The Calling è un thriller (del 2014) abbastanza cupo e crudo con risvolti mistico-religiosi ambientato in una piccola città del Canada. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Inger Ash Wolfe, pseudonimo del poeta e autore, Michael Redhill. Una serie di macabri omicidi scuotono la piccola e sonnolenta cittadina di Port Dundas, la caccia al serial killer con una 'vocazione' tanto elevata da consentirgli di commettere omicidi raccapriccianti, toccherà alla detective Hazel Micallef, interpretata dal premio Oscar Susan Sarandon. La detective non ha mai avuto molto di cui preoccuparsi nella sua piccola cittadina, ma sulla strada per la pensione, sarà inevitabilmente costretta a confrontarsi con un serial killer che ha terrificato tutto il paese, che vedrà, in questo viaggio raccapricciante nella zona d'ombra che accoglie fede e paura, l'intera sua vita andare fuori controllo. La donna, che con-vive con la madre, insieme ad un divorzio, un mal di schiena lancinante e gli antidolorifici per tenerlo a bada, insieme ad un 'goccetto' occasionale, si ritrova a doversi occupare dell'omicidio di una donna malata terminale, uccisa nella sua abitazione. Ma al contrario di tanti killer, la vocazione è diversa, non c'è violenza ma liberazione. Non sono le solite fanciulle, ragazze, belle donne, a pagare saranno i 12 prescelti per l’al di là. Il compito di indagare su questi delitti orribili non è facile, ma la detective riuscirà a scoprire la chiave celata in ogni omicidio e a smascherare un diabolico ed efferato piano sanguinario.
Il killer, più malato di mente e di fanatismo religioso, che cattivo, con i suoi metodi agghiaccianti riesce addirittura a salvare una bambina, perché alle volte anche nel male c'è del bene. Ma come si conviene in questo genere di film ed altri tutti, i buoni si salvano ed i cattivi muoiono. La storia però, invece di soffermarsi sull'argomento, senza dubbio interessante, tra il misticismo e fede con un alone di mistero, si concentra soprattutto sulla caratterizzazione del personaggio del detective, il lavoro però non è dei migliori, un po' sciatta, e dalla prima scena capiamo che Hazel (Susan Sarandon appunto) ha un passato doloroso e tormentato e inevitabilmente durante il corso del film verranno a galla i traumi che hanno portato Hazel a quella che è. Questo in effetti accade, ma in modo banale, soprattutto il rapporto con gli altri personaggi è stereotipato e scritto piuttosto male, i dialoghi con la madre sono piatti, la relazione con l'amante sembra buttata lì giusto per rendere il personaggio principale ancora più contorto, il legame che si crea con il nuovo arrivato detective è solo accennato. Perché l'intreccio con le tematiche di fanatismo religioso, spunto che poteva essere interessante, è appena abbozzato e sì, capiamo che Hazel ha problemi con la Fede, ma anche in questo caso non ci sono approfondimenti significativi. Oltre al nome di Susan Sarandon, spicca anche quello di Donald Sutherland, che interpreta un prete di antichi valori, l'artefice di tutto questo delirante 'piano' di un suo fedele 'discepolo'. Nonostante il richiamo per il pubblico di due attori di livello, le loro interpretazioni sono una delle poche cose salvabili del film, insieme forse al tentativo di voler creare un thriller diverso da quelli più mainstream, sebbene il risultato non sia molto soddisfacente. Un film condotto con scioltezza di dialogo ed avvenimenti, non è esagerato ma misurato, la fotografia, sarebbe il caso di dire, lascia a bocca aperta. Il finale non è da meno, un fuoco fatuo. Voto: 6-
The Gambler è un film del 2014 con protagonista Mark Wahlberg, qui anche produttore. La pellicola è il remake del film 40.000 dollari per non morire (The Gambler) del 1974. Jim Bennett è un professore associato universitario di New York, frustrato, scontento del suo lavoro e segretamente schiavo del gioco d'azzardo, che ha una visione drastica del mondo e dell'esistenza: o si ha tutto o non si ha nulla. Rampollo di una ricca famiglia di banchieri, si ritrova alla morte del nonno a dover gestire il difficile rapporto con la madre separata e le pulsioni autodistruttive di una sfrenata dipendenza dal gioco. Durante una sola notte s'indebita al punto da entrare in contatto con persone poco raccomandabili. Gli rimangono solo sette giorni per saldare i debiti e trovare il modo di lasciarsi alle spalle quel genere