sabato 25 giugno 2016

Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet (2013)

Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet (The Young and Prodigious T.S. Spivet) è un film d'avventura del 2013 scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet. La pellicola è la trasposizione cinematografica del romanzo Le mappe dei miei sogni (The Selected Works of T.S. Spivet) di Reif Larsen. Jeunet ritorna quindi sullo schermo con un'altra favola, già nei titoli infatti, il regista francese illustra la sua poetica. I riferimenti al "favoloso" e allo "straordinario" rimandano a favole moderne, raccontate con uno sguardo divertito che mescola un approccio creativo con soluzioni stilistiche brillanti e surreali. Come praticamente fece nel precedente "Il Favoloso Mondo di Amélie", ma ambientandola negli Stati Uniti e precisamente nello sconfinato, selvaggio ed affascinante territorio del Montana. Il suo virtuosistico stile che ha sempre contraddistinto come un marchio di fabbrica irrinunciabile l'abile regista francese, lo si apprezza difatti sin dai primi minuti, che ci catapultano tra le verdi praterie del Montana, in mezzo alle spighe di grano ancora verdi, tra una natura grandiosa e costruzioni isolate dipinte di colori brillanti, nella tenuta agricola della famiglia Spivet. La vicenda è tutta imperniata su di un ragazzino di dieci anni, appassionato di scienza e inventore in erba, estremamente dotato di intelligenza, che vive con la sua famiglia composta dal padre cowboy fuori tempo massimo (nato nel periodo storico sbagliato), dalla madre oftalmologa ossessionata dalla morfologia degli scarafaggi, comunque mammina dolce ma un po' bizzarra (d'altronde è impersonata dalla sempre eccentrica e adorabile Helena Bonham Carter, finalmente in panni, quasi, normali o comunque non coinvolta per una occasione in film in costume), dalla sorella quattordicenne che sogna di diventare Miss America e il suo gemello eterozigote Layton. Dopo la morte accidentale di uno dei due, il superstite, T.S., (un acronimo dove S sta ad indicare "sparrow", un piccolo passero che la leggenda vuole andò a sbattere sul vetro della finestra dell'ospedale in cui stava per nascere il piccolo, e morendo ebbe modo di cedere la sua anima al bel nascituro), manda quasi per caso una propria invenzione ad un istituto scientifico, senza farci nessun conto o nutrire particolari speranze.
Un giorno però inaspettatamente la fondazione dello Smithsonian di Washington telefona in casa Spivet per comunicare che l'inventore della macchina che garantisce il moto perpetuo (o almeno durevole circa 400 anni) è invitato a ricevere il premio Baird e a tenere un discorso di presentazione e ringraziamento. Nonostante qualche diffidenza iniziale e complice anche il fatto che egli viene un poco trascurato e considerato dai componenti della propria famiglia come un "personaggio strano" ed in seguito anche alla morte accidentale, ma di cui egli si sente fortemente colpevole, decide di intraprendere il lungo ed avventuroso viaggio in un treno merci per raggiungere appunto Washington. Il piccolo allora si predispone con tutta la sua geniale attrezzatura per affrontare questo lungo viaggio da ovest verso est, tutto ovviamente all'insaputa della sua allegra famiglia. Inizia così per lui un viaggio fantastico e ricco di avventure dopo cui T.S. riuscirà sano e salvo a raggiungere la meta e lo scopo prefissati, riuscendo anche a svegliare la coscienza dei propri familiari sino a quel momento distratti ed un poco lontani, affettivamente parlando, da lui. Il viaggio diventa perciò un'epopea indimenticabile ed azzardata, e anche il suo arrivo nella capitale getta scompiglio in quanto nessuno aveva idea (neanche il celeberrimo istituto) che l'inventore della macchina prodigiosa potesse essere un bambino. T.S. Spivet è un road movie che dà modo a Jeunet di strabiliare il cinefilo disposto ad ammirare i suoi virtuosismi debordanti e straordinari, il suo ritmo ad orologeria e le mille invenzioni genialoidi che hanno spesso contraddistinto il cinema di questo originale cineasta, che anche in questa occasione non si fa mancare, seppur solo in un cameo, della presenza dell'affezionato ed irrinunciabile Dominique Pinon. Purtroppo il film risulta un po' fine a se stesso e lo stesso viaggio, titanico per lunghezza e precarietà di mezzi, non arriva ad assumere il tono epico che meriterebbe. Oltretutto il film, divertente ma con ritmi e tematiche troppo sofisticate ed adulte, non si presta molto al pubblico infantile. Quanto agli adulti, lo considero più un prodotto di nicchia riservato agli ammiratori appunto (pur numerosi, ritengo, del geniale regista), che un film destinato al pubblico indistinto. Tuttavia è anche bene e giusto considerare come un autore che pensa e concepisce la sua creatura cinematografica non in base ai gusti (spesso discutibili) del grande pubblico, ma andando incontro ad un proprio sentimento od una propria ispirazione, vada premiato e lodato una volta in più.
