Il cinema italiano di adesso è abbastanza altalenante, anche se sono pochi gli alti e tanti i bassi, ma continua sempre ad essere fonte d'ispirazione, e pensare che negli anni d'oro del nostro cinema, dagli anni '50 ai primi degli '80 (sprazzi di '90) riuscivamo persino a vincere degli Oscar, per il migliore film, ora al massimo quelli tecnici, ma solo quando vogliono loro (quando l'Academy e il politicamente corretto non vanno a braccetto, purtroppo quasi mai). In ogni caso però, i grandi film restano, e i nostri grandi autori continuano ad ispirare, anche a 50 anni di distanza, molti i film degli anni '70 per esempio considerati capolavori e/o cult. I Settanta infatti, il decennio da me scelto per questo primo Speciale sul Cinema italiano, ci hanno visti protagonisti in tanti generi. Nel caso specifico (le mie mancanze soprattutto in ciò), spopolavano i gialli (ridefiniti all'italiana), e nell'horror, prima gotico poi generale, ci difendevamo bene. Ecco, tutto non ho visto, ho visto (persino rivisto) Argento e qualcun altro, ho visto pellicole conosciute e meno conosciute, ma ora il bagaglio si fa più corposo con questi 6 film. Film di Maestri quali Bava, Avati, Fulci, Martino e di registi quali Lado e Bido, film simili ma diversi, però con un minimo comun denominatore, la bella "donzella", che mai può mancare. Davvero, complimenti per il buon gusto. A parte gli scherzi, ma non tanto, tutti film interessanti, che non hanno (troppo) deluso le aspettative.
Una lucertola con la pelle di donna (Horror/Giallo 1971) - Carol sogna quasi ogni notte di assassinare la libertina e provocante vicina di casa per la quale prova attrazione fisica e avversione al tempo stesso. Con sommo stupore apprenderà che le sue inquietudini oniriche si sono materializzate in quanto la dissoluta signora è stata realmente ammazzata. Le modalità dell'omicidio sono identiche a quelle del sogno e a complicare ulteriormente il tutto c'è il rinvenimento di alcuni suoi oggetti personali sul luogo del delitto. Un bel rompicapo che Lucio Fulci tiene in piedi fino alla fine con mestiere tra deliri allucinati e divagazioni a carattere horror. Notevole la scena con Florinda Bolkan aggredita da un branco di pipistrelli e soprattutto quando si ritrova in un laboratorio all'interno del quale alcuni cani vengono tenuti in vita in modo aberrante. Scena che cagionò a Fulci grattacapi di varia natura e una denuncia poi finita nel nulla perché il regista dimostrò la natura artificiale degli animali, nient'altro che trucchi ideati da quel genio di Carlo Rambaldi. La pellicola è un lungo gioco di specchi deformanti in cui la realtà viene manipolata di continuo. La capacità di sorprendere, l'inserimento di sequenze caricate di una psichedelia impetuosa sostenuta dalle martellanti note di Ennio Morricone, un intreccio compatto con sporadiche e perdonabili cadute di tono, fanno di Una lucertola con la pelle di donna un ottimo esempio di giallo all'italiana. Conquistano i vari depistaggi, intriga il modo composto con cui viene svelata l'identità dell'assassino, in modo non certo convenzionale per il genere e per l'epoca, in cui epiloghi brutali erano preferiti a spiegazioni verbali. C'è un sotto-testo pessimista facilmente individuabile che attacca certi ambienti borghesi denunciandone il falso perbenismo e l'ambiguità, allo stesso modo esce un ritratto giovanile deplorevole, perso tra droghe e assenza di valori. Il titolo bizzarro, ma non privo di logica, strizza l'occhio alla cosiddetta Trilogia degli animali di Dario Argento cercando di ricalcarne le fortune, in parte riuscendoci. In ogni caso gran thriller. Voto: 7
