mercoledì 27 ottobre 2021

I film del periodo (11-24 Ottobre 2021)

Mancano ormai pochi giorni ad Halloween, e molti ne approfitteranno per fare festa, ma altri ancora per vedere un film horror, chissà magari proprio quello che vi consiglierò per il 31, perché sì in via del tutto eccezionale pubblicherò domenica. Un film che io tuttavia avrò già visto, quindi un altro film vedrò quella sera, e fortunatamente ricca sarà la scelta. In ogni caso una serata all'insegna dell'orrido, che tanto piace, sicuramente sarà. Non è stato invece orrido (nel senso di brutto) quest'ultimo periodo cinematografico, anche se nessun film è riuscito a fare il botto. Periodo che oltretutto è stato all'insegna dei recuperi, con film segnati da tempo ed alcune aggiunte dell'ultimo minuto, tra pellicole visionate da Prime Video, altre grazie al Guardaroba e allo Streaming, persino uno dalla TV, tempo fa passato in chiaro. Lo si potrebbe quindi definire come uno Speciale Recuperi, ma non definirlo o meno così non cambia la sostanza, ho visto questi film ed ecco com'è andata.

Colonel Panics (Horror/Thriller 2016) - Un film che non rende le cose facili per il pubblico, una pellicola cyberpunk 3.0 ad alto tasso erotico (in questo senso la splendida Tia Tan che interpreta sia la prostituta che il futuro cyborg non ha molte battute, ma lascia sicuramente un'impressione positiva), visivamente micidiale e caratterizzata da un'inquietante musica elettronica, che diventa piuttosto difficile da seguire. Passato, presente, realtà virtuale e artificiale, anche questa di ieri e del futuro (presente), si incrociano e il film diventa un po' confuso, in modo surreale, anche per il fatto che lo stesso attore protagonista (incaricato di risolvere un problema con un virus che sembrerebbe aver infettato un gioco per adulti virtuale) interpreta entrambi i ruoli giocando sicuramente un ruolo nella questione. Il senso di "sviamento", tuttavia, sembra adattarsi all'estetica generale della produzione, che si concentra sull'aspetto visivo, almeno quanto sulla sceneggiatura (che una deriva pericolosa e letale ovviamente prenderà). In questo senso, l'aspetto tecnico del film è sorprendente, sei bombardato da immagini e sequenze impressionanti, caleidoscopio visivo incredibile (seppur ripetitivo). Questo e soprattutto alcune scene, danno al film un senso di grottesco, in maniera molto cruenta, e in combinazione con le tante scene di nudità e sesso, l'elemento di sfruttamento. Tuttavia il regista riesce anche a comunicare una serie di messaggi su temi molto seri, come la situazione del nazionalismo nel paese (siamo in Giappone se non lo si fosse capito), il conflitto con la Corea del Sud per quanto riguarda il caso delle comfort women durante la seconda guerra mondiale e il futuro dell'arte in relazione con la tecnologia. Insomma di tutto e di più, in un film criptico e folle (forse troppo) che nonostante la narrazione un po' confusa, impressiona, poiché Cho Jinseok riesce a combinare in modo elaborato tre diversi generi, attraverso un'arte che deriva dall'aspetto tecnico e dall'estetica generale del film. Di un film non facile, non eccezionale, ma degno di nota. Voto: 6+

