Creed, un'operazione che ha dalla sua l'alto potenziale di divenire il seguito ideale di Rocky, è un film che mantiene tutte le premesse di cui si fa carico, abbraccia il passaggio di consegne tra due generazioni e trascina lo spettatore in una storia avvincente, emozionante e appagante. Sotto questo punto di vista non si può chiedere molto di più alla fatica di Coogler, che, conscio del fardello e dell'onere che porta sulle spalle, non si limita solamente a rispolverare una saga immortale, ma destinata probabilmente ad un remake a breve, e con mano ferma e coraggio affronta un viaggio di crescita e maturità interiore, da parte nel protagonista, con cui mostra la genesi di un pugile che lentamente si crea dalle ceneri di un mito ormai caduto entrato nella leggenda. Riuscendo così intelligentemente a creare uno stabile equilibrio tra vecchio e nuovo, tra il passato consolidato e il presente ancora da scrivere. Il presente di Adonis Creed, figlio illegittimo di Apollo, che ha paura di vivere nell'ombra di suo padre, il pugile campione del mondo morto poco prima della sua nascita, ma la passione per la boxe sembra essere insita in lui come una maledizione, tanto da condizionare profondamente la sua esistenza. Lasciati gli sfarzosi ambienti di Los Angeles, dove viveva assieme alla madre adottiva moglie del padre biologico, Adonis si reca a Philadelphia in cerca di Rocky, l'amico ed al contempo grande avversario di Apollo, il quale, ormai vecchio e stanco, tiene un ristorante con cui riesce a sbarcare il lunario e vivere modestamente. L'incontro tra i due rappresenterà una vera e propria scintilla, capace di far rievocare ad uno il passato vissuto, nella gloria e nella fama, da campione ed all'altro di combattere le proprie paure e affermarsi come erede degno del nome che porta. Creed è un'opera genuina, robusta, sorprendentemente articolata per quanto ricalchi i cliché narrativi dei capitoli di Rocky, appassiona, diverte e sa pure commuovere grazie alla sensibile performance di uno Stallone totalmente calato nella parte, defilato eppure centrale, capace di sfumature emotive da stringere il cuore più di una volta.
Creed ci fa riprovare l'ebbrezza del ring, ci conferma quanto il combattimento coi guantoni, sotto i riflettori, in diretta tv, non sia altro che la rappresentazione della lotta quotidiana per la sopravvivenza (a proposito ben condotte le riprese dell'incontro finale, che i pochi ma efficaci rallenty enfatizzano senza mai sovraccaricare l'azione e renderla artificiosa, lasciandola, invece, sempre naturale, fluida, serrata). Caricarsi di tutto il dolore provato e convogliarlo in quel destro che fa la differenza, decretando la vittoria o solamente facendo tremare i polsi all'impavido (gradasso) avversario. L'importante è finire in piedi il match (ancora una volta) e dimostrare che sotto la futile apparenza, dietro un nome ingombrante, che risuona quasi come una condanna, si cela prodigiosa sostanza. Non più il sogno americano da agguantare, piuttosto la lotta contro i propri demoni per riuscire una volta per tutte a sconfiggerli. Ma se da un lato quello a cui assistiamo rientra pienamente nei canoni del genere, grazie a sequenze ormai storiche immancabili in produzioni di questo tipo, come può essere l'allenamento, il riscatto, la vittoria, l'amicizia, dall'altro è assai efficace il cambio di direzione che questo Creed vuole fare per identificarsi come un prodotto capace di stare in piedi per conto proprio. Lasciati, infatti, i sobborghi abitati da italo-americani, sostituiti da quelli afro, diversi anche per la musica ed i costumi, Coogler opta per un'originalità capace di amalgamare passato e presente, cucendo addosso alla sua creatura una veste che goda degli echi epici, complice anche la musica che fa il suo dovere, di chi l'ha preceduta ed allo stesso modo non si riveli una semplice emulazione figlia di un'operazione di mercato per far leva sulla nostalgia degli appassionati. È un passaggio di testimone, è l’intenzione di rispolverare non solo il genere della boxe, che conta titoli assolutamente memorabili, ma di rinverdire la leggenda, proporre un nuovo ennesimo eroe che il pubblico possa seguire ed amare incondizionatamente come è accaduto col ragazzone Rocky e, magari, insieme al personaggio, affezionarsi all'attore che lo interpreta, un bravissimo Michael B.Jordan, recentemente visto però solo in deludenti produzioni anche se interessanti, da Fantastic 4 a Quel momento imbarazzante, da Chronicle a Red Tails, qui invece grande prova la sua.
