Ciclicamente torna, il listone delle prime visioni, più o meno in chiaro, degli scorsi mesi, era fine luglio (qui), ma sarà per quest'anno l'ultima volta, d'ora in poi non ci saranno infatti più distinzioni di "visioni". Comunque l'avevo detto e qui ecco gli ultimi due film del "laeffeFilmFestival" innanzitutto, ma poi ecco anche e nuovamente film (alcuni ancora disponibili) scaricati/visti da RaiPlay, di questi alcuni andati in onda in chiaro ed alcuni dalle sezioni (Fuori orario Cose (mai) viste ma anche da altre) della suddetta piattaforma multimediale. Infine, oltre ad un recupero programmato (visto in streaming il suddetto film), ho visto la versione speciale di un grande classico, andato pure in chiaro settimane fa, tuttavia veduto grazie a Sky. Nessuna grandissima sorpresa, ma "periodo" soddisfacente.
SEMAFORO VERDE PER...
Sing Street (Musical/Romantico 2016) - Pur di far colpo su una ragazza (la Lucy Boynton di Bohemian Rhapsody) di un anno più grande di lui, il quindicenne Conor (all'epoca esordiente Ferdia Walsh-Peelo, poi una particina in Vikings) mette su una band musicale: un progetto nato quasi per caso, che si trasforma in un'enorme opportunità per fare fronte al bullismo di qualche compagno, al dispotismo del direttore dell'istituto scolastico e ai continui litigi tra padre e madre. Dopo l'acclamato e toccante Once, l'irlandese John Carney (che ha musica nel cuore, questo è il terzo dopo il discreto Tutto può cambiare e quel bellissimo film vincitore di un Oscar per la struggente canzone Falling Slowly) gira un film sotto forma di racconto di formazione che è un tributo alla musica pop degli anni '80 (quella che vide affermarsi gruppi come i Duran Duran, Spandau Ballet, Hall & Oates, The Cure e i Clash, tutti infilati nella colonna sonora) carico di leggerezza e ottimismo. Sing Street è infatti un teen movie sentimentale che concede moltissimo spazio alla musica, puntando sulla metafora di Londra come terra promessa per gli irlandesi che all'epoca se la passavano piuttosto male. Se la parte di film ambientata a scuola o quella che dà conto delle prove per le canzoni e per i video (siamo in piena esplosione del videoclip musicale) possono dirsi assai originali e pienamente riuscite, altrettanto non può dirsi per la lunga sotto-trama sentimentale, che si avventura in un pistolotto sul riscatto del fratello maggiore del protagonista (interpretato da Jack Reynor), che vive indirettamente l'affermazione di quest'ultimo. Tuttavia bel film, una storia delicata, ben interpretata da giovani attori (non solo i due protagonisti), e soprattutto ben musicata, anche da brani del tutto nuovi e molto suggestivi composti appositamente per il film. Un film onesto, sincero, musicalmente (ma non solo) delizioso. Voto: 7
SEMAFORO GIALLO PER...
Loveless (Dramma 2017) - Dopo Leviathan, Andrei Zvjagincev (nuovamente anche grazie ad Oleg Negin) conferma la potenza del suo cinema di denuncia dei mali della Russia contemporanea con una storia che vede al centro la scomparsa di un ragazzino, vittima dell'assenza di amore. Il regista ritrae in modo impietoso le debolezze dei due genitori separati, concentrati affannosamente nella ricerca della propria felicità in modo superficiale e immaturo, insensibili ai bisogni del figlio. Un quadro agghiacciante, molto realistico, senza sconti. Un film di un nero pece indescrivibile nel quale nessun personaggio fa una figura dignitosa. Curiosamente ambientato a ridosso della previsione fallace sulla fine del mondo prospettata dai Maya, il regista mette appunto alla berlina la deriva iperindividualista dell'uomo volenteroso unicamente di soddisfare il proprio bene, fregandosi dell'altro anche se si tratta del proprio figlio. Dialoghi di una crudeltà che mette imbarazzo, ben sorretti da un cast scelto ottimamente (la madre Mar'jana Spivak su tutti). Nella pletora di "mostri", sicuramente il peggiore è la nonna. Forse esagerata l'efficienza della squadra di volontari rispetto all'assenza delle figure istituzionali, ma la narrazione rimane comunque valida, ed anche se soprattutto nella parte finale, ha qualche lungaggine di troppo che ne depotenzia e ridimensiona l'estetica, rimane efficace. Voto: 6
