giovedì 27 giugno 2019

I peggiori film del mese (Giugno 2019)

Sono anni ormai che non vedo più film per la tv, fatti apposta per la televisione, a tal proposito li evito praticamente tutti (tranne alcuni della HBO) e in tal senso neanche li prendo in considerazione non solo per la classifica finale dei migliori o dei peggiori ma anche tra i film della lista dei scartati, ma in questo mese è capitato di vederne uno, poiché intrigato dal titolo e dalla trama, Deliverance Creek - Solo per vendetta che, ambientato verso la fine della guerra civile racconta le vicende di Belle Barlow che si trova ad affrontare delle incertezze quando cerca di difendere la terra della sua famiglia con qualsiasi mezzo, e una banca corrotta che gestisce la città, spinge Belle di diventare un fuorilegge, purtroppo però è stata una mezza (e più) delusione. Mi aspettavo un western alla Sweetwater (molto simile è lo script), un film che tempo fa mi sorprese per la sua "onestà", e invece mi sono ritrovato un film abbastanza insipido. Un film che tra dramma bellico ed heist movie, con annesso triangolo amoroso, mi ha lasciato un senso di insoddisfazione molto forte. Di certo non meno acuito da un finale troncato a metà. Un finale che ha un suo perché, esso come il film stesso era il preludio di una serie drammatica, giacché prodotto dalla Lifetime, questo film in costume tratto da un best seller di Nicholas Sparks serviva da backdoor pilot, tuttavia la serie in questi cinque anni (il film è infatti datato 2014) non è stata più prodotta, e quel finale senza degna conclusione è rimasto. E insomma è stato un grosso errore che ora però non farò mai più, film per la tv addio.

