venerdì 29 novembre 2019

Gli altri film del mese (Novembre 2019)

Sono già passati tre anni da quando il "Gigante Buono" ci ha lasciati, parlo ovviamente di Bud Spencer, nostro compagno di gioco e scazzottate, che insieme al suo fidato scudiero Terence Hill, ha allietato la nostra infanzia e continua tuttora a regalarci momenti di svago assolutamente riconoscibile. Ebbene, a 90 anni dalla nascita dell'attore, dalla nascita di Carlo Pedersoli, History l'ha celebrato tramite un documentario (che ovviamente ho visto), intitolato Le mille vite di Bud Spencer. Un documentario che attraverso filmati di famiglia inediti, backstage esclusivi dei suoi film e interviste ai familiari ne ha raccontato la sua incredibile storia, passando attraverso curiosità poco note come il suo passato da imprenditore e pilota d'aerei. Lui che ha vissuto davvero mille vite diverse, anche se con il suo vero nome probabilmente ne ha vissuta solo una, quella più intima e familiare. Ed è quella di cui tratta, oltre a quella prettamente cinematografica, la suddetta emozionante finestra di approfondimento. E insomma è stato davvero bello conoscere certi aspetti che non conoscevo. Tuttavia, ancor più bello è stato, a distanza di un po' di anni dall'ultima volta, rivedere, grazie ad Italia Uno, che ne ha mandato in onda la Extended Version, Shining. A proposito di versioni e quant'altro (di director's cut per esempio), molti non gradiscono che si faccia ciò, ma io penso che se un film sia un capolavoro o un film cult, lo sia a prescindere dalla versione proposta, che questa poi sia nuova o vecchia agli occhi degli spettatori. Infatti, l'aura di film mitico, come è questa pellicola diretta dal maestro Stanley Kubrick ed interpretata magnificamente da Jack Nicholson, è rimasta intatta. Una pellicola certamente non perfetta come 2001: Odissea nello spazio, anche perché molti dubbi ancora lascia, soprattutto sul finale, ma è indubbio non dare a questo film d'atmosfera, musicalmente accattivante e dannatamente inquietante, i propri meriti. E infatti anche se non ha avuto il giusto spazio tra le mie recensioni (mancanza di posto nel calendario già prestabilito) l'avrà (insieme a tutti gli altri film antecedenti gli anni 2000 visti quest'anno) nelle classifiche finali. Perché appunto quest'ottimo film, che ha avuto un sequel in queste settimane (un'anteprima ho avuto grazie sempre ad Italia Uno, andata in onda alla fine del film), iconico come pochi, è fantastico.
Lo scandalo Kennedy (Biografico, Drammatico, Usa 2017)
Tema e genere: All'infinita saga cinematografica sui Kennedy si aggiunge un nuovo tassello, diretto da John Curran su sceneggiatura di Taylor Allen e Andrew Logan. Un film che ricostruisce l'episodio che rischiò di compromettere la carriera dell'ultimo rampollo del patriarca Joe, qui mostrato (interpretato da Bruce Dern) anziano e malato, ma ancora cinico e duro.
Trama: La vita e la carriera politica del ventottenne senatore Ted Kennedy deragliano a seguito del discutibile incidente stradale che nel 1969 costa la vita a Mary Jo Kopechne, giovane stratega della sua campagna elettorale.
Recensione: Le storie sui presidenti americani ormai fanno parte di un filone a sé, tanti potrebbero essere gli esempi, sottogruppo del filone è quello sui presidenti mancati, Vice, il presidente occulto che non riuscì a diventare il presidente effettivo, The Front Runner (che però devo ancora vedere), il presidente in pectore che non ottenne la candidatura perché travolto dal gossip, ed ora Lo scandalo Kennedy, che è precedente ad entrambi, e sono tutte particolarmente interessanti da scoprire e vedere (soprattutto se non si conoscono certe storie). Lo è anche questo, che mette al centro della scena il meno immediato nel nostro immaginario: Ted, il fratello superstite, il leone del Senato. Morti John e Bobby, Ted divenne il capofamiglia, pur essendo ancora vivo benché agonizzante il feroce patriarca Joseph. Stimatissimo da tutti, Ted non riuscì a prendere possesso della Casa Bianca perché nel 1969 fu coinvolto in un tragico scandalo che gli stroncò le ambizioni presidenziali. Egli infatti a seguito di un incidente finì in acqua assieme alla passeggera, una giovane stratega che morì, e pensò male di non denunciare subito l'accaduto. La pellicola così, con un taglio semi-documentaristico (perché ovvio che per quanto sia verosimile la ricostruzione, degli eventi, basata su un meticoloso e rigoroso studio di articoli di giornale e trasmissioni dell'epoca, comunque va letta col benefico del dubbio, come in questi casi è doveroso fare), prova a raccontare quel tragico