di vita. Chiede allora un cospicuo prestito a un temutissimo gangster, e a causa dell'aumentare dei debiti, da quel momento inizierà la sua lenta e inesorabile discesa nel mondo della criminalità, fra strozzini allibratori e maniaci del gioco, in un inferno privo di qualunque regola. Coinvolto in una spirale compulsiva senza via d'uscita ma anche in una appassionata storia d'amore con una sua studentessa, finisce per giocarsi tutto in una sola puntata alla roulette. L'amore per la sua bella ed una buona dose di fortuna lo renderanno però un uomo diverso. Il film è stato snobbato e dimenticato dalla critica, secondo me però, nonostante qualche difetto, risulta un film abbastanza godibile e lineare. Certo non è di grande livello la storia e sceneggiatura, più dramma e interiorità, che movimento e azione, ma a tratti intrattiene. Di thriller c'è ben poco, di suspense solo nel tesissimo finale, di azione nessuna traccia ma con tracce audio azzeccate e un buon cast convince, ma non tanto. Stupenda la prova di John Goodman, sottotono quella di Wahlberg, di classe quella di Jessica Lange. Questo professore, disilluso dalla vita, scrittore senza grande successo, vede il mondo nero o rosso come la roulette, non gli importa se muore, si gioca sempre tutto anche quando è meglio fermarsi, perché lui non è un giocatore, come lui si definisce, perché in realtà non sa giocare, rischia tutto ogni volta. La durata sufficiente del film (100 minuti), la velocità delle azioni e delle scene, qualche effetto scenico di qualità, un pizzico di humour e di follia, rendono la visione accettabile. Voto: 6
Il killer, più malato di mente e di fanatismo religioso, che cattivo, con i suoi metodi agghiaccianti riesce addirittura a salvare una bambina, perché alle volte anche nel male c'è del bene. Ma come si conviene in questo genere di film ed altri tutti, i buoni si salvano ed i cattivi muoiono. La storia però, invece di soffermarsi sull'argomento, senza dubbio interessante, tra il misticismo e fede con un alone di mistero, si concentra soprattutto sulla caratterizzazione del personaggio del detective, il lavoro però non è dei migliori, un po' sciatta, e dalla prima scena capiamo che Hazel (Susan Sarandon appunto) ha un passato doloroso e tormentato e inevitabilmente durante il corso del film verranno a galla i traumi che hanno portato Hazel a quella che è. Questo in effetti accade, ma in modo banale, soprattutto il rapporto con gli altri personaggi è stereotipato e scritto piuttosto male, i dialoghi con la madre sono piatti, la relazione con l'amante sembra buttata lì giusto per rendere il personaggio principale ancora più contorto, il legame che si crea con il nuovo arrivato detective è solo accennato. Perché l'intreccio con le tematiche di fanatismo religioso, spunto che poteva essere interessante, è appena abbozzato e sì, capiamo che Hazel ha problemi con la Fede, ma anche in questo caso non ci sono approfondimenti significativi. Oltre al nome di Susan Sarandon, spicca anche quello di Donald Sutherland, che interpreta un prete di antichi valori, l'artefice di tutto questo delirante 'piano' di un suo fedele 'discepolo'. Nonostante il richiamo per il pubblico di due attori di livello, le loro interpretazioni sono una delle poche cose salvabili del film, insieme forse al tentativo di voler creare un thriller diverso da quelli più mainstream, sebbene il risultato non sia molto soddisfacente. Un film condotto con scioltezza di dialogo ed avvenimenti, non è esagerato ma misurato, la fotografia, sarebbe il caso di dire, lascia a bocca aperta. Il finale non è da meno, un fuoco fatuo. Voto: 6-
The Gambler è un film del 2014 con protagonista Mark Wahlberg, qui anche produttore. La pellicola è il remake del film 40.000 dollari per non morire (The Gambler) del 1974. Jim Bennett è un professore associato universitario di New York, frustrato, scontento del suo lavoro e segretamente schiavo del gioco d'azzardo, che ha una visione drastica del mondo e dell'esistenza: o si ha tutto o non si ha nulla. Rampollo di una ricca famiglia di banchieri, si ritrova alla morte del nonno a dover gestire il difficile rapporto con la madre separata e le pulsioni autodistruttive di una sfrenata dipendenza dal gioco. Durante una sola notte s'indebita al punto da entrare in contatto con persone poco raccomandabili. Gli rimangono solo sette giorni per saldare i debiti e