È consuetudine (ormai acquisita, sarebbe una novità il contrario) di Hollywood sfornare remake o sequel di film che hanno avuto successo, e in certi casi che hanno fatto la storia del cinema. Ma alcuni rifacimenti cinematografici però non li avremmo proprio voluti vedere. L'ultimo caso e ultimo della serie (perché negli anni molti altri sono stati i casi simili e quasi tutti in negativo) è Ben-Hur, film del 2016 diretto da Timur Bekmambetov, che quasi svilisce il capolavoro kolossal del 1959 di William Wyler, con protagonista un immenso Charlton Heston e vincitore di ben 11 Oscar (solo Titanic di James Cameron è riuscito a eguagliarlo). Tra i due film infatti non c'è proprio partita, tra l'epica della Hollywood di fine anni Cinquanta e quella fredda dei giorni nostri c'è un muro invalicabile che sinceramente non andava minimamente infranto. E invece eccoci qui ancora una volta a recensire l'ennesimo remake che sarebbe subitamente da cancellare, se solo potessimo. Giacché questo remake non fa altro che deludere lo spettatore che invece, ingannato dal trailer, si aspetta un film vulcanico, dinamico, avvincente, ben ritmato, con una sceneggiatura che certamente non avrebbe fatto rimpiangere l'originale scritto da Lew Wallace nel 1959. Difatti, senza voler usare ipocriti e ingenui eufemismi, questo film, diretto da un regista personalmente sconosciuto, ri-scritto e ri-sceneggiato dagli statunitensi John Ridley (seppur vincitore del Premio Oscar 2013 per la migliore sceneggiatura non originale del Film 12 Years a Slave) e Keitt R. Clarke (quasi sconosciuto al grande pubblico cinematografico americano avendo realizzato poche sceneggiature importanti, The Way Back (2010), In Search of Dr. Seuss (1994), ma forse più conosciuto come produttore e scrittore statunitense), è quasi dilettantesco e certamente inutile da farsi.
Se infatti il "vero" Ben Hur è stata la dimostrazione della grandezza e della potenza delle idee e del potere di Hollywood, questo è il risultato invece di una Hollywood sempre più schiava di se stessa e della oramai atavica mancanza di idee. Poiché se questa doveva essere una sfida con la più celebre e mitica versione, questa è stata miseramente persa senza giustificazione alcuna. Dopotutto inutile girarci intorno, il remake di un film importante come Ben Hur andava sicuramente affidato a mani molto (davvero tanto) più esperte. Al timone di questo film infatti (costato 100 milioni di dollari, che di epico ha solo le splendide location) hanno messo il kazako Tibur Bekmambetov, che più che epica mastica action movie (sono suoi i mediocri Wanted con Angelina Jolie e La leggenda del cacciatore di vampiri), che ovviamente cerca a suo modo di dare un taglio nuovo, forse moderno riadattando alcune situazioni al gusto cinematografico attuale, ma con il risultato finale di ottenere solo e purtroppo uno sfocato remake che assolutamente non coinvolge lo spettatore. Poiché lui si impegna e fa del suo meglio (senza evitare anacronismi e grandissimi strafalcioni) ma la narrazione è lenta, insipida, piatta, bonaccia, asettica, con un filo conduttore narrativo che spesso lo spettatore perde e che poi ritrova, dopo un po', aggrovigliato e incomprensibile. Le scene poi sembrano realizzate a compartimenti stagni non comunicanti, in una parola: un vero e proprio fiasco cinematografico. Fiasco in cui la componente religiosa c'entra, dato che il film è stato accusato di aver forzatamente inserito la figura di Gesù per attirare quella parte di pubblico credente/cristiana.
