E siamo in dirittura d'arrivo, e dopo le nove (mini)serie della scorsa volta, altre nove serie rispondono all'appello, mettendo così fine a questa stagione serialtelevisiva. Listone che, tra seconde, terze e quarte stagioni, ma soprattutto nuove serie alla loro prima "missione", si è rivelato essere un post mensile ricco ed importante, alcune sicuramente rivedremo nelle classifiche finali. Ma poi si pensa, di importante da dire ora c'è che il sondaggio inerente al blog dello scorso mese, è stato (scorsa settimana) chiuso. Ha vinto (con larga preferenza) un post a settimana, e dopo averci pensato bene, così farò dall'anno prossimo. Tuttavia non ho ancora deciso se mantenere lo stesso schema o cambiarlo, in questo caso snellendo ulteriormente. Dovrò decidere, tempo fortunatamente c'è.
Love, Death & Robots (1a stagione) - Col suo corollario di distopici e avveniristici episodi, diversi tra
loro, ma accomunati, non solo dal genere rappresentato
(fantascientifico), ma dall'insieme dei fattori che ne determinano il
contesto (la terra, o quella che più comunemente può essere definita
"dimora") Love, Death & Robots rappresenta una sorta di presa di
coscienza (ambientale, filosofica, morale), sotto forma di simultanea
animazione, che ha il sapore della denuncia e della critica sociale. La
serie antologica creata da David Fincher e Tim Miller, le cui
collaborazioni con numerosi animatori provenienti dall'universo
videoludico contribuiscono a dare un'impronta diversa all'animazione
classica, ha il vantaggio di non avere alcun tabù o divieto, atto ad
inficiarne i contenuti, a volte riuscendoci, altre volte finendo per
ripiegarsi sui suoi stessi sofismi. Una serie visivamente potente e
audace, il cui intento è quello di far riflettere intrattenendo.
Diciotto cortometraggi di autori differenti, in stili che spaziano dalla
stilizzazione cartonistica alla grafica games più videorealista, così
come sono diversi i toni, anche se quelli apocalittici intrisi di
pessimismo sulla natura umana (appunto) prevalgono su quelli più ironici
e leggeri. Una serie tecnicamente di livello molto elevato, ed anche se
non in tutti i casi l'eccellenza grafica si accompagna a contenuti
interessanti e originali, la presenza di alcuni capolavori rende la
visione un'esperienza appagante: uno tira l'altro, come le ciliegie. Tra
gli episodi che meritano una visione c'è senz'altro "Oltre Aquila" con
il suo finale horror a sorpresa, il bellissimo "Zima Blue", il
guerrigliero "Tute Meccanizzate", gli ottimi "Il Vantaggio di Sonnie" e
"Il Testimone", il surreale "L'Era Glaciale" e i semi-comici "Tre Robot"
e "Il Dominio dello Yogurt". Tutti gli altri non eccezionali (alcuni
anche alquanto anonimi) ma accettabili ed ugualmente visionabili (su Netflix).
Voto: 7,5
Romulus (1a stagione) - Una buona serie che sulla scia del Primo Re di Matteo Rovere, il quale
ci mette lo zampino, riprende il discorso sulla fondazione di Roma. Una
buona ricostruzione storica (ai limiti della fantasia), e pure
socio-politica, segno di un lavoro produttivo abbastanza impegnativo e
mettendo in evidenza questa caratteristica, molto profonda, sul
misticismo di questi popoli. Il loro rapporto con gli dei, la loro
presenza/assenza, segni premonitori di sventura o fertilità. C'è da dire
però che non tutti gli avvenimenti e le situazioni che si creano
all'interno di Romulus appaiono interessanti, con la conseguenza che
alcune storyline risultano prolisse e prive di quel mordente che una
serie dovrebbe avere. In alcuni momenti ho avuto la sensazione di
assistere a qualcosa di già visto (sempre dal punto dello sviluppo della
sceneggiatura) e alcuni personaggi chiave mi è parso facessero delle
scelte in totale contrasto con ciò che veniva mostrato nei minuti
precedenti. Alcuni episodi, inoltre, non riescono a trovare un
equilibrio nel racconto: la serie spesso si affanna da un punto di vista
ritmico, alternando momenti di violenza improvvisa a situazioni di
stallo completo che chiedono allo spettatore un piccolo sforzo per
seguire Romulus. Nel complesso però il lavoro del regista romano risulta promosso (benché non esente da difetti) in
quanto dà un forte segnale alla serialità italiana. Nota di merito
finale per la sigla iniziale (cantata da Elisa che fa una cover di Shout
dei Tears for Fears e accompagnata da immagini veramente azzeccate), senza
dubbio l'elemento meglio riuscito. Voto: 6,5
L'assistente di volo - The Flight Attendant (1a stagione) - L'assistente
di volo mescola i toni thriller all'ironia caotica e confusa della sua
protagonista. La serie si sviluppa su un doppio binario: quello esterno
in cui si seguono gli sviluppi di un brutale omicidio e quello interiore
del personaggio principale, una donna in lotta con l'alcolismo e il suo
passato. Storia tutto sommato godibile, qualche plot twist e
superficialità tipicamente comedy, un finale forse un po' troppo
semplicistico che poteva essere sviluppato un po' meglio (soprattutto le
storyline dei personaggi complementari) ma godibile sicuramente. Il
problema con The Flight Attendant è che alcune rivelazioni arrivano
troppo presto, altre troppo tardi. Ma pur con questi difetti, la serie
ideata da Steve Yockey offre del buon intrattenimento, sostenuta
principalmente da un'eccellente prova di attrice di Kaley Cuoco, che sta
tentando di svicolarsi da un ruolo fin troppo remunerativo (ma poco
entusiasmante) come quello della Penny di The Big Bang Theory. Deliziosi
i suoi battibecchi con il personaggio di Zosia Mamet, che definiscono la parte comedy della serie, assieme agli
improbabili agenti FBI, degni di una poderosa sospensione d'incredulità.