trovare il modo di lasciarsi alle spalle quel genere di vita. Chiede allora un cospicuo prestito a un temutissimo gangster, e a causa dell'aumentare dei debiti, da quel momento inizierà la sua lenta e inesorabile discesa nel mondo della criminalità, fra strozzini allibratori e maniaci del gioco, in un inferno privo di qualunque regola. Coinvolto in una spirale compulsiva senza via d'uscita ma anche in una appassionata storia d'amore con una sua studentessa, finisce per giocarsi tutto in una sola puntata alla roulette. L'amore per la sua bella ed una buona dose di fortuna lo renderanno però un uomo diverso. Il film è stato snobbato e dimenticato dalla critica, secondo me però, nonostante qualche difetto, risulta un film abbastanza godibile e lineare. Certo non è di grande livello la storia e sceneggiatura, più dramma e interiorità, che movimento e azione, ma a tratti intrattiene. Di thriller c'è ben poco, di suspense solo nel tesissimo finale, di azione nessuna traccia ma con tracce audio azzeccate e un buon cast convince, ma non tanto. Stupenda la prova di John Goodman, sottotono quella di Wahlberg, di classe quella di Jessica Lange. Questo professore, disilluso dalla vita, scrittore senza grande successo, vede il mondo nero o rosso come la roulette, non gli importa se muore, si gioca sempre tutto anche quando è meglio fermarsi, perché lui non è un giocatore, come lui si definisce, perché in realtà non sa giocare, rischia tutto ogni volta. La durata sufficiente del film (100 minuti), la velocità delle azioni e delle scene, qualche effetto scenico di qualità, un pizzico di humour e di follia, rendono la visione accettabile. Voto: 6
Under the Skin è un film, un thriller del 2013, diretto da Jonathan Glazer e basato sul romanzo 'Sotto la pelle' di Michel Faber. Un'aliena che percorre le autostrade deserte a caccia di prede umane, sfrutta la bellezza di una donna morta, indossandone letteralmente le vesti, una giovane e attraente Scarlett Johansson, come esca per adescare malcapitati uomini. Ma nel suo viaggio l'aliena avrà modo di conoscere e apprezzare la natura degli uomini e delle donne e mettere così in dubbio la propria identità e origine aliena. Il regista va dritto al centro del romanzo, rinunciando ad ogni conoscenza o informazione preparatoria per occuparsi solo e soltanto del viaggio della protagonista e costruire così un on the road visionario, forse sbagliando. Perché rende la visione monotona, di fatto senza un imprinting alla fantascienza, perché Under the Skin non è un film di fantascienza. E' un film "difficile", a tratti imperscrutabile, ed è per questo che anch'io lo giudico, lento, non adatto ai canoni del genere, ripetitivo e, infine, inconsistente. Perché probabilmente il film necessita di una chiave di lettura difficile da trovare, è un film che lascia vedere molto meno di quello che alla fine si vede. E' a tratti, irritante, si capisce fin da titoli di testa, dai primi cinque minuti di questa specie di opera cinematografica. Un film pretenzioso e presuntuoso, non c'è mistero, perché si intuisce in fretta chi o cosa è Scarlett Johansson. Trama: Una volta sedotti, i vari adulti vengono condotti in un ambiente onirico in cui, immersi in una sostanza scura, vengono intrappolati. Ad aiutare la ragazza c'è un altro essere alieno, che ha assunto delle sembianze maschili e che gira in motocicletta. La ragazza sembra non avere alcun tipo di sentimento nei confronti delle vittime, limitandosi a sedurli con il suo fascino, e quando assiste su una spiaggia all'annegamento di una coppia e al tentativo di soccorso portato da un nuotatore, uccide quest'ultimo e porta via il suo corpo, lasciando il figlio della coppia solo davanti al mare in tempesta. Le cose cambiano quando incontra un giovane inesperto, affetto da neurofibromatosi. Lo porta nel solito posto ma poi, probabilmente colta da pietà, lo aiuta a fuggire. Questa esperienza la porta a cercare di sperimentare sensazioni umane (mangiare del cibo, ammirare la nebbia, fare del sesso con un uomo che si presta ad aiutarla). Confusa e provata, scappa nei boschi, dove viene trovata da un taglialegna, questo tenta di violentarla e la ragazza si difende. Durante la colluttazione, la pelle della ragazza viene strappata, rivelando così il suo essere alieno. Spaventato, l'uomo prende una tanica di benzina e le dà fuoco. L'essere muore bruciato nella foresta.
