lunedì 28 agosto 2017

42: La vera storia di una leggenda americana (2013)

Quarantadue, un numero come tanti altri, ma questo film porta a conoscenza, per i meno avvezzi al baseball, del suo emblematico valore e significato che assunse nello sport e soprattutto nella società americana negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. 42: La vera storia di una leggenda americana (42), film del 2013 scritto e diretto da Brian Helgeland infatti, narra la storia veramente accaduta nel campionato di baseball statunitense negli anni quaranta, quando Jackie Robinson (interpretato da Chadwick Boseman), con l'aiuto del coraggioso presidente-manager Branch Rickey (interpretato da Harrison Ford), fu il primo giocatore afroamericano a giocare (nei Brooklyn Dodgers) nella Major League Baseball. Il suo ingaggio difatti fu la rottura di un tabù, lui che, con la sua classe e la perseveranza ruppe altresì le leggi non scritte del baseball professionistico e dette un segnale per l'integrazione razziale. Poiché la storia del primo giocatore nero ad entrare nella Major League di baseball, fu, ed è ancora adesso, una storia dalla forte carica simbolica ed emblematica. E nelle didascalie finali si capisce il perché e l'importanza di tale avvenimento, soprattutto quando ogni anno il 4 aprile tutti i giocatori giocano con la maglia numero 42, unico numero ritirato da tutte le squadre della MLB. Ma non fu affatto facile guadagnarsi questa gloria eterna, e debuttare ufficialmente con la maglia dei Brooklyn Dodgers nel 1947, dato che a quei tempi la discriminazione razziale in America, era al suo apice, anche nello sport e soprattutto nel baseball.
Il gioco stesso, il più popolare negli Stati Uniti è infatti lo specchio di una società che festeggiava la vittoria sul nazismo ma che presentava ancora la segregazione razziale, persino nello sport dove i neri giocavano in una lega parallela a quella ufficiale. Nonostante difatti gli americani di colore abbiano fatto il loro dovere in guerra e nonostante un grande sportivo come Jesse Owens prima (ottimamente raccontato nel bellissimo Race: Il colore della vittoria, di cui questo film molto ricorda) riuscì nell'impresa di dimostrare ad Hitler le sue false ideologie, e Jackie Robinson (che sarà destinato ad entrare nella storia del Baseball americano e non solo, divenendo modello e paladino di una parte della popolazione americana sino a quel momento bistrattata) dopo, venivano in patria (insieme a tutti gli americani di colore) sistematicamente denigrati. Ebbene, il numero 42 indossato da questo grande giocatore (che sarà una delle tante crepe che iniziano a formarsi nel muro del razzismo), fu il punto di rottura di quel assurdo establishment sportivo e sociale. Ma se Jackie fu il mezzo per raggiungere l'obiettivo, il grande merito dell'abbattimento di un'istituzione come quella del baseball, lo si deve soprattutto al proprietario dei Dodgers Branch Rickey che, ben sapendo che avrà (e non solo lui) tutti contro, decide ugualmente di rischiare prendendo un giocatore di colore, poiché convinto che tutti debbano avere pari opportunità, inoltre lo giudica un'investimento pensando alla gente di colore che farà la fila per vederlo giocare.

Sceglie quindi Robinson, ma il ragazzo deve dimostrare due cose, di essere sia un bravo ragazzo, sia un grande giocatore di baseball, perché stando in mezzo ai bianchi non deve assolutamente reagire alle provocazioni del pubblico razzista e dei giocatori avversari. Vorrebbe difatti un giocatore forte da sopportare le ingiurie e a reagire senza pregiudicare le sue prestazioni. Così Robinson, che nel frattempo ha sposato la sua fidanzata (la bella Nicole Beharie della serie TV Sleepy Hollow, fino alla terza di stagione) con cui ha un figlio, inizia dalle leghe minori su su fino arrivare ai Dodgers di Brooklyn e pian piano a farsi accettare dalla sua squadra. Squadra che all'inizio, per colpa di alcune tensioni razziali, rifiuta di giocare al suo fianco. Solo dopo esser diventato bersaglio di continui insulti razziali sia da parte dei tifosi che degli avversari (in particolare dal tecnico dei Philadelphia Phillies), alcuni giocatori iniziano a schierarsi al suo fianco. Ma la resistenza è forte, giacché la resistenza verso i giocatori di colore viene anche dalla Lega di baseball stessa dove è insita una mentalità figlia di una retro cultura ben lontana da dissiparsi. Ma quando un suo compagno mette il braccio sulle sue spalle, qualcosa finalmente cambia e cambierà, sia nello baseball in generale, con l'aggiunta negli anni seguenti di giocatori di colore, sia nel giornalismo e nella società, anche se passeranno anni finché la piaga del razzismo verrà finalmente (almeno legalmente) sconfitta e debellata.