La produzione è ricca e accurata, nella fotografia, nelle location e
nel montaggio dinamico delle sequenze (nota di merito per la sigla iniziale che ricorda Prova a prendermi). La storia che sembrava una
dramedy diventa una comedy nerissima, dai risvolti thriller. Una notte
da leoni finita nel peggiore dei modi insomma, e nonostante le premesse
di una trama poco credibile, la macchina narrativa funziona, si ha
voglia di vedere come va a finire. Tratta da un romanzo omonimo del 2018
(l'autore si chiama Chris Bohjalian), avrà una seconda stagione, già in
lavorazione. Voto: 7
Foodie Love (1a stagione) - Isabel Coixet (la creatrice) invita lo spettatore a gustare un menu
gastronomico-sentimentale condito da Laia Costa (un pasticcino niente
male) e Guillermo Pfening, tra Barcellona e Tokyo, passando per la
Francia. Il palato ne rimane alquanto folgorato, da questa serie che
racconta in modo squisitamente originale le difficoltà di incontrarsi,
conoscersi e quindi amarsi. Per fortuna un App ci salverà. Realizzata da
HBO Spagna, Foodie Love mette al centro due esperti gastronomici che si
nascondono dietro i loro gusti in fatto di cibo non riuscendo a
intrattenere rapporti seri con le persone. Anche perché reduci da
relazioni non piacevoli. Ma tra un gustoso piatto, un dolce, o buon vino
ritroveranno il piacere di amare. Ogni tanto capita ancora, per
fortuna, di restare folgorati per qualche bella serie televisiva. È la
volta di Foodie Love: dialoghi coinvolgenti, musica appropriata (con la
sigla e conseguentemente motivetto sempre nella testa) e una calda
fotografia. Insomma una buona e bella portata (di quelle con gli
ingredienti giusti e con un pizzico di piccante quando serve) tanto da
esserne qui a parlarne, anzi ad assaporarla, magari dopo aver sognato di
gustare un caffè etiope con note di arancio. E va bene che non proprio
tutto funzioni nel modo giusto, che evitabili siano alcuni espedienti,
che inutili sono alcuni inserimenti di elementi esterni, che troppo
spesso si spinga sul lato sentimentale che gastronomico (personalmente
più interessante), Foodie Love diverte ed appassiona (la trovate su RaiPlay). A conti fatti riuscita, ma non a livelli ottimali. Voto: 7
Cobra Kai (3a stagione) - La terza stagione di Cobra Kai possiede un buon equilibrio in linea
generale. Il passaggio su Netflix non comporta grosse modifiche di
fondo, però rispetto alle prime due stagioni (qui la seconda) qualche
piccola lungaggine di troppo è più visibile e qualche passaggio appare
un po' forzato. C'è da dire comunque che il personaggio villain per
eccellenza, cioè il vecchio maestro del Cobrai kai, John Kreese,
acquisisce notevole spessore in questa stagione. Il cattivo maestro
istruito da un altrettanto cattivo maestro. La furbizia con cui riesce a
manipolare le menti adolescenti è notevole ed efficace. Lieta sorpresa
nel finale di stagione con l'apparizione di Elisabeth Shue, non un cameo
fine a se stesso, ma punto di unione fra i due eterni rivali, Johnny e
Daniel. Qualche piccolo difetto in più (non ho apprezzato "la rissa in
casa", è una trashata che non sta in piedi) ma sempre un buon lavoro sui
personaggi. Questa stagione risente del fatto di essere una
preparazione a quella futura, che sicuramente sarà ben più ricca di
quest'ultima. Resta una buona serie leggera, anche se sta pian piano
perdendo smalto. Voto: 7-
Raised by Wolves - Una nuova umanità (1a stagione) - Umanizzazione robotica (Madre e Padre), religione e ateismo. Sono i temi
principali di una serie in cui lo zampino di Ridley Scott (padre di
Alien) si sente (sia in positivo che in negativo, se l'aspetto visivo e
tecnico si fa valere, il peso degli ultimi suo mezzi fallimenti è
evidente, non sembra azzeccarne anche stavolta). Gli scambi verbali
Madre-Padre-"Figlio" sono spesso interessanti, e i cambiamenti dei due
androidi (specialmente Madre, dal turbolento passato) rendono il tutto
piuttosto intrigante. Anche la vicenda parallela (che poi si fonderà)
degli adoratori del Dio Sol, non è male, e le loro convinzioni, prossime
al fanatismo, fanno riflettere (buona la resa degli attori, tra i quali
