Sarò stato uno dei pochi a vedere prima la serie tv e poi il film, quest'ultimo uscito molti mesi prima rispetto alla serie diretta da Danny Boyle, ovvero Trust, e già all'epoca rimasi un po' dubbioso sul fatto di come il film potesse in 120 minuti, paradossalmente eccessivi, a sciorinare tutti i temi e a cogliere tutte le sfumature, ed infatti non ci riesce al contrario della serie, seppur la suddetta aveva nel corso delle tante puntate la possibilità di riuscire nell'intento senza alcun problema, e difatti quella grande possibilità l'ha sfruttò nei migliori dei modi. Perché regia, stile della narrazione, le parti italiane, il cast (su tutti Donald Sutherland più Luca Marinelli), tutto (a parte forse la fotografia) è nettamente superiore a questo film. Un film, Tutti i soldi del mondo (All the Money in the World), film del 2017 diretto e co-prodotto da Ridley Scott, mediocre, che poteva e doveva raccontare di più, soprattutto in virtù dell'ottimo potenziale di una sceneggiatura (di una storia nota e famosa, di una storia avvincente ed appassionante), scritta da David Scarpa, molto promettente. Ed invece, nonostante in se la storia, proprio in quanto vera, avesse delle sfumature che erano necessariamente interessanti, tutto sbiadisce. Il suo primo difetto è tuttavia l'eccessiva lunghezza. La durata del film, che preme volontariamente sulla lunga durata della prigionia del protagonista, annoia ben presto, riscuotendo così l'opposto dell'effetto desiderato. La lunghezza non riesce nemmeno a creare il pathos desiderato, facendo scadere buona parte delle scene in un insensato giro di parole e azioni. Alla base come detto c'è una storia vera che, come prassi, è stata rivista e romanzata per l'occasione, al fine di lasciare la dovuta libertà allo sceneggiatore di affrontare i diversi temi (ed effettivamente l'intera vicenda risulta assai elaborata e romanzata rispetto ai fatti realmente accaduti come titoli di testa ci avverte, i fatti presentati sono stati infatti dal regista liberamente tratti da un libro concernente il rapimento del ragazzo) purtroppo, tutto scivola via nella mediocrità (perché sì, uno dei limiti, per non dire, uno dei tanti, di questa pellicola è che l'intera vicenda è stata presentata parecchio distante dalla realtà), nella prevedibilità dei luoghi comuni (ormai titanici) sugli italiani che, spiace dirlo, vengono visti nel ruolo di mangiatori di spaghetti, con forze dell'ordine idiote e corrotte e Brigate Rosse che, per evitare attacchi di amnesia, tappezzano il loro rifugio con decine di bandiere recanti il loro nome.
E quindi è per questo che il film, che racconta di quando nel 1973 a Roma venne rapito dalla 'ndrangheta il giovane John Paul Getty III, nipote del petroliere Jean Paul Getty, l'uomo più ricco del mondo, che racconta di come mentre il nonno si rifiuti di pagare il cospicuo riscatto, la madre Gail è costretta dalle circostanze a fare squadra con Fletcher Chase, un ex negoziatore della Cia, risulti troppo lento e dunque noioso, ed il ricco cast di attori, che comprende l'anziano Christopher Plummer (velocemente sostituito a Kevin Spacey dopo le accuse mossegli di molestie sessuali, le scene da lui girate sono state infatti tagliate e girate nuovamente con Plummer al suo posto meno di un mese prima dell'uscita del film), Michelle Williams, Mark Wahlberg, Romain Duris, ecc., non dà nemmeno il meglio di sé per ciò che concerne la recitazione. Nella spasmodica mania di mettere in scena la verità Ridley Scott in effetti sembra perdersi in un ingorgo di luoghi comuni e incroci storici tale da rievocare il ricordo di un periodo che molti non potremo ricordare di persona, ma che conosciamo di certo. L'Italia che la pellicola e il regista mette (o vorrebbe mettere) in scena è quella invasa dalla cultura hippie e dalle Brigate Rosse, l'Italia delle rivolte e della malavita organizzata che inizia a uscire sempre più dai confini regionali per puntare a quelli nazionali, ma purtroppo pecca di superbia e invece di adattarsi alla storia, come avrebbe dovuto, finisce con il plasmarla e piegarla, fino a renderla irriconoscibile. I suoi ritmi, i suoi tempi, i suoi attori e le sue scelte artistiche subentrano in maniera troppo invadente nella pellicola. Ribadisco: si doveva e si poteva fare di più, soprattutto in considerazione del fatto che Ridley Scott, per la prima volta dopo tanto tempo, abbassa la sua eccessiva pomposità epica per raccontare una storia cercando una cifra stilistica inedita, un ibrido tra cronaca e film d'inchiesta, restituendo uno stile più dilatato e riflessivo, ma sempre puntellato da tanti temi che però mai affronta al 100%.
