Durante i primi giorni di settembre ho visto ben quattro commedie italiane, molto diverse tra di loro, ma paradossalmente uguali nel risultato, mediocre e inconcludente. Ecco perché ho deciso di raggrupparli in un unico post in modo da non sprecare molto tempo, poiché queste quattro commedie, vuoi per il tema, vuoi la trama e i personaggi non convincono ma soprattutto non fanno ridere (al massimo sorridere) e non divertono o intrattengono almeno sufficientemente. Perciò nonostante le buone intenzioni di alcuni di questi, molti sono abbastanza deludenti e neanche lontanamente interessanti. A partire da una surreale e alquanto improbabile commedia di Gianfranco Gaioni, in arte Director Kobayashi (perché poi non si sa), ovvero Solo per il Weekend che racconta tutto quello che succede nella durata, appunto, di un unico (delirante e psichedelico) weekend, a cinque personaggi alle prese con dei malavitosi in una città di Milano completamente evanescente e per lo più notturna. I cinque personaggi in questione infatti vivono molte avventure, alcune anche pericolose (altre esilaranti un poco), al fine di recuperare una valigetta piena di soldi in mano ad un tizio di colore proveniente dalla città di Las Vegas. E tra bische clandestine, strade deserte ed individui assai improbabili e con gusti ed atteggiamenti particolari, si snoda l'intera vicenda che ovviamente si risolverà pienamente ed a buon fine. Come si evince dalla trama perciò si intuisce di come il film giri tra il grottesco e il surreale, ma anche se alquanto irreale ed esasperata, costituisce però il "motore" di questa pellicola dove non è tanto importante la verisimiglianza bensì la tipologia dei personaggi assurdi ed ognuno con caratteristiche proprie particolari. Personaggi che nonostante vanno spesso a braccetto con l'eccesso, e anche se non c'è una minima capacità di empatia con questa serie di personaggi assurdi che non esprimono altro che una volgarità senza limiti, vengono comunque interpretati in grande stile da un cast formidabile. Su tutti spicca Stefano Fresi (eccezionale nel ruolo di scheggia impazzita che vive di espedienti sempre al centro di equivoci e disastri annunciati) che già si era distinto nel film "Smetto quando Voglio" e che già per fattezze fisiche desta simpatia e complicità, anche se il suo personaggio utilizza degli anziani come dei pirla da truffare (una cosa che rasenta il fastidio oltre il limite della tolleranza e di decenza) o come "pervertiti sessuali" come l'assurdo prete che paga la giovane prostituta (la bellissima Matilde Gioli che non passa mai inosservata) per fare da "cameriera". Lei che al suo secondo ruolo di spicco dopo Il capitale umano, conferma il proprio talento grazie alla forte presenza scenica e a una mimica affascinante.
L'idea invece che Belen Rodriguez facesse l'attrice è forse la più pessima di sempre, perché con tutto il rispetto per lei (che è una gnocca spudorata) non è proprio il suo ruolo, addirittura canta pure, davvero sbagliato. Al contrario invece dell'idea di rivedere la divertente coppia gay Troiano e Abbrescia, fidanzati nel film Cado dalle nubi con Checco Zalone (anche se i nomi cambiati), che riescono nell'intento di rendere Non c'è due senza te (film del 2015 diretto da Massimo Cappelli), minimamente visibile, anche se nel primo erano accettabili in termini narrativi e caricaturali, qui i due offrono invece una recitazione, per colpa della trama e del tema, davvero sopra le righe ed eccessiva. Poiché il film, che racconta della 'gaia' vita di Moreno e Alfonso che viene stravolta dall'arrivo di Niccolò, il nipote di 11 anni, eccede in troppe situazioni grottesche e improbabili. Come quando la già difficile convivenza a tre, viene complicata dal fatto che i due si fingono etero e che per di più Moreno si invaghisce (nonostante continui a professarsi gay) della bellissima Laura, lasciando Alfonso solo e sconsolato. Ma grazie al bambino, a una vicina impicciona, a uno psicologo confuso e a delle colorate drag queen, Alfonso saprà riconquistare il suo grande amore. Il film di Massimo Cappelli è comunque una commedia divertente che tocca temi d'attualità e sfrutta perfettamente le doti attoriali di tutti, soprattutto quelle della D'Aquino, perfettamente in parte e sempre brava. Ma come sempre in questi tipi di film i cliché sono infiniti, dall'omosessualità da tenere nascosta ai famigliari, alla rigida divisione dei ruoli domestici alla necessità, per Moreno, di andare dallo psichiatra (nemmeno lo psicologo). Stereotipi come la napoletanità della Capasso, il carrierismo della sorella di Alfonso, lo psichiatra represso, gli amici trash della coppia gay, e via elencando. E ciò, anche se terreno della farsa e della macchietta, stona malamente. Perché anche se il film scorre piacevolmente, non c'è alcun approfondimento né dei caratteri dei personaggi, che risultano difatti non persone ma caricature, né delle situazioni, che appiano