Nonostante i temi toccati sono interessanti e coinvolgono seppur solo in superficie, come alcune riflessioni sulla bellezza, mera maschera esteriore, e su una banalità del male che sembra pervadere inesorabilmente il genere umano, il film purtroppo si trascina con lentezza esasperante per tutta la sua parte centrale, e non bastano le inquadrature furbissime e una Scarlett Johansson in versione dark, che contribuiscono comunque a tenere alta la tensione narrativa. E' apprezzabile l'uso di una fotografia plumbea e di un montaggio schizofrenico accompagnati da un tappeto sonoro sincopato e da inquadrature mobili sospese che inquietano. Non parte, non decolla e non arriva da nessuna parte, Under the skin nella sua pochezza non risparmia nemmeno lacune narrative, razionali e logiche di una trama sviluppata senza sentimenti, senza raziocinio, cercando l'effetto visivo, ripetitivo e privo di senso, apparente e sostanziale. Un vuoto totale con l'unico pregio, estraneo al film, dei suggestivi paesaggi della Scozia. E l'unica traccia di umana tenerezza, riservata all'elephant man che Scarlett carica a bordo, nella scena che indiscutibilmente rivela anche ai più tardi, la gelida, robotica, mancanza di umanità della protagonista, non si spiega come, ma ad un certo punto, nella scoperta della sua diversità (toh, l'alieno che si rende conto di non essere umano e scopre frammenti di umanità) fa i conti con la crudeltà umana, peraltro non difforme dalla sua, se non più passionale e coinvolta. Serial killer dell'altro mondo senza uno scopo, vittima della violenza umana. Se anche c'è un messaggio, non vale il film. Certo, qui c'è la bella Scarlett (ed è lo specchietto per le allodole), peccato manchi il film. Film che va commisurato per quel che è: un discreto b-movie, senza pretese e qualitativamente ben oltre la media del genere. Gli stilemi lo dimostrano e ci sono tutti. Il mostro, il tema della bella e la bestia, gli specchi, le ombre, la mutazione e quel tocco di indeterminato che fece la fortuna del cinema horror grottesco spagnolo e italiano degli Anni '60. Ma non convince, lasciando l'amaro in bocca per quello che doveva essere ma non è stato. Voto: 5,5
Nonostante i temi toccati sono interessanti e coinvolgono seppur solo in superficie, come alcune riflessioni sulla bellezza, mera maschera esteriore, e su una banalità del male che sembra pervadere inesorabilmente il genere umano, il film purtroppo si trascina con lentezza esasperante per tutta la sua parte centrale, e non bastano le inquadrature furbissime e una Scarlett Johansson in versione dark, che contribuiscono comunque a tenere alta la tensione narrativa. E' apprezzabile l'uso di una fotografia plumbea e di un montaggio schizofrenico accompagnati da un tappeto sonoro sincopato e da inquadrature mobili sospese che inquietano. Non parte, non decolla e non arriva da nessuna parte, Under the skin nella sua pochezza non risparmia nemmeno lacune narrative, razionali e logiche di una trama sviluppata senza sentimenti, senza raziocinio, cercando l'effetto visivo, ripetitivo e privo di senso, apparente e sostanziale. Un vuoto totale con l'unico pregio, estraneo al film, dei suggestivi paesaggi della Scozia. E l'unica traccia di umana tenerezza, riservata all'elephant man che Scarlett carica a bordo, nella scena che indiscutibilmente rivela anche ai più tardi, la gelida, robotica, mancanza di umanità della protagonista, non si spiega come, ma ad un certo punto, nella scoperta della sua diversità (toh, l'alieno che si rende conto di non essere umano e scopre frammenti di umanità) fa i conti con la crudeltà umana, peraltro non difforme dalla sua, se non più passionale e coinvolta. Serial killer dell'altro mondo senza uno scopo, vittima della violenza umana. Se anche c'è un messaggio, non vale il film. Certo, qui c'è la bella Scarlett (ed è lo specchietto per le allodole), peccato manchi il film. Film che va commisurato per quel che è: un discreto b-movie, senza pretese e qualitativamente ben oltre la media del genere. Gli stilemi lo dimostrano e ci sono tutti. Il mostro, il tema della bella e la bestia, gli specchi, le ombre, la mutazione e quel tocco di indeterminato che fece la fortuna del cinema horror grottesco spagnolo e italiano degli Anni '60. Ma non convince, lasciando l'amaro in bocca per quello che doveva essere ma non è stato. Voto: 5,5
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