Giovanni è un ragazzino patito del calcio brasiliano di cui condivide l'ardore della passione, del coraggio dell'attacco, convinto che nella vita si debba a tutti i costi cercare la felicità. Portiere della squadra della scuola, soprannominato Banana per la sua incapacità di tirare in porta, per la sua passione per i colori brasiliani, giallo verdi emblema di un coraggio di cui si sente portatore, si innamora di Jessica, ragazzina più grande di lui e ripetente che il goffo ragazzino cerca di salvare da una bocciatura certa secondo i dettami del calcio brasiliano da lui adorato: lotta, sacrificio e impegno. Ma Banana vive nel complicato mondo italiano che il regista, esordiente, Jublin, non ci nasconde di tratteggiare a tratti con intenti grotteschi, dove l'ardore del sogno, della conquista, della determinazione, cozza con il "De profundis" della realtà umiliante che uccide i cervelli fini costringendoli a emigrare e nel caso migliore, a "ritagliargli" delle posizioni assai inferiori alle proprie capacità. La sorella Emma bilaureata disposta a rinunciare ad un futuro di archeologa ricercatrice all'estero per stare vicino a un fidanzato "fallito bipolare", gli insegnanti di Banana come quella di lettere, annoiata, stanca, refrattaria all'emotività e alle scusanti degli alunni che ripete il suo rito di fiera "colonna" (di nome e di fatto) austeramente assuefatta a riflessi di una bellezza morente e persino i genitori oramai quasi avvolti da un velo di mancata comunicazione ne sono i più vivi rappresentanti.
Banana non è un film piacevole, non è una candida commediola italiana dove "dai che ce la fai" vince sull'odore di bocciatura o sulle disgrazie della vita ma non è neanche imperniato sul pessimismo cosmico leopardiano di uno studente inviso da tutti e ingabbiato nel suo ideale mondo interiore. E' un affresco, a tratti amaro, a tratti tragicomico dei vizi dell'Italia di oggi abbandonata e stravolta dal cinismo (quello della prof. Colonna è esemplare) e vessata dalla romanticheria maschile che nasconde vette di sentimentalismo utopico nella figura del giovane protagonista convinto che si possa riuscire, perché no, dare una mano a chi si vuole bene senza ottenere nulla in cambio (nemmeno il pacchiano scotto sessuale adombrato da Jessica). Le musiche infine (in questo film del 2015) scorrono lungo le strade spaesate che Banana percorre in bicicletta adattandosi magicamente al puro mondo in cui il protagonista crede (come se dovesse scartare tutti con facilità da fuoriclasse e segnare il suo personale gol in porta), crudelmente oppresso dai mali di ogni società capitalistica: il denaro (incarnato dall'amico per interesse che è disposto a vendere qualunque cosa, persino a ricevere succo di limone negli occhi incatenato alla Prometeo per far ridere i compagni), la raccomandazione e il male che su tutti regna sovrano: l'indifferenza. C'è una speranza in fondo. Che quel tiro calciato da Banana oltre il muro della superficialità possa avere effetto almeno una volta, almeno su una persona. Quello di ricevere in cambio un pallone integro dai proprietari dell'altra parte. A volte i sogni si avverano. Come schegge impazzite. Voto: 6
Joe è un drammatico, crudo e violento film del 2013 (adattamento dell'omonimo romanzo scritto da Larry Brown) e con protagonisti Nicolas Cage e Tye Sheridan (vincitore del Premio Marcello Mastroianni a Venezia per la sua interpretazione). Il film è un moderno dramma metaforico che ruota intorno alla vita drammatica di un ragazzo che cerca di riscattarsi e trova in Joe la propria via per il riscatto, in un'America violenta priva di legge. Joe Ransom, infatti, un ex pregiudicato, che si tiene a fatica fuori dai guai lavorando nei boschi avvelenando e tagliando alberi, incontra Gary, un giovane disagiato con padre alcolista e violento, che cerca da lui un posto di lavoro e fin da subito entra nelle sue grazie. I due cresceranno insieme in una sorte di legame padre/figlio, cercando di costruirsi una vita migliore, cosa resa assai difficile da conoscenze pericolose. Joe è un film semplice, non ha una sceneggiatura originale e innovativa e non decolla mai sul serio, narra di un uomo e di un ragazzo che ambiscono ad un futuro più roseo, lavorando onestamente e vivendo nella legalità e nei buoni principi (non sempre almeno). Ma si discosta dai soliti film narranti di un paese ricco e meta di quel sogno americano rincorso in tante altre pellicole, in Joe il sogno è riuscire a vivere dignitosamente, mangiando tutti i giorni e riuscendosi magari a comprare un pick up scassato per potersi muovere liberamente. Il regista dipinge un'America rurale schiava dei vizi: l'alcool, le donne le sigarette e i cani, dove la gente non passeggia ma bazzica e dove le questioni personali si risolvono da se. Nell'età contemporanea sembra un film ambientato in un'altra epoca, estraneo a quel luccicante affresco metropolitano che spesso ci ritroviamo davanti sul grande schermo. Ma al tempo spesso la pellicola si discosta da quei canoni obbligatori per suscitare un qualche interesse, non appassiona lo spettatore con una trama non certo sconosciuta e presto si assopisce. Non prende l'insufficienza grazie all'esemplare prova di Nicolas Cage, uscito finalmente dai suoi ultimi personaggi senz'anima che ne avevano fatto perdere traccia nel cinema che conta. Un film con scene molto forti, dense di carica emotiva, personaggi cupi e ben delineati, e un'atmosfera sempre molto tesa, che sfocia in un finale drammatico di strabiliante tensione. Da vedere. Voto: 6+
Banana non è un film piacevole, non è una candida commediola italiana dove "dai che ce la fai" vince sull'odore di bocciatura o sulle disgrazie della vita ma non è neanche imperniato sul pessimismo cosmico leopardiano di uno studente inviso da tutti e ingabbiato nel suo ideale mondo interiore. E' un affresco, a tratti amaro, a tratti tragicomico dei vizi dell'Italia di oggi abbandonata e stravolta dal cinismo (quello della prof. Colonna è esemplare) e vessata dalla romanticheria maschile che nasconde vette di sentimentalismo utopico nella figura del giovane protagonista convinto che si possa riuscire, perché no, dare una mano a chi si vuole bene senza ottenere nulla in cambio (nemmeno il pacchiano scotto sessuale adombrato da Jessica). Le musiche infine (in questo film del 2015) scorrono lungo le strade spaesate che Banana percorre in bicicletta adattandosi magicamente al puro mondo in cui il protagonista crede (come se dovesse scartare tutti con facilità da fuoriclasse e segnare il suo personale gol in porta), crudelmente oppresso dai mali di ogni società capitalistica: il denaro (incarnato dall'amico per interesse che è disposto a vendere qualunque cosa, persino a ricevere succo di limone negli occhi incatenato alla Prometeo per far ridere i compagni), la raccomandazione e il male che su tutti regna sovrano: l'indifferenza. C'è una speranza in fondo. Che quel tiro calciato da Banana oltre il muro della superficialità possa avere effetto almeno una volta, almeno su una persona. Quello di ricevere in cambio un pallone integro dai proprietari dell'altra parte. A volte i sogni si avverano. Come schegge impazzite. Voto: 6
