giovedì 30 giugno 2016

Gli altri film del mese (Giugno 2016)

The Signal è un fantascientifico ed enigmatico thriller statunitense del 2014 diretto da William Eubank, con protagonisti Brenton Thwaites e Laurence Fishburne. Nic, Jonah ed Haley sono tre giovanissimi hackers. Quando ricevono un messaggio da Nomad, hacker rivale che in passato ha creato loro qualche problema, decidono di seguire il segnale che egli invia loro per sfidarlo direttamente. Finiscono con il trovarsi dinanzi a una catapecchia abbandonata la cui esplorazione conduce Nic e Jonah a finire all'interno di una misteriosa base in cui viene portata anche Haley in stato di coma. I ragazzi vengono separati e Nic viene sottoposto ad uno strano interrogatorio da parte di un uomo che, come tutti gli altri nella base, è protetto da una tuta simile a quella degli astronauti. Costui dice a Nic che ciò che sta facendo è finalizzato a proteggerlo, scopriranno invece che dietro apparenti attacchi informatici si nascondo realtà ben più incomprensibili, con tanto di alieni al seguito. The Signal però, tratta di alieni in modo assai diverso e molto più raffinato della controparte commerciale. Questo è infatti un ottimo esempio di thriller fantascientifico realizzato con un budget ridotto ma perfettamente funzionante (testimonianza di come poche idee ma ben organizzate possano dar vita ad una trama imprevedibile, colpi di scena non pilotati e tanta, tanta suspence). Si tratta infatti di una pellicola che riesce veramente ad intrigare lo spettatore tenendolo attaccato alla sedia fino alla fine, riesce a sorprenderlo, risultando cosi' molto più originale di quanto possa suggerire inizialmente. Si tratta, dunque di una pellicola originale, minimale come ambientazioni e sequenze, che provoca nello spettatore, man mano che la trama si schiude, un mix di sentimenti e sensazioni (che non lo abbandonano fino alla fine) tra la claustrofobia di un luogo dal quale e' impossibile scappare e l'impotenza umana davanti alla supremazia aliena. Comunque non vi sono le solite tipologie di alieno, i "grigi" , rettiliani o gli ominidi verdi che invadono la Terra nel film di Eubank. La stessa tematica delle abduction aliene e' appena accennata anche se serve da filo conduttore che unisce ogni singolo tassello della trama, trama in cui ci sono varie incongruenze nella storia che forzano l'evoluzione degli eventi verso la direzione voluta dal copione, ciò soprattutto nella parte iniziale, meno fantascientifica. In ogni caso si tratta di un thriller curato nei minimi particolari, che echeggia importanti pellicole del passato ma che riesce a distaccarsi notevolmente sia per la tematica proposta che per scelta narrativa, ovvero il modo in cui la trama è architettata e diretta.

mercoledì 29 giugno 2016

Omaggio a Bud

Oggi che dovrebbe essere per me una festa, infatti lo è (il mio onomastico), e festeggerò, siccome tutto comunque va avanti, anche la vita, sono però triste, non posso infatti non sentire una certa malinconia se penso alla triste notizia di lunedì sera, una di quelle notizie che non avrei mai voluto sentire e ricevere (ma che sarebbe arrivata probabilmente prima o poi, ma non così, dopo anche la bella vittoria dell'Italia), quella che Il Gigante Buono del cinema italiano ci aveva improvvisamente lasciato. Sì perché purtroppo (come ormai tutti sanno) il grandissimo Bud Spencer alla veneranda età di 86 anni si è spento. E se penso e ripenso a quello che mi ha regalato, sarebbe riduttivo dire solo durante la mia infanzia, in tutta la mia vita, mi farei prendere dallo sconforto, ma lui poiché ha regalato solo risate e gioia in me e in tantissimi di noi, è giusto ricordarlo con questo (nostalgico e gioioso) post, che mai avrei voluto scrivere (sopratutto dopo la sua dipartita), anche se era e doveva essere uno dei primi personaggi cinematografici di cui parlare nella mia raccolta che presumibilmente a settembre doveva partire, ovvero i miei miti, anche se di uno 'Rocky' ho già scritto qualcosina in occasione dell'ultimo film della saga. Prima di tutto Bud Spencer (Carlo Pedersoli) io l'ho sempre visto come uno di famiglia, uno zio, un secondo padre, un amico e quindi la sua dipartita fa ancora più male (un pezzetto che se ne va), perché lui è stato e per sempre rimarrà uno di quegli attori che vorresti sempre rivedere anche se l'hai visto centinaia di volte, di lui infatti non mi sono mai stancato di vedere (e mai farò), sopratutto nei suoi inimitabili ed indimenticabili film. Film che quando passano in tv, cascasse il mondo non mi perdo mai (come è immancabile accaduto ieri sera). Film che grazie anche e sopratutto al suo amico Terrence Hill sono e rimangono dei cult, perché i loro film sono dei capolavori di un genere, troppo spesso ridicolizzato, quello dei 'spaghetti western'. Non solo ovviamente, poiché nei loro sedici film insieme e in tutti i suoi da 'solista', portavano alla luce una comicità, nello loro commedie-spaghetti, vera e assoluta, senza volgarità e senza andare mai oltre anche quando facevano a botte, anzi, come Jackie Chan ha fatto dopo, si inventavano una 'coreografia' ad ogni scazzottata facendo sempre ridere, divertire e intrattenere come mai (quasi) nessuno riesce più a fare. Come anche lui da solo era in grado ovviamente di fare nei suoi tantissimi film. Che sono così tanti, così belli, che non ci sono dei preferiti (oddio ci sono, ma tutti meritano), perché tutti sono indimenticabili. Io ricordo quasi a memoria le epiche scene (un'infinità, che adesso impazzano ovunque), le battute spettacolari (veramente gustose ed efficaci), le citazioni (che al volo riesco a cogliere quando le vedo), le straordinarie colonne sonore (tutte bellissime, avevo anche il greatest hits una volta, da Fantasy, Movin cruisin e Dune Buggy per citarne alcuni) che hanno contraddistinto la sua lungimirante e lunghissima filmografia e carriera.

martedì 28 giugno 2016

Survivor (2015)

Survivor è un avvincente (ma abbastanza deludente) thriller-spy-action del 2015 diretto da James McTeigue, con protagonisti Milla Jovovich e Pierce Brosnan. Kate Abbott, impiegata del Dipartimento di Stato statunitense, è assegnata all'ambasciata americana di Londra dove si deve occupare di prevenire eventuali attacchi terroristici,  ogni giorno infatti una lunga coda di persone chiede il visto per entrare negli USA. Dopo essere fortunosamente scampata all'esplosione in un locale dove hanno trovato la morte alcuni colleghi, si ritrova al centro di un intrigo internazionale senza minima colpevolezza, viene difatti accusata di delitti che non ha commesso (tra cui l'esplosione stessa) e viene perciò screditata da tutti. La sfortuna sembra quindi perseguitarla. Perché mentre un gruppo di terroristi progetta un attentato a Times Square, lei capisce che l'unica soluzione rimasta è la fuga cercando anche di dimostrare la sua innocenza mentre è inseguita dalla polizia (dai servizi americani, dalla polizia inglese, dagli attentatori) e dall'Orologiaio, uno dei killer più ricercati del mondo. Ostacolata anche dai suoi stessi colleghi che la credono una criminale, e dallo stesso killer (esecutore del piano), che cerca di farla fuori per permettere a un terrorista rumeno di poter andare negli Stati Uniti, dovrà fare di tutto per evitare che accada una tragedia, ovvero fermare un attacco terroristico previsto per la vigilia di Capodanno. E' difficile commentare questo film se nel corso degli anni si è stati abituati a prodotti di alto livello e comunque a vedere e rivedere questo tipo di pellicole, si può dire che se si sgombra la mente e ci si concentra solo sul film si può affermare che l'ora e mezza scorre veloce senza grandi picchi ma senza grosse cadute di stile. La trama, ma sopratutto i primi venti minuti, appaiono fin da subito davvero fragili, banali e pieni di falle, e così infatti si conferma per tutto il film. Ma nonostante ciò un punto a favore del film è dato però dal ritmo, che non manca mai e intrattiene come deve lo spettatore.