banali e scopiazzate altrove. In Non c'è due senza te poi la recitazione (non solo dei due ma di tutti) è costantemente sopra le righe e le dinamiche, sono già viste e la sceneggiatura è disseminata di troppi dettagli improbabili. L'unico salvabile di tutto il film è però il bambino, Samuel Troiano (nipote di Fabio), che riesce miracolosamente a mantenere freschezza e credibilità (soprattutto nei siparietti con Abbrescia, un grande attore qui sprecato) a dispetto del copione, anche se la sua scena vestito da dragqueen è risultata davvero eccessiva e fuori luogo. Questo perché il film almeno personalmente è stato forzato e troppo caricaturizzato. A mio parere si è difatti solo voluta sfruttare l'attualità dell'argomento per cercare di 'fare cassetta'. Sembra un film infatti fatto da persone che si ritengono furbe e pensano di poter far passare un prodotto trasandato e scadente per un'operazione non solo commerciale ma di qualità. Per fortuna non ci riesce, perché il film nonostante tutto (l'argomento spinoso e l'inutile presenza della Belen) sbaglia tanto ma soprattutto non diverte e non interessa. Voto: 5+
Il terzo film è Bianco di Babbudoiu, l'esordio cinematografico di Pino e gli anticorpi, i tre famosi comici usciti dalle file di Colorado Cafè. Oltre a loro (i protagonisti assieme a Caterina Murino, davvero inguardabile), compaiono molti altri comici isolani, da Benito Urgu a LaPola, fino a Dario Cassini, nel doppio ruolo di banchiere e usuraio, in una delle poche trovate divertenti della storia, e Valeria Graci. Il film (del 2016) infatti nonostante si basi su una storia abbastanza lineare e semplice, ha davvero poco di divertente. Bianco di Babbudoiu difatti, narra solamente (e senza mordente) le vicissitudini di una famiglia di produttori di vino, alle prese con la crisi economica. La storia dei fratelli Michele e Roberto Mannu, che insieme al cognato Stefano Fais gestiscono le tenute Babbudoiu, un'azienda vinicola fondata dal padre a Sassari, si ritrovano con centinaia di migliaia di euro di debiti e hanno solo 15 giorni di tempo per trovare il denaro necessario ad evitare il fallimento, si improvviseranno perciò banda criminale, in un'escalation di equivoci, situazioni demenziali ed episodi rocamboleschi che non porteranno a nessuna soluzione. Ma proprio quando tutto sembra perduto, ecco manifestarsi la risposta proprio lì, sotto i loro occhi, un bicchiere del buon Bianco di Babbudoiu…un vino rosso, fiore all'occhiello della casa di produzione vinicola. Appare subito evidente di come questa pellicola sembra non andare da nessuna parte, non è chiaro infatti quale sia il senso dell'operazione, se la promozione delle aziende vinicole sarde, o del turismo isolano, o dei tre comici protagonisti. Anche se è chiaro però che il risultato della loro partecipazione a Bianco di Babbudoiu sia molto al di sotto delle aspettative (e sottotono), perché il passaggio dal cabaret televisivo al cinema è uno dei più rischiosi, e purtroppo qui anche per colpa della scelta di essere loro tre gli autori della sceneggiatura, che non aiuta affatto, il film si perde. All'interno di una commedia dev'esserci una logica, una coerenza narrativa, una credibilità nella psicologia dei personaggi, una riconoscibile verità di fondo. Tutto questo non esiste in Bianco di Babbudoiu e non per la dimensione esigua del budget, che nulla ha a che vedere con la narrazione, ma proprio per il suo non avere il minimo interesse a sviluppare un intreccio credibile. Il film non cura nessuna parte, nonostante la regia di Igor Biddau è pulita e rigorosa, non cerca di accompagnare, sorprendere o spiazzare, non cerca di indirizzare o all'opposto di lasciare smarriti, fa semplicemente accadere scene senza un reale collegamento che gli dia valore. Invece che arrivare a costruire una gag nel corso di una sequenza o di più sequenze, Bianco di Babbudoiu infatti le presenta come se prima di esse non ci fosse nulla e nulla ci dovesse essere dopo. Eccetto alcune scene cardinali, molto del film potrebbe essere preso e spostato in un altro momento e niente cambierebbe, perché niente è effettivamente legato, né narrativamente né formalmente. Poiché nonostante l'evidente impegno nel cercare situazioni esilaranti che strappino la risata, il film infatti scorre fra gag mal riuscite, battute telefonate e situazioni che sfiorano il cattivo gusto, laddove nemmeno la creazione di equivoci ad hoc riesce a salvare un film che non ha davvero né capo e né coda. Lo stesso pretesto su cui si regge il titolo del film, un vino rosso che si chiama misteriosamente 'bianco', si rivela privo di senso, essendo la spiegazione, tenuta in caldo fino alla fine del film, davvero banale e funzionale solo nel sottolineare l'enorme mancanza di buone idee su cui si regge l'intera pellicola. Unico pregio il paesaggio, sullo sfondo infatti ci sono Sassari e la Sardegna con le sue bellezze mozzafiato, e la colonna sonora con canzoni davvero ritmate e divertenti, ma non basta a compensare l'assenza di un ritmo di racconto e soprattutto di risate. In definitiva perciò questa commedia mediocre, che probabilmente non doveva nemmeno essere prodotta, non convince e non riesce a far nemmeno sorridere, praticamente velleitaria e inconsistente. Voto: 5,5