evento, mettendo soprattutto in evidenza la pochezza morale e caratteriale del senatore. Ambizioso come tutti i Kennedy sarebbe probabilmente stato disposto a mentire, pur di non compromettere la sua carriera, se gli eventi non lo avessero sopraffatto e travolto. Subito dopo il fattaccio, Ted si rivolse al padre, cercando conforto e consigli, ma il vecchio patriarca colpito da un ictus e con evidente afasia, riuscì comunque ad esprimergli tutto, il suo disappunto e disprezzo. E insomma ricostruzione di un fatto storico, l'ennesimo che riguarda da vicino la famiglia Kennedy, un fatto che, seppur decisamente sbilanciato sul versante soggettivo-biografico che quello storico-massmediologico, riesce a coinvolgere ed avvincere al punto giusto. Certo, non ci sono guizzi particolari, la storia è lineare, ma questo film, questo Chappaquiddick (titolo originale che si riferisce al paesino marittimo in cui accadde il fattaccio), comunque da vedere, anche solo per recuperare un fatto non noto o dimenticato vista la coincidenza dell'episodio con l'allunaggio (siamo nel luglio 1969), è un film decisamente interessante e riuscito, ciò anche grazie ad interpreti (in origine è un Tv-movie) di buon livello.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Cronaca di una catastrofe politica, nella forma di un thriller molto documentato e allo stesso tempo non particolarmente avvincente, Lo scandalo Kennedy lavora con le marche tipiche di questo tipo di produzione: la regia di John Curran sta addosso ai personaggi, usando la macchina a mano come un reporter, la fotografia gioca sui cromatismi sgranati tra l'inchiesta giornalistica e la patina retrò, l'ottima interpretazione di Jason Clarke tra la mimesi e la rielaborazione di un personaggio molto conosciuto in patria. Tuttavia, il film, corretto ed equilibrato, non trova quasi mai un vero battito d'ali, individuando i suoi aspetti più interessanti nella presenza-assenza della ragazza morta (che con un geniale colpo di casting è Kate Mara, vittima del futuro presidente Frank Underwood in House of Cards), nel rapporto straziante e conflittuale con papà Kennedy di un immobile e terrificante Bruce Dern, il finale con gli occhi anziani del vecchio leone mentre ascolta le testimonianze degli elettori.
Commento Finale: Buon ritratto del senatore Ted Kennedy (il tema più curioso è a mio avviso il rapporto con il Padre che cerca di manovrare i figli). Un film realistico e lineare (la politica in parallelo con la giustizia... o forse l'ingiustizia). Senza guizzi particolari ma interpretato degnamente. Tanto che film riuscito ed avvincente al punto giusto è questo.
Consigliato: Sì, soprattutto agli amanti del genere.
Voto: 6
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Capitano Koblic (Thriller, Dramma, Argentina-Spagna 2016)
Tema e genere: Un thriller drammatico che ha come tema la dittatura argentina tra il 1976 e il 1983.
Trama: Nel 1977, durante la dittatura argentina, un ex pilota della Marina disobbedisce agli ordini e diventa un ricercato. Decide allora di nascondersi in una piccola città del sud, dove la sua presenza catturerà presto l'attenzione di un violento maresciallo senza scrupoli.
Recensione: Il dramma dei desaparecidos è raccontato attraverso una storia a mezza strada tra un noir e un western. Al centro della vicenda un uomo di origine polacche che fugge (giustamente) dall'orrore della dittatura argentina perché rifiutatosi di scaricare persone narcotizzate, ancora vive, in mezzo all'oceano. Ma se il passato potrebbe non fare sconti, anche il presente potrebbe (la meschinità umana, interpretata qui da Oscar Martinez, e non solo, mai svanisce), figuriamoci il futuro. Dopo essersi imposto negli anni Ottanta e Novanta come produttore e sceneggiatore argentino di serie televisive tra i più prolifici, Sebastian Borenzstein si cimenta nella regia cinematografica. Sugli schermi italiani è noto per Cosa piove dal cielo? con cui ottiene il premio Goya, l'equivalente spagnolo degli Oscar. Sullo sfondo di una delle pagine più buie della Storia argentina, Capitano Koblic pur prediligendo la scrittura di genere del noir (anche se in modo leggero), non perde di vista l'importanza della tematica affrontata (anche se tende spesso a divagare dalla suddetta), quella appunto de "I voli della morte". Un crimine di lesa umanità, uno dei modi più aberranti utilizzati per uccidere prigionieri politici e non, come si legge dallo sconcertante incipit del film, un film che, dalla fattura classica, per la scelta di una narrazione lineare, privilegia la caratterizzazione dei personaggi rispetto al ritmo (azzeccata la scelta del cast, in particolare di Ricardo Darìn nei panni della figura positiva del comandante, che rifiuta di aprire il portellone del proprio aereo, prendendosi il tempo di descrivere quel clima di terrore e prevaricazione). Aiuta poi la scelta di un paesaggio desolato e isolato, dove si consumano rapporti di forza sul piano sociale, e quella delle vicende private dei personaggi (la giovane donna, interpretata dalla bella Inma Cuesta, costretta ad accettare una relazione incestuosa), in cui ognuno, a proprio modo, è responsabile del proprio agire. Il risveglio della coscienza di un uomo è il risveglio di una nazione. I personaggi assumono una valenza simbolica e austera in un clima teso e opprimente. Il finale (che offre una speranza alla ribellione) è un lampo di luce. E così il film appassiona (degnamente) ed emoziona (sconcertando a più riprese). Certo, non sempre la sceneggiatura riesce a disegnare personaggi secondari all'altezza, certo, la storia d'amore pare non molto funzionale e persino forzata, certo, si poteva fare meglio, ma film interessante (storicamente e non) è questo.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Piccolo film di qualità (media qualità) proveniente dall'interessante Argentina. Il Sudamerica si conferma terra di nuovi cineasti. A fare da supporto due grandi attori. Il primo è il conosciutissimo Ricardo Darìn, icona del cinema della sua nazione, sempre misurato e di spessore, il secondo è il meno conosciuto Oscar Martinez, capace di dare un taglio laido ed inquietante ad un personaggio apparentemente minore. Il regista Sebastian Borenzstein riesce a costruire un'opera serrata con toni che vanno dal noir al western, dando anche un forte riscontro sugli anni più bui della dittatura dei generali. Un film di "genere" (molto ben ambientato e accuratamente ricostruito nei suoi drammatici connotati di cronaca nera più devastante) che sa descrivere un popolo e un periodo storico senza indulgere in sentimentalismi e ricami.
Commento Finale: Un film che strizza forse un po' eccessivamente l'occhio ad un accumulo non sempre credibile di suspense, ma che si lascia guardare, pur senza avvincere veramente (e nonostante alcuni difetti evidenti), ripercorrendo con rigore e valida documentazione uno dei momenti più drammatici e disumani di una dittatura tremenda come e più di ogni altra.
Consigliato: Sullo sfondo della terribile vicenda dei desaparecidos argentini si dipana questa pellicola che non appare memorabile ma comunque vedibile.
Voto: 6
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Il viaggio (Drammatico, Gran Bretagna, 2016)
Tema e genere: Film drammatico diretto da Nick Hamm che racconta la genesi dello storico accordo siglato da Ian Paisley e Martin McGuinness che nel 2007 scriverà la parola fine sul sanguinoso conflitto nei territori dell'Irlanda del Nord.
Trama: Nell'ambito di un incontro realmente avvenuto tra l'anziano pastore leader della fazione protestante e quello della parte cattolica, considerato fino a poco prima un vero e proprio terrorista in capo all'IRA, gli sceneggiatori ipotizzano cosa potrebbe essere accaduto tra i due leader se una circostanza fortuita li avesse visti costretti a convivere per qualche tempo in un'unico spazio ristretto. Ecco che dunque un abile stratega al soldo del Primo Ministro inglese inscena la necessità di convogliare per il ritorno a casa del leader protestante in un volo organizzato di fortuna a seguito del blocco dei trasporti aerei causa maltempo. E fa sì che il leader cattolico offra un passaggio all'altro suo "nemico" giurato. Nel viaggio lungo un'ora sono riposte tutte le pur flebili speranze per il raggiungimento dell'intesa.
Recensione: Il film è una divertente commedia, non priva di forzature e ingenuità, magari non particolarmente ricca di sfumature, ma che restituisce in modo efficace l'elemento comico che sta al cuore del dramma. Visti da fuori, anche i conflitti peggiori e più insanabili hanno un che di ridicolo, specie se rimangono fondati su barricate mentali le cui radici affondano ormai largamente nel passato. In genere i protagonisti di tali conflitti non sono capaci di guardare al futuro, e mantengono un'ostinazione incomprensibile a tutti quelli che li circondano (nel nostro caso, preoccupati di far parlare Paisley e McGuinness vediamo i governi irlandese e britannico, e i rispettivi primi ministri). C'è comunque un equivoco che occorre sfatare. Leggendo di questo film prima di vederlo, vi farete l'idea che entrambi i protagonisti, in partenza, si rifiutino di dialogare. Non è così: è Paisley che non vuole