Questo però è solo lo spunto di partenza di una storia che presenta il notevole vantaggio pratico di condurre immediatamente al centro della vicenda portando a uno sviluppo lineare, che procede per singoli episodi ciascuno con un risultato parziale (la reazione di ciascun dipendente interpellato), e convergendo per sommatoria verso il risultato finale, ma grazie proprio a quel dilemma che anche se il film risulta lento, non puoi che aspettare di vedere la fine per sapere come andrà a finire. La bilancia purtroppo però pende da un'unica parte, gravando sulla psiche di una giovane donna incline al nichilismo, all'arresa e alla sconfitta, in costante paranoia. Che nonostante ciò trova il coraggio di visitare una ad una le persone che hanno votato contro e cercando di convincerle a cambiare idea. Ma senza mai umiliarsi, senza farsi compatire o cercare una pietà che chi le sta difronte non vuole dimostrare. Armata solo di una gracile speranza Sandra chiede solo quello che le spetta, tenere il suo posto di lavoro e restare nella squadra. Ma tra solidarietà operaia ed egoistici rifiuti alla fine Sandra riuscirà a convincere solo la metà dei suoi compagni, quindi non sufficienti per un suo reintegro. La scena finale vede quindi Sandra allontanarsi dall'azienda mentre parla al telefonino con il marito al quale comunica la sconfitta ma contenta per avere dignitosamente lottato. Due giorni, una notte è perciò un film dal grande impatto emotivo, che ti fa pensare e ti fa arrabbiare constatando che il futuro della nostra società si presagisce sempre più scuro. Crudo, schietto, ruvido proprio come è la realtà che viviamo sulla nostra pelle. Un'analisi cristallina e chirurgica di come il potere dei soldi in tempi di crisi, come una bilancia è in grado di pesare a discapito del valore umano e del suo potenziale ma a favore dei soldi. Punto di forza del film è indubbiamente la notevole interpretazione (in uno dei suoi ruoli migliori per mimesi fisica e psicologica con il personaggio) di Marion Cotillard, premiata con l'European Film Awards (e una nomination all'Oscar), brava e incantevole anche in versione working class totalmente priva di ornamenti, la sua presenza luminosa può valere da sola la visione. Comunque in questo 'porta a porta' che ci accompagna per tutto il film, per tutto l'arco del weekend, dove questa operaia cerca in tutti i modi di riavere il suo lavoro, Sandra chiede soprattutto il suo salario, praticamente la vita. Perché il lavoro è continua motivazione a superare gli ostacoli del quotidiano che, più che all'esterno, si celano dentro, è l'unico modo per sfuggire alla depressione sempre dietro l'angolo. Il desiderio stesso di lavorare le impedisce di lasciarsi andare, ogni pur piccolo successo le dà la forza di continuare, tanto che alla fine il risultato conta meno di quanto ci si aspettasse.
In ogni caso Sandra rappresenta tutti noi, che provati dal destino, lottiamo per mantenere vivo quell'elemento che è ancora in grado di mantenere integra la nostra dignità: il lavoro appunto. E proprio lì dove si lotta per trovare un briciolo di umanità e solidarietà nonché empatia ci si scontra con un muro impossibile d'abbattere. Il muro dei soldi, dell'avidità, dell'egoismo che lacera le relazioni umane, distrugge le persone, e promuove solo ulteriore divisione e distacco. I soldi ci governano e il prezzo che dobbiamo pagare è perciò sacrificare il nostro spirito di solidarietà, umanità, compassione, empatia. La battaglia di Sandra è quindi emblematica, coraggiosa ed importante. Che ci permette in breve tempo di esaminare a fondo quanto siano disposti i nostri concittadini e collaboratori a sacrificare per noi. Il noi versus l'io. Molti infatti e fortunatamente si riconvincono, si dispiacciono e cambiano idea, perché Sandra fa parte del gruppo e non è giusto che venga eliminata. Ma altrettanti si arrabbiano, s'infuriano, etichettandola come una ladra che cerca di rubare i soldi a persone che se li guadagnano col sangue, anziché vedere la realtà di una donna che dopo una grave condizione personale (depressione) sta rischiando di perdere il suo lavoro, la sua sicurezza sul futuro ma anche l'autostima, la determinazione, la fiducia in se stessa. Regia lucida, solida, diretta. Qui siamo di fronte alla purezza e all'essenzialità registiche più assolute, priva di didascalie o sentimentalismi romantici. Una narrazione essenziale, umana, amara e soprattutto reale, dove non esistono spazi per edulcorare o addolcire la pillola dell'amara realtà. Niente colonna sonora per i Dardenne, solo canzoni che ci parlano a singhiozzi dalla radio, insieme ai rumori, e umori, della città. Bisogna inoltre rendere atto che il finale del film non è poi così scontato come si potrebbe supporre e gioca un buon effetto