La forma della voce (Animazione/Romantico/Dramma 2016) - Un film d'animazione molto pessimistico, e ci può stare, ma che, nella sceneggiatura, rivela grossi limiti. C'è una differenza netta fra la forma e il contenuto: bella la forma, i cui disegni sono sopraffini, e anche le atmosfere, ma il contenuto non è assolutamente all'altezza, né della forma né degli altissimi livelli che si è proposta: praticamente quasi tutto quel che è significativo per l'uomo. Disabilità, amicizia, amore, rapporto fra fratelli, senso di colpa eccessivi, altruismo, squilibri materni che si pagano da figli, depressione, aggressività, bullismo. C'è proprio di tutto, le atmosfere sono rarefatte il giusto per dare l'illusione di toccare in profondità questi temi, ma la realtà è deludente: su tutte queste cose, il film (diretto da Naoko Yamada) non sa insegnare nulla, nonostante abbia le pretese di farlo. I personaggi sembrano avere un'evoluzione, ma in realtà non ce l'hanno, ripetendo in modo stereotipato il solito cliché che "è solo tutta colpa mia". Sarà vero che la società giapponese valorizza questi aspetti, ma non si può sempre ripetere le solite cose, peraltro in un film lungo (2 ore), e già molto lento di suo. Almeno si fa capire come l'affetto sia l'unica cosa che tiene vivo un senso positivo dell'esistere, questo è il punto più lodevole, assieme alla toccante descrizione del difficoltoso universo della disabilità, e dei danni del bullismo. Tutte cose buone, assieme agli aspetti puramente visivi: che però non riescono a mitigare quel retrogusto sgradevole di rassegnazione alla depressione, attorno cui il film (adattamento del manga A Silent Voice di Yoshitoki Ōima) sembra che voglia convincere il pubblico, anche in modo morboso (pesante è il continuo rimando al suicidio sullo sfondo, e non solo). Nel complesso sono rimasto piuttosto deluso da La forma della voce, non perché sia un brutto film, ma in quanto avevo accumulato troppe aspettative. Inevitabilmente mi è sembrato un'occasione sprecata, anche in quanto la realizzazione tecnica è di prim'ordine e mi spiace non sia riuscito a suscitarmi grandi emozioni. Voto: 6
Bombshell - La voce dello scandalo (Biografico/Dramma 2019) - Come la serie The Loudest Voice, Bombshell di Jay Roach racconta (non benissimo e non dettagliatamente in confronto alla succitata ben migliore miniserie) lo scandalo dello sfruttamento sessuale, con abusi fisici e psicologici, che ha coinvolto Roger Ailes, guru e capo di Fox News, braccio televisivo armato della destra conservatrice americana. Le tappe della vicenda sono narrate inseguendo la verosimiglianza attraverso il trucco che trasforma i volti degli attori per renderli simili agli originali, con una operazione "mimetica" riuscita che resta però piuttosto in superficie (esagerato l'Oscar per il make up). Tre donne protagoniste con punti di vista differenti, sull'abuso sessuale negli ambienti di lavoro e sulle ripercussioni psicologiche derivanti, un film denuncia che tuttavia risulta poco avvincente nonostante le buone prove delle tre attrici (Charlize Theron, Nicole Kidman e Margot Robbie) e di John Lithgow quasi irriconoscibile nei panni di Ailes. Perché la vicenda in verità qui viene raccontata con un taglio abbastanza ambiguo, a metà strada tra la commedia della prima parte (un po' fuori luogo, come anche le rotture della quarta parete) ed appunto il dramma di denuncia. In generale è una pellicola che fa discretamente il suo dovere, ovvero informare se non sensibilizzare su di un fatto di cronaca scandaloso scegliendo la strada della spettacolarizzazione cinematografica (evitabile certa retorica, ma il messaggio è comunque chiaro). Tuttavia pur essendoci parecchi spunti di riflessioni non tutti sono trattati in maniera adeguata, di conseguenza non è uno di quei film che lascia particolari tracce. Tanto che, film interessante, ben diretto (dal regista di All the Way e soprattutto L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo) ed interpretato, ma resta la sensazione di un'occasione persa per un "dietro le quinte" più incisivo. Voto: 6+