dialogare. McGuinness, al contrario, è consapevole della necessità di cooperare con l'avversario. E questo non solo è vero storicamente, ma corrisponde anche all'attitudine politica dei rispettivi partiti almeno a partire da fine anni '90. Di conseguenza il film è concentrato in realtà soprattutto sulla figura di Ian Paisley, che è l'autentico protagonista. E l'interpretazione caricaturale che ne dà il grande Timothy Spall è perfetta nel rendere grottesca (oltre che buffa) la sua testardaggine iniziale, ma anche poi verosimile un processo di "conversione" apparentemente quanto mai improbabile. Perciò, seppure lo spettatore sa come andrà a finire, è dal divario fra esito e premesse che scaturisce sin da subito la curiosità con cui si segue il film. Un film non di certo destinato a entrare negli annali del cinema, e avrebbe potuto anche essere un film migliore in altre mani: del resto lo spunto si prestava a rese differenti. La regia di Hamm è piuttosto piatta, manca di personalità, e resta soprattutto al servizio di una sceneggiatura buona, ma non poi così ambiziosa. Sono limiti tuttavia che non si fatica a perdonare, a un'opera che nonostante sia tutta parlata non annoia e che riesce nel suo intento di base, che è far riflettere, divertendo, sulla piccineria umana (da cui nascono le tragedie), e su quanto rimanga, purtroppo, un fatto eccezionale quel gesto di semplice intelligenza che occorre a superare la meschinità individuale in nome del bene comune.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Trattasi di una tappa storica per l'Irlanda del Nord che Nick Hamm (con la sua regia corretta, troppo) romanza nel solco della miglior commedia britannica, sfruttando due personaggi di carisma ed ego, bloccati forzatamente in un'unica unità di luogo, una vettura immersa in un viaggio, dove i contrattempi vengono forzarti dall'alto per dare il tempo necessario alla concretizzazione di un'apertura ritenuta quasi impossibile. Vedendo il procedimento, non è difficile notare delle forzature, ovviamente concentrate verso la conclusione per condurre al noto risultato finale, ma la sceneggiatura scandisce tempi brillanti che ne sminuiscono l'impatto e il resto è pane per i denti di due attori dal sicuro affidamento, che nei loro sostenuti duetti sembrano aver recitato da sempre insieme. Colm Meaney è rilassato e mostra a chiare lettere la determinazione del suo personaggio di infrangere un muro che sembra inscalfibile, mentre Timothy Spall aderisce al personaggio nel look così come in mossette, con un tipico sorriso trattenuto che è comico di suo, e già solo con un'occhiata, o una posa particolare, anticipa quello che sarà poi il senso della battuta a seguire. Soprattutto grazie a loro, ma anche John Hurt ricava un piccolo delizioso spazio, si racconta una pagina di storia moderna gestendo lo spettacolo in estrema sicurezza, facendo prevalere tonalità serene, senza comunque tralasciare inevitabili intoppi dovuti a divergenze culturali di lunga sedimentazione.
Commento Finale: Uno spettacolo sicuramente accomodante, ma funzionale a trasmettere l'arte del dialogo tra posizioni distanti e quindi successivamente del compromesso (che di questi tempi non fa certo male), che intrattiene grazie a uno script che procede a colpi di fioretto, affidati a due moschettieri d'eccezione.
Consigliato: Sì, ma valutando bene e con accortezza visto l'argomento e tutto.
Voto: 6
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Molly's Game (Biografico, Dramma, Usa 2017)
Tema e genere: Basato sul libro scritto da Molly Bloom (Molly's Game: From Hollywood's Elite to Wall Street's Billionaire Boys Club, My High-Stakes Adventure in the World of Underground Poker), il film (un thriller biografico drammatico) è l'esordio registico dello sceneggiatore Aaron Sorkin (suoi sono i testi di The Social Network e L'arte di vincere, tanto per fare esempi recenti).
Trama: Una donna costretta a cambiare carriera inizia a organizzare partite di poker tra giocatori milionari, ma a un certo punto il gioco le sfugge di mano.