lunedì 27 giugno 2016

Le collezioni con cui sono cresciuto

Giunge al termine dopo mesi e mesi il mio viaggio tra i ricordi, ultima fase di 'crescita' personale, e quindi dopo i telefilmi programmi tvi cartoni animati e i giochi/giocattoli con cui sono cresciuto ecco le collezioni, quelli che molti da piccoli facevamo anche se molte volte le cominciavamo ma non le finivamo, in qualche caso solo perché era quasi impossibile completare in altri semplicemente non gli davo anch'io molta importanza. Certamente però è stato un modo per crescere divertendosi, d'altronde negli anni '90 il collezionismo ha raggiunto grandi livelli, dato che molte ditte per incentivare le vendite mettevano dei piccoli gadget, pupazzetti o semplici oggetti, come tanti che sono diventati quasi dei cimeli da conservare gelosamente. Purtroppo erano così tanti che molti miei sono andati perduti, altri dimenticati e altri (pochi a dir la verità) conservati da qualche parte, anche se non ricordo dove. Cominciamo da probabilmente il tipo di collezionismo più famoso, almeno in Italia, quelle delle mitiche figurine Panini, quelle dei calciatori. Io infatti e sicuramente come quasi tutti gli amanti (e tifosi) del calcio (mitico sport) non potevo non collezionare quelle dei giocatori di calcio, all'epoca più famosi al mondo, di serie A, ma anche di B e anche a volte serie C, più le Nazionali. Comunque è stato per un breve periodo, perché non sempre le potevo comprare in edicola (ahimè si compravano..), ma soprattutto non riuscivo mai a completarlo, nonostante ci provassi sempre con più insistenza tutti gli anni (per 3 o 4 forse). Quando ho però finalmente realizzato che era praticamente impossibile riuscire a completare un album, perché c'erano sempre 2 o 3 figurine difficili da trovare (anche cercando di scambiarli con gli amici) ho deciso di lasciare perdere, tanto non ci sarei mai e poi mai riuscito. Anche se per una volta avrei voluto riuscirci, peccato.

sabato 25 giugno 2016

Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet (2013)

Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet (The Young and Prodigious T.S. Spivet) è un film d'avventura del 2013 scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet. La pellicola è la trasposizione cinematografica del romanzo Le mappe dei miei sogni (The Selected Works of T.S. Spivet) di Reif Larsen. Jeunet ritorna quindi sullo schermo con un'altra favola, già nei titoli infatti, il regista francese illustra la sua poetica. I riferimenti al "favoloso" e allo "straordinario" rimandano a favole moderne, raccontate con uno sguardo divertito che mescola un approccio creativo con soluzioni stilistiche brillanti e surreali. Come praticamente fece nel precedente "Il Favoloso Mondo di Amélie", ma ambientandola negli Stati Uniti e precisamente nello sconfinato, selvaggio ed affascinante territorio del Montana. Il suo virtuosistico stile che ha sempre contraddistinto come un marchio di fabbrica irrinunciabile l'abile regista francese, lo si apprezza difatti sin dai primi minuti, che ci catapultano tra le verdi praterie del Montana, in mezzo alle spighe di grano ancora verdi, tra una natura grandiosa e costruzioni isolate dipinte di colori brillanti, nella tenuta agricola della famiglia Spivet. La vicenda è tutta imperniata su di un ragazzino di dieci anni, appassionato di scienza e inventore in erba, estremamente dotato di intelligenza, che vive con la sua famiglia composta dal padre cowboy fuori tempo massimo (nato nel periodo storico sbagliato), dalla madre oftalmologa ossessionata dalla morfologia degli scarafaggi, comunque mammina dolce ma un po' bizzarra (d'altronde è impersonata dalla sempre eccentrica e adorabile Helena Bonham Carter, finalmente in panni, quasi, normali o comunque non coinvolta per una occasione in film in costume), dalla sorella quattordicenne che sogna di diventare Miss America e il suo gemello eterozigote Layton. Dopo la morte accidentale di uno dei due, il superstite, T.S., (un acronimo dove S sta ad indicare "sparrow", un piccolo passero che la leggenda vuole andò a sbattere sul vetro della finestra dell'ospedale in cui stava per nascere il piccolo, e morendo ebbe modo di cedere la sua anima al bel nascituro), manda quasi per caso una propria invenzione ad un istituto scientifico, senza farci nessun conto o nutrire particolari speranze.

venerdì 24 giugno 2016

The Walk (2015)

The Walk è uno spettacolare film che racconta di una straordinaria e ineguagliabile impresa, quella del noto e famoso funambolo francese Philippe Petit che il 6 agosto del 1974 realizzò il suo 'pazzo' sogno, quello di attraversare su un cavo d'acciaio e senza alcuna protezione le Torri Gemelle del World Trade Center. Il film è quindi una specie di cronostoria di questa incredibile impresa, da quando da piccolo vide il suo primo spettacolo circense, fino a quando da autodidatta a imparato a fare il funambolo, fino alla realizzazione di qualcosa di impossibile, qualcosa che nessuno farà mai più, attraversare appunto, le ahimè non più in piedi, Torri Gemelle di New York, a più di 400 metri d'altezza. The Walk è però anche un film biografico, la pellicola è infatti l'adattamento cinematografico del libro Toccare le nuvole fra le Twin Towers. I miei ricordi di funambolo (To Reach the Clouds), scritto dallo stesso Petit nel 2002 che in occasione e in contemporanea dell'uscita della pellicola, un anno fa circa, venne ripubblicato. Si tratta comunque della terza opera cinematografica basata sulla traversata di Philippe Petit, dopo il cortometraggio High Wire di Sandi Sissel del 1984 ed il documentario Man on Wire - Un uomo tra le Torri di James Marsh, che vinse il Premio Oscar per il Miglior documentario nel 2009. Questa ultima trasposizione invece (del 2015) è co-scritta e diretta da Robert Zemeckis, già regista di film come Ritorno al futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit e Forrest Gump, non proprio uno qualunque, insomma, mentre nei panni di Petit c'è Joseph Gordon-Levitt. Già nel 2008 quel meraviglioso documentario ricco di immagini inedite e interviste (che ho visto e apprezzato), aveva raccontato al mondo la surreale vicenda di Philippe Petit, che un giorno qualunque senza nessun preavviso riuscì a tendere clandestinamente un cavo d'acciaio tra le due torri gemelle e a esibirsi in quella che diventerà una delle espressioni più audaci della follia umana del diciannovesimo secolo. In questo lungometraggio di finzione però oltre alla storia, il film sviluppa il suo racconto allargando il campo ai sentimenti. Quindi si parla di amore ma anche di amicizia e di spirito d'avventura. In una vicenda che rimarrà impressa nella memoria di tanti, anche dopo aver visto questo film allegro, allegro come il suo protagonista che sbarca il lunario come artista di strada divertendo turisti e passanti in una Parigi un po' da cartolina, colorata e vivace.

giovedì 23 giugno 2016

Child 44: Il bambino n.44 (2015)