Cattivi vicini 2 (Commedia, Usa 2016)
Tema e genere: Sequel della commedia Cattivi vicini, con protagonista lo stesso cast (con l'aggiunta di Chloë Grace Moretz, nei panni di Shelby) e sempre con Nicholas Stoller dietro la macchina da presa.
Trama: Mac (Seth Rogen) e Kelly Radner (Rose Byrne), dopo aver scoperto di aspettare una bambina, decidono di trasferirsi in una nuova abitazione e vendere quella vecchia. A complicare la situazione è l'arrivo nella casa accanto dell'esuberante Shelby (Chloe Grace Moretz), giovane collegiale che vuole fondare una sorellanza fuori dalle regole.  Le continue feste organizzate da Shelby mettono in crisi la possibile vendita della casa da parte dei coniugi Radner, che chiedono aiuto all'ex "nemico" Teddy Sanders (Zac Efron) per sbarazzarsene. Riusciranno nel loro intento?
RecensioneSeth Rogen e Evan Goldberg (l'altro sceneggiatore) tornato in un sequel che segue la scia della commedia scorretta ma non troppo, cercando di tenere in piedi quello che era il tema del capitolo precedente. Inutile dire che non riescono nel loro intento. Perché se il capitolo precedente proponeva qualche situazione divertente, qui invece non fa altro che peggiorare riproponendo sostanzialmente le stesse situazioni con un tasso di divertimento pressoché nullo. Se nel film del 2014 si assisteva infatti a una lotta di quartiere tutta maschile tra una confraternita di ragazzi e i coniugi Radner per la tranquillità civile, in Cattivi vicini 2 gli ex contendenti si alleano per contrastare un nemico tutto al femminile. Il minestrone insomma è sempre lo stesso, il film difatti riparte da dove il film precedente era finito, con una logica un po' ovvia ma (forse) efficace, e ripropone lo schema narrativo del primo episodio. Ancora, si tratta di una "guerra" tra adulti (non troppo responsabili) e una gioventù incontrollata: il regista spinge sulla commedia demenziale, sfruttando una comicità quasi ai limiti dell'assurdo e situazioni da risata grottesca. Indubbiamente si sorride in alcuni istanti (le vicine di casa però non fanno ridere nemmeno una iena ridens), ma la sensazione di già visto è forte. Alcune gag colpiscono a malapena (la bambina con il dildo è la classica gag che dopo averla proposta per l'ennesima volta, stanca) e generalmente pare di assistere a una versione meno fresca e più stantia del primo film. Insomma, la questione è sempre la stessa, Cattivi Vicini 2 è uno di quei sequel fatto solo ed esclusivamente per questioni economiche, che non ha motivo di esistere ma che continuano a propinarci. Se il primo non era niente di eccezionale ma guardabile, questo inutile seguito non tanto, anzi, dopotutto se non bastano ragazze succinte e belle presenze, è grave.
Regia: Nicholas Stoller porta sul grande schermo un film già fatto e già visto che, tutto sommato, preso come singolo non sarebbe neppure male se non fosse la copia identica del precedente.
Sceneggiatura: La struttura narrativa è la stessa, con la giovane coppia di sposini alla ricerca di una vita serena e che si trova a fronteggiare un gruppo di ragazzi che gli renderanno le giornate tutt'altro che tranquille, e di sorprese non ce n'è neanche l'ombra. Alcune trovate poi di sceneggiatura sono raffazzonate, davvero stonate da assimilare.
Aspetto tecnico: Da menzionare le musiche, che comunque non sono niente di eccezionale, anzi, efficaci parzialmente.
Cast: L'alchimia tra Seth Rogen (nuovamente mal doppiato) e Zac Efron, alleati contro lo stesso nemico, non sembra trovare gli accordi ideali per rompere gli schemi, mentre quella tra lo stesso Rogen e Rose Byrne soffre di un ridimensionamento che, probabilmente, sarebbe stato più produttivo evitare, andando a replicare quei bei duetti del capitolo precedente (e tuttavia piccoli sforzi accettabili dei tre attori). La Moretz invece, rilegata al ruolo di "ragazza problematica", poche volte ha in mano lo scettro per fare la differenza, accettando di sfruttare i momenti che gli capitano a tiro, che tuttavia restano abbastanza limitati per metterla in primo piano e restituirgli merito.
Commento Finale: Quando fai un seguito con poca originalità, anzi copia carbone del capitolo precedente (che non era certo un capolavoro), battute trite e ritrite e una piattezza che domina l'intera durata del film, il risultato finale non può essere ancor più mediocre. Si sorride per qualche divertente momento in ralenti, ma nel complesso è una visione del tutto inconsistente e a tratti sgradevole per le eccessive volgarità messe in campo (la continua presenza di dildo, i rapporti sessuali tra i due protagonisti), a cui si aggiungono due scene rivoltanti.
Consigliato: Evitabile, è un sequel di cui ovviamente si poteva fare tranquillamente a meno.
Voto: 4,5
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Le ultime 24 ore (Azione, Usa 2017)
Tema e genere: Ethan Hawke in un fanta-action dai produttori di John Wick.
Trama: Dopo che un intervento chirurgico sperimentale lo riporta in vita per un solo giorno, l'agente Travis Conrad (di un organizzazione di sicurezza appoggiato dal governo) si risveglia in ospedale con al braccio un timer. Ha solo 24 ore di tempo per portare a termine un'ultima missione.
Recensione: C'è uno spunto più che interessante alla base di Le ultime 24 ore, action con protagonista Ethan Hawke: il film inizia là dove molti altri film simili finiscono, ovvero con la morte dell'eroe, e da qui riparte per mostrare come una seconda possibilità permetta al protagonista di intraprendere un altro stile di vita. Quindi se prima di morire Travis Conrad era fondamentalmente un anti-eroe (un mercenario che in passato ha ucciso chiunque e per chiunque fosse disposto a pagare abbastanza) una volta tornato in vita si lascerà alle spalle il lato oscuro e deciderà di provare, per una volta, a fare del bene. Il grande problema del film è che, nel corso dei suoi circa 90 minuti, farà esattamente le stesse cose di tutti quegli altri action dai quali aveva cercato di smarcarsi tramite un soggetto originale. Proprio come il franchise di John Wick, anche Le ultime 24 ore porta dietro la camera da presa uno stuntman, Brian Smrz. Il suo esordio cinematografico mescola l'action moderno alla fantascienza ma compie il grave errore di prendersi dannatamente sul serio. La saga di Chad Stahelski e David Leitch con protagonista Keanu Reeves giocava anche sull'assenza totale della trama (John Wick tornava in azione per vendicare il suo cane) per permettersi di lasciare spazio esclusivamente alla sequenze