Joe è un drammatico, crudo e violento film del 2013 (adattamento dell'omonimo romanzo scritto da Larry Brown) e con protagonisti Nicolas Cage e Tye Sheridan (vincitore del Premio Marcello Mastroianni a Venezia per la sua interpretazione). Il film è un moderno dramma metaforico che ruota intorno alla vita drammatica di un ragazzo che cerca di riscattarsi e trova in Joe la propria via per il riscatto, in un'America violenta priva di legge. Joe Ransom, infatti, un ex pregiudicato, che si tiene a fatica fuori dai guai lavorando nei boschi avvelenando e tagliando alberi, incontra Gary, un giovane disagiato con padre alcolista e violento, che cerca da lui un posto di lavoro e fin da subito entra nelle sue grazie. I due cresceranno insieme in una sorte di legame padre/figlio, cercando di costruirsi una vita migliore, cosa resa assai difficile da conoscenze pericolose. Joe è un film semplice, non ha una sceneggiatura originale e innovativa e non decolla mai sul serio, narra di un uomo e di un ragazzo che ambiscono ad un futuro più roseo, lavorando onestamente e vivendo nella legalità e nei buoni principi (non sempre almeno). Ma si discosta dai soliti film narranti di un paese ricco e meta di quel sogno americano rincorso in tante altre pellicole, in Joe il sogno è riuscire a vivere dignitosamente, mangiando tutti i giorni e riuscendosi magari a comprare un pick up scassato per potersi muovere liberamente. Il regista dipinge un'America rurale schiava dei vizi: l'alcool, le donne le sigarette e i cani, dove la gente non passeggia ma bazzica e dove le questioni personali si risolvono da se. Nell'età contemporanea sembra un film ambientato in un'altra epoca, estraneo a quel luccicante affresco metropolitano che spesso ci ritroviamo davanti sul grande schermo. Ma al tempo spesso la pellicola si discosta da quei canoni obbligatori per suscitare un qualche interesse, non appassiona lo spettatore con una trama non certo sconosciuta e presto si assopisce. Non prende l'insufficienza grazie all'esemplare prova di Nicolas Cage, uscito finalmente dai suoi ultimi personaggi senz'anima che ne avevano fatto perdere traccia nel cinema che conta. Un film con scene molto forti, dense di carica emotiva, personaggi cupi e ben delineati, e un'atmosfera sempre molto tesa, che sfocia in un finale drammatico di strabiliante tensione. Da vedere. Voto: 6+
Lunchbox è una originale e sorprendente commedia indiana del 2013, una delle migliori degli scorsi anni, perché questa, comunque a tratti divertente pellicola, è nuova, fresca ma soprattutto bella. A Mumbai, ogni mattina, un'efficiente rete di fattorini (che secondo uno studio dell'università di Harvard che ne ha studiato il funzionamento, ha stimato un margine di errore irrisorio: circa uno ogni 6 milioni di consegne), consegna sui luoghi di lavoro i cestini da pranzo preparati dalle mogli dei lavoratori. Ma un giorno (guarda caso), a causa di una consegna sbagliata, la casalinga Ila Singh, abitante in un quartiere borghese indù, si accorge che il suo cibo (impacchettato in una lunchbox simile a tanti altri) comincia ad essere recapitato ad un'altra persona, Saajan (Irrfan Khan, uno degli attori indiani più famosi e che più mi piacciono, interprete tra gli altri in The Millionaire, Vita di Pi e dopo questo anche Jurassic World). Visto che suo marito non si accorge di ricevere cibo preparato da un'altra donna e visto che ha cominciato a mandare biglietti dentro il pasto a Saajan (che risponde), Ila decide di continuare, (i due infatti, senza conoscersi, iniziano una singolare corrispondenza), scoprendo di più su un uomo che ha da tempo smesso di cercare qualcosa nella vita, e di converso scoprendo che forse è il momento anche per lei (infelice e disillusa) di cambiare qualcosa. Questa è anche e soprattutto un film romantico, anche drammatico perché purtroppo nella vita dei due non cambierà quasi niente, tranne il fatto che finalmente la vita gli aprirà gli occhi e il cuore a cercare qualcosa di meglio. Un pregio della pellicola è che non un classico film indiano, non si balla, i colori sono spenti come gli umori dei protagonisti e la musica allieta la visione. In definitiva veramente un bel film come pochi, se volete vedere qualcosa di diverso dal solito, non dovete perdere la possibilità di vederlo almeno una volta. Voto: 6+
Le vacanze del piccolo Nicolas (Les Vacances du petit Nicolas) è un simpatico e divertente film francese del 2014 diretto da Laurent Tirard, basato sui racconti per ragazzi Le petit Nicolas di Goscinny & Sempé, sequel del divertentissimo e record d'incassi Il piccolo Nicolas e i suoi genitori dello stesso regista. Il film racconta di un ragazzino, che con la fine dell'anno scolastico, parte insieme ai genitori e alla nonna per il mare, dove ha modo in poco tempo di stringere nuove amicizie. Tra coloro che Nicolas conosce, tanti scatenati ragazzini tra cui la dolcissima Elizabeth, una bambina che con i suoi occhi spalancati non smette mai di seguirlo. Nel panico per la convinzione degli adulti che lui ed Elizabeth siano destinati a stare insieme per tutta la vita, Nicolas potrà contare sugli amici, pronti ad aiutarlo ma anche a causargli un bel po' di problemi. Per questo sequel, la 'saga' conserva parte del cast originale (Kad Merad e Valérie Lemercier), ma obbligatoriamente sostituendo il piccolo protagonista, per ragioni anagrafiche. Si ride e questo è già positivo. Il film per una buon primo tempo infatti è ricco di trovate interessanti, di ritmo, ma più generalmente di quel modo (bello) di fare commedia tipico dei film francesi, nei quali domina sempre la sit com, mentre la nostra vive di esagerazioni ed esasperazioni di situazioni, personaggi e dialoghi. Unico neo, è stato mettere proprio nella storia un'italiano, Zingaretti che stona leggermente e rischia di rovinare lo spirito del film, qui infatti è importante il modo di vedere dei bambini, di quello degli adulti non interessa. Difatti scopriamo che i bambini, per il fatto di essere in generale meno ipocriti, accettano la natura umana senza stupirsene, senza provarne vergogna, senza ammantare tutto con inutili moralismi, vendette, ripicche, ci si arrabbia, si fa pace, ci si innamora, ci si lascia etc..in tutta naturalezza, ma anche con una maturità che gli adulti spesso non hanno. E' un film dissacrante sul modo di vedere i bambini da parte degli adulti, in realtà se è vero che ci sia innocenza è altrettanto vero che i piccoli assomiglino molto ai loro genitori per debolezze, entusiasmi ecc...crescendo cambiano sono le possibilità di come soddisfare bisogni ed esprimere se stessi. Molto bella infine la ricostruzione del periodo fatta attraverso gli oggetti e le ambientazioni caratteristiche (vintage), intrise di nostalgia attraverso proprio uno stile da cartolina e quindi non prettamente reale ma iconografico. Non eccezionale ma va bene, è comunque piacevole ed i momenti ilari non mancano di certo, da vedere coi bambini che si divertiranno un sacco, consigliato. Voto: 6+
Le vacanze del piccolo Nicolas (Les Vacances du petit Nicolas) è un simpatico e divertente film francese del 2014 diretto da Laurent Tirard, basato sui racconti per ragazzi Le petit Nicolas di Goscinny & Sempé, sequel del divertentissimo e record d'incassi Il piccolo Nicolas e i suoi genitori dello stesso regista. Il film racconta di un ragazzino, che con la fine dell'anno scolastico, parte insieme ai genitori e alla nonna per il mare, dove ha modo in poco tempo di stringere nuove amicizie. Tra coloro che Nicolas conosce, tanti scatenati ragazzini tra cui la dolcissima Elizabeth, una bambina che con i suoi occhi spalancati non smette mai di seguirlo. Nel panico per la convinzione degli adulti che lui ed Elizabeth siano destinati a stare insieme per tutta la vita, Nicolas potrà contare sugli amici, pronti ad aiutarlo ma anche a causargli un bel po' di problemi. Per questo sequel, la 'saga' conserva parte del cast originale (Kad Merad e Valérie Lemercier), ma obbligatoriamente sostituendo il piccolo protagonista, per ragioni anagrafiche. Si ride e questo è già positivo. Il film per una buon primo tempo infatti è ricco di trovate interessanti, di ritmo, ma più generalmente di quel modo (bello) di fare commedia