Mister Link (Animazione/Fantastico/Avventura 2019) - Prodotto dallo studio Laika con la tecnica della stop motion, una (l'ennesima) piccola "perla" per qualità tecnica, ma stavolta, al contrario di altre (fantastiche) volte (ParaNorman dello stesso Chris Butler per esempio), non del tutto per i suoi contenuti. Certo, il film sa intrattenere piacevolmente e divertire riuscendo anche, almeno a tratti, a colpire i bersagli (edificanti) che si prefigge, ma la storia non è nuova così come i suoi sviluppi. Tuttavia, filmetto sì minore ma non disprezzabile. Si racconta di un celebre viaggiatore, sempre alla ricerca di un qualche essere leggendario, soprattutto per essere accettato così in un esclusivo club per ricconi. Che poi lui questi esseri straordinari li trova anche, ma non riesce a portare delle prove. In questa avventura avrà a che fare con un Sasquatch (bestia nota soprattutto negli USA) e i suoi lontani parenti Yeti. La grafica è particolare ma interessante, il film è sì una storiella ma ricca di humour, con qualche battuta più riuscita. Il personaggio protagonista (quello umano, intendo) è più riuscito degli altri, che invece sono molto "standard" e scontati. E anche il Sasquatch è molto indovinato, che sarebbe poi il "Mister Link" del titolo (l'originale era Missing link, l'anello mancante, ma entrambi i titoli ci possono stare). Purtroppo il film fu molto più gradito dalla critica (candidato all'Oscar, ma vinse Toy Story 4, mentre il migliore del mazzo era per me Klaus) che dal pubblico: fu un disastroso flop al botteghino, a causa anche dei grandi costi, ma non solo. Alla fine film simpatico però niente di più. Voto: 6+

Harriet (Biografico/Storico/Dramma 2019) - The Birth of a Nation12 anni schiavoDjango Unchained, giù giù fino a Il colore viola: il filone è quello. Storia vera di Harriet Tubman che, nata schiava, scappa iniziando una battaglia che porterà alla liberazione di centinaia di altri schiavi. Un buon film, che purtroppo paga i suoi difetti. Se la storia ha infatti il pregio di dare risalto a un personaggio storico facendolo uscire dai confini americani, la messa in scena non osa granché e si affida a una scansione del racconto molto tradizionale attraverso immagini convenzionali. Tutto è da copione nella visione della Kasi Lemmons (per lo più attrice, era in Candyman), bene e male sono facilmente riconoscibili e non messi in discussione e l'assenza di dubbi impedisce un coinvolgimento emotivo, perché non si teme davvero mai per la sorte della protagonista, eroina senza macchia e senza paura guidata dai suoi ideali e dalle visioni mistiche (per cui fu soprannominata Mosè) che la aiutano a evitare i pericoli e a superare con successo ogni difficoltà. La carne al fuoco potrebbe quindi essere tanta, ma sceneggiatura e regia si limitano a illustrare la vicenda senza scalfire l'icona e non dando risalto alle ombre che potrebbero infondere verità alla cartolina. Se l'intento didattico quindi è raggiunto, l'agiografia non si scampa e il cinema sonnecchia. Un valore aggiunto è dato dall'interpretazione della britannica Cynthia Erivo (era in Widows), per la sua prova candidata all'Oscar come Migliore Attrice Protagonista, e dalla colonna sonora che si tinge di gospel ma imprime personalità solo nei titoli di coda, con la discreta "Stand Up", anch'essa candidata all'Oscar (nel 2020). Non male, sicuramente da vedere, ma sa comunque di occasione sprecata. Voto: 5,5
Loro (Biografico/Dramma/Commedia 2018) - Visionando la versione unica di Loro, ho avuto la conferma del livellamento verso il basso delle ultime opere (cinematografiche) di Paolo Sorrentino. Non che le precedenti, compresa La Grande Bellezza, di cui questo film sembra andare sulla stessa linea (sulla corruzione e decadenza dell'ambiente e della classe politica), fossero ben migliori. Loro mi è sembrata una pellicola pretenziosa, sicuramente dal soggetto interessante e affascinante, ma altalenante nello sviluppo di una sceneggiatura che alterna cose buone ad alcuni momenti un po' forzati e non riusciti. Il personaggio di Berlusconi (è Toni Servillo ad interpretarlo) mi sembra eccessivamente una maschera, lo stile mi è sembrato troppo sul farsesco/commedia mentre avrei preferito qualcosa di più concreto, cinico e accattivante. Dalla commedia, alla parodia un po' pecoreccia, al mélo romantico, al tono vagamente esistenzialista dell'uomo solo, Loro non riesce mai veramente a trovare la quadra del proprio sguardo (irricevibile il profluvio di donne seminude). In generale però questo biopic "sui generis" intrattiene a dovere e la versione unica è probabilmente il prodotto migliore, invece dei due film usciti a scopo commerciale (a mio avviso è stata una zappata sui piedi). A parte Elena Sofia Ricci che non offre una buona prestazione (anche se sorprendente è il suo "spogliarello"), interpretazioni generalmente discrete, niente di memorabile, in linea con la qualità generale del film. Di un film non da buttare, ma che mi sembra un "già visto" e che non dice niente di troppo interessante. Voto: 6