Child 44: Il bambino numero 44 (Child 44) è un drammatico e crudo thriller del 2015 diretto da Daniel Espinosa con protagonisti Tom Hardy, Noomi Rapace e Gary Oldman. La pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Bambino 44 (Child 44) scritto nel 2008 da Tom Rob Smith. Il film girato in Repubblica Ceca (come il libro credo) però, è ispirato alle reali vicende del famoso Killer di Rostov Andrej Romanovič Čikatilo (detto anche Cittadino X o Lo squartatore rosso, vero serial killer che prima di essere preso massacrò 52 vittime a cavallo degli anni ottanta e novanta), anche se la storia della pellicola è ambientata, per esigenza di copione, in anni antecedenti ai fatti reali e si discosta quasi totalmente nella trama originale. Difatti il racconto per motivi funzionali della storia, viene anticipato di ben 20 anni, siamo perciò nel 1953 all'inizio della guerra fredda, e veniamo quindi catapultati nell'atmosfera opprimente e repressiva del regime staliniano che ne assume il filo conduttore la storia e la trasformazione di Leon Demidiov (Tom Hardy) che, da ragazzo in fuga da un triste orfanotrofio, diventa eroe del regime nella conquista di Berlino e fa carriera nel MGB, servizio di sicurezza nazionale dello Stato, diventando uno degli investigatori di punta delle attività dei dissidenti. Ma quando viene accusato di tradimento dal collega rivale Vasili (Joel Kinnaman) dopo aver rifiutato di denunciare la moglie Raisa (Noomi Rapace), vengono esiliati da Mosca e inviati in un gelido avamposto di provincia presso i monti Urali. Nel frattempo però Leo si imbatte in una serie di omicidi di bambini, e con il consenso del locale capo della Polizia, Generale Nesterov (Gary Oldman) ma senza quello del regime che non accetta la cruda verità, ossia che in giro c'è un folle psicopatico che tortura e massacra bambini, e grazie all'aiuto di sua moglie Raisa, inizia ad investigare scoprendo così l'indissolubile e scomoda verità, perché anche se per ciascuno degli omicidi è stato già trovato un colpevole, Leo è convinto dalle varie analogie tra i delitti che si sia di fronte ad un'unica mano. Ma in un sistema in cui il crimine non esiste ufficialmente, sostenere l'esistenza di un serial killer rende automaticamente Leo un nemico dello Stato, perciò correrà molti pericoli poiché questa sarà anche un'ottima occasione per Vasili di mettergli il bastone tra le ruote, non stava infatti aspettando altro che l'occasione giusta per potersi liberare definitivamente di lui.

mercoledì 22 giugno 2016

Gomorra (2a stagione)

Gomorra è considerato il prodotto televisivo italiano di maggior successo nella storia, essendo l'unico ad aver raggiunto successo negli Stati Uniti e in tutto il mondo. E' stata infatti venduta in oltre 170 paesi, raggiungendo un successo che è andato oltre le aspettative dei registi. Difatti la serie completamente italiana dalla testa ai piedi è un autentico gioiellino, ed è ovviamente ispirata dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano e ideata dallo stesso Saviano insieme a Stefano Bises e tanti altri. Questa è comunque la terza volta trasposizione dell'opera dopo la pellicola cinematografica di Matteo Garrone e lo spettacolo teatrale di Mario Gelardi. Gomorra: la serie è invece firmata dal regista Stefano Sollima e prodotta da Sky insieme a Cattleya e Fandango. Dopo i trionfi dell'esordio con i 12 episodi del 2014, è arrivata quindi la seconda stagione (un momento che i fan aspettavano da tempo) che riprende la rivalità tra i due clan di camorra: da una parte la famiglia Savastano e dall'altra il clan che fa capo a Salvatore Conte. Perché per chi non lo sapesse (pochissimi a dir la verità) la serie thriller-noir si focalizza su due gruppi rivali della Camorra, il clan dei Savastano e quello degli Scissionisti, in lotta per il controllo della zona e dei vari traffici di stupefacenti e armi, in un continuo scontro fisico e psicologico senza tregua, senza fine. Diventa chiaro a questo punto che una trama definita non c'è, in quanto il comune denominatore è solo e solamente il potere e quello che ne deriva, tra chi c'è l'ha e chi lo vuole e non si ferma mai pur di averlo anche con tutti i mezzi possibili ed inimmaginabili, ma questo non è assolutamente un male. un difetto della serie, proprio per ciò invece la serie ha avuto questo incredibile successo, perché non sai mai cosa aspettarti, ed questo che fa della serie una delle più geniali degli ultimi tempi. La seconda, attesissima stagione, è andata in onda da maggio per sei settimane su Sky Atlantic e finalmente abbiamo scoperto che fine hanno fatto i protagonisti della serie al termine di una fantastica prima stagione e sorprendente ultimo episodio. Una seconda stagione che riprende esattamente dal finale della prima, con Donna Imma (Maria Pia Calzone) definitivamente fuori dai giochi (morta) e Don Pietro (Fortunato Cerlino) che dopo esser stato liberato dal furgone della polizia durante il trasferimento ora si nasconde come latitante. Ciro di Marzio (Marco D'Amore) invece dopo essersi messo al sicuro da una possibile vendetta si allea ufficialmente con Salvatore Conte (Marco Palvetti), che è tornato per restare. Genny (Salvatore Esposito) dal canto suo miracolosamente sopravvissuto, è in fase di guarigione.

martedì 21 giugno 2016

Canzoni di 'tendenza' (Maggio-Giugno 2016)

In questi due mesi per fortuna gli dei della musica sono stati clementi e quindi possiamo concentrarci e cominciare a pensare solo all'estate (almeno per il momento, facciamo gli scongiuri), che da oggi è ufficialmente arrivata. Come ogni anno e come ogni estate, cominciano a fioccare nuovi tormentoni estivi, anche se quest'anno con gli Europei, la Copa America e gli Olimpiadi vanno di moda le canzoni ufficiali di queste competizioni sportive (anche se per adesso solo quella dell'Europeo), ovviamente però non mancano altri stupendi motivetti e memorabili canzoni molto suggestive che sicuramente entreranno nella classifica delle canzoni più ascoltate di questa estate che tarda ad arrivare in ambito metereologico. Ma entriamo nel merito di questo ormai bi-mensile post dove pubblico i video delle canzoni che più stanno avendo successo e che ascolto ultimamente.


Come già detto in precedenza, in primo piano la canzone ufficiale degli Europei che però per noi italiani è un'altra, ed è diventata quasi un mantra, indissolubilmente associata alla nazionale italiana, che da un carica pazzesca (che speriamo continui), ovvero l'ultima di Luca Carboni, perché anch'io sono Happy, comunque quella di David Guetta la trovate qui
Adesso è il turno di una canzone che sta spopolando anche e nonostante la canzone non ha praticamente un senso sopratutto nella parole, bisogna però mettere in conto che anche se televisivamente parlando è la canzone dell'estate non è molto nazional-popolare diciamo, in ogni caso sicuramente la sentiremo spesso quindi fatevi l'abitudine..

lunedì 20 giugno 2016

The Guest (2014)

The Guest è un sorprendente e fighissimo thriller action del 2014 diretto da Adam Wingard, lo stesso di You're next, altro eccezionale prodotto di questo 'pazzo' regista. Un regista che ha dimostrato ancora una volta di saperci fare, soprattutto di intrattenere alla grandissima. Perché anche se la trama è abbastanza facile, molto semplice, riesce con particolari mezzi a renderla entusiasmante, avvincente, incalzante ma soprattutto bella e interessante. The Guest infatti prende l’eterna storia dello straniero misterioso, lo sconosciuto accolto in casa i cui misteri lentamente si fanno sempre più inquietanti, il bel ragazzo (Dan Stevens), "l'amico di tutti" che piace ai genitori (era amico del figlio morto in guerra), conquista il secondogenito (menando i bulli che lo perseguitano e tirandolo fuori dai guai con la scuola) e seduce la primogenita. È però quest'ultima (Maika Monroe) la prima a farsi venire dei dubbi, perché negli script di Simon Barrett (lo sceneggiatore di fiducia con cui lavora sempre Wingard) sono le donne a combattere la minaccia, le più sveglie, attente, furbe e letali, le più determinate. Naturalmente ed ovviamente il nostro misterioso amico non è quello che sembra e non andrà tutto per il meglio, ma questo non è importante, che lo si intuisca già prima questo è ovvio e non lo nasconde nemmeno il regista grazie ad alcuni primi piani o espressioni del ragazzo. Il regista riesce perciò a farci entrare completamente dentro questa storia, ed è per questo che la tensione e l'interesse rimane alto sia nella prima fase che nella seconda anche più carica d'azione e di colpi di scena. E' una di quelle pellicole in cui ci muoviamo dentro il film insieme ai protagonisti, sapendo quello che sanno loro, con uno stile estremamente realistico e con personaggi credibili e caratterizzati benissimo. Ed è per questo che nonostante alcuni difetti (che adesso esporrò), alcune anche divertenti e iconiche scene, e per tanto altro che questo film è veramente figo.