Ma c'entra anche la scelta di affidare i ruoli chiave ad attori poco noti e dunque non in grado di trascinare una massa corposa di aficionados. Immagino che se al posto di quel volto belloccio ma indifferente di Jack Huston (La risposta è nelle stelle, PPZ: Pride + Prejudice + Zombies e soprattutto Boardwalk Empire: L'impero del crimine) ci fosse stato un volto più incisivo, particolare e ipnotico come ad esempio quello di un Oscar Isaac, Tom Hiddleston o Daniel Craig il risultato sarebbe stato meno debole. Anche se tuttavia bisogna ammettere che la storia in tutto il caos generato da questo deludente film c'è e la fa da padrone pur rimanendo abbastanza (e lungamente) superficiale. Ma è davvero troppo poco, poiché non solo i legami indissolubili che uniscono i protagonisti tra loro sono appena accennati, non risultano mai profondi, autentici, toccanti, ma la storia prosegue senza mai approfondire i caratteri degli stessi, ed anche appunto la figura di Gesù che appare per pochi ma intensi momenti nella pellicola di Wyler è qui sminuita. Lui che nel film del 1959 era una figura centrale, anche se non lo abbiamo mai visto in volto e mai sentito parlare, seppur la sua (intensa e potente) presenza e la sua centralità era palpabile all'interno di tutta la storia. In questo film invece il regista lo mostra e ci fa sentire anche la sua voce ma all'interno del film non sorge a figura importante, anzi, è solo un contorno che avrebbero fatto meglio a non forzatamente inserire se esplicato in questo mal modo. D'altronde a dare il viso a Gesù è in questo film Rodrigo Santoro (Pelé, Focus, 300: L'alba di un impero e Westworld) completamente fuori luogo e che vince il premio di peggior interpretazione dell'intero film.
E quindi direte voi, cosa c'è o resta di comunque funzionale in questa rivisitazione classica, priva di veri spunti emozionanti, non paragonabili con altre pellicole precedenti a cui sembra somigliare, destinata al mero scopo commerciale e che alla fine dei conti si rivela essere senza anima e senza grandi meriti? La parte action, l'avventura, le scene d'azione ben confezionate grazie all'ausilio di effetti speciali più che discreti e ben dosati, anche se, seppur spettacolare il ritocco in CGI di alcune sequenze tolgono pathos, realismo e adrenalina, mancando di autenticità. Tutta la pellicola appare poi troppo costruita per portarci all'esaltante corsa delle bighe, che fanno sbocciare sì un subitaneo e repentino palpito allo spettatore che rimane empaticamente coinvolto, ma certamente non travolto. Dato che paradossalmente nella pellicola del 1959 non era in realtà quello il momento centrale della storia. Di conseguenza perciò, pur inserendo ritmo ed epica anche nella suddetta corsa delle bighe, un momento comunque spettacolare di sicuro effetto, egli è davvero troppo scollato da tutta la storia e in nessun modo riesce a toccare l'intensità della pellicola vincitrice di tanti Oscar e del romanzo stesso. Quella di Timur Bekmambetov è infatti e certamente la peggiore versione delle cinque che dal 1907 si sono succedute nel tempo, le due versioni "mute" del 1907 e del 1925, la celebre ed insuperabile versione del 1959, il film di animazione del 2003 e per finire, appunto, con quest'ultima del 2016, che molto delude e poco convince o appassiona. Comunque qualcosa di interessante c'è, ma come detto e ripetuto assolutamente non basta, bella è difatti l'ambientazione, ricordiamo che le riprese coinvolgevano Matera e Roma, curata e molto nitida la fotografia e la scenografia, pur con la presenza di qualche anacronismo stilistico in relazione ai personaggi.