d'azione, che venivano (soprattutto nel secondo) paragonate ad una vera e propria forma d'arte, costituita da un proprio stile e un proprio ritmo allo stesso modo di un ballo. Ne Le ultime 24 ore, invece, si cerca di parlare di tantissime cose serissime che poco hanno a che fare col mondo esagerato all'interno del quale quelle vicende vanno a contestualizzarsi. Gli action hanno sempre puntato sui punti di forza dei propri attori, dalla faccia da uomo ordinario di Bruce Willis in Die Hard (John McLane è un uomo ordinario) alla stanchezza del sessantenne Liam Neeson in Taken, mentre qui abbiamo un attore quattro volte nominato all'Oscar che fa cose insensate in un film che, più va avanti, più perde di senso. E, incredibilmente, diventa anche più noioso. E' difficile credere che un film incentrato sul più letale assassino del mondo con un timer di scadenza conficcato nel polso possa risultare pedante, ma è proprio quello che accade a Le ultime 24 ore. Film di questo genere devono essere talmente emozionanti, talmente divertenti, adrenalinici e spensierati da far scattare automaticamente la sospensione dell'incredulità di chi li sta guardando, mentre il regista sembra volerci continuamente tenere sull'attenti con trame, sotto-trame e soprattutto sotto-testi (dall'alcolismo alla depressione, dal lutto al valore dell'amicizia) completamente inutili, anzi, dannosi. Perché, se il film ti spinge a porti delle domande, allora inizi a interrogarti di tutte le incongruenze narrative che incontri lungo il percorso, e ce ne sono, altroché. Ethan Hawke più che lottare contro i suoi nemici sembra lottare contro il film stesso, nel tentativo di tenerlo in vita, a volte ci riesce pure, molte altre, purtroppo, no.
Regia: Il regista Brian Smrz ha lavorato come stunt coordinator in diversi lungometraggi famosi (da Men in Black a X-Men: Le origini – Wolverine, passando per Minority Report) e si nota un certo impaccio dietro la macchina da presa in qualsiasi sequenza dal taglio più statico che dinamico. Ralenti e movimenti di macchina estrosi non risvegliano mai dal torpore e dall'incredulità di quanto si vede sullo schermo.
Sceneggiatura: Quando si guarda un film, si sa, bisogna praticare quella che viene definita la sospensione dell'incredulità, allo scopo di ignorare le incongruenze narrative presenti nella sceneggiatura nei confronti della realtà, ma a tutto c'è un limite. Questo limite Le ultime 24 ore lo supera, perché va bene cercare di essere originali anche a discapito della coerenza narrativa, ma con la storia di un uomo deceduto, che viene riportato in vita per un giorno solo, anche lo spettatore più accomodante si stufa. Dopo aver dato per assodato che la sceneggiatura non presenta alcun elemento positivo, l'attenzione si sposta verso un cinema d'azione che, quantomeno, regala un paio di sequenze girate con discreto senso del ritmo, seppur non possa bastare per nascondere gli enormi difetti drammaturgici dell'operazione.
Aspetto tecnico: Degna di nota c'è solo la colonna sonora, ma niente che si ricordi particolarmente.
Cast: Con una sceneggiatura desolante, nella quale persino le battute più profonde tendono involontariamente al grottesco, Ethan Hawke cala a picco con una recitazione compassata, monotona, senza alcun picco emotivo. Appesantito e stanco, sembra anche lui voler arrivare nel minor tempo possibile alla fine della vicenda, quando lo vediamo ricongiungersi alla famiglia nell'aldilà luminoso, declinato nell'immancabile scena finale in riva al mare (o forse no?). Mi sembra invece più che opportuno tacere sulla prova della coprotagonista, Xu Qing, prima temibile e spietata avversaria e successivamente, nel volgere di pochi minuti, alleata di Travis. Un clamoroso passo falso, il suo, che mi auguro possa essere presto oscurato da nuove e più ispirate interpretazioni.
Commento Finale: Brian Smrz confeziona un prodotto largamente insufficiente sotto ogni punto di vista. Proponendo stereotipi fin troppo abusati (un protagonista che scopre il bene e che vuole agire in suo nome) ed intrecci narrativi ovvi sin dall'inizio (i nemici non sono affatto quelli che si aspettava), Le ultime 24 ore risulta un film fin troppo stucchevole nel suo "americanismo". Il sentimentalismo non paga sempre, men che meno quando non è sostenuto né da una sceneggiatura originale, né da attori particolarmente ispirati. Senza una fotografia degna di nota, anche Ethan Hawke sprofonda nell'abisso di una pellicola uguale a tante, troppe altre.
Consigliato: Non proprio, anche perché anche un fan dell'action potrebbe rimaner deluso da questo film pressoché banale.
Voto: 4,5
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Tutti in piedi (Commedia, Francia 2018)
Tema e genere: Commedia romantica che tratta la disabilità in modo politicamente scorretto (forse troppo scorretto).
Trama: Jocelyn, un uomo d'affari misogino ed egoista all'apice del successo, si ritrova suo malgrado a dover sedurre una giovane e bella donna facendosi passare per disabile. La situazione gli sfuggirà di mano quando costei gli presenterà sua sorella, realmente disabile.
RecensioneFranck Dubosc dirige un'opera prima garbata, ma inciampa in episodi di comicità spicciola e snodi romanzati fino all'esasperazione. Tutti in piedi fatica e arranca, uscendo più volte fuori binario. Una storia intima dietro la scintilla della sceneggiatura: Dubosc debutta con Tutti in piedi, aggrappandosi a uno spaccato di vita quotidiana, una madre malata, la sua, inferma e impossibilitata a compiere il minimo degli spostamenti. La miccia si innesca qui, da una premessa quanto più onesta e sentita. Nasce l'idea di una pellicola sull'idea di differenza, non sociale o culturale, ma fisica: una narrazione sugli ostacoli del corpo. Vengono abbozzati i personaggi di Jocelyn (Franck Dubosc), seduttore e bugiardo incallito, e Florence (Alexandra Lamy), violinista sulla sedia a rotelle, se ne tratteggiano contorni e limiti. Al cuore della vicenda, una bugia: l'uomo finge di essere disabile, inscena una nuova vita per tedio, l'ebbrezza di mascherarsi e credersi altro, conquistare l'universo femminile. Cerca di entrare nelle grazie di Julie, giovane donna disoccupata, ottiene un pranzo in famiglia con lei, nella campagna francese. È qui che conosce Florence, in carrozzina dopo un incidente stradale, viene risucchiato nel gorgo dal suo carisma. Tutti in piedi sfocia presto nel didascalismo: frasi insapori, discorsi inzeppati di retorica da cui il regista cerca di svicolare con