Questo fa il regista, immettendo nel racconto ben congegnato, dalla trama fitta e dalla solida consistenza, elementi nuovi, in linea con l'evoluzione della boxe negli ultimi anni (la presenza di donne nelle sudice palestre di quartiere per esempio) ed altri fattori di contorno che riflettono limpidamente la nostra contemporaneità, come il commento musicale quasi totalmente affidato al cadenzato rap (di Tessa Thompson), internet wireless, piccoli club dove si sperimenta musica alternativa, acconciature afro definitivamente chiuse in un cassetto a doppia mandata, macroscopici tatuaggi artistici che dal nudo torace s'inerpicano fino al collo, larghi calzoncini da combattimento diversi nel materiale e nella lunghezza non più inguinale, leggeri giubbotti smanicati, pendant coi calzoncini, provvisti di cappuccio invece delle larghe pesanti, un po' pacchiane, vestaglie indossate dalle antiche glorie del settore giusto il tempo di arrivare dagli spogliatoi al ring. E ancora, incazzosi approcci tra maschio e femmina, assai diversi dalla goffa tenerezza di due timidi giovani innamorati nei lontani (iconici) anni '70. C'è di più, non a caso, in tutto questo, un'irrefrenabile ambizione e rispetto per il materiale di partenza con cui deve fare i conti la pellicola, e Creed lo dimostra in tanti passaggi, a cominciare dai rimandi e dalle citazioni al primo Rocky o al quarto episodio, fino all'entrata in scena di Stallone, la cui prova rimane encomiabile. Il Balboa che vediamo adesso però è un uomo ormai anziano, un gigante buono che nella sua semplicità si limita a dare consigli a chi gli sta intorno senza chiedere niente in cambio, un uomo di altri tempi, un filantropo a cui non piace farsi pubblicità, ma che abbraccia ogni cosa con una genuinità ed una calma quasi filosofica. Una figura quasi crepuscolare, romantica e decadente, che in questo spin-off si eleva a co-protagonista segnato dal tempo, ma dotato ancora di quel fascino immortale, arricchito da una sceneggiatura e dai dei dialoghi capace di fare di lui un comprimario completo e complesso, reale e sincero, che porta il volto di un Sylvester Stallone in un tale stato di grazia da meritarsi, indubbiamente, qualche riconoscimento (peccato per l'Oscar), Se Stallone, infatti, ha sempre avuto dei limiti per la sua mono-espressività, che non ha mai giovato troppo alle sue performance relegandolo ad attore indirizzato unicamente a ruoli da macho (fulgido esempio I Mercenari 3, non proprio perfetto), a questo giro Sly fa della sua debolezza, e delle sue mancanze, un vero e proprio punto di forza su cui fare leva, la faccia con cui affronta questa sfida, sciupata dagli anni e dal tempo, piena di rughe e preoccupazioni, è un insieme omogeneo di tristezza, compassione e solitudine, quel volto che ti aspetteresti di vedere in un uomo che ha perso moglie e amici, in attesa solo della morte. Un lavoro davvero encomiabile, perciò, quello fatto da Coogler, che regge benissimo fino alle battute fine, dove, purtroppo, in più di un occasione scivola e inciampai stilisticamente e tecnicamente, lasciandosi andare a qualche eccesso di troppo, perdendo quella personalità che ben emerge per gran parte della pellicola, eppure Creed è una storia che si vive sulla pelle e si guarda senza mai stancarsi, un riscatto personale da parte del giovane protagonista che, pur di trovare se stesso, abbandona lavoro e lussi, compie un percorso di maturazione e consapevolezza, a cui non importa vincere per affermare il proprio nome, ma interessa lottare per convivere con il proprio passato e prendere atto di chi è davvero. Una favola capace di coinvolgere il pubblico e confezionare momenti di grande empatia, non andando mai troppo oltre il consentito e prendendo in analisi il mondo della boxe attraverso quei personaggi che ne hanno fatto la storia sul grande schermo. Una storia che non finirà mai. Voto: 7,5
Questo film l'ho visto quest'estate e mi è piaciuto, anche se non amo il pugilato e non avevo mai visto prima un film di "Rocky"!😊 A presto!👋
RispondiEliminaNeanche il primo? quello più famoso e più bello? vabbé che non era imprescindibile però non me l'aspettavo, comunque se ti è piaciuto ugualmente va benissimo lo stesso ;)
EliminaCaro Pietro,
RispondiEliminadopo aver visto la saga Rocky ... (di cui il 3 e 4 restano i miei preferiti a gusto mio ...) questo film l'ho trovato deludente ... ma credo che sia il problema di molti spin-off! "sparare tutto in anticipo!!