Recensione: Esordio alla regia di Aaron Sorkin, già apprezzatissimo sceneggiatore, dietro, solo per citare l'ultimo in ordine di tempo, allo Steve Jobs di Danny Boyle, Molly's Game è un film perfettamente riuscito che contiene tutti i suoi marchi di fabbrica già presenti nelle sceneggiature dirette da altri: poca azione, tanti dialoghi, spesso arguti e taglienti, personaggi ben definiti e caratterizzati (in questo caso interpretati da attori bravissimi). Basato sul libro della stessa protagonista, Molly's Game è un film che ha molto meno a che fare col poker di quanto non ne abbia con la voglia e la capacità di descrivere la vita, fatta di solitudine, di una donna che cerca di realizzarsi in un mondo di uomini, e finisce per rincorrere solo il denaro, diventare schiava della droga e venir abbattuta e abbandonata da quel sistema al quale si era solo illusa di poter sfuggire. Nonostante sia scritto da un uomo, grazie anche al materiale d'origine, il film (che è sì la classica storia americana di ascesa caduta e rinascita, ma non solo) si dimostra insomma in grado di tratteggiare un finissimo ritratto delle tribolazioni a cui va incontro una donna in un mondo, fondamentalmente, maschilista. Una donna (splendidamente interpretata da Jessica Chastain) che vuole essere libera, indipendente, e non soggiogata al potere di un uomo, di cui non crede di aver bisogno per realizzarsi e avere successo (pur esibendo per tutto il film una sfilza di décolleté da far girare la testa). Seppur il film, in alcune sue parti, si possa definire "poco cinematografico", rimane comunque una storia interessante, anche avvincente, raccontata in maniera egregia per mezzo di uno script come al solito iperdialogato ma che riesce ad evitare la saturazione e la noia, mantenendo invece ben alta la tensione per oltre due ore di durata (cosa che si deve, probabilmente, anche al montaggio). Già questo non è cosa da poco. Ma come se non bastasse ad alzare di livello il film sono anche, senz'altro, come già accennato, le eccellenti prove degli attori (non solo Jessica Chastain, che dopo Miss Sloane, tratteggia mirabilmente un nuovo personaggio femminile forte e indipendente, ma anche, almeno, Idris Elba). La costruzione narrativa è solida e non cede quasi mai (salvo, talvolta, nei flashback riguardanti il rapporto col padre, interpretato da Kevin Costner, e in particolare, nell'incontro finale con lo stesso, un po' troppo melenso e strappalacrime), ma, essendo il film basato su una storia vera, anche la lieta fine, altrimenti assolutamente improbabile, un po' inaspettata, non appare troppo forzata. A conti fatti, un buon esordio che suggerisce un nuovo brillante futuro per l'autore in veste di regista-sceneggiatore.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/CastAaron Sorkin con il suo Molly's Game dà prova di sapersi destreggiare senza problemi anche con la regia, oltre che con la sceneggiatura (non è un caso che la suddetta sia stata candidata all'Oscar nel 2018). Il film utilizza tutta una serie di espedienti tecnici che riescono a tenere ben alta la nostra attenzione, pur senza creare una tensione troppo alta. Voce narrante, montaggio rapido e alternato e immagini accattivanti sono astutamente utilizzati per permettere anche agli spettatori più pigri di godersi un film che scorre senza tempi morti, che sa alternare ritmi narrativi e stili diversi. Non è infatti un film che si rincorre per tutto il tempo da solo, ma che riesce a dosare abbastanza bene le colonne portanti della sua struttura. A questo si aggiungono anche i dialoghi esplosivi, concitati, carichi di un'ironia che non sfocia mai nel ridicolo o nel volgare. In questo senso la sceneggiatura è congegnata in modo da creare un'astuta complicità con lo spettatore, che, travolto da immagini e parole, non può far altro che seguire e a tratti sorridere compiaciuto. Tuttavia, Molly's Game non va oltre un film di intrattenimento, non si spinge più a fondo dell'empatia che possiamo provare nei confronti della protagonista, alla quale per una serie di errori e scelte sbagliate alla fine della sua carriera di organizzatrice di giri di poker viene tolto tutto, quella stessa empatia che spinge l'avvocato Charlie Jaffey (Idris Elba) a prenderla come sua cliente. Di certo l'esplicito riferimento alla Molly Bloom di James Joyce non basta a creare un rapporto intertestuale sufficientemente approfondito e intellettuale. Se da un lato l'esuberante e accattivante estetica che viene costruita ci permette di seguire con estrema facilità e disimpegno la storia di Molly (interpretato da una bravissima Jessica Chastain), dall'altro non ci viene letteralmente lasciato spazio per qualche riflessione in più. A parte ciò, rimane un film estremamente godibile e tecnicamente ben pensato.
Commento Finale: Con una regia precisa e ben consapevole dei risultati da raggiungere, una sceneggiatura brillante ma non perfetta, un'attrice in forma splendente, con un discreto comprimario, con tutto ciò a disposizione il film è molto apprezzabile.
Consigliato: Sì, perché è un film molto interessante.
Voto: 6,5
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12 commenti:

  1. Concordo come saprai già per Molly's Game, veramente una gradita sorpresa

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    1. Sì lo so, tuttavia io speravo anche qualcosa in più, ma va bene pure così ;)

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  2. Dovrò recuperare Molly's Game. Non ero convinta e ho preferito guardare altro, ma la tua recensione mi ha fatto cambiare idea. Il resto passo.
    Non sono mai stata una grande fan di Bud Spencer invece in famiglia lo apprezzavano molto, consiglierò a tutti di guardare il documentario.

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  3. Non li ho visti, ma anche a me incuriosisce Molly's game.
    Poi, come ben sai, adoro giocare a carte e sono brava anche a poker. 😉

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    1. Sì, è un film particolare, e una storia particolare, in cui il poker ha la sua mano ;)

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  4. mi incuriosiva il film sui desaparecidos, ma dal tuo commmento "vedibile" mi sa che c'è decisamente di meglio in giro sull'argomento

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    1. Sicuramente c'è, ma ora non mi viene in mente nessun titolo, e comunque qui è centrale il tema dei desaparecidos ma paradossalmente marginale, però di questi tempi vedibile è tanta roba ;)

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  5. Ho visto solo Molly's Game, carino e con attori bravissimi ma un po' troppo prolisso per i miei gusti.

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    1. E' un po' lunghetto effettivamente, tanto che quello è sicuramente un fattore che non mi ha permesso di dare un giudizio ancor migliore.

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  6. Jason Clarke (ho capito chi fosse solo grazie alla parte dedicata al cast) nell'immagine sembra un mix tra Garko imbruttito e Matthew Perry...
    Tra questi mi attira solo l'ultimo 👍

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    1. Effettivamente non sembrava quando ho visto il film, ma è lui, certo che è lui ;)
      L'ultimo? Beh ne hai tutte le ragioni vista l'interprete femminile :)

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