battute fulminanti. Dubosc prova ingenuamente a offrire nuovi spunti a un genere già rodato e consumato dalla tradizione recente, cadendo in sermoni camuffati e litanie già sentite. Un limite che svela un'operazione riuscita a metà, spesso traballante, mal digeribile. La comicità convince forse più quando rispolvera lo slapstick, sottogenere comico ormai secolare: gag semplici e immediate sulle difficoltà del protagonista a muoversi in carrozzina, a calarsi davvero in una realtà a lui lontana. Sono questi i pretesti narrativi che permettono l'apertura di squarci improvvisi, oltre l'assuefazione della quotidianità: è il corpo, in tutte le sue limitazioni, a diventare centro e unico nucleo possibile. Se è vero che le migliori opere riescono nel momento in cui sono in grado di offrire discorsi solidi e personaggi che resistano allo spettatore, che lo spiazzino e disorientino (pur mantenendo coerenza, fascino e coesione), Dubosc manca apertamente il bersaglio. Una narrazione telefonata, lo sbrogliarsi del filo non fatica a palesarsi con allarmante velocità. Figure primarie e secondarie a volte dipinte in maniera nevrotica, al limite del bozzettistico, offuscano quello in cui più l'opera convince: l'orchestrazione delle voci attoriali (brilla su tutti Alexandra Lamy), semplicità nel veicolare messaggi, leggerezza e tatto nel muoversi in territori complessi e minati. Poco credibile il repentino cambio di atteggiamento del personaggio maschile. Il messaggio che Tutti in Piedi vuole comunicare è che chi è condannato a rimanere seduto ci appare diverso, ma in realtà non lo è, retorico, anche nell'altro senso.
Regia: Giocare con la disabilità e il politicamente scorretto non è semplice e richiede o un cinismo spietato o una delicatezza poetica al di sopra della media. Altrimenti, la scivolata nella volgarità o nello stucchevole è inevitabile. Franck Dubosc si distrae a disegnare personaggi di contorno spesso inutili (il fratello) o troppo macchiettistici (la segretaria) finendo per perdere il disegno nella sua totalità, andando troppo spesso a vuoto e, fatto ancora più grave, non riuscendo a strappare neppure un sorriso stirato.
Sceneggiatura: Questa commedia romantica è anche scritta, e non solo diretta e recitata da Franck Dubosc, una commedia che però funziona poco nella parte comica e meglio in quella romantica (più o meno). La comicità di Dubosc è infatti banale e spesso con i tempi sbagliati, mentre il lato più malinconico (pur non brillando per originalità, anzi) ha dalla sua la capacità di andare a toccare le corde sentimentali universali e, di conseguenza, di creare una maggiore empatia, anche se è tutto fin troppo positivo, la realtà è purtroppo ben diversa.
Aspetto tecnico: Nostalgica, potente e romantica, si fa notare soprattutto la colonna sonora del film, con musiche originali di Sylvain Goldberg, Emilien Levistre e Xiaoxi Levistre, ma nient'altro è particolarmente evidenziabile.
CastAlexandra Lamy è energica e radiosa, riesce a mediare con efficacia quel misto di paura (di essere tradita e restare delusa) e al contempo forza e fiducia in se stessa che è rappresentato dal personaggio di Florence. Non male neanche tutti gli altri, dallo stesso Dubosc a Elsa Zylberstein.
Commento Finale: Una commedia con gag un po' troppo semplici per far ridere un pubblico in cerca di una commedia intrigante e sembra percorrere uno schema prevedibile, anche se via via si rivelerà meno scontata del previsto, con un messaggio fin troppo chiaro (contro una visione "paternalista" dei disabili e "maschilista" dei rapporti uomo-donna) e con il mentitore spudorato che per la prima volta si innamora chiamato a redimersi, ma con il rischio di imparare una dura lezione. E se figure di contorno (come l'amico medico, la sorella di Florence o la segretaria dal cuore tenero) sono solo abbozzate e si appoggiano unicamente alle capacità degli interpreti, il personaggio di Florence introduce un tasso di serietà a una vicenda non priva di scontatezze. Solo in parte riequilibrate da un finale in cui il (presunto) divertimento lascia sempre più spazio alla "morale" della storia, in una commedia garbata ma non memorabile, anzi.
Consigliato: Sì e no, i protagonisti sono (più o meno) convincenti, ma il film in sé è davvero troppo leggero e a tratti smaccatamente positivo. 
Voto: 5,5
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Rampage - Furia animale (Azione, Usa 2018)
Tema e genere: Action basato sull'omonimo videogioco degli anni ottanta prodotto da Midway Games.
Trama: Un gorilla dal pelo argentato, un lupo e un rettile diventano creature mostruose a causa di un esperimento genetico andato per il peggio. Il primatologo Davis Okoye si unisce alle forze armate per impedire il disastro.
Recensione: La squadra di San Andreas, Dwayne Johnson eroe d'azione dai muscoli pronunciati e dal cuore d'oro, Brad Peyton in cabina di regia e Carlton Cuse alla sceneggiatura (insieme con Adam Sztykiel, Ryan Condal e Ryan Engle), prende il timone di un'altra produzione appartenente al filone catastrofico-fantascientifico. Una produzione che sfrutta il momento revival anni '80 per portare su schermo l'adattamento di un vecchio gioco cabinato, Rampage appunto, che offriva la possibilità di impersonare tre grottesche creature con il solo ed unico obiettivo di distruggere tutto quello che capitava a tiro. Un gioco (che non conosco ed a cui non ho mai giocato) quindi senza grosse pretese, come questo film, un film validissimo come intrattenimento trash. Nonostante una trama basilare per non dire esilissima, i sceneggiatori infatti, sono comunque riusciti ad estrarre un contenuto valido per rendere reale questo progetto e farlo approdare al cinema (lo scorso anno ovviamente). Un progetto in cui il regista, viste le fruttuose collaborazioni anche in Viaggio nell'isola misteriosa oltre a quell'altro, non può che scegliere proprio il volto del maschio alfa del cinema moderno per il suo protagonista. Con la sua prestanza fisica e l'immancabile carisma con il quale lima i suoi ruoli da duro, l'ex wrestler Dwayne Johnson diventa così il primatologo Davis Okoye. Dopo aver salvato un cucciolo di gorilla albino di nome George dai bracconieri, l'uomo cresce l'animale nel suo centro di accoglienza creando così un forte legame con esso. Quando la creatura si ritroverà a sua volta coinvolta in un incidente genetico che la vedrà ingrandirsi a dismisura, sarà compito del suo migliore amico, quello di fermarlo prima che commetta danni irreparabili alla