A Girl Walks Home Alone at Night (Horror 2014) - Discreta prova d'esordio per la regista (anche sceneggiatrice, finanche qui attrice) Ana Lily Amirpour, che tratteggia con efficace semplicità una storia inedita basata sul tema arciabusato del vampirismo. Dove la protagonista si aggira notte tempo in una immaginaria città iraniana (in realtà città americana) nutrendosi senza remore di umani spregevoli o emarginati, ma capace di provare sentimenti, quali l'amore. Orrore e romanticismo sono miscelati sapientemente, e seppur accennato funziona anche il tema dei giovani soli ma internamente vivi verso gli adulti allo sbaraglio ormai cadaveri inconsapevoli. Azzeccata la leggerezza con cui sono mostrati i lati oscuri della città (la fossa di cadaveri a cielo aperto), e la mancanza di scene forti una tantum non è un limite. Molto ben diretti i protagonisti, la donna/mostro è benissimo interpretata da Sheila Vand (era in The Rental). Discreti sia il b/n che le musiche, funzionali e mai invadenti. Per quanto riguarda i difetti, A Girl Walks Home Alone at Night stecca sotto il profilo del ritmo (a tratti macchinoso) e per svariate scelte narrative eccessivamente astruse che denotano una certa artificiosità in fase di scrittura, un peccato forse di inesperienza, comunque perdonabile. Dunque un prodotto interessante, una commistione di generi che rispetta il classico riproponendolo in una veste nuova. Voto: 6,5

Sotto il sole di Riccione (Romantico/Commedia 2020) - Se è vero che ne potevamo fare a meno, è anche vero che non è affatto uscito male il primo film scritto da Enrico Vanzina senza il fratello Carlo in cabina di regia. Un ritorno alle origini per segnare una nuova ripartenza, in solitaria, lungo le storie della commedia leggera italiana. Forse un film superficiale, non coraggioso, troppo leggero da non essere consistente se non grazie alle caratterizzazioni di alcuni attori, ma certo non è uno scempio. Semplicemente una commedia dinamica e senza pretese, una commedia giovanile che strizza l'occhio a Sapore di mare, pur mantenendosi su un livello decisamente inferiore. Le vicende sono semplici e scontate ma il film ha il pregio di scorrere senza problemi, grazie a un cast di giovani attori che si impegnano (alcuni/e molto interessanti). Ci sono anche Andrea Roncato (in un ruolo malinconicamente credibile), Isabella Ferrari e Luca Ward (quest'ultima la coppia la più debole, quella nell'economia del film meno interessante e più forzata, con il grande doppiatore che attore non è, e si vede).  Il finale con concerto sa di esagerato e poco credibile, ma ci sta e si può perdonare. Mezzo punto in più per le belle musiche dei Thegiornalisti. Tutto sommato, il film (prodotto da Netflix), malgrado gli stereotipi e alcuni risvolti inverosimili, è godibile, sebbene non meriti affatto di essere visto una seconda volta. Voto: 6