sabato 18 giugno 2016

Amy (2015)

Amy è l'emozionante documentario sulla vita della cantante Amy Winehouse, vincitrice di sei Grammy Awardsmorta per avvelenamento da alcol nel luglio 2011 a soli 27 anni. Il film del 2015 diretto da Asif Kapadia ha vinto l'Oscar 2016 come miglior documentario. Un documentario (molto osteggiato dalla famiglia e dai genitori) che mostra la vita della cantautrice britannica, comprendendo anche video ed interviste inedite insieme ad alcuni brani inascoltati. Il film è quindi un documentario musicale che narra la rapida ascesa e caduta di Amy Winehouse utilizzando immagini reali tratte da situazioni pubbliche e private. Il film è il risultato di questo montaggio, intercalato dai brani di maggiore successo della cantante. Dalla narrazione emergono potentemente il talento e la vitalità di Amy, ma anche le sue fragilità umane, le sue insicurezze che il "travolgente" successo metterà a nudo ed esacerberà. A dispetto della tematica non si tratta di un film triste. Le scene più toccanti sono senza dubbio quella del concerto a Belgrado, poco prima della fine, con Amy alterata saltellante per il palco e incapace di qualsiasi performance, e quella finale, col corpo di Amy portato fuori dalla sua casa londinese su una barella coperta da un drappo violaceo alla presenza dei fan increduli. Tutte scene reali, perché di fiction in questo film non c'è nulla. Amy Winehouse interpreta se stessa, ma non si tratta di un'interpretazione filmica: quelli che vediamo sono spezzoni autentici di vita che scorre, riorganizzati e montati a posteriori a costruire una vicenda. Una vicenda che ha scosso prepotentemente il mondo della musica, la tormentata esistenza di una ragazzina dal talento musicale eccezionale, una voce da jazz che Tony Bennet paragonò a quella di Ella Fitzgerald e di Billie Holliday, che già a 14 anni vocalizzava sull'Happy Birthday cantato per la festa di un'amica coetanea in una scena sorprendente con cui ha inizio il film, ma anche autrice delle parole e della musica delle sue canzoni: così ci viene presentata, nella prima parte appunto del documentario (dal titolo originale) Amy Winehouse: the girl behind the name. Dal titolo si capisce come il film, più che puntare sui misteri della sua morte infatti, punta essenzialmente a delineare il percorso di Amy dalle origini di una passione che progressivamente diventa la sua unica valvola di sfogo in una vita che pullula di dipendenze, disturbi e conflitti interiori. Puntando al cuore dello spettatore tanto che la musica viene lasciata parlare da sola senza che nessuno la dissezioni dal punto di vista tecnico. Lei che nata in un sobborgo londinese da una famiglia di origine ebrea, soffre moltissimo quando il padre abbandona la famiglia facendo sì che proprio da questo momento per lei iniziasse un'esistenza fortemente marcata e caratterizzata dalla mancanza di punti fermi dal punti di vista sentimentale e dalla continua ricerca di affetti stabili e sinceri.

venerdì 17 giugno 2016

Le regole del caos (2014)

Le regole del caos (A Little Chaos) è un posato, delicato, intenso ed anche romantico film (per le atmosfere e le ambientazioni non tanto per il flirt fra i due protagonisti principali) del 2014 diretto ed interpretato dal compianto Alan Rickman. La storia che viene raccontata è ambientata nel 1682 in Francia, durante il massimo splendore del regno di Luigi XIV. In questo periodo sono anche narrate le vicende della giovane e laboriosa donna, Sabine de Barra (Kate Winslet), paesaggista nelle campagne e nei giardini francesi. Nel cast della pellicola spiccano i nomi, oltre che (del già citato) Alan Rickman (l'amatissimo Severus Piton di Harry Potter, regista e interprete del Re Sole), della bravissima Kate Winslet appunto, volitiva e talentuosa donna nel film ma anche straordinaria attrice, e di Matthias Schoenaerts (già visto quest'anno in Chi è senza colpa e Suite Francese). Senza dimenticare la presenza anche di Stanley Tucci nel ruolo di Philippe, Duca d’Orleans, anche se, va detto: relegato ad una parte abbastanza marginale nell'economia del film. Al palazzo di Versailles fervono nuovi preparativi: il re Sole (che sta trasferirsi con la sua corte proprio a Versailles) vuole un nuovo giardino che celebri la bellezza ed il fascino della sua corte. Viene così indetto un bando per trovare l’architetto/paesaggista che affiancherà André Le Notre (Schoenaertsil "giardiniere di corte". E’ lo stesso André Le Notre a condurre la scelta ed inaspettatamente si vede presentare una persona che non si aspettava: un architetto e paesaggista donna. Madame Sabine De Barra è una donna forte, orgogliosa amante della natura, dei fiori e dei giardini poco amante invero delle regole e dei canoni. André Le Notre decide inizialmente di scartare il lavoro di Sabine, ma ne è rimasto talmente impressionato da rifletterci sopra e tornare sulla sua decisione. Perché anche se al primo incontro a corte Sabine viene guardata con notevole diffidenza e distacco (lei non è nobile e non può permettersi abiti fastosi) soprattutto da André (che sembra alquanto infastidito della sua presenza) e nonostante il disappunto e la diffidenza iniziale e forse conscio della sua bravura, sceglie proprio lei per realizzare uno dei giardini principali del nuovo palazzo, la sala da ballo all'aperto (La sala di Rockwork Grove). Il progetto di Sabine non è solo grandioso, oltre i canoni ma è anche innovativo. Tuttavia la realizzazione di questo progetto deve far fronte a numerosi ostacoli, prima di tutto il tempo, ma malgrado (e forse proprio grazie) al poco tempo a disposizione, il valore della ricerca artistica individuale di Sabine, del suo "little chaos" sarà presto riconosciuto anche da Le Notre, l'ambiente, le ritrosie verso il fatto che l'architetto sia una donna ed i sentimenti stessi che si frappongono fra Sabine ed André. Di questi sentimenti, sembra rendersi consapevole la moglie di André, che sebbene sia infedele, ambiziosa e miri soltanto al potere si dimostra gelosa nei confronti del marito tanto da metter in atto un piano di vendetta.

giovedì 16 giugno 2016

E' tempo di gelati!

Come ogni anno quando arriva l'estate comincia il tempo dei gelati, anche se è sempre ora e c'è sempre spazio per mangiarli in inverno, ma con l'arrivo della bella stagione oltre ad essere rinfrescante il gelato diventa gustoso e immancabile da mangiare, perché anche se fanno ingrassare e contengo molte calorie non se ne può farne a meno. Io per esempio, anche se non sono un grande consumatore di gelati, li mangio spesso e volentieri. Come alcuni ricordano in una domanda fatta da me per i blogger ai recentissimi Liebster Award c'e n'era una proprio sul gelato "Il gusto di gelato o gelato stesso che più ti piace", ebbene dato che io non potevo, rispondo adesso alla domanda: prima di tutto il gusto che fa per me è il cioccolato, ma anche il caffè mi piace tanto, però il gelato che in assoluto è il mio preferito è il Cremino dell'Algida. Da qui nasce il post, perché in 30 anni di gelati che c'è ne sono stati e ne ho mangiato di tantissimi tipi, tantissimi gusti, tante marche. A questo punto però sporge spontanea una domanda, quali sono meglio, quelli artigianali o industriali? Stabilire se i gelati industriali siano più buoni di quelli artigianali, o viceversa, è impossibile: ogni consumatore, com'è noto, ha le sue preferenze. Una cosa però è certa: i gelati confezionati, avendo nomi, forme e gusti specifici, hanno la capacità di imprimersi nella memoria di chi li mangia e diventare in alcuni casi dei veri e propri prodotti di culto, al punto da generare nostalgia quando non ci sono più. Una marca di gelati industriali non più presente sul mercato ma ancora viva nei ricordi miei e di molti consumatori italiani è la Eldorado. Per molti anni, è stato il brand sotto il quale venivano commerciati prodotti molto popolari, soprattutto tra bambini e giovani, come il Cucciolone, il Calippo, il Piedone e il Camillino (questi ultimi due non più in produzione), solo per citarne alcuni. Poi, alla fine del secolo scorso, Eldorado è scomparsa ed è migrata definitivamente sotto Algida, il brand a cui si è accompagnata per più di 30 anni. Senza dimenticare tutte le altre (credo tutte ancora in commercio), dalla Motta a Sammontana fino alla Sanson.