Sole alto (Guerra/Dramma 2015) - Che film di sorprendente fisicità, riuscirebbe a catturare lo spettatore solo e semplicemente per la bellezza delle immagini che lo trascorrono, per i suoni spesso struggenti, ora violenti e ora amplificati che conquistano. Riuscirebbe a catturare lo spettatore solo per le facce degli attori (i due ragazzi protagonisti delle tre storie hanno i medesimi interpreti) che restituiscono una generazione idealista, coscienziosa, eppure ferita e lacerata da una guerra insostenibile (Goran Markovic e Tihana Lazovic due giovani talenti). Eppure ci sono anche tre storie scritte molto bene, tutte legate ai conflitti serbo-croati e all'amore che riesce a condizionare gli eventi, ad accendere un faro sulla stupidità della guerra e i suoi effetti devastanti. La soluzione proposta dal film (premiato a Cannes, diretto da Dalibor Matanić) è quella del perdono. Un perdono che a volte è un processo che va iniziato quasi per necessità sapendo che sarà un percorso difficile e allo stesso tempo l'unico modo per sperare che le cose cambino. Non fa il salto sfortunatamente (manca qualcosa), ma fa sempre piacere imbattersi in un titolo così originale e ispirato, che fa riflettere e rimane discretamente impresso nella mente e nel cuore. Voto: 6,5
Brawl in Cell Block 99 (Azione/Thriller 2017) - Ho visto Bone Tomahawk poco tempo fa, e si capisce decisamente che S. Craig Zahler ha un suo stile ben definito, silenzi, e lunghi respiri tipici dei fratelli Coen ed improvvise accelerazioni splatter, che ti lasciano decisamente spiazzato, ma che comunque si riescono a tollerare (almeno per me). Passiamo al film, a me è piaciuto, soprattutto perché non sono abituato a vedere il "grandissimo" e simpaticissimo Vince Vaughn alle prese con tale ruolo, devo dire che l'ho molto apprezzato in questo ruolo non consono alle sue solite caratteristiche (anche gli altri ho apprezzato, dal luciferino Udo Kier, alla sensuale androgina Jennifer Carpenter fino al redivivo Don Johnson). Il film nel suo complesso mi ha intrattenuto e nonostante alcune parti rallentate, non mi ha mai stufato, anzi, ti prepara a quello che viene dopo, e qui si vede la mano e la tecnica del regista (che attendo al varco nel terzo suo film prossimo alla visione). Brawl in Cell Block 99 è infatti un film di genere alquanto atipico, come lo era l'opera precedente di Zahler, che spicca il volo non appena la storia si sposta dentro l'inferno carcerario ed i suoi vari gironi che il protagonista si troverà a fronteggiare in un'opera sistematica di demolizione del corpo, fra arti spezzati e teste maciullate (pregevoli i contributi tecnici, fotografia e musica in primis). Proprio non male. Voto: 6+
Tokyo Family (Dramma 2013) - Se con Kyoto Story l'omaggio era legato a un periodo felice della cinematografia nipponica, con Tokyo Family in maniera più diretta si celebra il Cinema di Yasujirō Ozu, di cui Yōji Yamada in gioventù fu assistente, il film è infatti il remake di Viaggio a Tokyo del grande regista nipponico, considerato non solo uno dei migliori esiti della Settima Arte giapponese ma in assoluto uno dei film "da vedere" del Cinema tutto. Il taglio è intimista, se nell'originale i protagonisti uscivano dagli orrori della guerra mondiale e della bomba atomica qui la vicenda è ambientata dopo l'incidente nucleare di Fukushima, la tragedia non è al centro del film, la narrazione si concentra sui rapporti dei vari membri della famiglia Hirayama, tratteggiandone alcuni passaggi di crescita, di maturazione, riflettendo parallelamente sulla società moderna giapponese, sui suoi ritmi, sul contrasto tra questa e uno stile di vita sorpassato, ormai appannaggio di pochi anziani, più lento e rispettoso dell'essere umano. Dallo spaccato di una famiglia si arriva a temi universali propri non solo del Paese del Sol Levante. E infatti, attraverso una sapiente e bilanciata oscillazione tra poietico e poetico, tra forma e contenuto, Tokyo Family si conferma un delicato e allo stesso tempo terrificante ritratto delle società di ieri, di oggi, e di domani. In questo la regia è diligente, si prende i suoi tempi (146 minuti), li gestisce al meglio senza mai far affiorare un attimo di noia. Ci si appassiona (e ci si emoziona) alle vicende semplici di questa famiglia, bel film. Voto: 6,5
1945 (Dramma 2017) - Attraverso il genere, il racconto di come l'avidità prima uccide l'anima e poi le persone. L'arrivo di due ebrei in un villaggio ungherese fa riemergere le vicende legate all'Olocausto: come angeli della morte, il loro muto camminare per le strade condanna senza parole e le dinamiche fra coloro che dalla deportazione avevano guadagnato, saltano minate dai sensi di colpa. L'incedere della narrazione è incalzante e progressivamente cresce in maniera sensibile l'inquietudine degli abitanti del villaggio. E' un momento storico incerto, tra la cacciata di vecchi invasori e la venuta dei nuovi, ma come detto è la coscienza nera che viene a galla, la tematica principale che sta più a cuore al regista, di Ferenc Török. Lui che sceglie il bianco e nero e fa bene, ci rammenta i vecchi album di famiglia e c'infonde conforto prima di toglierci abilmente l'aria con personaggi quasi grotteschi, schiacciati da paure auto-inflitte. La forza della pellicola risiede nel suo tocco gentile, negli infiniti dettagli e nel suo silenzio. Un silenzio che favorisce la suspense, che amplifica la sottile e affilata ironia, che ci regala le inquadrature migliori. Un silenzio garbato e mai scontato, funzionale all'esplosivo epilogo e a mantenere la quiete necessaria per non dimenticare il passato, per riflettere sul presente e per (si spera) diventare esseri umani migliori. Perché in breve, 1945 è un film elegante oltreché fine e necessario. Senza la potenza de Il figlio di Saul, ma una riuscita visione dell'argomento da una diversa prospettiva. Voto: 6+