Honeyland (Documentario 2019) - Qualche dubbio sulla sincerità complessiva dell'operazione ma il documentario (candidato per il miglior film internazionale e il miglior documentario agli Oscar 2020) ci svela, con una fotografia spesso emozionante, una realtà remota e sconosciuta. Un film sulla dignità che vive nella povertà. C'è chi decide di rimanere umano, di trovare sempre del bello. La nostra protagonista è adorabile, ama tutto, ama sua madre, la natura, i suoi animali, ama anche chi le fa del male. E la natura avverte questo amore, sembra immune a tutto, soprattutto messa in comparazione con l'altra famiglia. Può essere solo l'uomo a farle del male (perché dai su, tutti abbiamo i vicini rompiscatole). Ecco, in questo caso, ma non solo (ci sono infatti alcuni dettagli che lasciano perplessi), la sceneggiatura sembra scritta esattamente come per un film di finzione (il fortuito sopraggiungere di una famiglia nomade, fatto che peraltro innesca l'ossatura della narrazione, senza la quale il film avrebbe finito per risultare più descrittivo che narrativo, potrebbe non essere così fortuito). Eppure il documentario è visivamente bello e sono certo che racconti una realtà inesplorata che dove non è vera è probabilmente verosimile. Diretto da Tamara Kotevska e Ljubomir Stefanov, al loro esordio alla regia di un lungometraggio, Honeyland o Medena zemja dir si voglia (in quest'ultimo caso in originale della lingua della Macedonia del Nord), è sicuramente un documentario interessante, forse troppo flemmatico, ma comunque consigliabile, se non a tutti, agli appassionati del genere. Voto: 6
Death Race 2050 (Azione/Sci-fi 2017) - Ci sono film che sono intenzionalmente così brutti da diventare divertenti, ma questo sicuramente non è uno di quelli. Death Race 2000 di Roger Corman (prodotto da) era tutta un'altra storia, una bellissima storia. Diretto nel 1975 da Paul Bartel aveva David Carradine, Sylvester Stallone e persino John Landis. La premessa vedeva un futuro distopico in cui investire con macchine bizzarre è sport nazionale, ed era divertente come sembrava. Questo sequel/reboot/remake (perché non si capisce cos'è, tra tagli, cambiamenti e quant'altro) è praticamente la stessa cosa, solo più stupido, più moderno, nettamente peggiore, ma per certi versi attuale in modo abbastanza tragico. Laddove le auto sembravano davvero pericolose, qui sembrano piuttosto le creazioni di un bambino, e non impressionano per niente. I costumi sono roboanti e tutti i personaggi del film (interpretati male da tutto il cast, comprendente volti noti e volti meno noti) sono così esagerati da irritare (soprattutto uno). Si può vedere chiaramente che le scene d'azione sono state tagliate. Anche gli effetti sono ridicoli. Perché va bene che Death Race 2050 è una produzione B a basso budget in cui tutto è ritratto nel modo più semplice ed esagerato possibile, ma qui si è andato oltre. In questo film, diretto dallo sconosciuto G.J. Echternkamp, va praticamente tutto storto. Dopo i primi 10 minuti la noia, la prevedibilità e l'ovvio prendono il sopravvento. Ripetitivo, deludente e scadente, in confronto all'originale meno onesto, in più pochi culi e tette. Per gli appassionati di trash. Voto: 3,5

La casa di Jack (Horror/Dramma/Thriller 2018) - Dopo aver spiazzato il pubblico con Nymphomaniac, apologia del sesso, e prima ancora con Antichrist (ultimo suo film visto), suggestione e simboli, Lars Von Trier prova a scuotere nuovamente pubblico (e critica) con un film sulla violenza umana, incarnata nel folle Jack, serial killer autore di oltre 60 omicidi efferati. Ci riesce, ma solo in parte, difficile esprimere però un giudizio chiaro. Perché un film del genere è quasi incommentabile. Lo sforzo di ricerca, di accurata scelta dei simboli e dei richiami presenti all'interno di questo lavoro è talmente (e palesemente) enorme che non credo molti se non Lars Von Trier stesso sarebbero in grado di analizzarlo come merita. Per questo, mi sento di poterne parlare solo in base all'esperienza di visione, al di là di tutto. Ho trovato La casa di Jack un film molto, troppo auto-celebrativo, con delle grandi idee dietro e una direzione artistica innegabile, che cade però vittima sia del marketing assolutamente sbagliato (sembrava dovesse essere un torture porn inguardabile, quando in realtà c'è ben poco di così macabro) sia di un ritmo altalenante che in alcune parti lo rende quasi soporifero (la lunghezza esorbitante non aiuta). In ogni caso, i venti minuti finali sono così brillanti e poetici che eleverebbero anche i peggiori film a un livello superiore. Inusuale, particolare, con i suoi inciampi, ma che resta piuttosto impresso (simpatiche le canzoni usate come colonna sonora), La casa di Jack è un film riuscito (impeccabile tutto il cast, compreso Matt Dillon), ma non è un capolavoro assoluto. Voto: 6