mercoledì 15 giugno 2016

1981: Indagine a New York (2014)

1981: Indagine a New York (A Most Violent Year) è l'ultimo film di J.C. Chandor (in grande ascesa), regista di Margin call, pellicola sulla crisi finanziaria del 2008. Questo drammatico thriller del 2014 invece, racconta di un uomo di origine ispanica che cerca di espandere la propria attività, vendita e distribuzione di carburante per il riscaldamento, nel gelido inverno dell’anno più violento della storia di New York. Ma mentre i concorrenti usano metodi da malavita e la legge fatica a dare una risposta, Abel Morales (Oscar Isaac), un intraprendente proprietario di un'azienda a conduzione familiare che tratta in olio combustibile, e la moglie (Jessica Chastain), figlia di un uomo senza scrupoli, cercano di opporsi al crimine imperante e imporsi con le regole civili della concorrenza e del rispetto delle leggi. Da qualche tempo infatti alcune sue cisterne vengono prese d'assalto da malviventi che le fanno sparire nel nulla con il loro carico. Ciò accade proprio mentre Abel sta per portare a termine l'acquisto di un deposito più grande che gli permetterebbe di compiere il salto in avanti professionale da sempre sognato. Deve trovare il denaro necessario per completare l'acquisizione e contemporaneamente un'indagine da lungo tempo avviata sulla sua attività sta per giungere a compimento con gravi capi di imputazione: Abel sa di essersi sempre comportato in modo corretto ma ora il tempo stringe e potrebbe essere tentato di cercare altre strade. Albert Brooks è l’avvocato della famiglia, e David Oyelowo interpreta il procuratore distrettuale che indaga su Abel e la sua impresa. Partendo dal presupposto che il film non mi ha convinto per niente, non prende, non coinvolge ma soprattutto inesorabilmente lento, è comunque raffinato, di classe e da vedere, ma con molti difetti. Ciò che rende pregevole questa pellicola è senza alcun dubbio la rappresentazione che il regista fa della società di New York nei primi anni '80, i costumi, la fotografia e le ambientazioni innevati sono di livello, peccato però che il risultato in se per se è assai deludente di quanto si potesse immaginare. Difatti in "A Most Violent Year" (il titolo originale), la violenza che imperversava in quell'anno a New York, è solo un tema di fondo (molto a fondo, quasi impercettibile, praticamente inesistente) e questo fa sì che il ritmo lento aggiunto al poco movimento faccia risultare almeno personalmente, tutto abbastanza noioso e soporifero, senza niente di avvincente e interessante da scoprire e vedere nel corso di una pellicola che fa dell'onestà e della correttezza il tema principale, ma senza tutta questa coerenza, anzi, tutto abbastanza ipocrita.

martedì 14 giugno 2016

Hotel Transylvania 2 (2015)

Hotel Transylvania 2 è un film d'animazione del 2015, il 'mostruoso' sequel di un film campione d'incassi nel 2012. Il film, diretto da Genndy Tartakovsky (stesso regista del primo), scritto a quattro mani da Robert Smigel e Adam Sandler, è prodotto dalla Sony Pictures Animation per la Columbia Pictures ed è girato con l'uso della computer grafica. Peccato però che il risultato non sia granché rispetto al primo, in questo secondo capitolo infatti assistiamo al classico problema da n°2, le idee in pista sono sempre quelle, per buona parte del film non si ride molto, poi il ritmo si alza e nel complesso il progetto si salva, ma l'effetto minestra riscaldata è dietro l'angolo. In caccia degli stessi spettatori (in questo caso anche di più...) dell'originale si inseriscono poche vere novità, cercando di recuperare il possibile con gli stessi ingredienti della ricetta vincente. La prima cosa che si nota dopo 10 minuti difatti, è la perdita del ritmo frenetico che caratterizzava il primo capitolo, probabilmente dovuto al soggetto che non consente una narrazione più convulsa. Detto ciò, anche qui lo spirito del film rimane leggero e senza pretese, e chiaramente indirizzato più ad un pubblico molto giovane rispetto ad altri film d’animazione contemporanei. Le Gag riescono sempre a divertire, ma alcune battute, sono troppo sceme (così anche nel primo film ma ancora di più), cercando di ironizzare sulle abitudini e mode dei giorni nostri (come selfie, youtube, etc.), con risultati buoni a tratti. In sostanza, a parte il soggetto, nulla cambia in questo seguito, lo sviluppo della trama è lo stesso, così come l’intento e lo stile, ci si diverte, ma speravo in un balzo in avanti. Ma andiamo nel dettaglio, ecco la trama. Mavis la vampiretta e Jonathan l'umano si sposano presso l'hotel popolato da creature mostruose gestito dal Conte Drac, il padre di Mavis. Quando la coppia ha un figlio, Dennis, tutti si chiedono se sarà umano o vampiro, e mentre i genitori sono pronti ad accettarlo in ogni caso, nonno Drac spera di aver passato al piccolo i suoi geni e i suoi canini succhiasangue. Anche perché Mavis, qualora Dennis si rivelasse prevalentemente umano, minaccia di trasferirsi con il marito e il figlio in California e crescerlo fra i sui simili. Sarà compito di Drac, coadiuvato dal gruppetto di creature insolite (Frankenstein, Murray la Mummia, Griffin l'Uomo Invisibile, Wayne il Lupo Mannaro) tirare fuori il mostro che potrebbe nascondersi in Dennis: e per far questo il vampiro approfitta di un viaggio esplorativo di Mavis e Jonathan in California per avviare Dennis lungo il percorso di iniziazione vampiresca.