L'ultimo film è forse quello più simpatico di tutti, ma purtroppo anche A Napoli non piove mai (2015) non riesce a convincere, perché nonostante le buone intenzioni, fallisce anch'essa nella trama (esilissima) e soprattutto nella messa in scena. Sergio Assisi infatti in questa sua opera prima pecca di qualche ingenuità, anche se proprio perché è un primo tentativo potrei lasciar correre, ma purtroppo non si può poiché A Napoli non piove mai (inspiegabilmente sovvenzionata e riconosciuta di interesse culturale da parte dello Stato) è l'ennesima mini-produzione italiana senza capo né coda, senza un'idea precisa, senza un qualcosa di divertente. La Napoli del titolo infatti, da titolo, è sì solare ma anche troppo teatrale, folkloristica, pasticciata e posticcia. Le vicende dei tre 'disperati' della storia raggiungono praticamente zero empatia e il loro intreccio meccanico non funziona. Tutto sembra apparecchiato alla buona, con avanzi e portate insipide, servite un po' a casaccio. Poiché le vicende del napoletano Barnaba, che dopo l'ennesimo litigio con il padre e con la fidanzata che lo lascia a causa del suo essere un eterno Peter Pan, che cerca ospitalità dagli ex compagni di scuola e trova le porte aperte da Jacopo, che soffre di sindrome dell'abbandono da quando è stato mollato sull'altare, non vanno da nessuna parte. E neanche l'arrivo della restauratrice Sonia (che paradossalmente soffre della sindrome di Stendhal), che ha accettato un lavoro a Napoli solo per poter sfuggire al padre e allo spasimante Crocifisso, cambierà qualcosa al film, al contrario della vita dei tre, che subirà grandi cambiamenti. Comunque a parte qualche problema bisogna dare atto che il film è garbato e godibile ed anche fresco, leggero, e a tratti delicato, che pur non possedendo forti elementi di comicità, possiede un continuo spirito rilassato e spiritoso che lo rende di visione assai piacevole. Questo grazie alla recitazione, sempre molto sobria, mai eccessiva e che non cade nei facili eccessi becero-volgari a cui certi tipi di commedia ci hanno, purtroppo, abituato. L'altra protagonista sicuramente in positivo è la città, la bella Napoli, che per la prima volta dopo un bel po' si spoglia dell'immagine (vera, per carità) di Gomorra e torna ad essere una onirica rappresentazione di una sottocultura popolare fatta di Santi, parrocchie e bancomat sognati. È la Napoli antica, quella del sole non solo meteorologico (perché è vero che a Napoli non piove mai), ma di una popolazione che se glielo chiedi ma anche no, un posto per ripararti dalle intemperie della vita lo trova sempre. Assisi poi, nonostante una prova così così, sceglie benissimo il suo cast, Valentina Corti qui è davvero stupenda, bellissima e dolce (con il suo look un po' pin-up e il suo modo di essere, tuttavia, naif, riesce a sorprendere) ed Ernesto Lama una rivelazione, e cura le musiche altrettanto bene, belle infatti le atmosfere jazz che ben si accompagnano alla storia. Una storia che offre sicuramente spunti simpatici ed anche qualcuno di riflessione ma, soprattutto, ci offre una visione di Napoli finalmente non stereotipata e molto vera, anche se la storia d'amore tra i due non ha praticamente senso, vuota, insipida e forse anche inutile, ed anche altre che l'accompagnano non interessano. In definitiva perciò nonostante un buon dettaglio narrativo, e a parte qualche gag, fa davvero ridere poco, un film quindi al di sotto della sufficienza, minimamente deludente come commedia, ma che si fa comunque apprezzare, però non tantissimo. Voto: 6
Ciao👋 ti devo dire la verità, le commedie italiane non mi piacciono, troppo semplici, banali e a volte volgari! Però l'ultima, "A Napoli non piove mai" é quella che mi incuriosisce di più!😊 Buon sabato Pietro!👋
RispondiEliminaCiao, neanche a me sinceramente, esattamente per gli stessi tuoi motivi, però in effetti l'ultimo anche se stilisticamente povero è probabilmente il migliore ;)
EliminaBuon sabato e buona domenica a te :)
Io proprio non ce la faccio con la commedia italiana. È più forte di me. È proprio a causa di questo genere che tendo troppo facilmente a disprezzare il cinema nostrano. Sono contenta di capire che non mi perdo proprio nulla non guardando nemmeno uno di questi titoli! :)
RispondiEliminaA me certe volte mi viene la rabbia per il potenziale sempre sprecato delle commedie italiane e questi 4 film sono l'esempio perfetto di come da un soggetto interessante ne esca una cavolata perché in effetti a parte qualcosina non c'è quasi niente e non ti perdi niente di buono ;)
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