Niente musica epica, niente introspezione dei personaggi: per più di due ore sembra di guardare un servizio di telegiornale raccontato da un giornalista alle prime armi. I personaggi, proprio perché tanti, non riescono a entrare davvero nel cuore dello spettatore. Il personaggio del ragazzino rapito è si, drammatico, e alcune scene sono davvero macabre ma il suo personaggio non riesce ad essere empatico. Proprio come Paul Getty senior, la cui figura da Grinch spilorcio è sì fastidiosa ma talmente marginale da far dubitare, in alcuni punti, che faccia davvero parte del cast. Problema delle riprese aggiuntive e della sostituzione di Kevin Spacey? Assolutamente no. Christopher Plummer è perfetto nel suo ruolo di Getty (seppur eccessiva la candidatura all'Oscar), molto più adatto di quanto Kevin Spacey avrebbe mai potuto essere. Eppure la sua totale assenza di empatia non sconvolge o impressiona. Non fa presa e basta. Quale pecca compie dunque il regista di Alien e Blade Runner, ma anche purtroppo di Exodus ed Alien: Covenant? Sicuramente si avverte, in questa enorme costruzione, la mancanza di una navata centrale in grado di condurci al calice della piena soddisfazione, il suo thriller è una nebulosa di frasi e parole e fatti annunciati a metà che si bloccano tutti nell'intercapedine della caratterizzazione, non riuscendo ad andare oltre la scorza dura dell'apparenza. In Tutti i soldi del mondo non a caso non si va al di là dei fatti noti ai più, si entra in casa sempre come ospiti, mai come parenti intimi e l'orrore o la tensione che dovremmo poter provare sembrano anch'essi sommersi in un'ampolla piena d'acqua che ci vieta di udire con precisione tutte le note del dramma. La rappresentazione della complessa situazione familiare di casa Getty (al contrario della serie) non scalfisce l'animo dello spettatore, basito per l'atteggiamento del miliardario (intenzionato a non pagare il riscatto per paura di sperperare il suo patrimonio) ma non sconvolto al punto da esserne emotivamente coinvolto. Se il terrore c'è è inframezzato da effimeri momenti splatter e lo stesso vale per l'ammirazione. Già, perché non c'è nulla di ammirevole nei personaggi (tra questi impresentabile Nicolas Vaporidis) portati in scena dalla Williams, Andrew Buchan o da Mark Wahlberg. Sono genitori, esseri sottoposti a degli ordini, avvocati, comunicatori. Ognuno resta nel proprio ruolo senza azzardarsi a intingere la storia di maggiore umanità, che anzi sembra trasparire più nel "rappresentante" della 'ndrangheta.
E insomma Tutti i Soldi del Mondo è purtroppo un film che riesce male, anche ad un regista con tanti anni di successi alle spalle come Ridley Scott, anche se ultimamente la parabola sembrerebbe discendente. La lunghezza eccessiva della pellicola non solo ne pregiudica la buona riuscita ma ne determina un calo di interesse che porta a chiedersi se davvero la sceneggiatura non potesse subire ulteriori tagli, prima di essere montana e girata per il grande schermo. La colonna sonora? Come già accennato non pervenuta. Dirò di più: una colonna sonora come si deve avrebbe forse reso meno noiose moltissime scene, rendendo meno duro anche l'affrontare un minutaggio così lungo. Unica scelta davvero sublime, lo confesso, è stato l'utilizzo della luce e delle scenografie. Le scene che coinvolgono Paul Getty senior sono tutte scure, con riprese in controluce e una tonalità di colori pesante e gravosa. A differenza delle scene che riguardano il giovane Getty (interpretato da Charlie Plummer, no, nessuna parentela tra i due), sempre circondato da un'aureola di colori più caldi e portatori di speranza. Tutti i soldi del mondo è un film che parla di soldi, di persone e di imperi, cercando di far emergere la differenza tra "diventare" ed "essere" ricchi. Può un uomo amare più il denaro del proprio sangue? Probabilmente sì, e la prova tangibile è