venerdì 24 novembre 2017

Room (2015)

Ispirato ad uno e più fatti di cronaca nera purtroppo simili (incluso il "Caso Fritzl" in Austria), Room, film del 2015 diretto da Lenny Abrahamson, è un bellissimo film drammatico, toccante, dolce, non esageratamente commovente ma che colpisce forte, non tanto a livello visivo quanto nella costruzione della sofferenza che una prigionia simile può infliggere a due innocenti. Poiché discretamente dosato, il film riesce ad essere un dramma quasi perfettamente orchestrato, sincero e intenso, quasi mai retorico e buonista. Anche perché il film, che a volte lascia interdetti per la cattiveria di certi squallidi personaggi, fa sorgere in noi domande a cui non è facile dare una risposta, cosa vuol dire essere privati della propria libertà, del proprio futuro per sette anni? Cosa vuol dire nascere e crescere per cinque anni vivendo in un angusto spazio e non conoscendo niente del mondo? Può l'amore di una madre per il proprio figlio, e viceversa, salvarli entrambi? È possibile poi tornare alla vita reale? Room, infatti, ci fa conoscere la storia di Joy, inizialmente conosciuta solo come Ma, e di Jack, mamma e figlio, costretti a vivere (lei da sette anni, ossia dall'età di diciassette anni, lui da 5, ovvero dalla nascita) in una stanza di circa 10mq da cui non possono uscire e imprigionati da una porta con un codice che solo il "vecchio Nick" (il Sean Bridgers de I magnifici 7L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo e Dark Places: Nei luoghi oscuri) conosce. Lui è l'uomo che li ha rinchiusi lì e che la sera va a fare visita a Ma, costringendo il piccolo a nascondersi dentro l'armadio. La donna ha cercato in tutti i modi di proteggere Jack dalla verità, inventandosi un mondo fantastico e nascondendogli l'esistenza dell'universo al di fuori di quella stanza dove ci sono solamente poche cose (anche se in cuor suo la donna non ha abbandonato la speranza di riuscire un giorno a liberare se stessa e il suo piccolo). Lavandino, letto, armadio, sedie sono quindi gli amici di Jack, almeno finché uno stratagemma ben architettato equivale ad una seconda nascita. Ed è proprio la scena in cui Jack libera se stesso e la madre dalla prigionia (grazie anche all'aiuto di una diligente poliziotta interpretata dalla bella Amanda Brugel di The Calling e KAW), quella di maggiore impatto emotivo della pellicola che comunque tiene un buon ritmo per tutta la sua durata ed è splendidamente interpretata dai due protagonisti, come dimostra anche il Premio Oscar 2016 come migliore attrice protagonista alla bella e brava Brie Larson. Ma saranno davvero in grado di vivere anche fuori da quella maledetta stanza?