popolazione di Chicago. Come se non bastasse, il gorilla non è l'unico animale ad aver subito una mutazione, anche un lupo ed un alligatore sono finiti vittime dello stesso trattamento e daranno manforte nella distruzione. Fortunatamente per Okoye, al suo fianco in questa missione potrà contare sull'aiuto della genetista Kate Caldwell, interpretata da Naomie Harris e sul misterioso agente governativo cui presta il volto Jeffrey Dean Morgan. Insieme questi individui dovranno fermare il prima possibile il malvagio e strampalato piano dei due fratelli a capo della compagnia che ha sviluppato il mutagene a causa di tutto questo. Tutti ingredienti ottimali insomma per un film d'azione che prometteva scintille e adrenalina per tutta la sua durata, promesse in parte mantenute. Infatti, sebbene le premesse fatte fossero ben poco invitanti, il film di e su Rampage non è da bocciare in toto. La trama piatta e semplicistica è visivamente ritagliata tutta attorno al ruolo del personaggio principale, ritagliando una cornice ben fatta, ma rimanendo comunque una base scarna utile solo per mostrare effetti speciali esagerati. Una realizzazione tecnica che diventa il lato forte, nonché vero fulcro di questo lungometraggio. Questi effetti, sono infatti veramente ben realizzati ed imponenti, nonché onnipresenti per l'intera proiezione. Tutto questo viene supportato nei momenti più calmi da un umorismo basilare che però riesce a strappare una risata nonostante tutto. Insomma, un prodotto di intrattenimento fine a se stesso e senza troppe pretese, utile a divertire e passare qualche ora di svago senza troppi pensieri.
Regia: La regia di Brad Peyton (è suo anche il mediocre Incarnate - Non potrai nasconderti) risulta essere abbastanza semplice, senza inquadrature troppo ricercate e si concentra invece nel dare spettacolarità negli scontri tra i mostri, utilizzando molti slow motion, attraverso i quali ci mostra anche l'ottima CGI con cui sono state realizzate le creature. Certo, con un po' meno di discontinuità nel proporre alcune scene (veramente imbarazzanti e sconclusionate certe), sarebbe stato meglio, e un po' più di humor azzeccato (e meno trash) avrebbe sicuramente giovato all'insieme, rendendolo meno dimenticabile e soprattutto facendo amare molto più quel George, novello King Kong albino, che entra solo nel finale un po' più nel cuore degli spettatori, ma nel complesso non malissimo.
Sceneggiatura: Semplice, lineare (coerente), senza troppi colpi di scena (tuttavia non mancano trovate molto fantasiose) e con qualche sbavatura (comunque troppe per raggiungere la sufficienza), ma tutto sommato godibile.
Aspetto tecnico: Già detto della buonissima CGI, ma buona anche la colonna sonora. Non male anche il montaggio e la fotografia.
Cast: Tra gli interpreti principali figurano Dwayne Johnson, Naomie Harris, Malin Akerman, Joe Manganiello, Jake Lacy, Marley Shelton e Jeffrey Dean Morgan. E da dire c'è solo che fanno del loro meglio, non che poi ci volesse tanto.
Commento Finale: Film come Rampage - Furia animale vanno approcciati con la giusta leggerezza sia da parte di chi li recensisce sia da parte del pubblico, che giocoforza quando vede questi film sa sempre cosa aspettarsi da prodotti di questo tipo: effetti speciali, humor, e soprattutto botte da orbi. In questo si può dire che Rampage assolva il compitino alla perfezione, per quanto tuttavia una anche semplice e basilare analisi critica, non possa che sottolineare quanto questo enorme blockbuster, per quanto fantasioso, abbia al suo interno dei difetti che dovrebbero essere assenti proprio nel genere di riferimento. La sceneggiatura è infatti attraversata da una buona creatività di base, belle trovate e dall'aver concepito un iter narrativo che strizza l'occhio divertito al gioco originale in modo assolutamente godibile. Tuttavia non si capisce perché si sia deciso di intervenire con una dosa massicci di dialoghi teoricamente strappalacrime, perché cercare a tutti i costi di inserire la dimensione patetica e buonista in un film che (si deve sempre ricordare) doveva sicuramente essere più testosteronico e dove alcuni dei personaggi dovevano e potevano essere sfruttati meglio. A conti fatti Joe Manganiello, P.J.Byrne, Jack Quaid o Marley Shelton potevano dare al film qualcosa di più, contribuire a sorreggere un Dwayne Johnson che oggettivamente da solo non basta a salvare Rampage. Altro difetto è l'aver mostrato le tre tremende creature solo nel finale, l'aver fatto durare la battaglia ed i combattimenti forse un po' troppo poco. Altro problema è l'aver creato dei personaggi squadrati, prevedibili, tagliati con un'accetta che se anche in altri film di questo tipo è grezza, sovente è comunque efficace, mentre qui tutto appare sconclusionato e azzardato. Tuttavia Rampage, nonostante i suoi grossi difetti, ha alcune delle scene di distruzione e azione più divertenti ed originali mai viste, e non si può che applaudire gli effetti speciali curati che creano qualcosa che dal punto di vista visivo fa dimenticare la recitazione sovente bolsa e i dialoghi da telenovela sudamericana. Ma rispetto a Skyscraper di migliore ha ben poco, di simile il voto finale.
ConsigliatoRampage è cinema di intrattenimento senza mezze misure. Un classico film d'azione ad uso e consumo delle masse. Ovviamente questo non rimarrà impresso a lungo nel panorama cinematografico ma regalerà certamente qualche ora di svago allo spettatore senza troppe pretese.
Voto: 5
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Game Night - Indovina chi muore stasera? (Commedia, Usa 2018)
Tema e genere: Commedia basata sul tema dei party-game.
Trama: Una sera Max (Jason Bateman) e Annie (Rachel McAdams), insieme ad altre coppie con cui sono soliti riunirsi per dei giochi di società, su proposta del fratello di Max, Brooks (Kyle Chandler), sperimentano un gioco in cui devono risolvere un delitto. Quando in scena irrompono criminali, agenti federali e Brooks viene rapito, si direbbe che fa tutto parte del gioco…o no?