compensativo dopo che il cadenzato procedere della pellicola aveva fugato aspettative in termini di imprevisti. Anche se improvvise virate di tono finiscono per stridere e risultare poco credibili (vedi le reazioni esagerate di alcuni colleghi o l'episodio che porta Sandra all'ospedale, trattato molto superficialmente sia nello svolgersi sia nella veloce risoluzione e superamento della vicenda) il film è abbastanza godibile e neanche così tanto noioso e lento come ci si aspetterebbe. Comunque chi cerca l'evasione, chi cerca il meraviglioso, chi cerca l'intrattenimento non veda questa pellicola che parla di vita vera. "E' un film realistico" (una frase che viene forse pronunciata troppo spesso, e impropriamente) che andrebbe perciò e nonostante non sia un capolavoro d'intrattenimento visto da tutti, forse anche proiettato nelle scuole, perché si tratta di un lavoro potente e attualissimo. Voto: 6,5
In ogni caso Sandra rappresenta tutti noi, che provati dal destino, lottiamo per mantenere vivo quell'elemento che è ancora in grado di mantenere integra la nostra dignità: il lavoro appunto. E proprio lì dove si lotta per trovare un briciolo di umanità e solidarietà nonché empatia ci si scontra con un muro impossibile d'abbattere. Il muro dei soldi, dell'avidità, dell'egoismo che lacera le relazioni umane, distrugge le persone, e promuove solo ulteriore divisione e distacco. I soldi ci governano e il prezzo che dobbiamo pagare è perciò sacrificare il nostro spirito di solidarietà, umanità, compassione, empatia. La battaglia di Sandra è quindi emblematica, coraggiosa ed importante. Che ci permette in breve tempo di esaminare a fondo quanto siano disposti i nostri concittadini e collaboratori a sacrificare per noi. Il noi versus l'io. Molti infatti e fortunatamente si riconvincono, si dispiacciono e cambiano idea, perché Sandra fa parte del gruppo e non è giusto che venga eliminata. Ma altrettanti si arrabbiano, s'infuriano, etichettandola come una ladra che cerca di rubare i soldi a persone che se li guadagnano col sangue, anziché vedere la realtà di una donna che dopo una grave condizione personale (depressione) sta rischiando di perdere il suo lavoro, la sua sicurezza sul futuro ma anche l'autostima, la determinazione, la fiducia in se stessa. Regia lucida, solida, diretta. Qui siamo di fronte alla purezza e all'essenzialità registiche più assolute, priva di didascalie o sentimentalismi romantici. Una narrazione essenziale, umana, amara e soprattutto reale, dove non esistono spazi per edulcorare o addolcire la pillola dell'amara realtà. Niente colonna sonora per i Dardenne, solo canzoni che ci parlano a singhiozzi dalla radio, insieme ai rumori, e umori, della città. Bisogna inoltre rendere atto che il finale del film non è poi così scontato come si potrebbe supporre e gioca un buon effetto compensativo dopo che il cadenzato procedere della pellicola aveva fugato aspettative in termini di imprevisti. Anche se improvvise virate di tono finiscono per stridere e risultare poco credibili (vedi le reazioni esagerate di alcuni colleghi o l'episodio che porta Sandra all'ospedale, trattato molto superficialmente sia nello svolgersi sia nella veloce risoluzione e superamento della vicenda) il film è abbastanza godibile e neanche così tanto noioso e lento come ci si aspetterebbe. Comunque chi cerca l'evasione, chi cerca il meraviglioso, chi cerca l'intrattenimento non veda questa pellicola che parla di vita vera. "E' un film realistico" (una frase che viene forse pronunciata troppo spesso, e impropriamente) che andrebbe perciò e nonostante non sia un capolavoro d'intrattenimento visto da tutti, forse anche proiettato nelle scuole, perché si tratta di un lavoro potente e attualissimo. Voto: 6,5
Bello, commovente e con una Cotillard che più brava non si può.
RispondiEliminaMi era piaciuto tantissimo, davvero.
Sì infatti, comunque anche se non l'ho scritto lei mi è sembrata un po troppo sciupata e la sua bellezza oscurata, al contrario della sua bravura che ancora una volta stupisce ;)
EliminaAngosciante e bellissimo, foriero di mille domande scomode. Dovrebbero girare più film così...
RispondiEliminaMolto forte e d'impatto, soprattutto le reazioni, punto focale della vicenda, sono veramente angoscianti e d'effetto...eh sì dovrebbero infatti ;)
EliminaNe ho sentito parlare benissimo e la tua recensione fa faville e perchè non vederlo?
RispondiEliminaL'egoismo pervade tutto il nostro secolo, difficile che per il vil denaro qualcuno sacrifichi anche pochi spiccioli...
Abbraccione Pietro!
Meglio di quanto mi aspettassi effettivamente..veramente intenso, perché ti fa riflettere e arrabbiare per la deprecabile piega che la nostra civiltà sta prendendo..
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