Room, diretto da Lenny Abrahamson (autore dell'inquietante e intrigante Frank, in cui Michael Fassbender era un cantante paranoico che viveva con una grossa maschera di cartapesta perennemente in testa, a nascondere il suo viso a tutti), è infatti un film diviso in due, con una prima parte cupa e angosciante da vero thriller, in cui si dipana un po' alla volta il terribile mistero che confina Jack e sua madre in un prefabbricato inaccessibile al mondo esterno. Tratto dal romanzo omonimo di Emma Donoghue (che firma il film come sceneggiatrice e produttrice), il film a un certo punto prende però una direzione diversa, e diventa per Jack l'avventura di un'esistenza che si apre alla scoperta delle cose e del mondo (a partire dall'incredibile, palpitante scena del furgone che toglie il respiro) in cui tutto è nuovo e da imparare. Ma il dolore non è detto che scompaia, anzi, per la madre, difatti, la sfida è invece accettare che, dopo tutto quel male, si possa ancora essere felici. Dopotutto (ri)adattarsi non è semplice, soprattutto se si è giudicati con il tarlo del senso di colpa a lavorare subdolo. Il film difatti porta a galla un sentimento di struggente potenza, una simbiosi totale sfociante in un rapporto di sostegno reciproco e di amore veemente come può essere solo quello tra genitore e figlio. Senza sfruttare appigli ricattatori il regista irlandese riesce così a toccare corde scomode ma con garbo, mentre narra della difficile ricerca del proprio posto nel mondo, che sia perduto o da trovare ex novo poco importa. Una ricerca ostica, a tratti estenuante, resa tuttavia possibile quando chi ti ama è al tuo fianco, pronto a tutto pur di proteggerti e sostenerti.
D'altronde il tema più importante di Room è il forte legame che unisce madre e figlio, un amore viscerale che salva entrambi, non solo dalla prigionia, ma anche dal difficile ritorno, o ingresso, alla vita reale. Se nella prima parte, infatti, questo amore era teso a proteggere il bambino dalla sconvolgente verità e a tenere in piedi la speranza della donna di uscire un giorno dall'incubo, nella seconda il loro legame aiuta entrambi a superare l'inevitabile disagio del ritorno al mondo reale e "allargato" rispetto a quello in cui hanno vissuto per molto tempo. Un mondo per Jack sconosciuto e, fino a poco tempo prima, considerato immaginario e irreale, pieno di microbi, di tante facce, dell'attenzione spasmodica (soffocante e infida) dei media alla loro storia, dalla difficoltà di rapportarsi ad altri essere umani che non fossero Ma. La paura di farsi tagliare i capelli lunghi per timore di perdere la sua forza, il non rivolgersi mai direttamente alle persone, ma sussurrare quello che vuole dire nelle orecchie della madre perché lei lo riporti poi agli altri, la difficoltà a fare cose semplici, come anche semplicemente salire le scale, sono tutte evidenti dimostrazioni di quanto il mondo di Jack sia cambiato e, almeno inizialmente, gli incuta timore. Ma se lentamente il bambino dimostra di riuscire a superare la situazione, ad avere un crollo è proprio la madre che, dopo aver lottato per sette anni, seguendo regole, violentata nel corpo e nello spirito, cede nel momento in cui torna alla vita reale, in un mondo protetto, nella sua vecchia casa insieme alla madre e al nuovo compagno di lei, circondata da affetto e comprensione. Ma anche in questo contesto è ancora una volta l'amore che unisce Jack e Joy a dimostrarsi l'argomento principale della pellicola.
Una pellicola, una storia straordinaria, intensissima, che entra nel cuore grazie anche ai due bravissimi protagonisti, il piccolo Jacob Trambley (già visto e parecchio apprezzato nel suggestivo fantasy horror Somnia), che interpreta Jack in modo sorprendente, e l'attrice rivelazione Brie Larson (perché dopo quella schifezza di Un disastro di ragazza e la sua solo "presenza" nell'adrenalinico e spettacolare Kong: Skull Island non credevo tanto nelle sue capacità attoriali), molto credibile nel suo doppio ruolo, una madre che fa di tutto per proteggere suo figlio dal male costruendogli un mondo minuscolo ma a sua misura (e, quando può, di escogitare una via di fuga dall'inferno) e che poi deve anche decidere di accettare l'aiuto altrui (quello di un medico, interpretato dal Cas Anvar di Argo e Source Code), per accettare se stessa. Entrambi infatti, anche grazie alla profondità dei personaggi e la complessità delle loro emozioni e dei loro caratteri che escono dalla sceneggiatura, convincono e dimostrano il loro gran talento. Come anche quello del regista, che dimostra ancora una volta di essere un bravo regista, dirigendo il tutto con rispetto (riuscendo a non cadere nel melodramma e nella lacrima facile, rischio sempre dietro l'angolo con tematiche di questo tipo), e in maniera allo stesso tempo forte e convincente, facendo capire anche attraverso le immagini e le scelte registiche le emozioni dei personaggi e il disorientamento che provano, in particolare durante la fuga del piccolo Jack, anche se, questo doppio film in uno, proprio perfetto non è, giacché il film, spaccato e diviso esattamente in due parti e di pari durata, ha una prima parte che funziona decisamente meglio che la seconda, in più le caratteristiche di due personaggi non mi hanno convinto, lasciandomi un po' d'amaro in bocca.