Recensione: I registi del già mediocre Come ti rovino le vacanze (2013), John Francis Daley e Jonathan Goldstein, realizzano un giocoso thriller impostato come un party, in cui lo spunto collettivo dei giochi da tavolo mette insieme tensione e popcorn movie, divertimento godereccio e spunti macabri. A tenere insieme il tutto è un'evidente dimensione da caccia al tesoro, che fa da tirante narrativo e da collante esplosivo per la vicenda e per tutti i personaggi: il giochino però mostra la corda, con le strizzatine d'occhio e la dimensione metacinematografica un po' declamatoria, che sarebbe risultata fuori tempo massimo già una decina d'anni fa, che supera ben presto il livello di guardia e dà vita a una girandola tanto (qua e là) spassosa quanto usurata e fine a se stessa. Una girandola però soprattutto e colpevolmente prevedibile, cosa che una commedia che si basa su numerosi equivoci e colpi di scena non può permettersi. In Game Night infatti (non proprio giustificabile il sottotitolo italiano) tutto è troppo prevedibile, guardandolo si intuisce ogni passo che sta per compiere e il lasso di tempo tra l'intuizione dello spettatore e l'avvenimento di quel passo è troppo lungo, il film ci mette troppo a svolgersi e così finisce per essere davvero poco coinvolgente e banale nonostante l'ottimo concept. Inoltre ci mette troppo a mettersi in moto a causa di una parte iniziale troppo lunga nella quale succede poco o nulla se non la presentazione dei personaggi principali, e quando inizia non fornisce la dose d'intrattenimento sperata perché saturo di battute (anch'esse prevedibili) e persino citazioni che si accavallano l'una su l'altra rendendosi troppo poco spontanee, risultando quindi forzate e poco gratificanti. Non bastasse già l'inadeguato sottotesto legato alla maternità, del non crescere e dell'infedeltà, anche se in quest'ultimo caso esilarante è la presa in giro di Denzel Washington (che sarà comunque l'unica). Peccato perché le idee erano molto promettenti ma alla fine il film da il meglio di sé "solo" dove non te l'aspetti, ovvero la regia e il montaggio, aspetti secondari in una pellicola del genere, che comunque permettono al film di essere per lo meno piacevole da questi punti di vista. Il pregio di questo film è che non scade mai in quell'umorismo volgare-demenziale tipico delle parodie dei film di genere ma fa sorridere lo spettatore grazie a situazioni simpatiche e personaggi comunque azzeccati, e questo non è scontato. Ma fino alla fine il film rincorre fino ad arrancare e apparire davvero stanco una spontaneità e un mordente che non riesce mai veramente a raggiungere nonostante ci si avvicini più volte, sfumando in una sceneggiatura non del tutto convincente che non è stupida, come dimostra in poche scene davvero esilaranti, ma che purtroppo si comporta da tale per la maggior parte del tempo, rendendo l'intero film una commedia non poi così black né divertente o coinvolgente che si dimentica in fretta e che non lascia il segno (il finale splatter lascia un po' basiti), finendo per sprecare le sue grandi potenzialità. Tuttavia meglio di tante altre, originale più di tante altre, e per questo parzialmente riuscita, perché è questa commedia, godibile, piacevole e non affatto bocciabile.
Regia: Come detto poco fa, il film da il meglio di sé "solo" dove non te l'aspetti, ovvero la regia e il montaggio, aspetti secondari in una pellicola del genere, che comunque permettono al film di essere per lo meno piacevole da questi punti di vista. Grazie ad una regia intelligente, addirittura geniale per quanto riguarda diverse inquadrature, che si amalgama con notevole armonia con un montaggio che invece risulta, nelle scene più interessanti, fluido e movimentato dando il giusto ritmo in diversi momenti, soprattutto nella fase conclusiva che si dimostra quella riuscita meglio arrivando a coinvolgere un minimo il pubblico. Degni di nota anche gli effetti speciali spesso utilizzati con grande ingegno e creatività, soprattutto nelle inquadrature dall'alto dove questi vengono utilizzati per mostrare tutto come se fosse un gioco da tavolo.
Sceneggiatura: La storia ha poco senso logico, abbastanza implausibile nel suo intreccio, una movimentata cavalcata attraverso disavventure, imprevisti e sorprese di ogni tipo, ricca talvolta di assurde svolte narrative, con poca verosimiglianza e senza badare ad inevitabili esagerazioni, è puro intrattenimento senza pretese, ma con una sceneggiatura  brillante e un umorismo a tratti vivace, sostenuto da una messa in scena accurata, e una buona gestione della camera. Il film è nel complesso abbastanza godibile, anche se con alcune soluzioni narrative forzate ed alcuni passaggi un po' troppo zuccherini.
Aspetto tecnico: Già detto del montaggio, comunque in verità non male è sia la colonna sonora che tutto il resto in ambito tecnico.
Cast: Nel cast principale i più in palla sono senza dubbio il protagonista Jason Bateman e il vicino di casa interpretato da Jesse Plemons nei panni del militare mefistofelico e inquietante. Rachel McAdams invece è sempre bella, punto.
Commento Finale: L'idea ci poteva anche stare, qualche colpo di scena anche, peraltro pure ben riuscito, peccato che nel complesso stanchi e risulti veramente troppo inverosimile. Comunque commedia che si lascia guardare, non annoia, originale il tema, e seppur nulla di indimenticabile, da non sottovalutare.
Consigliato: Di certo non sconsigliabile per una serata in compagnia.
Voto: 5,5
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Gotti - Il primo padrino (Biografico, Usa 2018)
Tema e genere: Gangster movie/film biografico del regista/attore Kevin Connolly, che racconta l'ascesa e la caduta del famoso John Gotti, personaggio legato alla Mafia che tanto imperversò dagli anni '70 ai primi anni dei '90 quando egli finì in carcere dove circa un decennio dopo morì per un tumore alla gola.
Trama: Dopo aver organizzato un sanguinoso colpo nelle strade di Manhattan all'inizio degli anni '80, Gotti diventò il capo della famiglia criminale dei Gambino, assicurandosi un posto nei libri di storia. Ripercorrendo gli eventi cruciali che hanno definito la sua carriera criminale durante gli anni '70, e le conseguenze di quei giorni di gloria, il film presenta il ritratto di un uomo il cui percorso è stato segnato da violenza, ambizione e amore per la famiglia.