tipico dei film francesi, nei quali domina sempre la sit com, mentre la nostra vive di esagerazioni ed esasperazioni di situazioni, personaggi e dialoghi. Unico neo, è stato mettere proprio nella storia un'italiano, Zingaretti che stona leggermente e rischia di rovinare lo spirito del film, qui infatti è importante il modo di vedere dei bambini, di quello degli adulti non interessa. Difatti scopriamo che i bambini, per il fatto di essere in generale meno ipocriti, accettano la natura umana senza stupirsene, senza provarne vergogna, senza ammantare tutto con inutili moralismi, vendette, ripicche, ci si arrabbia, si fa pace, ci si innamora, ci si lascia etc..in tutta naturalezza, ma anche con una maturità che gli adulti spesso non hanno. E' un film dissacrante sul modo di vedere i bambini da parte degli adulti, in realtà se è vero che ci sia innocenza è altrettanto vero che i piccoli assomiglino molto ai loro genitori per debolezze, entusiasmi ecc...crescendo cambiano sono le possibilità di come soddisfare bisogni ed esprimere se stessi. Molto bella infine la ricostruzione del periodo fatta attraverso gli oggetti e le ambientazioni caratteristiche (vintage), intrise di nostalgia attraverso proprio uno stile da cartolina e quindi non prettamente reale ma iconografico. Non eccezionale ma va bene, è comunque piacevole ed i momenti ilari non mancano di certo, da vedere coi bambini che si divertiranno un sacco, consigliato. Voto: 6+
Playing it cool è una divertente e spassosa commedia americana del 2014 che racconta la storia di un giovane scrittore e sceneggiatore disilluso dall'amore (Evan, interpretato da un sorprendente Chris Evans, che dimostra di non essere soltanto Capitain America) che incontra una
giovane donna mozzafiato impegnata (la bella Michelle Monaghan) ad una cena di beneficenza
in cui finge di essere un filantropo. Incoraggiato dai suoi amici (a dir poco)
eclettici, finge un rapporto platonico con lei, al fine di continuare a
vederla mentre cercherà di conquistarne il cuore, poiché innamorato di lei e del suo modo di essere, simile e in sintonia con lui. Ma non sarà facile, non solo perché lei è fidanzata e sta sposarsi, ma soprattutto perché lui non crede più nell'amore, ma grazie alla spinta del suo editore si convincerà che probabilmente scegliere l'amore è un'opzione migliore che continuare ad inseguire un sogno da scrittore anche se prima di produrre un film d'azione deve prima scrivere proprio una storia d'amore. La pellicola è abbastanza prevedibile, questo era ovvio, d'altronde i film romantici si assomigliano quasi tutti, ma vuoi un po' il cast, le scene (i costumi, le battute) divertenti e le trovate geniali, che, nonostante tutto, il film è piacevole e gradevole. Indubbiamente non è un grandissimo lavoro, il livello non eccelle in qualità (tranne forse nel nutrito e abbastanza conosciuto cast di attori), ma tutto sommato non è malissimo, anzi, la sufficienza è garantita. Voto: 6
The Search è un drammatico, crudo e appassionante film del 2014, remake di Odissea tragica di Fred Zinnemann, diretto da Michel Hazanavicius (vincitore del premio Oscar per The Artist), che racconta di quattro destini che la guerra porterà a incrociarsi. Il film è infatti ambientato durante la seconda guerra cecena, nel 1999, narra l'odissea di un ragazzino, che dopo l'assassinio dei genitori, scappa dal suo villaggio e si unisce al fiume di profughi dove incontra Carole, responsabile di una missione dell'Unione Europea. Grazie al lei tornerà piano piano alla vita. Nello stesso tempo, Raissa, sua sorella maggiore, lo sta cercando senza sosta tra i profughi. Da un'altra parte, Kolia, giovane russo di 20 anni viene arruolato nell'esercito. Piano piano la guerra diventerà il suo pane quotidiano. Questo film affronta in maniera quanto mai cruda ed allo stesso tempo toccante e sensibile il tema terribile della guerra, ma si può decisamente affermare che quello che il regista vuole principalmente rappresentare ed evidenziare, nonché ovviamente condannare, è l'orrore dei conflitti bellici in generale dove la popolazione innocente, in particolare le donne ed i bambini, nonché i giovani reclutati nei vari eserciti ed "indottrinati" a dovere quasi avessero subito una sorta di lavaggio del cervello, sono gli individui che maggiormente soffrono e ne pagano il prezzo più alto. Ed il finale, positivo ed anche di speranza, forse un poco troppo semplicistico, con cui termina il film non indebolisce o cancella affatto l' atmosfera di orrore e di devastazione che impera in tutti i paesi che sono devastati da una guerra. Il cast si avvale per lo più di svariati attori, probabilmente locali ed a noi poco conosciuti (eccezion fatta per la bella e dolce Bérénice Bejo ed Annette Bening), che però rivestono bene i propri ruoli, con una menzione particolare a al piccolo bambino di nove anni che riesce in maniera straordinariamente incisiva ed intensa ad esprimere nei propri occhi tutta la sofferenza vissuta e l'orrore a chi ha assistito inerme. Un film potente, interessante ma comunque un po' troppo lento e leggermente troppo lungo, ma probabilmente da vedere. Voto: 6+
La prima volta (di mia figlia) è un garbata, mai volgare, commedia del 2015 diretto da Riccardo Rossi, che tratta un argomento abbastanza delicato e complicato ma di grandissima attualità perché la pellicola racconta, con estrema leggerezza e tanto garbo, di un fenomeno sociale ormai diffusissimo: quello dell'essere genitori inadeguati a compiere tale ruolo. Difatti sbirciando nel diario della figlia quindicenne Bianca, Alberto, medico e padre separato decisamente apprensivo, scopre (o forse capisce...) che la sua bambina ha intenzione di perdere la verginità. Sconvolto e in preda al panico più totale, decide di organizzare una cena coinvolgendo la sua più cara amica, la ginecologa Marina, perché dissuada Bianca dal suo intento. Ma la presenza di altri due commensali complicherà non poco il piano di Alberto, trasformando la serata "terapeutica" in una riunione fortemente surreale ma trasformerà (in positivo si spera) per sempre il rapporto tra Alberto e la figlia Bianca. Questo a primo impatto è il classico film che non t'aspetti, uno di quelli che prima di vederlo pensi subito, una boiata. E' invece no perché anche grazie a Riccardo Rossi, nonostante la sua irritante voce, riesce in modo abbastanza magistrale ad ovviare a tante cose, di certo non all'ansia (comprensibile) di un padre quando scopre che la figlia adolescente è ormai in età di perdere la verginità, ed entra in paranoia (giustamente direi). La messa in scena è classica, semplice e lineare, c'è una certa cura per i dettagli, la comicità nasce dall'osservazione in particolare delle piccole cose e anche i titoli di coda nascondono una piacevole sorpresa. Il cuore del film (praticamente il 90%) è la cena organizzata dall'impacciato padre per traumatizzare la figlia, i due (anzi tre) ospiti più inopportuni hanno il ruolo di guastatori, dei classici elefanti in gioielleria e proprio loro innescano le situazioni più comiche e grottesche. Film piccolo piccolo e tutt'altro che memorabile ma uno sguardo lo merita tutto, perché sa fa ridere genuinamente e senza prendersi troppo sul serio. Il film infatti sa essere leggero senza scadere mai nella gag demenziale. Una commedia raffinata, divertente, anche crudele se pensiamo dal punto di vista di un genitore, soprattutto di un padre. Voto: 6