rinvenibile proprio nel comportamento di Getty che si circonda di oggetti invece di affetti o legami. D'altronde, gli oggetti rimangono, gli affetti cambiano, elemento che si mostra chiarissimo nella lussuosissima dimora di Getty, piena di busti immobili e immutabili. La concretezza di un attimo catturata per l'eternità. Tanti, dunque, i temi belli e interessanti, purtroppo lasciati ad essiccare al sole e affrontati solo superficialmente, non abbastanza dunque per recuperare l'attenzione che già si perde a metà film a causa di una scrittura vaga e una regia inedita, ma inconsistente. Insomma, sotto tutti i punti di vista Ridley Scott purtroppo ha sprecato un'occasione creando un'opera cinematografica che, forse, per chi non si ricorda o non conosce bene i fatti (o non ha ancora visto la serie, serie che vi consiglio nuovamente ed assolutamente di recuperare), risulta accettabile, ma in realtà il film in sé si presenta come una grande delusione. Qualche giro a vuoto in fase di scrittura (decisamente troppe le parti romanzate, a partire da una conclusione che alterna la liberazione del nipote alla morte del magnate, in realtà avvenuta tre anni dopo), ma il problema principale è la mancanza di empatia, la pochezza di emozioni. Non un sussulto, niente. Tutto procede così freddo e lineare, un film algido che smuove pochissimo. Voto: 5
Niente musica epica, niente introspezione dei personaggi: per più di due ore sembra di guardare un servizio di telegiornale raccontato da un giornalista alle prime armi. I personaggi, proprio perché tanti, non riescono a entrare davvero nel cuore dello spettatore. Il personaggio del ragazzino rapito è si, drammatico, e alcune scene sono davvero macabre ma il suo personaggio non riesce ad essere empatico. Proprio come Paul Getty senior, la cui figura da Grinch spilorcio è sì fastidiosa ma talmente marginale da far dubitare, in alcuni punti, che faccia davvero parte del cast. Problema delle riprese aggiuntive e della sostituzione di Kevin Spacey? Assolutamente no. Christopher Plummer è perfetto nel suo ruolo di Getty (seppur eccessiva la candidatura all'Oscar), molto più adatto di quanto Kevin Spacey avrebbe mai potuto essere. Eppure la sua totale assenza di empatia non sconvolge o impressiona. Non fa presa e basta. Quale pecca compie dunque il regista di Alien e Blade Runner, ma anche purtroppo di Exodus ed Alien: Covenant? Sicuramente si avverte, in questa enorme costruzione, la mancanza di una navata centrale in grado di condurci al calice della piena soddisfazione, il suo thriller è una nebulosa di frasi e parole e fatti annunciati a metà che si bloccano tutti nell'intercapedine della caratterizzazione, non riuscendo ad andare oltre la scorza dura dell'apparenza. In Tutti i soldi del mondo non a caso non si va al di là dei fatti noti ai più, si entra in casa sempre come ospiti, mai come parenti intimi e l'orrore o la tensione che dovremmo poter provare sembrano anch'essi sommersi in un'ampolla piena d'acqua che ci vieta di udire con precisione tutte le note del dramma. La rappresentazione della complessa situazione familiare di casa Getty (al contrario della serie) non scalfisce l'animo dello spettatore, basito per l'atteggiamento del miliardario (intenzionato a non pagare il riscatto per paura di sperperare il suo patrimonio) ma non sconvolto al punto da esserne emotivamente coinvolto. Se il terrore c'è è inframezzato da effimeri momenti splatter e lo stesso vale per l'ammirazione. Già, perché non c'è nulla di ammirevole nei personaggi (tra questi impresentabile Nicolas Vaporidis) portati in scena dalla Williams, Andrew Buchan o da Mark Wahlberg. Sono genitori, esseri sottoposti a degli ordini, avvocati, comunicatori. Ognuno resta nel proprio ruolo senza azzardarsi a intingere la storia di maggiore umanità, che anzi sembra trasparire più nel "rappresentante" della 'ndrangheta.