lunedì 13 giugno 2016

Il caso O.J.Simpson: American Crime Story

American Crime Story è la nuova straordinaria serie antologica di Ryan Murphy, il creatore di American Horror Story. Ogni stagione di questa nuova serie racconterà un caso di cronaca nera scelto fra i più eclatanti della storia americana. Per la prima stagione si è scelto probabilmente il caso più eclatante e incredibile di sempre, quello di O.J.Simpson. Il processo per omicidio nei confronti del campione di football O.J. Simpson, iniziato nel 1994 con la morte dell’ex moglie Nicole Brown, è infatti stato uno dei casi di cronaca nera americana più seguito della storia, un evento mediatico coperto da giornali e televisione a un ritmo martellante. La serie è scritta da Scott Alexander e Larry Karaszewski, il team di sceneggiatori di Ed Wood, Man On The Moon e Big Eyes. Prodotta da Ryan Murphy ha la stessa struttura antologica dell’altra sua fortunata creatura, di cui questo è il primo appuntamento (il secondo sarà sull'uragano Katrina). Questa prima stagione (composta da 10 episodi), intitolata Il caso O.J.Simpson racconta gli avvenimenti e soprattutto il processo per omicidio al campione sportivo traendo aspirazione dal best seller di Jeffrey Toobin, autorevole firma del New Yorker. La serie andata in onda su FoxCrime e terminata l'8 giugno scorso mi ha veramente sconvolto, soprattutto perché non conoscendo la sua storia (e non ricordando, dato che avevo solo 9 anni), sono rimasto incredibilmente sorpreso da quello che avevo appena visto, poiché anche dopo 4 giorni non mi spiego come sia stato possibile, cioè non riesco a capacitarmi come un caso così semplice si sia trasformato in qualcos'altro di tremendamente assurdo e inspiegabile nonché ingiustificato. Chi conosce la storia o è riuscito a seguire la serie, saprà di cosa sto parlando, per chi invece non l'ha ancora vista un piccolo riassunto (anche se 10 pagine non basterebbero, tanti sono i fatti e gli argomenti da espletare) che comunque è solo una piccola parte, perché per capire e comprendere tutto è preferibile vedere la serie, e son sicuro capirete il perché di tutto e il perché da quel momento gli americani sono diventati degli imbecilli. L'ultimo esempio della loro inettitudine è stato permettere a Trump di candidarsi alla Casa Bianca, e chissà che alla fine non riesca veramente ad arrivarci, perché dopo aver scagionato un assassino (palesemente a mio avviso colpevole) non mi stupisco di niente oramai. Comunque nonostante dopo aver visto e compreso (più o meno) tutto, sono tante le domande rimaste senza risposta di questo famigerato processo al campione di football O.J. Simpson, prima accusato e poi giudicato innocente nel 1995. La verità che tutti vorrebbero conoscere (se O.J. era davvero colpevole) infatti resterà per sempre sconosciuta.

sabato 11 giugno 2016

Le streghe son tornate (2013)

Le streghe son tornate (Las brujas de Zugarramurdi) è una pazza, folle, dissacrante ed irriverente horror comedy spagnola, vincitrice in patria nel 2014 (28ª edizione) di ben 8 Premi Goya. Questo comunque divertente film del 2013 è scritto e diretto da Álex de la Iglesia, uno dei registi del cinema spagnolo più geniali e creativi. Il film, anche se sembrerebbe del tutto inventato è invece ispirato alla reali vicende delle streghe di Zugarramurdi, un piccolo villaggio spagnolo della Navarra che vide 31 persone essere sospettate di praticare la stregoneria nella grotte locali e, per questo motivo, processate nel 1610 dall'Inquisizione a Logroño: 6 di queste furono condannate al rogo. A loro è stato dedicato anche un museo e vengono tradizionalmente ricordate con una festa estiva, in cui si cucina dell'agnello arrosto. Ancora una volta, e maggiormente che nelle sue pellicole precedenti (Ballata dell'odio e dell'amore, Oxford Murders e Crimen perfecto, quest'ultimo abbastanza brutto), il regista parla dei due sessi, soprattutto quello femminile, in maniera quanto mai aperta ed esagerata, ma questa volta il regista fa molto di più e regala un piccolo capolavoro che si svincola da un genere precostituito, riabilitando i temi cari della stregoneria. Scatenando in un misto di generi (commedia nera, grottesco, action, pulp, horror) ammassati in una storia debordante e trascinata, che ha però il merito di poter vantare un fantastico, geniale incipit. La storia parte dalla rapina che due giovani uomini disperati (bizzarramente mascherati) compiono in un banco di compra-vendita di oro nel centro di Madrid ed uno dei due, separato e con un figlio piccolo, è arrivato persino a portarsi quest'ultimo con se nel corso dello svolgimento di quest' operazione. Inseguiti dalla polizia, i protagonisti costringono un tassista a condurli in Francia ma per un insieme di circostanze essi finiscono col giungere a Zugarramurdi, un paese nel territorio basco famoso sin dai tempi dell'Inquisizione per essere abitato dalle streghe. Qui essi vengono a contatto con tre donne, rispettivamente madre, figlia e nipote, che sono in realtà delle streghe e che, vedendo il bambino, vogliono subito sacrificarlo in uno dei loro riti.

venerdì 10 giugno 2016

Second chance (2014)

Second Chance (En chance til) è uno sconcertate, sconvolgente e drammatico thriller danese che tratta argomenti e dinamiche moralmente discutibili. Il film (del 2014) diretto da Susanne Bier (una delle registe più recensite da me, questa è la terza volta dopo Una folle passione e The Night Manager) affronta infatti la complessa questione morale in cui viene a trovarsi un valido agente di polizia dopo essere stato travolto da una tragedia familiare. Il personaggio principale è interpretato da Nikolaj Coster-Waldau, il Jamie Lannister de Il trono di Spade. I due poliziotti Andres e Simon, buoni amici tra di loro, conducono esistenze molto differenti. Andreas si è accasato, vive con la bella moglie e il figlio (avuto da poco), e sembra avere una vita perfetta, mentre Simon, da poco divorziato, passa la maggior parte del tempo a ubriacarsi in uno strip club. Tutto cambia quando i due chiamati a sedare una lite domestica tra una coppia di drogati, si imbattono in Tristan, amico di un tempo e ora criminale allo sbando, incapace (per non dire di peggio) di prendersi cura della compagna e del figlio (che vive in pessime condizioni igieniche), anche lui di pochi mesi. Quando una tragica fatalità investe la vita di Andreas (che lo porta a confrontarsi con il proprio senso di impotenza, che lo scuote del tutto e che gli farà perdere lentamente la cognizione di cosa sia giusto e cosa no), i destini delle due famiglie si troveranno uniti in una sconvolgente catena di eventi. Difatti in seguito alla morte prematura del piccolo ed al conseguente shock psicologico della moglie, decide di non denunciarne la morte e di sostituire il proprio figlioletto con quella della coppia di tossici. Da questo momento si susseguiranno degli avvenimenti del tutto imprevisti che porteranno alla luce anche una terribile verità e che condurranno il poliziotto a restituire (anche giustamente direi) il neonato sottratto ai propri genitori naturali e ad autodenunciarsi, non senza conseguenze.

giovedì 9 giugno 2016

Io e i fumetti

Quando due giorni fa l'amico di tutta la blogosfera, Miki del blog Moz O'clock, ha finalmente svelato il suo progetto legato al mondo dei fumetti (che vi suggerisco di seguire, qui il primo episodio) ho pensato e ripensato a quando da giovanissimo (più o meno intorno ai 12-13 anni) anch'io avrei voluto, non solo disegnare fumetti, ma saper disegnare come i professionisti, che soprattutto nei fumetti da un cerchio o quadrato rigorosamente fatti a mano, ne usciva un fantastico personaggio anche inventato. Purtroppo però non ero in grado anche se qualcosa riuscivo maldestramente a disegnare. Comunque tanto mi piaceva che volevo fare il geometra (come mio fratello) ma per problemi logistici non mi è stato possibile, ripensandoci però non era la scelta giusta, probabilmente belle arti, ma era più complicato soprattutto per la mia condizione e la mia poca manualità, quindi ho lasciato perdere perché comunque non ero assolutamente portato. Ma la passione nel disegnare (ma anche costruire e inventare) è nata anche per 'colpa' di Art Attack e di quel presuntuoso di Giovanni Mucciaccia che non mi dava neanche il tempo di scrivere anche solo l'occorrente che lui già aveva completato tutto, ma quando però ci riuscivi, pensavi a tutto quello che dovevi comprare per realizzare anche un misero suppellettile, ed è in quel momento che mi cadevano le braccia, perché dovevi procurarti i colori, i cartoni, i fogli, la carta igienica! Cose che se chiedevo a mia madre di comprare o prendere mi rispondeva, cammin vattin (ovvero gira al largo) e se pure sarei riuscito a completarne uno son sicuro mi avrebbe risposto, che ne devi fare? si può gettare? E poi non ero neanche bravo a disegnare animali, uomini o paperi. Ecco perché ho lasciato perdere e comunque i fumetti era ed è meglio leggerli che disegnarli, per l'appunto allora ho cominciato a leggere fumetti.