Lettere di uno sconosciuto è un intenso e drammatico film del 2014 diretto da Zhāng Yìmóu, uno dei cineasti cinesi più importanti e famosi al mondo, regista tra l'altro di Hero e La foresta dei pugnali volanti. Ma questo film al contrario e diversamente dagli altri (come per esempio i "wuxia", cioè i "cappa e spada" asiatici prodotti da lui ultimamente) è una pellicola molto più introspettiva, sempre poetica, ma più personale. Protagonista della pellicola è Gong Li (la sua attrice musa, un'artista che ha interpretato con eleganza, magnetismo e profondità alcuni dei titoli più importanti e rappresentativi del cinema cinese degli ultimi anni). che interpreta un'insegnante che cresce umilmente la figlia Dan Dan, talentuosa ballerina macchiata dalla reclusione del padre Lu (Chen Daoming), oppositore della Grande Rivoluzione Culturale Cinese. Ma quando il padre esce dalla prigionia politica ritrova la famiglia spaccata dall'amnesia di sua moglie che non riconoscendolo continua ad aspettarlo, ma non si arrenderà mai e proverà sempre a far rivivere il loro grande amore. Una storia decisamente importante, purtroppo però a me non mi ha convinto. Certamente la storia d'amore tra i due è comunque molto bella, la storia politica è interessante, ma quello che non mi è piaciuto è stato proprio nelle smorfie, nei gesti che purtroppo il cinema di quelle parti usa spesso, ho trovato ciò alquanto irritante. Indubbiamente è un film comunque romantico e intenso, che emoziona e lascia però un velo di tristezza soprattutto nel finale. Bisogna dire che m'aspettavo qualcosa di diverso, ma nonostante tutto il film vale, certamente vederlo una volta può anche bastare. Voto: 6-
Il sale della terra è un viaggio incredibile per il mondo visto dagli occhi e dall'obiettivo di Sebastiao Salgado (considerato il più grande fotografo a livello mondiale dei nostri tempi e dopo aver visto questo film-documentario si capisce il perché), raccontato da lui stesso, da suo figlio e da Wim Wenders attraverso una serie di fotografie a dir poco magnifiche. Forse è anche riduttivo chiamarle solo "fotografie", le immagini che Salgado ha immortalato nel corso del suo girovagare da una parte all'altra del pianeta, sono un ritratto della bellezza del mondo e una testimonianza del male che il genere umano ha fatto (e continua a fare) ai doni del Creato. Salgado ha visitato e immortalato sconfinati territori inesplorati, foreste che sembrano incantate e regioni sperdute in capo al mondo, ma lungo il suo cammino è stato anche testimone di genocidi, carestie e brutalità di ogni genere. Wenders (vincitore di un premio César per questo film del 2014) ne ha fatto un collage delle esperienze in fotografie di Salgado, scatenando nello spettatore emozioni e sentimenti forti e contrastanti. Grazie anche al supporto, fondamentale, della voce narrante del fotografo stesso, ci si commuove fino alle lacrime, si prova vergogna assistendo a quello che i nostri simili sono stati capaci di fare al mondo e agli esseri umani, si resta a bocca aperta davanti alla maestosità di certi paesaggi, si avvertono strette al cuore al passaggio di immagini esplicite ma mai gratuite e si finisce con il coraggio di nutrire ancora una speranza, che se esistono uomini come Sebastiao Salgado e i suoi famigliari e collaboratori, non tutto è ancora perduto. Un documentario emozionante, poetico e scioccante. Un'opera che resta impressa nel cuore e nella testa. Voto: 7
Il mostro di Cleveland è un film del 2015 decisamente crudo e non facile da digerire. Difatti la storia (purtroppo dannatamente vera) che viene raccontata è davvero agghiacciante e veramente angosciante. Come forse intuito dal titolo il film è una specie di cronostoria di un incredibile fatto di cronaca che ha fatto scalpore e scosso nelle fondamenta tante persone. Il film infatti racconta della terribile storia vera di Ariel Castro e delle sue vittime. Nell'agosto del 2002, Michelle Night (ventunenne madre single) è la prima donna ad essere rapita dal famigerato 'Mostro di Cleveland'. Ne subirà le torture (fisiche e mentali) per 11 anni, durante i quali, trova in Dio e nel desiderio di rivedere il figlio la forza di andare avanti e di prendersi cura delle adolescenti Amanda Berry e Gina DeJesus, anch'esse tenute segregate dall'uomo. Fortunatamente alcune scene, alcuni episodi non vengono raccontati e visti, ma è importante comunque sottolineare, come dai titoli, che quello che si vede in questa pellicola può urtare la sensibilità di qualcuno, quindi se decidete di vederlo fate attenzione. Il film comunque non è malissimo, certamente la storia (come detto) è veramente agghiacciante ma interessante (per qualche verso), ma dire che il film è bello non sarebbe giusto visto il male che ha fatto questa persona, ma rende benissimo l'idea della violenza e delle crudeltà umana. Il finale comunque è carico di speranza e di gioia, soprattutto in Michelle che dopo essere stata liberata ritroverà la libertà, la vita poiché neanche un mostro è riuscita a spezzare il suo carattere indomito. S.V.
I 7 Nani è un film d'animazione (del 2014) che rielegge (come se già non ce ne fossero già abbastanza) in chiave moderna alcune fiabe e mondi fiabeschi. Nel regno di Fantabulosa la strega Perfidia ha minacciato la principessa Rose di far piombare lei e l’intera corte nel sonno se si pungerà prima del compimento dei diciotto anni. Arrivato il gran giorno del compleanno tutto sembrerebbe andare per il meglio se Bobo, il più giovane e impacciato dei 7 nani, non commettesse un errore pungendola. Si tratta ora di rimediare liberando il giovane Jack che, innamorato di Rose, potrà baciarla risvegliandola. Ai nani spetta il non facile compito. Tutti conoscono i piccoli minatori protagonisti del celeberrimo cartoon Disney ma reinventarli nei nomi, nell'aspetto, nelle peculiarità non era certo cosa agevole. Il film è una commistione non riuscita di fiabe classiche molto note in cui i protagonisti vengono rivisti in chiave moderna tra video postati su "TubeYou", draghi particolarissimi e limousine lussuose trainate da cavalli. Le avventure dei simpatici nanetti sono un susseguirsi veloce di gag in stile Buster Keaton in cui ogni cosa semplice o semplicissima diventa incredibilmente complicata e macchinosa, le difficoltà aiutano e l'innocuo un pericolo (da qui scaturisce qualche risata). Belli e molto curati i disegni, ottima la parte tecnica e l'utilizzo della computer grafica, ma a parte ciò del cartoon non si ricorda molto altro. Voto: 5,5
Matrimonio a sorpresa (The Leisur Class) è un'inedita commedia targata HBO (del 2015), prodotta da Matt Damon e Ben Affleck. Il film, remake del film 2012, è la storia di un giovane imbroglione che cerca di sposare la figlia di un senatore degli Stati Uniti per potersi impadronire di alcuni fondi del padre. Nel cast Ed Weeks (Serie TV The Mindy Project), Bruce Davison (Senator Kelly in X-Men), Bridget Regan (Agent Carter, John Wick) e Scottie Thompson (Star Trek). Questa la storia: un artista della truffa di nome William, ha un solo obiettivo nella sua vita: sposarsi con una donna di una famiglia benestante e coronare il suo sogno. Egli cerca di ottenere questo risultato concupendo Fiona e soprattutto fingendo di essere un uomo ricco di nome Charles. Tutto sembra funzionare perfettamente quando improvvisamente si presenta Leonard, fratello di sangue di William che minaccia di far saltare tutto il piano. Ciò che rende la situazione ancora più complicata è il fatto che i sentimenti di William iniziano progressivamente a innamorarsi di Fiona. Ora, più che mai, è importante che la futura sposa non scopra nulla delle sue reali intenzioni. Da una grande casa di produzione come lo è la Hbo mi aspettavo veramente qualcosa in più di questa insulsa, a tratti volgare e imbarazzante commedia. Difatti se da una parte l'idea è buona, dall'altra il risultato è pessimo, non fa ridere, non intrattiene ma soprattutto irrita, e molto. Un film che assolutamente sconsiglio. S.V.