Travis Fimmel, che sembra venire direttamente da Vikings). Purtroppo la
parte finale, che supera il limite invalicabile tra fantascienza e
fantasy, danneggia irrimediabilmente l'opera. Un'opera in cui vengono
architettati voli pindarici piuttosto complessi (ma anche abbastanza
inutili) tentando di eviscerare qualsiasi aspetto dello spettro sociale
umano in modo fin troppo rimarcato, appesantendo inutilmente e
complicando la visione di un prodotto che, per quanto ambizioso (o
pretenzioso?) rimane comunque di media qualità. Grazie al consenso della
critica e alle ottime visualizzazioni HBO Max ha rinnovato la serie per
una seconda stagione, ma non so se esserne felice o meno. Voto: 5,5
Intergalactic (1a stagione) - Prima serie di fantascienza tutta al femminile, ma tra troppi snodi
narrativi noti, CGI debole, personaggi poco attraenti e stereotipi del
genere (non manca il politicamente corretto), Intergalactic non riesce a valorizzare i suoi temi femministi e
ambientalisti, inediti per quanto riguarda la serialità sci-fi,
ponendosi al di sotto delle aspettative generate. Intergalactic infatti,
è una serie che cerca di dare risalto all'universo femminile attraverso
una calibrata miscellanea di generi e citazioni derivative, senza mai
perdere il timone dell'atmosfera sci-fi da saga dal grande respiro, ma
dalla resa opaca e altalenante. Purtroppo alle volte non basta uno
sguardo "nuovo" (per quanto possa esserlo quello odierno sul femminino)
per realizzare un gioiellino cult. Intergalactic è indubbiamente un prodotto ambizioso e uno sforzo produttivo titanico, dalle buone intenzioni, ma inconcludente (tutte anonime le performance attoriali).
Intergalactic non reinventa la fantascienza né rimpolpa un immaginario
già ricco a caccia di nuova linfa, crea piuttosto un universo dalle
atmosfere derivative. Il risultato di questo cocktail, agitato e
mescolato con cura, è perciò un'imitazione di modelli ben più illustri che
manca di originalità, traghettando il tentativo britannico nella triste
categoria del "ritenta, sarai più fortunato la prossima volta". Anzi no,
fortunatamente (e giustamente) il 26 agosto 2021 la serie è stata
ufficialmente cancellata. Voto: 4
What We Do in the Shadows (2a stagione) - Praticamente non cambia nulla rispetto alla prima stagione perché questi
cortissimi (nuovi 10) episodi ne sono la continuazione diretta, se non
che si portano avanti un paio di sottotrame iniziate sul finire della
prima stagione (quella riguardante Guillermo ad esempio). C'è il tempo
per approfondire meglio i personaggi ed il loro passato con delle
puntate dedicate più ad uno o ad un altro di essi. Colin Robinson sempre
più un mito secondo me, nonostante non sia un vero vampiro. Però in
fondo in fondo l'ho vista una stagione leggermente meno ispirata e
soprattutto con un "finale" che dire tronco è dir poco, questo il motivo
del voto leggermente inferiore. Comunque si continua a ridere assieme
alla nostra fantastica famigliola. What We Do in the Shadows 2 conferma
quindi la genialità della prima stagione. Con un'ironia macabra e
brillante continua a divertire, rinnovando allo stesso tempo la propria
trama, grazie all'aggiunta di complicazioni e di nuovi spunti. Il
bizzarro inserimento di un gruppo di vampiri in una città popolata da
esseri umani continua insomma a regalare perle di comicità
irresistibili, che evidenziano la qualità di questa serie e la rendono
un prodotto immancabile per una serata leggera. Voto: 7
The Handmaid's Tale (4a stagione) - Dopo tre stagioni di altissima qualità, la serie interpretata e prodotta
da Elisabeth Moss continua a non deludere le elevate aspettative, anche
se la stanchezza comincia a farsi sentire. E l'impressione che The
Handmaid's Tale 4 sia stata concepita come una stagione di passaggio,
complici forse anche le difficoltà di produzione dovute alla pandemia,
in vista di una season 5 confermata ma di cui non è ancora nota la data
di rilascio, non aiuta. Sarebbe stato meglio infatti se fosse già finita
qui (lo spazio di tre puntate dopotutto c'era). In ogni caso la quarta