E se il film in questione non è certo un capolavoro, specie se paragonato ad illustri inimitabili precedenti dell'autore, rimarrà tuttavia impresso in noi spettatori lo sguardo tenero, a volte triste, più spesso spensierato ed illuminato da un bagliore di intelligenza e di irresistibile furbizia che ce lo rendono ancora più simpatico, del piccolo biondo Kyle Catlett, perfetto per incarnare il brillante genietto simpatico, umile e umanissimo, un volto da topino grazioso che una ne fa e cento altre ne pensa. Comunque quello che più colpisce e si apprezza di questa pellicola, al di là della trama che, si presenta piacevole, divertente ed accattivante, ma non dissimile dai moltissimi altri racconti favolistici ed avventurosi di ragazzi, è senza alcun dubbio la pregiata fotografia di Thomas Hardmeier (gli è valso infatti il César 2014 per la miglior fotografia), che riesce a ritrarre scorci e distese di terre lontane ed affascinanti, cogliendone l'anima nel profondo ed incantando, una gioia per gli occhi. A cui si aggiunge l'atmosfera in generale rappresentata dal regista stesso che lo spettatore respira, immedesimandosene nel profondo, e che riflette in maniera alquanto efficace l'ambito domestico e familiare nonché di provincia, portando direttamente alla memoria epoche del passato ed ancora incontaminate dalla globalizzazione contemporanea. La saturazione cromatica infatti (il rosso della casa, il verde dei pascoli), aggiunti alla voce fuori campo del protagonista che illustra le caratteristiche e le stranezze della sua famiglia (a cui si aggiunge un cane depresso che mangia oggetti di metallo e rimane per ore davanti allo schermo della televisione) e del suo metodo scientifico, la scansione per capitoli introdotti da giocattoli antichi composti da figurine in rilievo, il frequente ricorso a scene "in soggettiva" in cui i protagonisti danno corpo e immagine ai propri pensieri, tutti questi elementi mi hanno fatto pensare ad opere come "Hugo Cabret" o "Chocolat", in cui la dimensione fiabesca si coniuga con una ricerca formale che veicola valori estetici elevati.
Si respira nel film di Jeunet una dimensione onirica e un senso di libertà che, se da un lato attenua i vincoli di verosimiglianza e di causalità, propone dall'altro uno slancio creativo, quasi una dichiarazione di fede nel potere della fantasia. Il regista avvalendosi quindi di un cast d'eccezione su cui spicca una sempre splendida, e qui meno inquietante del solito, Helena Bonham Carter, mette in scena uno dei casi editoriali degli ultimi anni, prima esperienza del giovane scrittore Reif Larsen, subito blockbuster e diventato famoso in primis per il carattere grafico del libro, la cui storia si accompagna con gli appunti disegnati del giovanissimo protagonista. La seconda parte della pellicola, che risente forse di un approccio un po' più convenzionale (il discorso davanti alla platea degli scienziati dell'istituto, lo sfruttamento commerciale del "personaggio T:S." da parte dei media, il senso di colpa del protagonista nel rievocare la morte del gemello), non inficia però l'aspetto giocoso e lieve del film che, in alcuni passaggi, strappa il sorriso, diverte, fa intravedere mondi diversi da quelli abituali, unisce il pubblico adulto e quello dei minori nella fruizione di una storia che pare librarsi da terra e ascendere lentamente come una grande mongolfiera colorata che domini un paesaggio amplissimo di montagne, campi, torrenti, treni che corrono lungo il versante di grandi laghi, praterie, fino a raggiungere lo skyline urbano delle grandi metropoli irte di grattacieli della costa orientale degli Stati Uniti, in un viaggio difatti al contrario, da ovest verso est, in antitesi con il mito da frontiera americana. Colorato, onirico quanto basta, con dosate, precise e divertenti trovate sceniche, Jeunet ci porta nell'universo di questo piccolo genietto di 10 anni che allo stesso tempo (del viaggio) deve fare fronte a un importante dramma familiare. Il piccolo protagonista, la famiglia, l'ambiente, il racconto in prima persona, l'appassionante viaggio: tutto funziona ed emoziona...fino al raggiungimento della meta. Anche se lì qualcosa si interrompe, il finale crolla, miseramente, rallenta, perde un po' il suo fresco onirismo, diventa un banalissimo, lento e francamente trascurabile filmetto. Non ho letto il libro, ma leggendone la critica, sembra davvero che Jeunet abbia risentito della sceneggiatura originale, da tanti accusata di superficialità e approssimazione nel finale ed è un vero peccato, un'occasione persa che forse poteva essere salvata provando, almeno nel film, a riscrivere un'opera prima buona a metà. Da quel che sembra stavolta il film è quanto meno bello come il libro...a mio avviso c'erano le basi per provare a renderlo migliore. In ogni caso Jeunet è riuscito perfettamente a consegnare un'opera poetica, fantastica e seducente, intrisa di puro lirismo con anche una sorta di morale e quasi di "avvertimento" per tutti i genitori a non trascurare o, per lo meno, a non dare per scontato l'affetto nei confronti dei propri figli. Consigliabile per evadere un poco. Voto: 6,5

2 commenti:

  1. Molto piacevole, a tratti anche commovente, soprattutto tanto fantasioso!

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    1. Sì gradevole, un po emozionante e molto, forse troppo, fantasioso e anche divertente ;)

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