Soldato semplice è la commedia d'esordio come regista di lungometraggi, ma anche come sceneggiatore e produttore, di Paolo Cevoli, noto al pubblico televisivo come comico di Zelig (era l'improbabile assessore romagnolo). Il film (del 2015) ambientato nel 1917, racconta la storia del maestro elementare Gino Montanari, detto il Patacca, che si arruola nell'esercito italiano che combatte gli austriaci durante la Grande guerra. È un caporale (e un maestro) insolito: ateo, scapolo impenitente e antinterventista. Le sue avventure al fronte lo portano in contatto con un cattivo sergente e un gruppetto di soldati provenienti da varie regioni d'Italia, fra cui un ragazzo di Capri, Aniello detto 'O Scugnizzo, che vede in Gino la figura paterna mai conosciuta. Non voglio stroncare la carriera del simpatico Cevoli ma una cosa sono gli sketch televisivi e tutt'altra cosa è sfornare un film che si possa guardare. Purtroppo negli ultimi anni in troppi stanno facendo il salto dalla TV al cinema senza secondo me, prepararsi adeguatamente. Eccone un altro calzante esempio. Il suo film è difficilmente collocabile come opera cinematografica: la storia è più aneddotica che narrativa, le situazioni sono per lo più implausibili, e Soldato semplice non sa decidere se essere parodistico (e davvero a tratti sembra una parodia di torneranno i prati), comico o drammatico. Nessuna trama accattivante, nessuna originalità, e soprattutto il personaggio principale che fa meno bella figura degli altri. Per esempio in questo caso mi ha fatto molta più simpatia Aniello Pasquale o Pasquale Aniello, non si sa. Sinceramente mi stavo addormentando. Ma poi il voler accentuare quella parlantina romagnola farà davvero ridere? a me non tanto. Voto: 5
Rivoglio mia figlia (Two Wrongs) è una inedita ed emozionante pellicola (del 2015 della Incendo, casa di produzione divenuta presenza fissa di Sky ultimamente) che racconta uno dei peggiori incubi di una donna. Infermiera e madre single, Sarah lotta ogni giorno per cercare di
conciliare il lavoro con la sua vita ma non riesce a dedicare alla
figlia, Lauren, il tempo che vorrebbe dedicarle. La bambina soffre la
mancata presenza della mamma e il problema si trasforma in un dramma
quando Lauren viene rapita mentre sta tornando a casa da scuola. Da
sola. Sarah non riesce a farsene una ragione e ogni istante che passa le
possibilità che Lauren torni a casa si riducono sempre di più. Per salvare sua figlia, Sarah sarà costretta a fare l'impensabile confrontandosi con uno sconcertante dilemma e incredibile verità. Quello che potrebbe sembrare una classica trama di rapimenti, difatti non lo è, perché grazie ad una sceneggiatura originale, intricata e intrigante il film sorprende e in positivo. La storia infatti è molto più complicata e controversa, con colpi di scena che non t'aspetti. Comunque mettendo sempre il conto il livello medio, quasi basso, del cast e del budget è un film che vale la pena di vedere. S.V.
Doraemon - Il film: Le avventure di Nobita e dei cinque esploratori è un bellissimo film d'animazione giapponese del 2014, che segue il ritorno su grande schermo del gatto robot, avvenuto però già poco tempo nel primo dei tre film già prodotti, questo infatti è il secondo ma non sono dei sequel, del primo ne ho già parlato solo quattro mesi fa in occasione della sua recensione (qui) e dell'uscita del terzo avvenuta nello stesso giorno. Questo secondo lungometraggio (uscito al cinema) dedicato a Doraemon è però totalmente diverso rispetto al primo, non solo cambia stile e trama, da un'animazione CGI in tridimensionale ad una semplice ma decisamente migliore dell'originale del 1982 (è infatti un remake), da un'avventura spazio-temporale ad una fantasy-soprannaturale, ma anche nei contenuti, molto più infantili e rivolto ad un pubblico più giovane. Difatti la storia che viene raccontata è pura avventura, un film immerso per buona parte nel verde della giungla nella seconda parte decisamente più fantasy rispetto alla prima, che funge da spunto narrativo. Trama: Nobita e i suoi amici sono annoiati e desiderosi di intraprendere un'avventura che renda indimenticabili le loro vacanze estive. Nobita casualmente si imbatte in un cagnolino abbandonato, Peko, così adorabile da convincere la madre di Nobita a tenerlo in casa. Il gruppo infine decide la destinazione della propria avventura, una giungla inesplorata nel profondo dell'Africa. Per Peko però non si tratta di un luogo sconosciuto. Il film bisogna dirlo, è molto bello, soprattutto nella seconda parte quando veniamo a conoscenza di un bizzarro regno di cani antropomorfi (veramente spettacolare, che a me ha ricordato Miyazaki per la sua poeticità), che ha una storia molto interessante e in stile perfettamente manga, uno storia di Re, principi, macchine da guerra, storie di amore e amicizia, soprusi e vendette, gioia e speranza. Praticamente il meglio del genere che tanto apprezzo grazie e soprattutto al maestro dello studio Ghibli. In definitiva quindi un film d'animazione sorprendente che consiglio a tutti. Voto: 6+
La maggior parte delle persone può solo sognare di diventare una superstar, ma, al di là di ogni immaginazione, un ragazzo del Galles c'è riuscito. Questa è la storia della sua avventura. One Chance: L'opera della mia vita (One Chance) è infatti basato sulla vita del cantante britannico Paul Potts. Questo sorprendente film del 2013 diretto da David Frankel (Il diavolo veste Prada), è un film romantico, poetico soprattutto musicalmente, ma anche vivace e divertente nonostante questo semplice ragazzo gallese, Paul Potts (un convincente James Corden), sin da piccolo è vittima di bullismo per la sua stazza e per la sua unica grande passione, il canto e l'opera lirica. Qui un velo di tristezza c'è nel film e in lui, ma quando finalmente riesce a conoscere una ragazza e a frequentare un corso a Venezia per giovani talenti tutto sembra filare liscio. Purtroppo però, il corso si conclude con una deludente audizione davanti al suo grande mito, Pavarotti. Questo sembra far crollare tutte le sue illusioni. Ma dopo aver superato, grazie alla fantastica moglie e, in qualche modo, ai genitori, infinite disavventure, che sembravano costringerlo ad una mediocre vita senza passioni e ideali, decide di partecipare al talent show più famoso d'Inghilterra, e allora vince. Sì perché Paul Potts nonostante i numerosi ostacoli che ha trovato sul suo cammino, è arrivato a vincere la prima stagione di "Britain's Got Talent" e ad incidere il suo primo cd che ha venduto oltre due milioni di copie. A me nonostante la musica lirica non piace, la pellicola mi è piaciuta davvero tanto, non so perché, forse per l'umiltà e gentilezza di questo timido ragazzo che ha sempre creduto nei suoi sogni e ci è incredibilmente riuscito a realizzarli. Comunque il regista è