stagione di The Handmaid's Tale mette un tassello fondamentale
nell'evoluzione di June, completa il suo percorso da antieroina,
conservando il linguaggio cadenzato, lento e, a volte, anche
pesantemente mono passo delle stagioni precedenti. E questa volta ogni
idea di redenzione o perdono lascia il campo a un desiderio di vendetta
talmente radicale da arrivare perfino dalle ancelle fin qui apparse meno
forti e decise. Con questa quarta stagione The Handmaid's Tale esplora a
fondo l'animo umano e, soprattutto, il complesso e intricato garbuglio
di emozioni che June si porta dietro in quanto sopravvissuta a Gilead,
che la gagliarda attrice de L'uomo invisibile, riesce ancora una volta a
veicolare con incredibile veridicità. Tuttavia, per quanto i contenuti
continuino a risuonare forti nello show di Bruce Miller, The Handmaid's
Tale 4 patisce più delle stagioni passate le trame strascicate e le
storyline abbandonate. Non solo il succoso piano politico aperto nella season 3
è qui completamente dimenticato, ma l'intero impianto corale sembra
ricevere una brusca battuta di arresto che penalizza alcuni dei
personaggi più interessanti. Nonostante ciò carisma e coinvolgimento non
si perde. La quarta stagione di The Handmaid's Tale finalmente fa anche
un grosso passo avanti nella trama, chiudendosi con un colpo di scena
che si aspettava da tempo e con un addio inevitabile. Nel complesso ho
davvero apprezzato anche questa stagione anche se, lo ammetto, mi
aspettavo di più. La lotta per abbattere Gilead è ben lungi dall'essere
conclusa o anche solo vicina alla sua fine. Come potranno June e le
altre ex ancelle sconfiggere Gilead? Voto: 7+
Noi ci siamo arenati alla seconda stagione di The Handmaid's Tale, certo avere stagioni da 10 puntate da un'ora circa l'una non aiuta la fruizione della serie :D Comunque è un ottimo prodotto! Cobra Kai la adoro, mia moglie un pò meno..ma so già che il 31 dicembre ci spareremo la maratona della quarta stagione che esce su Netflix :)
RispondiEliminaOttimo sì, diciamo che comunque lo si poteva accorciare, e la quinta spero sia l'ultima.
EliminaChe strano giorno proprio il 31, ma è da vedersi assolutamente sì ;)
Pienamente d'accordo su Love, Death & Robots. L'assistente di volo valeva qualche episodio in meno, Kaley Cuoco da urlo comunque!
RispondiEliminaIn verità credevo meglio, ma grandissima serie sì ;)
EliminaE gli episodi erano solamente 8, comunque sì, lei fantastica :)
Adoro il cibo e i buoni sentimenti, quindi guarderei Foodie Love.
RispondiEliminaE faresti bene, e poi 8 episodi che non durano tanto, 4 ore bastano ;)
EliminaLove, Death & Robots mi tentava, ma a dire il vero finora non ne ho sentito parlare troppo bene... La critica comune è che fosse poco originale, ovvero temi già stranoti ai conoscitori approfonditi della sf, che quindi non ne risultano impressionati.
RispondiEliminaShout non è dei Simple Minds, bensì dei Tears for Fears.
Sulla seconda ho sentito molti giudizi negativi, pochissimi sulla prima, diciamo che seppur poco originali meritano d'esser visti.
EliminaE' vero, ho sbagliato a non verificare, mi conviene aggiustare, grazie della segnalazione ;)
Foodie Love potrebbe interessarmi e anche Cobra Kai. 🙂 Attualmente sto guardando solo serie Rai o Mediaset.
RispondiEliminaLa seconda è su Netflix, ma la prima è proprio su RaiPlay, facile da reperire ;)
EliminaIl tuo interesse a seguire le serie televisive ha cominciato un po' a contagiarmi, certo non riuscirò mai a vedere tutte le stagioni e tutte le serie che vedi tu ma farò comunque del mio meglio :)
RispondiEliminaBene, comunque pensa che l'anno prossimo saranno sicuramente di più le serie che vedrò ;)
EliminaDi Intergalactic ho sentito in giro recensioni terribili. La cosa strana è che la maggior parte delle stroncature arrivavano da critiche di area femminista. Non sarà che il politically correct sta cominciando a scocciare un po' tutti?
RispondiEliminaMi sa proprio di sì, ma il problema della serie non è solo quello, è ben altro...di imbarazzante...
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