All'epoca, come adesso, c'è n'erano tantissimi, ma i soldi per comprarli latitavano e quindi gli unici che potevo avere era il Topolino, non un fumetto qualsiasi, per me Il fumetto per eccellenza, perché adoravo i personaggi Disney e ovviamente i paperi, partendo da Zio Paperone, Paperino e quindi Mickey Mouse. Comunque parallelamente c'era Il giornalino, qualcuno lo ricorderà, anche lì c'erano i fumetti ed erano divertenti. Gli altri non solo non erano possibili ma non mi ispiravano tanto. Ebbene per ben 10 anni ho collezionato Topolino, immancabile contro il parere contrario di mia madre, che ripeteva sempre, adesso che li hai letti si posson buttare? Assolutamente no! E infatti nella mia libreria sono sempre in bella vista, sono quasi un centinaio. Da parecchi anni ho smesso di collezionarli, non perché non mi interessavano più, ma perché non ne sentivo l'esigenza e poi grazie anche a internet riuscivo lo stesso a leggerli, ma in pdf e gratis. Proprio grazie a questo espediente ho letto anche tanti altri italiani, soprattutto, ma anche stranieri (per esempio The Walking Dead). Anch'io infatti non ho saputo resistere ai classici fumetti italiani e a uno dei grandi maestri come Milo Manara e le sue sensuali ed enigmatiche tavole. Non solo, ho letto alcuni Dylan Dog, Corto Maltese, senza dimenticare quelli erotici, da Valentina di Crepax a Druuna di Serpieri. E tanti altri che non ricordo, in più ho letto qualche manga, qualche fumetto di supereroi (Spiderman), e anche se me vergogno un po, alcuni hentai, insomma di tutto un po. Certamente sono stati gli unici 'libri' che ho mai letto, tranne quelli che leggevo a scuola o che ricevevo come regalo. In ogni caso mi sono divertito e mi diverto ancora oggi a leggere fumetti.

mercoledì 8 giugno 2016

22.11.63

22.11.63 (11.22.63) è una nuova avvincente miniserie televisiva statunitense del 2016 basata sul romanzo di Stephen King (il Re del brivido) 22/11/'63. Fra i produttori esecutivi di questa trasposizione tanti nomi altisonanti: J.J. Abrams, Bryan Burk, Bridget Carpenter e per l'appunto Stephen King, padre di tanti capolavori della letteratura contemporanea. Dopo quindi i numerosissimi adattamenti cinematografici e televisivi (più o meno riusciti, come il flop di Under the dome) tratti dalle sue opere passate, anche uno dei romanzi più recenti del prolifico scrittore del Maine è stato messo in scena: 22/11/63 racconta l’avventura di un uomo che torna agli albori degli anni ’60 per impedire l’assassinio del presidente John F. Kennedy. La serie, composta di otto episodi, è andata in onda in prima visione su Fox, dall'11 aprile al 30 maggio 2016. Otto puntate che ci portano dentro il romanzo dello scrittore tra ambientazioni cupe, a metà tra il giallo e l’azione, un pizzico di fantascienza e un po' di ironia. Il volto del protagonista è quello del candidato al premio oscar James Franco, dalla faccia pulita e lo sguardo vispo, anche se le sue smorfie e mossette a volte non convincono in pieno, troppo forzate. L’attore comunque veste i panni di Jake Epping, un annoiato insegnante dei giorni nostri che tramite il suo fidato amico Al Templeton (Chris Cooper) scopre l’esistenza di un portale spazio-temporale proprio nel retro della tavola calda del suo moribondo amico. Chiunque oltrepassi quella porta, si ritrova immediatamente al 21 ottobre 1960. Ma attenzione: ogni volta che torna indietro, per quanto duri, equivale a soli due minuti nel tempo presente e ogni volta che vi si ritorna, il passato viene resettato. Sembrerebbe facile per Jake, a cui Al affida il compito di tornare proprio nel 1960 per tentare di sventare l’assassinio di JFK da parte di Lee Harvey Oswald avvenuto il 22/11/63, ma come si sa niente è mai facile come sembra, sopratutto se dopo migliaia di libri, ipotesi e deduzioni fatte nel corso degli anni, nessuno ancora sa l'assoluta verità sulle circostanze, il perché Oswald sparò, e se agì da solo o meno. E Jake dovrà scoprire questo vivendo nei luoghi dove l'assassino vive e abita, ma purtroppo anche dopo la fine, non scopriamo, così come il protagonista, niente di nuovo su ciò, viene ri-confermata la versione 'ufficiale', lasciando qualche dubbio, anche se i motivi del gesto di un pazzo qui non hanno valore, deve solo impedire che ciò avvenga a tutti i costi, poiché quel gesto, quella data storica, ha cambiato davvero il corso degli eventi.

martedì 7 giugno 2016

L'ultimo lupo (2015)

L'ultimo lupo (Wolf Totem) è una spettacolare pellicola d'avventura del regista francese Jean-Jacques Annaud, uno degli autori più coraggiosi e intraprendenti del cinema contemporaneo (regista tra gli altri di Il nome della rosaSette anni in Tibet e in ambito animale L'Orso). Per Annaud appunto, uno dei registi più premiati e con il maggior numero di titoli sempre nella top ten annuale degli incassi in patria, si tratta ancora di un film che ha in un romanzo il robusto spunto di partenza. Sì perché, questo bellissimo film del 2015 è tratto dal romanzo autobiografico di Jiang Rong, uno dei più grandi successi letterari contemporanei, un bestseller da 20 milioni di copie vendute in Cina nel 2004, titolo originale "il totem del lupo". Ma per capire la potenza sia del libro che del film, è bene cominciare dalla trama. Questa è la storia di Chen Zhen, un giovane studente di Pechino che (durante la Grande rivoluzione culturale cinese, nel 1967), viene inviato nelle zone interne della Mongolia per insegnare parole e numeri ad una tribù nomade di pastori. A contatto con una realtà diversa da quella che aveva sin qui conosciuto, in un deserto sconfinato e dalla bellezza mozzafiato (selvaggia e vertiginosa), Chen scopre di esser lui quello che ha molto da imparare, sull'esistenza, sulla comunità, sulla libertà, sul senso di responsabilità e sul lupo, la creatura più riverita delle steppe. Sedotto dal complesso e quasi mistico legame che i pastori hanno con il lupo e affascinato dall'astuzia e dalla forza dell'animale, Chen salva un cucciolo e decide di addomesticarlo, per osservare da più vicino l'animale. Il forte rapporto che si crea tra i due sarà però minacciato dalla decisione di un ufficiale del governo di eliminare a qualunque costo tutti i lupi della regione. Colpevoli a loro dire, di 'frenare' l'avanzata del progresso della Cina di Mao, i lupi infatti vengono abbattuti da cuccioli o dentro safari crudeli, che alterano l'equilibrio uomo-natura che le tribù mongole avevano conquistato nei secoli.

lunedì 6 giugno 2016

Spy (2015)

