laterale come quella di Salvo e di suo figlio Nicolino. Non era facile catturare da subito con una vicenda che sembrava una semplice digressione (che poi in verità è, poiché più che nelle altre trame la suddetta storia ci lascia con molte domande e tante ipotesi che forse vedranno la luce nella seconda stagione se mai ci sarà), ma qui scrittura e interpretazioni (soprattutto in questo caso) hanno lavorato al meglio. Come lavora al meglio la regia. Niccolò Ammaniti, alla sua prima esperienza, seppur aiutato da due registi esperti come Francesco Munzi (Anime Nere) e Lucio Pellegrini (Romanzo Siciliano), dimostra comunque di avere buone idee e di aver imparato dai più grandi. Non è difficile infatti riconoscere echi lontani del Lynch di Twin Peaks, ispirazioni di House of Cards o elementi della vita politica e criminale di Suburra. Anche se, in tutta sincerità, abbastanza ridicole sono le visioni oniriche, gli intrighi politici e gli aspetti criminali (mafiosi) della vicenda. Al contrario la macchina da presa si muove comunque in maniera elegante, leggera, dimostrando una certa personalità da parte dello scrittore, non solo per il suo gusto musicale, che ben si amalgama alla narrazione, ma soprattutto per la straordinaria sigla, accattivante, ambigua, sorprendente e incredibile, praticamente indimenticabile.
Il Miracolo è quindi inevitabilmente debitore per i suoi numerosissimi meriti alla grande visione artistica del suo creatore e showrunner del progetto, eppure (come detto) ha proprio in una supervisione un po' distratta e in una guida forse poco decisa i propri problemi principali. Giunti all'ultimo episodio, quel che resta è difatti un concept geniale, un grande inizio e un finale memorabile. Un finale che ha tutti gli elementi per una seconda stagione, ma che potrebbe senza problemi anche essere un finale di serie soddisfacente, non didascalico, non definitivo, ma del tutto in linea con lo stile de Il Miracolo (perché la soluzione dei misteri che restano aperti può anche essere irrilevante ai fini della storia che si è voluta raccontare, una storia di uomini che sanno cambiare e imparare, cadere e rialzarsi, ed è questo il vero e più spettacolare miracolo). La maggior parte di quel che sta nel mezzo si perde invece tra idee mal gestite o addirittura sprecate. Il Miracolo dimostra comunque che anche la serialità italiana può avvicinarsi ai livelli di quella statunitense, pur senza ricorrere all'inflazionato settore del crime ed esplorando invece la strada decisamente meno battuta del dramma soprannaturale. Ancora una volta (ma solo dopo Gomorra, perché Riviera, Tin Star e Britannia hanno leggermente deluso) Sky Italia (e Sky in generale) riesce a coniugare grande qualità e capacità di intercettare i gusti del pubblico internazionale, e dobbiamo riconoscergliene il merito. Perché anche se alcune risposte non sono soddisfacenti, esse vengono bilanciate da alcune trovate intelligenti. Perché anche se non esente da difetti, Il Miracolo (in cui da segnalare anche la presenza, seppur superflua di Daphne Scoccia, Monica Bellucci e Javier Cámara, già visto in Italia in The Young Pope, la migliore produzione italiana del 2016) è un esperimento coraggioso e tutto sommato ben riuscito. Un prodotto di eccellenza nel panorama italiano, e di un punto da cui partire per il futuro. Eppure su di lei c'erano parecchi dubbi (soprattutto miei), perché le aspettative erano alte, l'aura di mistero fittissima (della serie si sapeva davvero poco), ma dopo la prima stagione (quasi perfetta, anzi, in verità anche meno) i dubbi sono stati (moderatamente) spazzati via. Perché certo, qua e là qualche sbavatura c'è stata: qualche scena tirata via in malo modo, la sensazione di poter comprimere tutto ancora di più, eliminando un paio di puntate, ma niente che faccia però cambiare idea sul giudizio (comunque positivo) complessivo. Perché Il Miracolo (una serie che riesce a reggere una storia tutt'altro che facile da codificare) è riuscito a parlare di Dio, un personaggio scomodo e complesso, in modo davvero innovativo e speciale, insomma alquanto sorprendentemente (non perfettamente) ma convincentemente. Voto: 7 [Qui Trailer e più dettagli]

30 commenti:

  1. Ciao Pietro!👋 Non conoscevo assolutamente questa serie Tv italiana diretta da Niccolò Ammaniti, non mi ispira molto ma grazie per la recensione!😊

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    1. Ciao! E' recentissima effettivamente, ed è solo su Sky, quindi non tutti conoscono, ma potrebbe arrivare presto in tv ;)

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  2. Sai chi ha parlato di questa serie perché la segue assiduamente? Zerocalcare quando lo intervistai :D A me non attira particolarmente

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    1. L'avrò letta l'intervista ma questo particolare non lo ricordavo, tuttavia fece bene, perché è una serie che merita, se non una tua visione, minimo tanti applausi ;)

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  3. Amando Ammaniti devo recuperarla, il problema è che ce ne sono ancora molte altre che devo recuperare.

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    1. Non dirlo a me, ne ho tantissime da recuperare, però non fartela sfuggire nel caso ;)

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  4. Confuso, frustrante, ma mi ha affascinato ed emozionato. Ad avercene. Concordo anche sul voto!

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    1. E' più o meno quello che è accaduto anche a me, per cui bene così ;)

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  5. Eccomi qui. Mi sa che non hai fatto un grosso acquisto.
    Io non guardo serie, poiché ho la memoria labile e nel tempo che intercorre tra una puntata e l'altra dimentico tutto.
    Quindi, posso guardare solo quelle quotidiane, tipo How I met your mother, The Big Beng Theory, ecc.
    Non son degna di restare? 😜

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    1. Te l'ho portata io :D (leggilo con il tono alla Pippo Baudo).