Il cinema americano ha prodotto una infinità di pellicole sportive "basate su storie vere" edificanti e sono realizzate secondo una precisa e collaudatissima formula (come molte volte mi è capitato di vedere e ultimamente recensire). Anche questo 42 non sfugge alle regole del genere ed è piuttosto prevedibile in ogni sua tappa. Nonostante questo, tra i film di questo tipo, risulta comunque molto riuscito, anche per il tema del razzismo che non è relegato in sottofondo ma è in primissimo piano. E Brian Hegeland (famoso sceneggiatore e regista discreto, anche se Legend proprio eccezionale non era) ci racconta di quell'avventura sportiva e umana, che costituì un ulteriore tassello significativo nella storia dei diritti civili in America, in modo quasi perfetto. Giacché il film e il regista, pur non evitando qualche eccesso di retorica, che però con un certo acume etico non si lascia andare in eccessive enfatizzazioni eroicizzanti, ma mantenendosi su una linea più prettamente e umanamente storiografica bada al sodo con una sceneggiatura essenziale, mantenendo altresì un buon equilibrio nel descrivere la cornice e la parabola umana di un ottimo giocatore che doveva innanzitutto resistere alle continue provocazioni di pubblico, giocatori avversari ed alcuni compagni di squadra, riesce nell'intento di scuotere almeno un pochino la coscienza dello spettatore. 

In ogni caso, significati storici e culturali a parte, il film (grazie al racconto avvincente e mai noioso) è godibile anche a chi vede il baseball come uno sport astruso (compreso il sottoscritto). Poiché nonostante la musica "fanfarosa" e solenne che di solito (e in parte disgraziatamente) fa da commento a questi film, il binomio sport e lotta al razzismo è ben rappresentato. Limitando infatti le scene di gioco all'essenziale utile al contesto e grazie ad un'ottima fotografia e scenografie ben curate, veniamo catapultati nei lontani anni 40 in modo efficace. In tal senso ed essendo il momento più azzeccato quando si parla di sport e denaro, giustissima e alquanto eccezionale è la citazione più importante del film: "I Dollari non sono bianchi o neri, sono verdi", detto da Harrison Ford che, nonostante sembri un po' fuori posto nei panni dirigenziali, offre una grande prova attoriale. Buona anche la resa del cast, tra cui ovviamente Chadwick Boseman, prossimo protagonista del film Marvel su Black Panther (personaggio già visto in anteprima in Captain America: Civil War). Ma anche tutti gli altri, André Holland (Selma), Christopher Meloni, John C. McGinley (Scrubs), Lucas Black (The Fast and the Furious: Tokyo Drift), Alan Tudyk (L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo) e Brett Cullen (Paradise Beach). Comunque c'è da dire che sul fronte biopic questo bel film, storicamente interessante e decisamente importante nonché un pochino emozionante, non presenta nulla di particolarmente nuovo o originale, ma non è certamente peggiore di tanti altri, anzi, un film da far vedere e rivedere, un film non da consegnare ai posteri ma più che godibile, da mostrare alle giovani generazioni che snobbano la piaga del razzismo e a chi pensa che "negro" sia solo una parola come tante. Perché quello che ha fatto quest'uomo è qualcosa di semplicemente straordinario. Voto: 7 [Qui più dettagli]

2 commenti:

  1. ...ma che voglia di vedere il dottor O'Malley di nuovo all'opera...

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    1. Sinceramente non so chi sia...solo con Google ho scoperto che c'è anche quell'attore nel film, perciò se ti piace cosa aspetti a vederlo? ;)

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