Due personaggi come il padre di lei (William H. Macy) e l'intervistatrice (Wendy Crewson), assolutamente secondari seppur decisivi nel riflettersi negativamente sulla psiche della protagonista, risultando però poco credibili nel racconto di una storia devastante dal punto di vista delle emozioni, decisamente coinvolgente e ben diretta. Comunque tutto il cast (comprendente anche Joan Allen) appare molto calato nella parte, grazie al ritmo del racconto costante, in cui le emozioni e le sensazioni più varie sono evidenziate bene e in cui la visione è altamente godibile, interessante e consigliabile. Room è infatti sicuramente un gran bel film. Un film molto angosciante, profondo e con qualche momento di pura poesia che riesce a commuovere. Nonostante questo e nonostante complessivamente il risultato finale è più che discreto, il film però secondo me non ha reso come avrebbe dovuto (anche se comunque rimane sempre un bel film che vale la pena vedere). La prima parte infatti, in cui viene raccontata la pressante quotidianità dei due prigionieri, che occupa più di una buona metà di film e che pone riflessioni, non proprio originalissime ma comunque interessanti, è molto buona, interessante, coinvolgente e la più riuscita, giacché è magnetica, girata benissimo ed emozionante, seppur non tanto credibile è quando la voce del bambino fuori campo racconta cose troppo complesse per essere realmente dette da uno della sua età e soprattutto questa parte non da il senso di claustrofobico che dovrebbe dare (in tal senso forse meglio è Panic Room con Jodie Foster).
La seconda parte invece manca un po' di mordente (buttata lì senza un valido motivo e senza lasciare nulla, anche un po' pesante), vorrebbe raccontare una storia forte ma non ci riesce completamente, a parte il bambino gli altri personaggi sono un po' poco sviluppati, madre compresa. Questa parte infatti, che comunque si apre con una bellissima sequenza in cui il bambino vede per la prima volta il mondo con sottofondo una splendida "The Mighty Rio Grande" e in cui si intuisce che finalmente il film può prendere una bella piega (cosa che effettivamente fa), non scuote lo spettatore come la prima, anzi diventa quasi noiosamente normale. La scoperta del mondo da parte del bambino è difatti costruita senza l'empatia della prima parte e in maniera diversa da come mi sarei aspettato, in maniera né credibile né soddisfacente. Tutto resta molto secondario rispetto ai due protagonisti e resta l'impressione che ci fosse molto altro da dire e che servisse molto più tempo per farlo. Senza dimenticare che il ritmo crolla e a parte qualche spunto di riflessione altamente simbolico, ben pochi motivi di interesse. Va bene l'introspezione, ma non succede praticamente nulla nemmeno nei rapporti tra i personaggi. Peccato perché il film (visto su Infinity) poteva essere ancora migliore ed anzi, con qualche accorgimento in più sarebbe potuto diventare un piccolo capolavoro.
Tuttavia, questo è un film perfettamente riuscito nella sua sensibilità e capacità di capire i problemi del reinserimento in società di una donna che ha vissuto una simile esperienza. Sarebbe stato troppo semplice fare di Room un film sulla prigionia e la fuga, magari sarebbe riuscito ad essere anche più avvincente, è innegabile infatti che dopo la liberazione il film perda parte del suo mordente e si avvi verso un calo fisiologico che sarebbe potuto essere meno accentuato (anche se è da apprezzare lo sforzo di uscire dai soliti schemi), eppure grazie alle superbe interpretazioni degli attori e del probabilmente meritato Oscar a Brie Larson, Lenny Abrahamson ci restituisce un credibile quadro umano ispirato a fatti veri ma che cerca di andare nel profondo. Anche perché ci si ritrova nel finale a domandarsi cos'è che ci tiene in vita tanto da rendere più facile l'esistenza in uno stanzino piuttosto che nell'immenso e sconfinato mondo. In sintesi, una pellicola emozionante (con una trama abbastanza lineare ma raccontata con grande delicatezza e profondità), mai troppo esagerata, con due bravissimi interpreti capaci di farci entrare in sintonia con loro e di dare vita a due personaggi complessi e convincenti, estremamente reali e forti. Certo, un capolavoro questo non è, ma è un film bellissimo ed emozionante da vedere, far vedere e da consigliare. Voto: 7,5 [Qui più dettagli]