Recensione: Aveva quasi tutto (più o meno, perché regia, cast e quant'altro solo di media qualità) per fare per quanto possibile un buon lavoro. Tuttavia, una sceneggiatura fiacca, un montaggio poco congeniale e una recitazione che non brilla hanno reso questo film un prodotto inefficace. Se si dovesse infatti riassumere questo film in una sola frase, questa sarebbe "Ma dove si voleva arrivare?". Sì, perché in questo film, sebbene si voglia far capire che il personaggio di John Gotti sia stato nell'universo mafioso una sorta di innovatore, un uomo che ha sempre cercato di mantenere un distacco tra la sua professione e la sua famiglia, amato da tutti poiché coinvolto nella sua comunità, non coglie il punto. L'intenzione si perde in una serie di cliché che non fanno davvero capire il personaggio, e di ciò si deve far carico anche l'interpretazione di John Travolta, un po' stanca forse, forse non supportata da una sceneggiatura brillante. Se fosse stato supportato in maniera più efficace, il film avrebbe potuto avere un riscontro migliore, senza risultare invece in circa 2 ore di profonda lentezza. Eppure John Travolta ce la mette tutta, si vede, traspare dallo schermo la volontà di fare qualcosa di buono e di efficace. Forse, l'ennesimo film a tema mafioso che aderisce a svariati elementi di film già visti e rivisti come Quei Bravi Ragazzi, basti pensare alla colonna sonora, al montaggio di alcune scene o alla scelta di bucare la quarta parete all'inizio e alla fine del film. Questo è un meccanismo cinematografico interessante dal punto di vista narrativo ma che può funzionare solo in certi contesti, e in Gotti - Il primo Padrino sembra una forzatura. Il problema non è solo che la sceneggiatura salti continuamente, incessantemente e confusamente tra le ere della vita del gangster John Gotti coprendo i più disparati periodi temporali (dagli anni '70 ai '90), infatti gran parte del film fila così, con racconti sconnessi dove i personaggi parlano per di più di cose che non vediamo accadere, ma il guaio vero e proprio è che il regista usa talmente tanti punti di vista per approcciarsi al personaggio che alla fin dei conti il film non riesce ad averne uno vero e proprio. Gotti così, più che un film vero e proprio sembra un elenco degli eventi malavitosi che lo hanno visto coinvolto, a cui però manca un filo narrativo vero e proprio e, soprattutto, una vera e propria anima, risultando freddo e asettico. In tal senso la prima ora e mezza passa in maniera quasi soporifera, un fatto strano dato il tema che tratta. Ma neanche la seconda migliora la situazione, anzi. Infatti a conti fatti, questa ennesima pellicola sulla Mafia o, più precisamente, su un personaggio mafioso, è mediocre e trascurabile, televisiva nell'impianto e piuttosto inconcludente. Ma non è certamente il peggior film mai realizzato, è piuttosto un gangster movie sottotono, che pone l'accento sulla lussuosa vita del protagonista, piuttosto che sui fatti che l'hanno resto tristemente famoso. Ci dovrebbe davvero essere l'idea che Gotti sia diverso da tutti gli altri, ma il film oltre a dirlo a parole non ce lo fa capire. E questo nonostante abbia dei dialoghi indubbiamente ben scritti, acuti e intelligenti. Non è un film noioso Gotti, ma in più di un caso non si capisce cosa voglia dirci, sconfinando nella chiusa in una sorta di apologia che probabilmente vorrebbe essere un tocco di complessità, ma riesce solo ad essere maldestra. Tanto che non si spiega come abbia fatto questa anche piuttosto deludente pellicola, a fronte di sei candidature a non vincere nemmeno un Razzie Awards.
Regia: Dopo una carriera di attore non memorabile, Kevin Connolly decide di passare (anche, si suppone, data la giovane età) dietro la macchina da presa. Per ora, però, i primi film da regista non sembrano fare di meglio rispetto a quelli da interprete. Con Gotti, Connolly ha tentato il salto di qualità. Ha provato ad alzare l'asticella ma ci ha sbattuto irrimediabilmente.
Sceneggiatura: Essa gioca, sbagliando praticamente sempre, su una struttura scomposta nel tempo e, si presume, pare sia ancorata ad una scena che si snoda attraverso la narrazione in cui il figlio maggiore di Gotti, John A. Gotti, visita il suo padre malato in prigione, ma c'è anche il voice-over del protagonista che parla dalla tomba. Qualcosa di inspiegabile, insomma un macello senza senso.
Aspetto tecnico: L'uso incessante di brani pop nella colonna sonora richiama l'intuizione del gangster movie uscito nel 1990 (Quei bravi ragazzi), con l'eccezione dell'incomprensibile presenza del rapper Pitbull, che non ha nulla a che vedere né con John Gotti né col cinema gangster in generale.
Cast: Un cast composito, formato da attori più o meno conosciuti, alcuni di loro però non sufficientemente solidi, affossa ancor di più questo film, in primis Spencer Lofranco, che non aveva forse la preparazione necessaria per interpretare John Gotti Jr., personaggio dalle profondità psicologiche interessanti ma non sfruttate. Il resto del cast, che si compone principalmente di attori uomini, punta a rappresentare il complesso universo mafioso, fatto di alleanze e sotterfugi, tra cui nessuno spicca, lasciati volutamente affogare nell'oblio della narrazione. Male anche Kelly Preston, moglie di John Travolta (l'unico salvabile) nella vita reale.
Commento FinaleGotti - Il primo Padrino è un film che, se gestito diversamente, se dotato di una sceneggiatura più brillante e di un montaggio efficace, avrebbe potuto avere un effetto diverso sul pubblico, diventando più fruibile, più piacevole. Invece, in quasi due ore di narrazione il film diventa diventa pesante, lento, andando sempre più fuori pista da quell'obiettivo centrale ipotizzato sin dall'inizio, ovvero dipingere la figura di John Gotti come un mafioso diverso dagli altri, più umano, ben voluto. Un cast poco solido, inoltre, ha affossato ancor più il prodotto finale, dove un John Travolta magistralmente invecchiato e ringiovanito grazie al trucco si è impegnato al massimo ma, ahimè, non è riuscito a trovare il riscatto per anni ed anni di recitazione in film leggeri.
Consigliato: Proprio no, solo se siete fan (convinti) di John Travolta potreste dargli un'occhiata, ma forse anche in quel caso è meglio evitare.
Voto: 4
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Ecco infine i film scartati ed evitati:
Hunter Killer - Caccia negli abissi Non ho particolarmente apprezzato i due Attacco al Potere con Gerard Butler, questo sembra essere lo stesso tipo di film, e quindi tranquillamente evito.
Lola Pater Ennesimo film sull'identità di genere, è una commedia certo (più o meno), ma al momento non ho interesse, poi chissà.
Lo specchio della vendetta Home invasion di serie B, ma siccome nel 90% dei casi quelli di serie A già diventano di serie C, figuriamoci questo...serie M.
Caro dittatore Insensata la trama, così tanto che proprio non riesco a capire come certi attori qui siano presenti.
O.G. - Original Gangster Dramma carcerario HBO, peccato che banale sia il fulcro del film.
Appuntamento al parco Sopporto poco i film sull'amore in terza età, quindi non prendetela a male.

