La guerra, che occupa gran parte del film, è ripresa con una schiettezza militare che non conosce ripensamenti nemmeno dal punto di vista estetico. Questo taglio rende American sniper visivamente violento, perché sangue e morti abbondano, ma incapace di lasciare strascichi e rimorsi. Indubbiamente sorgono dilemmi morali ed etici di fronte alla guerra, ma è inutile soffermarsi su questo aspetto, altrimenti il film non avrebbe senso. Il cinema di Clint Eastwood spesso è costruito su posizioni moralmente complesse, dove i personaggi sono presi tra vita e morte, destino e amore, vendetta e giustizia. Come in altre produzioni, altri registi sono stati anch'essi capaci di raccontare la guerra e le sue contraddizioni riempiendoci di emozione e interrogativi: film che sanno essere contemporanei, militari, ma non militaristi. Clint Eastwood ha deciso di costruire un film che parte da un'interpretazione del mondo, della guerra e della vita propria di un militare e patriota texano senza tentennamenti: uno per la cui determinazione potremmo usare l'urticante espressione "senza se e senza ma". La storia di Chris Kyle raccontata nel libro è diversa, più cupa e tormentata. Lo sguardo di Eastwood quindi non è "neutro" come si è detto: interpreta, smussa, elimina le imperfezioni, dà una faccia scura, muta e astratta al nemico, toglie l'alcol, alleggerisce la violenza del ritorno, lima gli spigoli. Kyle veniva da una famiglia di patrioti, è stato cresciuto in uno stampino perfetto, lui e il fratello sono diventati militari: al ritorno ha cominciato a raccontare balle, è andato ospite ovunque a fare l’eroe spaccone, ha cercato di trasformarsi nel supereroe che tutti ammiravano. Tutto questo, che faceva parte della sua storia, sarebbe stato vero e interessante, ma il film ha deciso di farne a meno. In questo modo si è trasformata una storia umana molto affascinante (compreso l'epilogo, qui appena sfiorato) in una parabola forse troppo patriottica ma fastidiosamente vicina alla propaganda. Il risultato è così compatto, preciso e privo di sfaccettature che, se non avvince, annoia parecchio. Alla fine, fa pensare il fatto che un uomo stato 1000 giorni in guerra alla fine muoia, a 39 anni, in un poligono di tiro, non per colpa della guerra....o forse sì, perché la guerra non è solo sul campo, ma nella mente di chi l'ha vissuta. Ci risolleva sapere che l'assassino di Kyle e di un suo amico ha ottenuto l'ergastolo. In conclusione, buon film, di spessore, consigliato agli amanti del genere, altrimenti meglio evitare. Voto: 6
venerdì 11 marzo 2016
American Sniper (2014)
La guerra, che occupa gran parte del film, è ripresa con una schiettezza militare che non conosce ripensamenti nemmeno dal punto di vista estetico. Questo taglio rende American sniper visivamente violento, perché sangue e morti abbondano, ma incapace di lasciare strascichi e rimorsi. Indubbiamente sorgono dilemmi morali ed etici di fronte alla guerra, ma è inutile soffermarsi su questo aspetto, altrimenti il film non avrebbe senso. Il cinema di Clint Eastwood spesso è costruito su posizioni moralmente complesse, dove i personaggi sono presi tra vita e morte, destino e amore, vendetta e giustizia. Come in altre produzioni, altri registi sono stati anch'essi capaci di raccontare la guerra e le sue contraddizioni riempiendoci di emozione e interrogativi: film che sanno essere contemporanei, militari, ma non militaristi. Clint Eastwood ha deciso di costruire un film che parte da un'interpretazione del mondo, della guerra e della vita propria di un militare e patriota texano senza tentennamenti: uno per la cui determinazione potremmo usare l'urticante espressione "senza se e senza ma". La storia di Chris Kyle raccontata nel libro è diversa, più cupa e tormentata. Lo sguardo di Eastwood quindi non è "neutro" come si è detto: interpreta, smussa, elimina le imperfezioni, dà una faccia scura, muta e astratta al nemico, toglie l'alcol, alleggerisce la violenza del ritorno, lima gli spigoli. Kyle veniva da una famiglia di patrioti, è stato cresciuto in uno stampino perfetto, lui e il fratello sono diventati militari: al ritorno ha cominciato a raccontare balle, è andato ospite ovunque a fare l’eroe spaccone, ha cercato di trasformarsi nel supereroe che tutti ammiravano. Tutto questo, che faceva parte della sua storia, sarebbe stato vero e interessante, ma il film ha deciso di farne a meno. In questo modo si è trasformata una storia umana molto affascinante (compreso l'epilogo, qui appena sfiorato) in una parabola forse troppo patriottica ma fastidiosamente vicina alla propaganda. Il risultato è così compatto, preciso e privo di sfaccettature che, se non avvince, annoia parecchio. Alla fine, fa pensare il fatto che un uomo stato 1000 giorni in guerra alla fine muoia, a 39 anni, in un poligono di tiro, non per colpa della guerra....o forse sì, perché la guerra non è solo sul campo, ma nella mente di chi l'ha vissuta. Ci risolleva sapere che l'assassino di Kyle e di un suo amico ha ottenuto l'ergastolo. In conclusione, buon film, di spessore, consigliato agli amanti del genere, altrimenti meglio evitare. Voto: 6
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
No, è un film troppo complesso per me.
RispondiEliminaAnche duro. Penso che non riuscirò mai a guardarlo.
Come dici tu, è da amanti del genere.
Si..leggermente complesso, ma più emotivamente che nelle dinamiche, la guerra è sempre un argomento controverso però non è così duro come sembra, ma effettivamente non è per tutti
EliminaNon sapevo la differenza col libro ma con un regista così non mi sorprende che ci si sia concentrati più su altro. Però, nonostante il patriottismo, c'è un velo (troppo poco) di critica agli "esportatori di democrazia" americani.
RispondiEliminaA me non ha annoiato mai, anche nei momenti più lenti, per questo gli ho dato un voto più alto.
L'avevo letto da qualche parte, perché ovviamente non ho letto il libro, ma poco importa, buon risultato ;)
Elimina