stato molto bravo perché ha saputo toccare tutti i tasti giusti per suscitare partecipazione e anche (perché negarlo?) un po' di pathos emotivo. Ha però fallito su due versanti. Su un piano strettamente cinematografico si è fatto soverchiare da almeno due modelli, non a caso made in Britain: Billy Elliott e, ancor prima, Full Monty. Gli elementi di base vengono riproposti come copia conforme: l'ambiente operaio, il genitore ostile, i coetanei che dileggiano, il personaggio che comprende e sostiene e via elencando. Nessuno dubita che nella vera vita di Potts si siano susseguite le stesse vicissitudini e le stesse occasioni ed opportunità. Quello che lascia perplessi è che vengano raccontate in forma fiabesca, con in aggiunta quel tanto di stereotipo sull'Italia che ci propone a Venezia una nonna napoletana verace e un bacio in Piazza San Marco e con una struttura narrativa che, presupponendo come è ovvio, la consapevolezza da parte dello spettatore dell'happy end, finisce con il privilegiare più che l"one chance" (come da titolo del primo cd di Potts) l'"one direction" del vissero felici e contenti. In definitiva non eccezionale ma che consiglio di vedere. Voto: 6+
The Search è un drammatico, crudo e appassionante film del 2014, remake di Odissea tragica di Fred Zinnemann, diretto da Michel Hazanavicius (vincitore del premio Oscar per The Artist), che racconta di quattro destini che la guerra porterà a incrociarsi. Il film è infatti ambientato durante la seconda guerra cecena, nel 1999, narra l'odissea di un ragazzino, che dopo l'assassinio dei genitori, scappa dal suo villaggio e si unisce al fiume di profughi dove incontra Carole, responsabile di una missione dell'Unione Europea. Grazie al lei tornerà piano piano alla vita. Nello stesso tempo, Raissa, sua sorella maggiore, lo sta cercando senza sosta tra i profughi. Da un'altra parte, Kolia, giovane russo di 20 anni viene arruolato nell'esercito. Piano piano la guerra diventerà il suo pane quotidiano. Questo film affronta in maniera quanto mai cruda ed allo stesso tempo toccante e sensibile il tema terribile della guerra, ma si può decisamente affermare che quello che il regista vuole principalmente rappresentare ed evidenziare, nonché ovviamente condannare, è l'orrore dei conflitti bellici in generale dove la popolazione innocente, in particolare le donne ed i bambini, nonché i giovani reclutati nei vari eserciti ed "indottrinati" a dovere quasi avessero subito una sorta di lavaggio del cervello, sono gli individui che maggiormente soffrono e ne pagano il prezzo più alto. Ed il finale, positivo ed anche di speranza, forse un poco troppo semplicistico, con cui termina il film non indebolisce o cancella affatto l' atmosfera di orrore e di devastazione che impera in tutti i paesi che sono devastati da una guerra. Il cast si avvale per lo più di svariati attori, probabilmente locali ed a noi poco conosciuti (eccezion fatta per la bella e dolce Bérénice Bejo ed Annette Bening), che però rivestono bene i propri ruoli, con una menzione particolare a al piccolo bambino di nove anni che riesce in maniera straordinariamente incisiva ed intensa ad esprimere nei propri occhi tutta la sofferenza vissuta e l'orrore a chi ha assistito inerme. Un film potente, interessante ma comunque un po' troppo lento e leggermente troppo lungo, ma probabilmente da vedere. Voto: 6+
La prima volta (di mia figlia) è un garbata, mai volgare, commedia del 2015 diretto da Riccardo Rossi, che tratta un argomento abbastanza delicato e complicato ma di grandissima attualità perché la pellicola racconta, con estrema leggerezza e tanto garbo, di un fenomeno sociale ormai diffusissimo: quello dell'essere genitori inadeguati a compiere tale ruolo. Difatti sbirciando nel diario della figlia quindicenne Bianca, Alberto, medico e padre separato decisamente apprensivo, scopre (o forse capisce...) che la sua bambina ha intenzione di perdere la verginità. Sconvolto e in preda al panico più totale, decide di organizzare una cena coinvolgendo la sua più cara amica, la ginecologa Marina, perché dissuada Bianca dal suo intento. Ma la presenza di altri due commensali complicherà non poco il piano di Alberto, trasformando la serata "terapeutica" in una riunione fortemente surreale ma trasformerà (in positivo si spera) per sempre il rapporto tra Alberto e la figlia Bianca. Questo a primo impatto è il classico film che non t'aspetti, uno di quelli che prima di vederlo pensi subito, una boiata. E' invece no perché anche grazie a Riccardo Rossi, nonostante la sua irritante voce, riesce in modo abbastanza magistrale ad ovviare a tante cose, di certo non all'ansia (comprensibile) di un padre quando scopre che la figlia adolescente è ormai in età di perdere la verginità, ed entra in paranoia (giustamente direi). La messa in scena è classica, semplice e lineare, c'è una certa cura per i dettagli, la comicità nasce dall'osservazione in particolare delle piccole cose e anche i titoli di coda nascondono una piacevole sorpresa. Il cuore del film (praticamente il 90%) è la cena organizzata dall'impacciato padre per traumatizzare la figlia, i due (anzi tre) ospiti più inopportuni hanno il ruolo di guastatori, dei classici elefanti in gioielleria e proprio loro innescano le situazioni più comiche e grottesche. Film piccolo piccolo e tutt'altro che memorabile ma uno sguardo lo merita tutto, perché sa fa ridere genuinamente e senza prendersi troppo sul serio. Il film infatti sa essere leggero senza scadere mai nella gag demenziale. Una commedia raffinata, divertente, anche crudele se pensiamo dal punto di vista di un genitore, soprattutto di un padre. Voto: 6
Lettere di uno sconosciuto è un intenso e drammatico film del 2014 diretto da Zhāng Yìmóu, uno dei cineasti cinesi più importanti e famosi al mondo, regista tra l'altro di Hero e La foresta dei pugnali volanti. Ma questo film al contrario e diversamente dagli altri (come per esempio i "wuxia", cioè i "cappa e spada" asiatici prodotti da lui ultimamente) è una pellicola molto più introspettiva, sempre poetica, ma più personale. Protagonista della pellicola è Gong Li (la sua attrice musa, un'artista che ha interpretato con eleganza, magnetismo e profondità alcuni dei titoli più importanti e rappresentativi del cinema cinese degli ultimi anni). che interpreta un'insegnante che cresce umilmente la figlia Dan Dan, talentuosa ballerina macchiata dalla reclusione del padre Lu (Chen Daoming), oppositore della Grande Rivoluzione Culturale Cinese. Ma quando il padre esce dalla prigionia politica ritrova la famiglia spaccata dall'amnesia di sua moglie che non riconoscendolo continua ad aspettarlo, ma non si arrenderà mai e proverà sempre a far rivivere il loro grande amore. Una storia decisamente importante, purtroppo però a me non mi ha convinto. Certamente la storia d'amore tra i due è comunque molto bella, la storia politica è interessante, ma quello che non mi è piaciuto è stato proprio nelle smorfie, nei gesti che purtroppo il cinema di quelle parti usa spesso, ho trovato ciò alquanto irritante. Indubbiamente è un film comunque romantico e intenso, che emoziona e lascia però un velo di tristezza soprattutto nel finale. Bisogna dire che m'aspettavo qualcosa di diverso, ma nonostante tutto il film vale, certamente vederlo una volta può anche bastare. Voto: 6-