Spy è una divertente action-comedy del 2015 scritta, diretta e prodotta da Paul Feig, regista di Corpi da reato e del futuro Ghostbusters al femminile con Melissa McCarthy (alla terza collaborazione dopo anche Le amiche della sposa). Il regista con questo film sembra averci preso gusto, infatti insiste proseguendo il processo di femminilizzazione della commedia d'azione e realizza una versione 'femminista' di James Bond. Difatti, è ormai certo che le donne fanno ridere come gli uomini e come loro seducono, anche se in versione oversize. Tutto Spy ha infatti come idea fondante quella di rivalutare il ruolo della donna all'interno del genere spionistico, mettendola in qualche modo al centro, libera dalle invadenze virili che spesso occupano il grande schermo quando film di genere spionistico vengono proiettati, anche se di spie donne la storia già ne annovera moltissime ed in ogni epoca e anche nei film d'azione. Ma aldilà di questo, oltre a Melissa McCarthy nel cast fanno parte Jason Statham, Rose Byrne e Jude Law. Susan Cooper (Melissa McCarthy), agente della CIA senza licenza di uccidere, è relegata dietro alla scrivania da un machismo duro a morire. Intelligente, brillante e competente analista, Susan 'teleguida' gli agenti su campo da un ufficio underground infestato da ratti e pipistrelli. Innamorata di Bradley Fine (Jude Law), agente charmant che abusa del suo ascendente, Susan fatica a trovare il suo posto nel mondo. La morte improvvisa di Fine, per mano della perfida Rayna Boyanov (Rose Byrne), boss in capi sinuosi ossessionata dai suoi capelli e decisa a vendere un ordigno nucleare a un pericoloso criminale, vince le sue resistenze. Ma la vita fuori dal bureau si rivela presto vorticosa e complessa, a complicarla poi intervengono un agente dimissionario dall'ego ipertrofico (Jason Statham) e un agente 'italiano' col vizio del palpeggiamento. La protagonista è tutto tranne che una spia in grado di operare direttamente sul campo (tutto il film non fa altro che smentire questo assunto) ma verrà comunque arruolata (poiché nessuno conosce la sua identità) per monitorare senza avvicinare il suo bersaglio, Susan però finirà per confrontarsi con Rayna in un casinò di Roma, innescando così un'operazione che la vedrà indiscussa protagonista sotto improbabili parrucche e deprezzanti coperture, cercando di prevenire un disastro globale.

sabato 4 giugno 2016

Il racconto dei racconti (2015)

Il racconto dei racconti: Tale of Tales è un avventuristico e fantastico (nel senso del genere) film del 2015, diretto da Matteo Garrone. La pellicola è l'adattamento cinematografico della raccolta di fiabe Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, ed è difatti composto da tre diversi episodi liberamente tratti da altrettanti racconti di questa raccolta di fiabe, narrati e intrecciati fra loro: La cerva, La pulce e La vecchia scorticata. Premetto che (come ho sempre affermato) non sono un critico cinematografico, e che non ero a conoscenza di questa fiabe (forse solo quella della pulce), e che non ho la presunzione di giudicare un opera d'arte (secondo molti) come questa, mi rimetto a scrivere quello che penso e quello che mi è arrivato vedendo questo film. Ebbene, posso liberamente affermare (il giudizio è comunque soggettivo e sono libero da ogni preconcetto), che la pellicola è una mezza schifezza, una grossa delusione e una grande presa per i fondelli. Poiché nonostante il film io non lo ritengo brutto ma solo atipico e strano (troppo), è soprattutto difficile da decifrare, difficile anche da recensire perché molto volte la pellicola volge al 'no sense', ovvero che travalica il senso generale delle cose, ma ovviamente a ciò ci sono dei pro e dei contro, pregi e difetti, come vediamo (o almeno che io ho visto) per tutto il lungometraggio. Prima di tutto questo non è il classico fantasy-fiabesco a cui siamo generalmente abituati, e questo mi ha subito spiazzato, come molti convinti di assistere alla proiezione del classico fantasy, condito di re, draghi, orchi e maghi e cosparso dell’immancabile patina di Medioevo, invece appunto si rimane stupiti (non proprio in positivo) ed estraniati da ciò che si vede, anche ad una certa lentezza che, dalle prime scene, caratterizza il film, una dimensione temporale che mal si accorda con il prototipo di film fantasy, non ci sono infatti eroi né grandi gesta e questo rende il racconto diverso dalle solite fiabe ma probabilmente per questa sua peculiarità il film ha qualche parte un po' troppo "fiacca" e dispersiva, mi sarei aspettato un confluire delle storie narrate più deciso, più netto, che avrebbe certamente dato una diversa grandezza all'intera opera.

venerdì 3 giugno 2016

The Night Manager

The Night Manager è una accattivante, intrigante e spettacolare serie televisiva britannica-statunitense, una spy-story a tinte noir-drammatiche basata sul romanzo Il direttore di notte del maestro John le Carré, pubblicato nel 1993. La serie, diretta dal premio Oscar e Golden Globe per In un mondo migliore Susanne Bier, andata in onda su Sky Atlantic dal 20 aprile al 18 maggio 2016, è incentrata sulla figura di Jonathan Pine (uno straordinario Tom Hiddlestone, divenuto super pop nei panni di Loki, il fratello cattivo di Thor), ex militare, che lavora come direttore d'albergo notturno in un hotel di lusso dopo aver lasciato il servizio attivo. Pine viene ingaggiato per diventare un agente segreto per infiltrarsi nel giro di un potente e corrotto uomo d'affari, Richard Roper (interpretato da Hugh Laurie, meglio noto come il Dr. House, tornato sul piccolo schermo dopo 4 anni dalla fine della serie che gli ha regalato una incredibile fama), un individuo chiave nel traffico di armi. Ovviamente come ci si dovrebbe aspettare da una serie come questa, è più di quello che si vede, alla classica trama di spionaggio, intrighi internazionali, colpi di scena, segreti, politici corrotti, vittime e carnefici che peregrinano tra il Male e il Bene dentro a un’umanità intimamente imperfetta, ci aggiungi un tocco di l'eleganza, di sensualità, di classe e la cura dei dettagli, veramente incredibile (niente viene infatti lasciato al caso) e ci ritroviamo con una serie, così bella da sembrare perfetta, che certamente non lo è, ma poco ci manca. L'adattamento televisivo del racconto è comunque una versione leggermente riveduta e sicuramente contemporanea della storia raccontata nel romanzo, ma i fan del libro e dello scrittore rimarranno piacevolmente sorpresi dal risultato, proprio grazie ad un raffinato stile registico della regista e alle magistrali interpretazioni dei protagonisti, sopratutto di quelli principali da cui traspare un certa classe.

mercoledì 1 giugno 2016

La famiglia Bélier (2014)

La famiglia Bélier è una delicata ed emozionante commedia francese del 2014 che affronta con la giusta ironia tematiche quali il sordomutismo e la musica. Detto così verrebbe da chiedersi come possono coesistere insieme questi due argomenti e lungi dal voler fare dello "spoiler" posso dire che la pellicola parla anche e soprattutto di adolescenza, della vita in provincia, di responsabilità, di musica e amore per la famiglia e lo fa in maniera frizzante, lasciandomi a fine visione piacevolmente sorpreso, divertito ed entusiasta da questa bella commedia francese dove emerge soprattutto la voglia di vivere di affrontare il mondo attraverso i gesti gli sguardi i comportamenti e il pensiero e i sogni di un adolescente nel periodo più importante della sua vita, il passaggio alla maturità come concetto di donna. Certo però che la famiglia Bélier è proprio strana, alquanto particolare. Tutti sordomuti, tranne Paula, la maggiore di due figli. Quella dei Bélier è comunque una famiglia che appare tutt'altro che disagiata, lavora, si mantiene dignitosamente, cresce i figli al meglio, legge, si informa e si esprime in maniera moderna. Gestiscono una fattoria in un villaggio francese e producono formaggio. Paula dà anima e corpo per agevolare l'attività di famiglia, si occupa del bestiame, parla con i fornitori, accompagna i genitori dal medico, studia con ottimi risultati. Fin quando un giorno, mossa da una cotta, scoprirà un talento che ignorava di avere, beffa del destino, una meravigliosa voce, e decide di fare le selezioni per una nota scuola di canto parigina. Paula però è un'interprete indispensabile (il punto di riferimento) per i suoi genitori e il fratello minore, preziosa e fondamentale per il funzionamento della loro fattoria, ed è quindi indecisa sul da farsi, restare con la sua famiglia o seguire la sua vocazione? Non sarà una scelta facile per lei perché sa che la strada che la spinge verso Parigi avrà grandi ripercussioni sulla sua famiglia, deve perciò fare una scelta di vita. Una scelta di vita che significherebbe la distanza dalla sua famiglia e un passaggio inevitabile all'età adulta. Paula cercherà in segreto un compromesso impossibile, ma con un talento esagerato e una famiglia (ir)ragionevole niente è davvero perduto.