12 commenti:

  1. Ciao! "Tutti in piedi" mi incuriosirebbe, peccato che sia così e così, allora!
    Gli altri che hai recensito non mi interessano, in linea di massima.

    "Appuntamento al parco" è carino...ma se non ti piacciono le commedie a base di amore tra 60enni mi sa che non è il tuo genere!

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    1. Ciao! Beh per me almeno è stato così, con Tutti in piedi, poi dipende...
      E no, già non sopporto tantissimo quelle tra quindicenni, figuriamoci quelli a 60 :D

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  2. Anche io questo caso non ho visto niente.
    Gotti lo hanno massacrato tutti.
    Non capisco come Travolta abbia potuto penare che potesse funzionare.
    Rampage lo vedrei.

    Moz-

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    1. In questo caso? diciamo che non hai mai visto niente dei peggiori che trovi qui, e per fortuna per te :D
      Ma Travolta paradossalmente funziona, ma è tutto il resto che non va...

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  3. Faresti bene ad evitarli tutti, altro che.
    Ma non demonizzare i film per la tv.
    Quelli del sabato sera di Rai Due son bellissimi, daiiiiii. 😜

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    1. Evitare tutti perché? Se tu non puoi farne a meno di quelli del sabato, io non posso rinunciare anche se mediocri agli action, alle commedie e tutto il resto ;)

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  4. Peccato per Game night, film "leggero", si, ma decisamente oltre la media di gran parte di cinematografia spacciata per autoriale...ci sono idee e tantissime scene cult (il cane colorato è da sballo vero). Ovvio che l'inverosimile dilaghi, ma se te (come tanti altri) siete disposti a passarci sopra in mille film che si spacciano per "seri", non vedo perché farci caso in una pellicola decisamente oltre le righe e dal dichiarato stile ridanciano... ;)

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    1. Perché a tutto c'è un limite, va bene oltre le righe, ma un po' di credibilità non avrebbe certamente guastato...e attenzione credibile non la storia, ma il modo...la scena dell'uovo lanciato, quella sulla pista...

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  5. I film TV non sono mai il massimo ma tu sei stato anche sfortunato.
    Non sono severo come te su Cattivi Vicini 2 ma concordo che non se ne sentiva il bisogno. Ho riso tanto solo per le scene con l'amico di Seth. Il testo è dimenticabile (e infatti non ricordo molto altro, anche la scena del dildo - pessima - me l'hai ricordata tu). Sono quei film da vedere mentre cucini o pulisci casa.

    Rampage lo evito. The Rock quando accetta 'ste porcate mi sta sulle palle.

    Game Night non ricordo se l'ho trovato così prevedibile, comunque mi è piaciuto.
    Non è volgare ma la scena del sangue (non ricordo, un dito mozzato?) l'ho trovata gratuita.

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    1. Ma prima i film tv non erano male, però adesso sono banali e basta...
      Ma sì, si può vedere tranquillamente Cattivi vicini 2, ma una volta è già più che sufficiente...
      Io adoro invece queste porcate di The Rock, anche se poi son fini a sé stessi e sono mediocri...
      Volgare no ed è un bene, peccato che l'esagerazione travalica troppo in certe scene...

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  6. Concordo con Silvia, "Appuntamento al parco" è abbastanza carino, anche se la storia è molto semplice e scontata. :)

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    1. Ecco, forse troppo semplice e scontata per i miei gusti ;)

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