Il sale della terra è un viaggio incredibile per il mondo visto dagli occhi e dall'obiettivo di Sebastiao Salgado (considerato il più grande fotografo a livello mondiale dei nostri tempi e dopo aver visto questo film-documentario si capisce il perché), raccontato da lui stesso, da suo figlio e da Wim Wenders attraverso una serie di fotografie a dir poco magnifiche. Forse è anche riduttivo chiamarle solo "fotografie", le immagini che Salgado ha immortalato nel corso del suo girovagare da una parte all'altra del pianeta, sono un ritratto della bellezza del mondo e una testimonianza del male che il genere umano ha fatto (e continua a fare) ai doni del Creato. Salgado ha visitato e immortalato sconfinati territori inesplorati, foreste che sembrano incantate e regioni sperdute in capo al mondo, ma lungo il suo cammino è stato anche testimone di genocidi, carestie e brutalità di ogni genere. Wenders (vincitore di un premio César per questo film del 2014) ne ha fatto un collage delle esperienze in fotografie di Salgado, scatenando nello spettatore emozioni e sentimenti forti e contrastanti. Grazie anche al supporto, fondamentale, della voce narrante del fotografo stesso, ci si commuove fino alle lacrime, si prova vergogna assistendo a quello che i nostri simili sono stati capaci di fare al mondo e agli esseri umani, si resta a bocca aperta davanti alla maestosità di certi paesaggi, si avvertono strette al cuore al passaggio di immagini esplicite ma mai gratuite e si finisce con il coraggio di nutrire ancora una speranza, che se esistono uomini come Sebastiao Salgado e i suoi famigliari e collaboratori, non tutto è ancora perduto. Un documentario emozionante, poetico e scioccante. Un'opera che resta impressa nel cuore e nella testa. Voto: 7
Il mostro di Cleveland è un film del 2015 decisamente crudo e non facile da digerire. Difatti la storia (purtroppo dannatamente vera) che viene raccontata è davvero agghiacciante e veramente angosciante. Come forse intuito dal titolo il film è una specie di cronostoria di un incredibile fatto di cronaca che ha fatto scalpore e scosso nelle fondamenta tante persone. Il film infatti racconta della terribile storia vera di Ariel Castro e delle sue vittime. Nell'agosto del 2002, Michelle Night (ventunenne madre single) è la prima donna ad essere rapita dal famigerato 'Mostro di Cleveland'. Ne subirà le torture (fisiche e mentali) per 11 anni, durante i quali, trova in Dio e nel desiderio di rivedere il figlio la forza di andare avanti e di prendersi cura delle adolescenti Amanda Berry e Gina DeJesus, anch'esse tenute segregate dall'uomo. Fortunatamente alcune scene, alcuni episodi non vengono raccontati e visti, ma è importante comunque sottolineare, come dai titoli, che quello che si vede in questa pellicola può urtare la sensibilità di qualcuno, quindi se decidete di vederlo fate attenzione. Il film comunque non è malissimo, certamente la storia (come detto) è veramente agghiacciante ma interessante (per qualche verso), ma dire che il film è bello non sarebbe giusto visto il male che ha fatto questa persona, ma rende benissimo l'idea della violenza e delle crudeltà umana. Il finale comunque è carico di speranza e di gioia, soprattutto in Michelle che dopo essere stata liberata ritroverà la libertà, la vita poiché neanche un mostro è riuscita a spezzare il suo carattere indomito. S.V.
I 7 Nani è un film d'animazione (del 2014) che rielegge (come se già non ce ne fossero già abbastanza) in chiave moderna alcune fiabe e mondi fiabeschi. Nel regno di Fantabulosa la strega Perfidia ha minacciato la principessa Rose di far piombare lei e l’intera corte nel sonno se si pungerà prima del compimento dei diciotto anni. Arrivato il gran giorno del compleanno tutto sembrerebbe andare per il meglio se Bobo, il più giovane e impacciato dei 7 nani, non commettesse un errore pungendola. Si tratta ora di rimediare liberando il giovane Jack che, innamorato di Rose, potrà baciarla risvegliandola. Ai nani spetta il non facile compito. Tutti conoscono i piccoli minatori protagonisti del celeberrimo cartoon Disney ma reinventarli nei nomi, nell'aspetto, nelle peculiarità non era certo cosa agevole. Il film è una commistione non riuscita di fiabe classiche molto note in cui i protagonisti vengono rivisti in chiave moderna tra video postati su "TubeYou", draghi particolarissimi e limousine lussuose trainate da cavalli. Le avventure dei simpatici nanetti sono un susseguirsi veloce di gag in stile Buster Keaton in cui ogni cosa semplice o semplicissima diventa incredibilmente complicata e macchinosa, le difficoltà aiutano e l'innocuo un pericolo (da qui scaturisce qualche risata). Belli e molto curati i disegni, ottima la parte tecnica e l'utilizzo della computer grafica, ma a parte ciò del cartoon non si ricorda molto altro. Voto: 5,5
Matrimonio a sorpresa (The Leisur Class) è un'inedita commedia targata HBO (del 2015), prodotta da Matt Damon e Ben Affleck. Il film, remake del film 2012, è la storia di un giovane imbroglione che cerca di sposare la figlia di un senatore degli Stati Uniti per potersi impadronire di alcuni fondi del padre. Nel cast Ed Weeks (Serie TV The Mindy Project), Bruce Davison (Senator Kelly in X-Men), Bridget Regan (Agent Carter, John Wick) e Scottie Thompson (Star Trek). Questa la storia: un artista della truffa di nome William, ha un solo obiettivo nella sua vita: sposarsi con una donna di una famiglia benestante e coronare il suo sogno. Egli cerca di ottenere questo risultato concupendo Fiona e soprattutto fingendo di essere un uomo ricco di nome Charles. Tutto sembra funzionare perfettamente quando improvvisamente si presenta Leonard, fratello di sangue di William che minaccia di far saltare tutto il piano. Ciò che rende la situazione ancora più complicata è il fatto che i sentimenti di William iniziano progressivamente a innamorarsi di Fiona. Ora, più che mai, è importante che la futura sposa non scopra nulla delle sue reali intenzioni. Da una grande casa di produzione come lo è la Hbo mi aspettavo veramente qualcosa in più di questa insulsa, a tratti volgare e imbarazzante commedia. Difatti se da una parte l'idea è buona, dall'altra il risultato è pessimo, non fa ridere, non intrattiene ma soprattutto irrita, e molto. Un film che assolutamente sconsiglio. S.V.