24 commenti:

  1. Beh è il classico film da Academy quindi sarà oltremodo sopravvalutato su certi punti di vista, ma sicuramente è interessante quindi prima o poi lo guarderò...comuqnue Brie Larson è una bomba! Da sola poteva sconfiggere Kong se solo si fosse tolta la maglietta!

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    1. Certamente non è il capolavoro tanto millantato, ultimamente infatti si esagera, ma è un film sicuramente da vedere, non solo per Lei ma le emozioni e le riflessioni che ne derivano ;)

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  2. Mea culpa, devo ancora vedere il film, ne avete parlato tutti benissimo, e anche solo per Brie Larson che trovo adorabile, anche per ragioni extra cinematografiche, devo vedere questo film! ;-) Cheers

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    1. Sì lo so, ma perché è un film diverso da altri simili, perché espone due facce della stessa medaglia ed è un film di tenere attenzioni, con due eccezionali interpreti ;)

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  3. Questo sono sempre stato curioso di vederlo, sia per la storia e anche perché Brie Larson presto dovrà fare Capitan Marvel nel MCU..

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    1. Neanche tu l'hai visto? il tempo come dico sempre c'è per farlo, anche solo per vedere Lei prima di quello ;)

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  4. Questo lo volevo proprio vedere e non lo ricordavo: grazie per averne parlato. Voto alto, bella rece, sì, mi potrà piacere.
    Ma l'attrice principale può essere ch'io l'abbia vista proprio ieri in Flatliners? O_o
    Assomigliano troppissimo.
    Peccato che, come dici, sia riuscito solo in parte (la prima), l'idea è fica.

    Moz-

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    1. No, da quel che so non è nel cast ma forse a qualcuna si assomiglia ;)
      Comunque sì, l'idea di farne due film in uno è molto interessante :)

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  5. Neanche io l'ho visto... ma l'ha visto qualcuno a parte Pietro? Esiste veramente? 😆

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  6. Io l'ho visto :D Per me è stato il film più bello del 2015!

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    1. Ah ecco, finalmente...anche se addirittura il migliore mi sembra troppo, ma se per te lo è stato va benissimo ;)

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  7. Mi manca anche questo.. anche se spesso mi annoio con le location claustrofobiche... voglio provare... ;)

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    1. E' claustrofobico certo, però il ritmo è veloce, e praticamente quasi mai annoia ;)

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  8. Anche per me film dell'anno scorso. Pazzesco, delicato e commovente.

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    1. Ah sì? Buon per te allora, perché è davvero così bello ;)

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  9. Un ottimo film, da proprio un senso di claustrofobia potente.
    E' stata una bella visione.

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  10. Film stupendo...un gioia per gli occhi e per il cuore...Sensibile, delicato eppure dotato talmente forte che sa far male...Non se se è il migliore del 2015, ma sicuramente sta nella top 5

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    1. Già, tanto bello, anche se personalmente non tantissimissimo emozionante...comunque ci sarà nella mia classifica finale di quest'anno ;)

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  11. Per te una nuova nomination, ti aspetto sul mio blog per ritirare il premio ;)

    http://lastanzadigordie.blogspot.it/2017/11/boomstick-award-2017.html

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