Come tu dici:
da un lato vogliono risolvere tutto velocemente e in fretta, tanto che lo spettatore (io nella fattispecie) non ha nemmeno tempo di abituarsi ad un contesto mal descritto in una via lasciva di luoghi comuni, e dall'altro voler eccessivamente rimarcare com'è l'attuale società americana dei ghetti ... in se per se il film non sarebbe nemmeno male ma a mio avviso, poteva dare più spazio a certi messaggi e meno ad altri ... ma forse è una cosa voluta per far capire che se oggi non sei così da quelle parti non funzioni ... in ogni caso, del vecchio Rocky - Creed ha mantenuto la passione per la "rinascita e la rivincita" e il desiderio di non arrendersi alle avversità che ci soffocano ... il tutto però in un concetto comunque "facilistico" ...
Riguardo l'indissusso fascino secolare di Stallone, vecchio romantico sognatore Balboa, credo che solo per lui, sia valsa la pena di aver visto il film. Oddio ho scritto troppo!! Un saluto ^__^ scusami ciao ciao a presto e grazie mille per tutto.
Sì infatti qualche pecca e qualche errore c'è anche se nel complesso nonostante una velocità d'intenti e un poca considerazione di certi temi un po' troppo frettolosamente spiattellati è un discreto proseguo di una saga che non sapevo ti piaceva così tanto ;)
EliminaPer fortuna che c'era Stallone in effetti, altrimenti il film non avrebbe avuto senso alcuno, comunque non fa niente se ti sei dilungata nella scrittura, mi fa piacere riceverli e leggerli questi messaggi :)
Ciao e a presto! :D
Io ti dico solo una cosa: spero in un sequel con il figlio di Creed che viene massacrato da Ivan (Dolph Lundgren) *___*
RispondiEliminaMoz-
Eh addirittura, sarebbe l'apoteosi, però sarebbe meglio se vincesse Adonis, un morto può bastare ;)
EliminaMica a ucciderlo, eh.
EliminaMa una bella lezioncina gli ci vorrebbe, allo spocchioso figlio di Creed.
Moz-
Non ti basta le due che già riceve nei tre match che disputa? non dimenticarti del primo ko e poi della sconfitta finale...però in effetti un spocchioso lo è certamente ;)
EliminaE' stata davvero uno sorpresa... Chi se lo aspettava!
RispondiEliminaEra comunque prevedibile che avrebbe avuto successo, d'altronde il soggetto era già una bomba ;)
EliminaL'ho visto in aereo questo film.
RispondiEliminaE Boh. Io penso che alcune saghe vadano lasciate stare.
Come dici tu, è un bel film, ma se fai uno spin-off di Rocky che, immagino, abbiamo amato in tanti (chi più, chi meno), devi farlo eccezionale, altrimenti anche no.
(ma è la mia opinione eh)
Ma la saga di Rocky è comunque un po' particolare rispetto ad altre, non è certo un capolavoro questo, però è attinente alla trama e alla storia originale, in ogni caso opinione più che giusta ;)
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