Gli orrori del castello di Norimberga (Horror 1972) - In uno splendido castello gotico viene riesumato il "fantasma" di un barone ucciso in condizioni terrificanti che sparge orrore dovunque, con gli elementi tipici delle novelle in bilico tra l'esoterico e il giallo. Un diabolico Joseph Cotten regge così per intero una sceneggiatura abbastanza risibile, mentre gli attori principali, compresa la gnocchissima Elke Sommer, non sono all'altezza delle parti (inespressivo il personaggio del giovane erede del barone, a cui tocca essere l'imbarazzante artefice del ridicolo desiderio di "riesumazione"). Poco male, perché Mario Bava ci mette da una parte un'aspetto scenografico superlativo (a parte la maschera del barone che è piuttosto grottesca anche nell'andatura) e dall'altro almeno un paio di personaggi minori memorabili (la bambina, inquietante e ambigua, bravissima, e una medium che assomiglia quasi a Barbara Steele). Il regista è infatti bravissimo nel descrivere e sviluppare un racconto esile (quasi inesistente) con invenzioni, scenografie, musiche (quest'ultime in verità non adattissime secondo me), luci e quant'altro ancora, anticipando un modo unico di fare cinema, la cui eredità sarà ripresa dal suo "discepolo" Dario Argento. Certo, il film alterna momenti riusciti (la morte del tizio nella cassa per esempio) a momenti che mi sono piaciuti poco, ma la regia di Bava, i momenti ironici e le autocitazioni ne fanno un film che tutto sommato merita un'occhiata dagli appassionati del genere. Anche perché il finale è così avvincente che supera di gran lunga limiti di produzione, dialoghi scadenti, enfatizzazioni tipiche del cinema artigianale, etc, insomma un prodotto godibile, che non smentisce la fama del suo creatore. Voto: 6
Tutti i colori del buio (Horror/Giallo 1972) - Dopo aver subito un violento trauma la bella Jane comincia da essere perseguitata da ricordi terrificanti legati alla sua infanzia. Sergio Martino apre questo suo thriller con una sequenza onirica davvero interessante e per tutto il film sfoggia una maestria non indifferente, ricorrendo spesso ad inquadrature sofisticate e optando per una messa in scena sicuramente suggestiva. L'introduzione ai vari argomenti è sulle prime molto incisiva con appetitosi richiami oscillanti tra realtà e presunte allucinazioni. Si genera una forte curiosità grazie al tentativo di disorientare lo spettatore a più riprese, cercando di forgiare una tensione attribuibile più a deliri mentali che a una tradizionale trafila di efferatezze. Tutti i colori del buio purtroppo perde di forza nella concatenazione degli avvenimenti, spesso riproposti con troppa ostinazione nell'ambito di uno script tortuoso e confuso in molti passaggi che pervengono piuttosto forzati. Tra congiure familiari e una setta satanica dedita a messe nere i fili si riannodano in maniera non proprio soddisfacente nel finale, alimentando così qualche perplessità di troppo. Il regista riesce comunque a concretizzare uno scenario stuzzicante facendo buon uso dei personaggi a disposizione, molto in parte Edwige Fenech, ovviamente sempre cortese nel deliziare lo sguardo con le sue prorompenti doti fisiche. Intorno la protagonista circolano molti volti noti del cinema anni '60/'70, tra cui un Ivan Rassimov con lenti cerulee, George Hilton e Susan Scott. E pur con qualche difetto, e pur qualche evidente debito con Rosemary's Baby di Roman Polanski, il film di Sergio Martino è un prodotto di buona fattura, un prodotto tutto sommato da vedere. Voto: 6+
L'ultimo treno della notte (Dramma/Thriller 1975) - Il classico film natalizio, scherzo ovviamente. L'ultimo treno della notte è un gran bel pugno allo stomaco. Non per caso considerato, a quei tempi, un film cruento e violento. L'implacabile epilogo è chiaramente ispirato a L'ultima casa a sinistra di Wes Craven, considerato tra i primi e più riusciti rape and revenge a cui è doveroso aggiungere anche questo ragguardevole esempio italico. Rispetto al lavoro del collega americano Aldo Lado lavora molto meglio sugli aspetti sociali, presentandoli sempre un po' grezzi ma di sicuro meno superficiali. Non manca infatti la solita (però in questo caso ferocissima) critica alla borghesia. Pochi i particolari cruenti, molto viene suggerito e a restare impressa è soprattutto la scena dello stupro all'arma bianca. Il regista riesce comunque a creare un clima di terrore psicologico difficilmente tollerabile in più frangenti, seppur la pellicola del collega Craven, almeno da questo punto di vista (parere molto personale), sia ancora più sgradevole. Certamente la parte centrale del film è la migliore, sia dal punto vista visivo, sia per l'abilità del regista di creare un'isola a se stante dalle convenzioni sociali in cui viene commesso e ammesso di tutto, evidenziando le dinamiche tra i vari personaggi, dove spicca una Macha Meril veramente perfida fino al midollo, abilissima nel manipolare i due teppisti per dare libero sfogo alla propria personalità repressa dietro la facciata di donna irreprensibile. Gli aspetti negativi riguardano la poca originalità del film, la noia presente in alcuni momenti e la recitazione abbastanza mediocre (a parte Flavio Bucci ed Enrico Maria Salerno, quest'ultimo davvero grande). La pellicola poi, perde quota proprio nel finale, durante il quale le coincidenze iniziano a suonare come troppo forzate e alcuni sviluppi vengono sveltiti sottraendo realismo alla vicenda (e ci sono anche parecchi errori tecnici). Le musiche di Ennio Morricone inoltre, le ho trovate piuttosto anonime. Bellissima invece, perché straniante ma paradossalmente efficace, la canzone di Demis Roussos, A flower's all you need che si può ascoltare all'inizio e alla fine subito prima dei titoli di coda. Però in conclusione, tra critica sociale e violenza degenere prende corpo un film crudo e grezzo, ma solido, compatto e coinvolgente, niente d'eccezionale certo, ma un film abbastanza interessante e riuscito. Voto: 6,5
La casa dalle finestre che ridono (Horror/Thriller 1976) - Un film a suo modo unico nel contesto italiano (e non). Più vicino al seguente Shining (abitazioni con un passato di sangue, follia latente) che al coevo thriller grandguignolesco alla Dario Argento (all'epoca al top della carriera e dell'inventiva). Pupi Avati, sceneggiatore tra gli altri, con Maurizio Costanzo (quando ancora aveva il cervello a posto) e Gianni Cavina (che interpreta Coppola), azzecca l'idea di trasformare un anonimo paesino del Ferrarese in un autentico antro del male. Male che ha fagocitato l'intera popolazione, e i cui segreti si scoprono a un carissimo prezzo. Inevitabilmente datato per certi aspetti (ritmo lento, flashback non proprio raffinati, la "congiura" ostentata dai paesani nei confronti del protagonista fin dall'inizio) ma ancora inquietante e sorprendente nel riuscito mix tra orrore, grottesco e patologico. E l'atmosfera è opprimente, claustrofobica, riducendo al minimo la violenza. La sorpresa finale poi, è davvero sbalorditiva, è ciò che segue ha il pregio di non essere accomodante o consolatorio. Funzionali musiche di Amedeo Tommasi. Come è stato scritto/detto più volte la grande intuizione del regista è stata infatti quella di ambientare un film horror in un ambiente solare come quello campagnolo, ma che tuttavia diventa improvvisamente inquietante (anche nell'immaginario comune) quando ci si imbatte nelle strane storie di paese e nei casolari abbandonati lungo la strada. La casa dalle finestre che ridono si presenta quindi come un thriller ordinato, curato nei minimi particolari e ben girato grazie ad un ritmo ben distribuito che svela astutamente l'intrico della trama, sebbene con qualche caduta negli "effetti speciali", comprensibile e quindi perdonabile (come perdonabile è l'infelice divagamento sentimentale-erotico a metà film, che fa cadere la tensione e forse non serviva, perché quanto era dolce e bella Francesca Marciano?). Nonostante ciò, a più di quarant'anni di distanza, è un film ancora capace di reggere splendidamente la prova. Voto: 7+