Soldato semplice è la commedia d'esordio come regista di lungometraggi, ma anche come sceneggiatore e produttore, di Paolo Cevoli, noto al pubblico televisivo come comico di Zelig (era l'improbabile assessore romagnolo). Il film (del 2015) ambientato nel 1917, racconta la storia del maestro elementare Gino Montanari, detto il Patacca, che si arruola nell'esercito italiano che combatte gli austriaci durante la Grande guerra. È un caporale (e un maestro) insolito: ateo, scapolo impenitente e antinterventista. Le sue avventure al fronte lo portano in contatto con un cattivo sergente e un gruppetto di soldati provenienti da varie regioni d'Italia, fra cui un ragazzo di Capri, Aniello detto 'O Scugnizzo, che vede in Gino la figura paterna mai conosciuta. Non voglio stroncare la carriera del simpatico Cevoli ma una cosa sono gli sketch televisivi e tutt'altra cosa è sfornare un film che si possa guardare. Purtroppo negli ultimi anni in troppi stanno facendo il salto dalla TV al cinema senza secondo me, prepararsi adeguatamente. Eccone un altro calzante esempio. Il suo film è difficilmente collocabile come opera cinematografica: la storia è più aneddotica che narrativa, le situazioni sono per lo più implausibili, e Soldato semplice non sa decidere se essere parodistico (e davvero a tratti sembra una parodia di torneranno i prati), comico o drammatico. Nessuna trama accattivante, nessuna originalità, e soprattutto il personaggio principale che fa meno bella figura degli altri. Per esempio in questo caso mi ha fatto molta più simpatia Aniello Pasquale o Pasquale Aniello, non si sa. Sinceramente mi stavo addormentando. Ma poi il voler accentuare quella parlantina romagnola farà davvero ridere? a me non tanto. Voto: 5
Doraemon - Il film: Le avventure di Nobita e dei cinque esploratori è un bellissimo film d'animazione giapponese del 2014, che segue il ritorno su grande schermo del gatto robot, avvenuto però già poco tempo nel primo dei tre film già prodotti, questo infatti è il secondo ma non sono dei sequel, del primo ne ho già parlato solo quattro mesi fa in occasione della sua recensione (qui) e dell'uscita del terzo avvenuta nello stesso giorno. Questo secondo lungometraggio (uscito al cinema) dedicato a Doraemon è però totalmente diverso rispetto al primo, non solo cambia stile e trama, da un'animazione CGI in tridimensionale ad una semplice ma decisamente migliore dell'originale del 1982 (è infatti un remake), da un'avventura spazio-temporale ad una fantasy-soprannaturale, ma anche nei contenuti, molto più infantili e rivolto ad un pubblico più giovane. Difatti la storia che viene raccontata è pura avventura, un film immerso per buona parte nel verde della giungla nella seconda parte decisamente più fantasy rispetto alla prima, che funge da spunto narrativo. Trama: Nobita e i suoi amici sono annoiati e desiderosi di intraprendere un'avventura che renda indimenticabili le loro vacanze estive. Nobita casualmente si imbatte in un cagnolino abbandonato, Peko, così adorabile da convincere la madre di Nobita a tenerlo in casa. Il gruppo infine decide la destinazione della propria avventura, una giungla inesplorata nel profondo dell'Africa. Per Peko però non si tratta di un luogo sconosciuto. Il film bisogna dirlo, è molto bello, soprattutto nella seconda parte quando veniamo a conoscenza di un bizzarro regno di cani antropomorfi (veramente spettacolare, che a me ha ricordato Miyazaki per la sua poeticità), che ha una storia molto interessante e in stile perfettamente manga, uno storia di Re, principi, macchine da guerra, storie di amore e amicizia, soprusi e vendette, gioia e speranza. Praticamente il meglio del genere che tanto apprezzo grazie e soprattutto al maestro dello studio Ghibli. In definitiva quindi un film d'animazione sorprendente che consiglio a tutti. Voto: 6+
La maggior parte delle persone può solo sognare di diventare una superstar, ma, al di là di ogni immaginazione, un ragazzo del Galles c'è riuscito. Questa è la storia della sua avventura. One Chance: L'opera della mia vita (One Chance) è infatti basato sulla vita del cantante britannico Paul Potts. Questo sorprendente film del 2013 diretto da David Frankel (Il diavolo veste Prada), è un film romantico, poetico soprattutto musicalmente, ma anche vivace e divertente nonostante questo semplice ragazzo gallese, Paul Potts (un convincente James Corden), sin da piccolo è vittima di bullismo per la sua stazza e per la sua unica grande passione, il canto e l'opera lirica. Qui un velo di tristezza c'è nel film e in lui, ma quando finalmente riesce a conoscere una ragazza e a frequentare un corso a Venezia per giovani talenti tutto sembra filare liscio. Purtroppo però, il corso si conclude con una deludente audizione davanti al suo grande mito, Pavarotti. Questo sembra far crollare tutte le sue illusioni. Ma dopo aver superato, grazie alla fantastica moglie e, in qualche modo, ai genitori, infinite disavventure, che sembravano costringerlo ad una mediocre vita senza passioni e ideali, decide di partecipare al talent show più famoso d'Inghilterra, e allora vince. Sì perché Paul Potts nonostante i numerosi ostacoli che ha trovato sul suo cammino, è arrivato a vincere la prima stagione di "Britain's Got Talent" e ad incidere il suo primo cd che ha venduto oltre due milioni di copie. A me nonostante la musica lirica non piace, la pellicola mi è piaciuta davvero tanto, non so perché, forse per l'umiltà e gentilezza di questo timido ragazzo che ha sempre creduto nei suoi sogni e ci è incredibilmente riuscito a realizzarli. Comunque il regista è stato molto bravo perché ha saputo toccare tutti i tasti giusti per suscitare partecipazione e anche (perché negarlo?) un po' di pathos emotivo. Ha però fallito su due versanti. Su un piano strettamente cinematografico si è fatto soverchiare da almeno due modelli, non a caso made in Britain: Billy Elliott e, ancor prima, Full Monty. Gli elementi di base vengono riproposti come copia conforme: l'ambiente operaio, il genitore ostile, i coetanei che dileggiano, il personaggio che comprende e sostiene e via elencando. Nessuno dubita che nella vera vita di Potts si siano susseguite le stesse vicissitudini e le stesse occasioni ed opportunità. Quello che lascia perplessi è che vengano raccontate in forma fiabesca, con in aggiunta quel tanto di stereotipo sull'Italia che ci propone a Venezia una nonna napoletana verace e un bacio in Piazza San Marco e con una struttura narrativa che, presupponendo come è ovvio, la consapevolezza da parte dello spettatore dell'happy end, finisce con il privilegiare più che l"one chance" (come da titolo del primo cd di Potts) l'"one direction" del vissero felici e contenti. In definitiva non eccezionale ma che consiglio di vedere. Voto: 6+
Ammazza quanti film! Come fai a trovare il tempo di guardarli tutti? :) Tra questi l'unico che ho visto è l'ottimo Joe, sul quale concordo con il tuo giudizio!
RispondiEliminaIl tempo non mi manca, la voglia neanche..
EliminaSì un bel film, e poi a me Cage come attore piace, comunque oltre a Joe ci sono dei film di questa lista forse anche migliori, ti suggerisco quindi di cercare e poi scegliere di vederne almeno uno ;)
L'imbarazzo della scelta!
RispondiEliminaL'altra sera su Sky ho rivisto volentieri The Peacemaker : un genere che mi piace moltissimo perchè di grande azione e suspence ma senza sbudellamenti . Te l'ho detto che con l'età sono diventata una pappamolle! ;)
Ciao caro Pietro
Eh si, è stato un mese cinematograficamente parlando molto intenso...comunque ci sono molti film in questa lista che fanno al caso tuo ;)
EliminaWow! Io a maggio credo di aver visto solo Civil War al cinema... passerò in rassegna questi per farmi qualche idea :)
RispondiEliminaTu passa a prendere un premio
http://comeneifilm.blogspot.it/2016/06/liebster-award.html
C'è una vasta scelta sicuramente per farti un'idea XD
EliminaAh..ma grazie, passerò presto ;)
Playing it cool l'ho guardato praticamente un paio di giorni fa. Non mi è spiaciuto ma hai ragione, non è stata proprio una qualità eccellente, giusto da fantasia. Poteva essere strutturato meglio, forse un pochino troppo prevedibile. Comunque passabile ^.^
RispondiEliminaA me ha divertito molto in certe situazioni, alla fine sono tutti uguali ma nel mezzo qualcosa di nuovo e soprattutto di buono c'è, quindi si può vedere, si infatti passabile ;)
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