Buona altresì la colonna sonora e finale a sorpresa, anche se proprio il finale si rivela probabilmente come la parte più debole del film, che certamente fatica ad essere apprezzato o a convincere perché è troppo convenzionale, artificioso e patinato. Per il resto si assiste ad una avventura classica ed epica che coinvolge Judah Ben Hur (Jack Huston) e tutta la sua famiglia, comprendente sua sorella Tirzah, interpretata sufficientemente (l'unica) dalla bellissima Sofia Black D'Elia (The Night Of). Un giovane dalle nobili origini che viene però falsamente accusato di tradimento dal fratello adottivo Messala (Toby Kebbell), ufficiale dell'esercito romano. Privato quindi del titolo e separato dalla famiglia e dalla donna che ama (Nazanin Boniadi), Giuda è costretto in schiavitù. Ma dopo anni passati per mare, Giuda fa ritorno alla propria terra d'origine per cercare vendetta, trovando invece la salvezza, giacché sul percorso di casa si ritroverà sulle orme di Gesù di Nazareth, un uomo che sta facendo decine di adepti e che poco prima della sua crocifissione riuscirà a conquistare, e convertire, anche il protagonista e la sua sposa Esther. La storia ricalca dunque la classica epopea ricca di pathos, avventura, invidia, amore e odio che coinvolge i protagonisti. Una storia però lungamente diversa dall'originale e troppo simile a tante altre, per questo la mediocrità è certamente latente in questo film. Al contrario invece, e nonostante tutto, la resa attoriale è minimamente sufficiente, il veterano Morgan Freeman è l'unico volto e nome noto e ovviamente non sfigura nella parte del mercante nomade che diventa il mentore del giovane Ben Hur. A tal proposito Jack Huston ci prova e si impegna, ma il risultato è abbastanza modesto, non riuscendo ad entrare pienamente nei panni di Ben Hur ed appropriarsi del ruolo, viverlo come una seconda pelle, cosa che invece sarebbe risultata indispensabile per un ruolo come questo.
Modeste, senza eccessi, anche le interpretazioni del resto del cast, tra cui Pilou Asbæk de Il Trono di Spade, James Cosmo (L'ultima legione) e Francesco Scianna (Latin Lover). Buona ma più carente e invece la prova attoriale di Toby Kebbell (Fantastic 4: I Fantastici Quattro e Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie) che impersona un uomo accecato dal rancore e dall'odio nonché roso dai sentimenti di inadeguatezza rispetto al resto della sua (nobile) famiglia adottiva. Il suo personaggio infatti e nonostante sia compatto durante l'intera durata della pellicola perde credibilità nel finale, l'anello debole del film, in quanto la sua trasformazione risulta alquanto repentina e quindi inverosimile dati gli avvenimenti pregressi. Insomma e a conti fatti un mezzo pasticcio, poiché gli sceneggiatori intenti a ri-scrivere una versione originale della narrazione romanzesca di Wallace, si ritrovano a realizzare infine un'opera che senza alcun dubbio rinnega la natura stessa del Romanzo e la straordinaria bellezza dell'originario di Lew Wallace, dal titolo Ben Hur: A Tale of Cristo del 1880. Anche se tuttavia, nel complesso e in definitiva proprio bruttissimo questo film (remake) non è, seppur con latente sensazione di incompletezza della serie "si poteva (decisamente) fare (moltissimo) di più". Perché nonostante il cast sufficiente, una regia funzionale al genere ed effetti speciali discreti, che hanno altresì qualcosa da evidenziare, grazie anche ad un buon ritmo, che tutto sommato, regge abbastanza per regalare una visione disinvolta, il tutto purtroppo non ha passione, non ha convinzione, non riesce a far breccia nello spettatore, specialmente in colui che ha vissuto con un certo interesse le straordinarie emozioni elargite a piene mani dal capolavoro originale. In conclusione dunque, anche se avrei preferito non vedere e mai venir prodotto, questo (comunque deludente e davvero mediocre) film si guarda senza provare noie particolari, seppur come detto ad esso non ci si appassiona in maniera completa e giustificata. Voto: 5
Addirittura la figura di Gesù, forzatamente?
RispondiEliminaAhaha.
No, non lo vedrò. A che serve se esiste l'originale che ancora macina alla grande?^^
Moz-
Sì, purtroppo secondo me è così, sembra difatti un elemento esterno..
EliminaProprio per quello che non capisco il bisogno di questo inutile remake! ;)
avrei voluto vederlo, ma solo perché mi lega alla versione originale di questo film il ricordo che ne ha la SuperNonna, che per la prima volta andò al cinema a vedere proprio questo film!
RispondiEliminaPer rispetto alla tua SuperNonna, secondo me faresti meglio comunque a non recuperarlo affatto, non è proprio la stessa cosa, anzi, potrebbe rovinare dei buoni ricordi ;)
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