Il giardino delle parole (Animazione/Romantico/Dramma 2013) - Un'opera, una storia, minimale (e breve) ma molto intensa. Un'opera meno trascinante e articolata (era suddivisa in tre episodi incentrati su tre momenti diversi della vita dei due personaggi principali) di 5 centimetri al secondo (di cui tuttavia, vista la durata di 40 minuti, poteva tranquillamente farne parte), ma ugualmente e come d'abitudine per il regista Makoto Shinkai, sempre esemplare nel mettere in sinergica musica e immagini, nella scansione ritmica che si accorda alla ciclicità delle stagioni (la pioggia: accadimento naturale o fenomeno esistenziale?), è un altro valido tentativo di esplorare i paesaggi interiori attraverso il linguaggio degli anime. Egli nelle sue opere chiaramente ha deciso di indagare le mille sfumature degli amori impossibili, contrastati, improbabili, ma che nascono in qualche modo magico e, tragicamente, dolorosamente, sono costretti a svanire o, forse, a cominciare davvero. Diversamente ma meglio che in Viaggio verso Agartha od Oltre le nuvole, il luogo promessoci quindi, ne Il giardino delle parole riesce, incarnando le sue idee di fare animazione, a renderci partecipe di una storia d'amore non convenzionale ma sincera (tra insegnante e alunno). Pare quasi di esserci in quel giardino, le cui meraviglie, dipinte al variare delle stagioni (di cui sopra), evocano i sentimenti e le emozioni dei personaggi, e di riflesso le nostre. Arrivati ai titoli di coda si ha la piacevole sensazione d'aver respirato quarantasei minuti d'aria pura. Certo, manca di introspezione psicologica, ci sono sia i soliti pregi che i soliti difetti delle opere del regista giapponese, che qui oltretutto quasi si ripete narrativamente e non solo, ma a conti fatti un buonissimo prodotto. Voto: 7

Ecco infine i film scartati ed evitati del periodo: Amori, matrimoni e altri disastri (2020), Lansky (2021), Dora e la città perduta, Aspettando Anya (2020), Due (2019), Morrison (2021), Poly (2020).

10 commenti:

  1. Magari recupero Mister Link, per Lorenzo. Gli altri non mi ispirano.

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    1. Beh sì, a lui sicuramente piacerà, e probabilmente anche più di me ;)

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  2. Solo Mister Link a sto giro, l'avevo trovato molto caruccio!

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  3. Concordo su Bombshell, sono proprio fuori luogo le parti in cui rompono la quarta parete e in generale il film poteva essere più incisivo se si fosse deciso meglio tra l'essere un film o un documentario.
    Mi dispiace per Death Race ma, per quanto io adori l'originale, si vedeva la deriva già dal secondo.
    Non vedrò mai La casa di Jack, forse sono solo vittima del marketing ma non voglio correre rischi, preferisco ricordare Lars per Dogville.

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    1. Esatto, e poi è anche un po' superficiale.
      Il secondo non credo d'aver visto, dei sequel, ho visto (il remake) quello dal 2008 in poi, che era decisamente migliore di questo 2050...
      Ci sta, ricordare le cose migliori è sempre una scelta giusta.

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  4. Ciao! Non conosco questi film... magari potrei vedere Sotto il sole di Riccione per curiosità :-)

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    1. Peccato, è già passato su Canale 5, ma spero che riuscirai comunque, e presto ;)

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  5. Non mi aspettavo un giudizio positivo per Sotto il Sole di Riccione. Non mi attira ma per la prossima estate potrei dargli una possibilità, anche perché Netflix ce l'avrò almeno per un anno.
    Potrebbe interessarmi anche La Casa di Jack. Se dovessi guardarlo, mi dovrò ricordare della tua recensione e non mollare, arrivando fino agli ultimi 20 minuti dove dici che si riprende.

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    1. Gli ultimi 20 minuti sì, però ci vuole una certa propensione, anche filosofica, quindi occhio..
      Non me l'aspettavo neanch'io, mi è piaciuta soprattutto la genuinità ;)

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