E insomma Tutti i Soldi del Mondo è purtroppo un film che riesce male, anche ad un regista con tanti anni di successi alle spalle come Ridley Scott, anche se ultimamente la parabola sembrerebbe discendente. La lunghezza eccessiva della pellicola non solo ne pregiudica la buona riuscita ma ne determina un calo di interesse che porta a chiedersi se davvero la sceneggiatura non potesse subire ulteriori tagli, prima di essere montana e girata per il grande schermo. La colonna sonora? Come già accennato non pervenuta. Dirò di più: una colonna sonora come si deve avrebbe forse reso meno noiose moltissime scene, rendendo meno duro anche l'affrontare un minutaggio così lungo. Unica scelta davvero sublime, lo confesso, è stato l'utilizzo della luce e delle scenografie. Le scene che coinvolgono Paul Getty senior sono tutte scure, con riprese in controluce e una tonalità di colori pesante e gravosa. A differenza delle scene che riguardano il giovane Getty (interpretato da Charlie Plummer, no, nessuna parentela tra i due), sempre circondato da un'aureola di colori più caldi e portatori di speranza. Tutti i soldi del mondo è un film che parla di soldi, di persone e di imperi, cercando di far emergere la differenza tra "diventare" ed "essere" ricchi. Può un uomo amare più il denaro del proprio sangue? Probabilmente sì, e la prova tangibile è rinvenibile proprio nel comportamento di Getty che si circonda di oggetti invece di affetti o legami. D'altronde, gli oggetti rimangono, gli affetti cambiano, elemento che si mostra chiarissimo nella lussuosissima dimora di Getty, piena di busti immobili e immutabili. La concretezza di un attimo catturata per l'eternità. Tanti, dunque, i temi belli e interessanti, purtroppo lasciati ad essiccare al sole e affrontati solo superficialmente, non abbastanza dunque per recuperare l'attenzione che già si perde a metà film a causa di una scrittura vaga e una regia inedita, ma inconsistente. Insomma, sotto tutti i punti di vista Ridley Scott purtroppo ha sprecato un'occasione creando un'opera cinematografica che, forse, per chi non si ricorda o non conosce bene i fatti (o non ha ancora visto la serie, serie che vi consiglio nuovamente ed assolutamente di recuperare), risulta accettabile, ma in realtà il film in sé si presenta come una grande delusione. Qualche giro a vuoto in fase di scrittura (decisamente troppe le parti romanzate, a partire da una conclusione che alterna la liberazione del nipote alla morte del magnate, in realtà avvenuta tre anni dopo), ma il problema principale è la mancanza di empatia, la pochezza di emozioni. Non un sussulto, niente. Tutto procede così freddo e lineare, un film algido che smuove pochissimo. Voto: 5
Sarà un caso che la regia di questo film sia la stessa de "Il gladiatore"? Ahahah
RispondiEliminaScherzo ovviamente, ma mi sembra chiaro che non mi perdo nulla a non guardarlo.
Magari è più interessante una puntata di Winnie the Pooh. Anche se lo odi.... :P
Non farmi passare per cattivo, io amo tutti i cartoni animati, solo alcuni un po' di più ed altri di meno ;)
EliminaE sul film, dispiace per un regista che adoro e adorerò sempre (sì anche per quel film), ma questo film è sbagliato..
Non il miglior film di Scott ma comunque interessante, al di là delle polemiche sorte a livello attoriale.
RispondiEliminaBeh di peggio c'è solo Alien: Covenant...sì comunque non è brutto, ma non m'ha preso.
EliminaComunque ultimamente per me più nomination prendono i film, più significa che saranno brutti xD
RispondiEliminaEd infatti a leggerti non mi sbagliavo :-D
Peccato oer Scott, il Gladiatore è in assoluto uno dei miei film preferiti *.*
Beh, da un lato posso darti ragione, ultimamente anch'io mi sono ritrovato a vedere film nominati che non mi hanno soddisfatto, però dall'altra molte grandi sorprese ci sono ;)
EliminaSì peccato, e Il Gladiatore è anche uno dei miei :)
Anche sul Gladiatore concordiamo! Miracolo!! ;)
EliminaAhah...che non diventi un'abitudine :D
EliminaIo non ho visto la serie e non posso quindi fare il confronto, ma sono d'accordo per quanto riguarda la lunghezza, mi ci sono voluti 2 giorni per vederlo a frammenti perché non avevo mai il tempo di vederlo in una volta sola. Mi ha incuriosito per via della storia molto trieste che ha avuto quel ragazzo e confesso che non sono stata delusa dal film ma avrei preferito vedere un po' più di pathos e magari una organizzazione e sequenzialità migliore degli eventi raffigurati.
RispondiEliminaMa anche senza fare il confronto, trovo comunque questo film non proprio riuscito, e non solo per colpa della lunghezza, ma appunto dalla narrazione, incapace di sussulti, emozioni e quant'altro, però peccato.
EliminaMi colpisce molto l'ambientazione nell'Italia delle Brigate Rosse.
RispondiEliminaUn periodo storico così complesso e così ricco che a quanto pare ha messo in crisi anche un grande regista.
Vaporidis è veramente impresentabile, faccia simpatica, ma al massimo può ambire a un cinepanettone
Che poi poteva anche evitare, tanto non erano state loro a rapirlo..
EliminaSì, una faccia simpatica da schiaffi :D