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    2. L'ho letta proprio così, giuro.
      Comunque, gliel'hai spiegato che sono una blogger particolare?
      Ahhaah
      Chissà se ti bestemmierà.. 😜

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    3. Di certo è innegabile notare che sei quasi un uragano, ma non ci sono particolari problemi anche se non commenterai in futuro, fa sempre piacere scoprire nuovi blog ed avere nuove interazioni ;)

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    4. E no. Il problema è che commento molto volentieri, ma a mio modo.
      Se non conosco l'argomento, improvviso.
      Facevo la giornalista, una volta.. 😜

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    5. Puoi commentare in qualsiasi modo, l'importante è che non sia del tutto indecifrabile :D
      Che facevi la giornalista credo di aver già letto da Riky, solo che poi non ho approfondito, lo farò in questi giorni per conoscerti un po' di più ;)

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  6. Ecco Pietro, dici giustamente che alcuni piani narrativi secondari sono deludenti. Perché allora allungare il brodo? Peccato per la figura del prete, mi sembrava veramente un personaggio interessantissimo! Tommaso Ragno, grandissimo Mannerini nel film di De Andrè.

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    1. Perché allungare? perché avevano già l'idea di una seconda, oppure se le avessero tolte la serie sarebbe durata ancor meno, e non sarebbe stato proprio meglio...l'ho detto infatti che se all'inizio la sua ambiguità è stata interessante, nel proseguo s'è perso..

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  7. A me è piaciuta molto, di solito non do voti ma qui salirei anche di un mezzo punto se non qualcosina ancor di più :)

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    1. Purtroppo alcuni difetti mi hanno fatto propendere in quel modo, ma ne hai tutto il diritto di pensarla così ;)

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  8. E' una serie dalla quale mi sono sentito profondamente preso per i fondelli. Credo che il seguito non mi avrà mai.

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    1. p.s. il Generale "animato da raziocinio e buon senso"? Ma ci sei arrivato all'ultima puntata?! ahah
      https://francobattaglia.blogspot.com/2018/06/il-miracolo-di-ammaniti.html

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    2. Una serie tipo Flashforward, con un inizio scoppiettante che causa tutta una serie di pappole tese a tirarla per le lunghe...finisci per odiarle ste cose... eddai!

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    3. Sbaglio o mi consigliasti proprio tu di vederla? :D
      Comunque nonostante tutto, nonostante i difetti e quant'altro, non mi pento...e in ogni caso non aspetto per niente con ansia di vedere il seguito..

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  9. Io direi che finalmente in Italia ci siamo svegliati su un genere che abbiamo battuto in passato, poco, e che manca da troppo tempo.
    Questa serie è un vero... miracolo. Il prete top, ma Ragno è un attore che amo da tempo.
    Interessanti le scene tra il grottesco e l'onirico, si vede che è una serie d'autore :)

    Moz-

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    1. In effetti ultimamente stiamo finalmente risorgendo anche in ambito televisivo, quindi speriamo continui così ;)
      In verità sulle scene oniriche ho forti perplessità, perché sono alquanto ridicole..

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    2. Doveva piacere a Miki.. una cosina stile Twin Peaks, con mille aspettative e un buco nel nulla finale...
      p.s. io sono rimasto appiccicato allo schermo fino alla fine infatti, e non vedevo l'ora di vedere gli sviluppi, ma se devi prendermi in giro, ci puoi riuscire una volta. ;)

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    3. Ma Twin Peaks è comunque tutt'altro, niente di paragonabile in tutti gli ambiti di questa serie, discreta ma non eccezionale che lascia effettivamente un po' perplessi ;)

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  10. Non condivido minimamente il giudizio di "allungamento di brodo" in merito alle sottotrame secondarie o alla costruzione dei personaggi, ogni dettaglio è evo somale all'economia narrativa e quando non è strettamente attinente al tema "miracolo", funziona nell'ottica del character study, non è che la frammentarietà e i barocchismi possano essere considerati "effetti", si tratta di una scelta nell'alveo della struttura di un mystery (fatto di indizi e depistaggi, nulla a che vedere con la definizione di "dramma soprannaturale"), e devo dire che l'esempio più vicino che si possa fare in questo senso è quel "Voci Notturne" di Pupi Avati & Fabrizio Laurenti, dove cinque fronti paralleli si intrecciavano in modo geniale e a mio parere non serve alcuna seconda stagione per capire che la vicenda di Salvo e Nicolino è l'antefatto e non necessita di spiegazione (ah, i fanatici degli "spiegoni"...!) neppure la morte di Beatrice Molocco, è un "trigger" narrativo così come è abbastanza chiaro che la visione della Madonna subacquea da parte di Marcello è frutto della sua malattia neurologica (analogamente al "Bellucci dream" di Twin Peaks 3), egli non è stato incaricato di alcuna missione e la beffa del generale Votta spiega bene come mai Carlo sia morto e la famiglia del capo del governo sia andata distrutta nonostante le preghiere, mentre poco importa di chi sia il sangue col quale Sandra tenta la fecondazione artificiale...basta la semplice conclusione che la sua ossessione l'ha spinta alla hybris, sarebbe stucchevole ricamarci sopra prosiegui alla Rosemary's Baby/Il Presagio, meglio lasciare tutto aperto che scadere nei clichè

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    1. Non sono un fanatico degli spiegoni, però ci deve sempre essere una certa linearità, perché non tutti capiscono al volo il significato, i simbolismi e quant'altro, e quindi la soggettività in questi casi è il principale punto di osservazione, che può portare appunto a questa differenza di opinione ;)

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  11. ("funzionale"*, non "evo somale", sorry per il T9 del cell)

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