Solamente nero (Horror/Giallo 1978) - Buon film giallo sull'onda di Dario Argento, il titolo Solamente nero è in chiara opposizione a Profondo rosso, da cui oltretutto parrebbe ispirarsi, anche se i modelli sono più di uno. Ci sono alcuni momenti ben girati con una discreta suspense, in questo si vede la buona mano del regista Antonio Bido, una mano solida e curata, con un certo gusto estetico. L'intreccio, a dire il vero, non è solidissimo e chiarissimo, bisogna fare qualche sforzo per far quadrare tutti i conti. Il twist finale non è male architettato, in precedenza però la pellicola offre parecchi momenti di stanca e digressioni che dilatano fin troppo avvenimenti tutt'altro che fondamentali per la comprensione del contesto. Venezia è sfruttata bene, ma secondo me è un po' troppo luminosa per un thriller nero. Abbastanza ben caratterizzati ho trovato i personaggi di contorno, tutti tipi loschi e poco di buono, che hanno scheletri nell'armadio. Si avvale di un gruppetto di buoni interpreti (tra i quali spicca Craig Hill, pregnante nel ruolo del prete) e di un'ottima fotografia che sa immergere lo spettatore nelle atmosfere del film. Poco sfruttata la risorsa della piccola comunità rurale che sembra celare segreti indicibili, nello specifico è facile pensare a La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati e non solo per la presenza di Lino Capolicchio (a proposito di ciò il suo arrivo in città sembra preso pari pari da quel film, ma siamo in treno e non su un battello e lei è la Stefania Casini e non la Francesca Marciano, e tuttavia gnocche entrambi). Purtroppo quell'ostile sentore resta troppo sullo sfondo, come è blando l'attacco ai poteri forti, messi alla berlina senza adeguato approfondimento (la colonna sonora poi non è fra le migliori sentite in questo tipo di film). Altra pecca è la piatta confezione degli omicidi, perpetrata dal solito assassino di nero vestito. Per essere un film di quegli anni, c'è poco sangue. La scena della vecchia bruciata viva, però, è raccapricciante. In complesso il film non è male (non troppo bello e non troppo brutto), gli manca solo quel qualcosa di indefinibile che ne avrebbe fatto una più che discreta pellicola. Così com'è è solo un buon film, un film non del tutto originale, ma copiato certamente con stile. Voto: 6,5
Credo di non averne visto nemmeno uno.
RispondiEliminaConosco solo quello di Pupi Avati perché lo recensì Riccardo qualche tempo fa.
Sì ricordo, e sono soprattutto film per appassionati ;)
EliminaManca un grande classico ovvero Non si sevizia un paperino, probabilmente uno dei migliori film del genere.
RispondiEliminaLa casa delle finestre che ridono l'ho rivisto anch'io pochi mesi fa, e mi piace ancora un sacco.
Beh, ne mancano tanti in verità, ma chissà che in futuro ci sia quello e tanti altri ;)
EliminaL'unico della lista che in parte avevo già visto, rivederlo è stato strano, ma decisamente il miglior Avati.
Queste sono le liste che mi piacciono. credo che se ne facessi una io, potrei arrivare tranquillamente a 500 titoli visti e rivisti ;-D
RispondiEliminaCi credo, e comunque davvero, decisamente un altro cinema ;)
EliminaUna grande stagione,ma andare al cinema era un evento speciale all'epoca!
RispondiEliminaBeh sì, e ci credo che era speciale, ma dopotutto il cinema fa quell'effetto ;)
EliminaCerca di trovare una mezz'oretta per Love, death & Robots.. oltretutto molte robe nelle tue corde..lo stanno celebrando un po' tutti in giro, specie tuoi followers..
RispondiEliminaMa sai che ho il mio tempo, e sai però che prima o poi sicuramente vedrò, solo un po' di pazienza ;)
EliminaLa Casa dalle Finestre che Ridono è nella mia lista di film da vedere da un sacco di tempo, sono certa che mi piacerebbe, grazie per avermi ricordato che lo devo proprio vedere!
RispondiEliminaDi niente, aspetterò di leggerti ;)
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