Sulla mia pelle (Dramma 2018) - Alessio Cremonini, al suo secondo film, traspone il caso di Stefano Cucchi. Lo fa attenendosi ai fatti, ricostruendo in maniera imparziale come andarono le cose, almeno stando a quanto conosciuto, perché la verità assoluta se l'è portata con sé il povero Stefano, ragazzo che ha commesso tanti errori nella sua vita che però non giustificano la brutta fine con cui il destino lo ha segnato. Infatti, il film non tende ad enfatizzare il personaggio di Cucchi, a renderlo un povero agnellino sacrificato all'altare della giustizia italiana, bensì, mostra anche i suoi errori, i dinieghi alle cure, qualche testardaggine di troppo che se non perseguita gli avrebbe risparmiato tante sofferenze. Dall'altro però c'è lo stato italiano, diviso tra chi lo ha riempito di botte, persone oneste che hanno tentato di aiutarlo e quanti non sono stati abbastanza zelanti nel proprio lavoro. Tuttavia, il risultato complessivo non mi ha molto convinto. La sceneggiatura è molto scarna e carente e la fedeltà alla vicenda, se da un lato è un pregio, dall'altro appesantisce troppo la trama. Anche altre scelte del regista (il non mostrare direttamente le violenze subite) rendono la struttura narrativa troppo farraginosa, ripetitiva e noiosa, più simile a quella di un documentario che a quella di un film. Bene invece gli interpreti, soprattutto il protagonista, l'espressivo Alessandro Borghi che con un grande linguaggio del corpo riflette le sofferenze degli ultimi e tormentati giorni di Stefano. Nel complesso comunque, qualcosa di più di un medio prodotto televisivo, ma dignitoso e capace. Voto: 6
SEMAFORO ROSSO PER...
The Flu - Il contagio (Dramma/Thriller 2013) - Se fosse stato realizzato di questi tempi si sarebbe parlato di film ispirato a fatti realmente accaduti, sorprende infatti questo catastrofico sudcoreano per le similitudini con ciò che stiamo vivendo oggi con il coronavirus, ma è invece tutto frutto dell'immaginazione del regista Kim Sung-su che nel 2013 dirige questo film su di un virus mortale altamente infettivo, rapido e letale, che costringe la popolazione alla quarantena e il governo all'intervento dei militari per stroncare rivolte e contenere una situazione sul punto di precipitare. Il guaio arriva proprio quando la situazione precipita, perché dopo una buona partenza (il metodo di contagio e via dicendo), il film, condito oltretutto dal (quasi ridicolo) dramma di una mamma alla ricerca della sua bambina (ben più insopportabile di quella di Train to Busan, colpa anche del doppiaggio infimo) e di un vigile che tenta di aiutarla, sbraca totalmente, esagerando inverosimilmente (a livelli di Hollywood, o peggio), finendo addirittura in burla (la postilla finale nel bel mezzo dei titoli di coda ci coglie di sorpresa e mette più paura delle due ore e passa di pellicola). Ed è un peccato, perché l'inquietudine c'era, le scenografie erano buone così come alcune scene d'azione o di massa, ma forzature ed assurdità l'hanno depotenziato, finendo per far risultare il film perlopiù sfiancante. Voto: 5,5
Cosmos (Dramma 2015) - Da Andrzej Żuławski, il regista dell'iconico Possession, non ci si può che aspettare che un film surreale, sconclusionato, citazionista e imprevedibile come questo qui. Un film, tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore polacco Witold Gombrowicz, recitato in francese (e disponibile con i sottotitoli), che però tuttavia irrita non poco, perché (troppo) sopra le righe (come le interpretazioni), troppo frenetico e vagamente sconnesso. E' ben difficile capire infatti cosa succeda e, più in generale, di cosa si parli nel testamento cinematografico (è questa la sua ultima opera prima della scomparsa nel 2016) del regista polacco: il tentativo di prendere una storia del tutto banale (la misteriosa impiccagione di un passero) e astrarla sino al punto di non ritorno è sicuramente interessante, ma il rischio concreto è quello di rimanere vittima di un ritmo sonnolento, di un fiume di parole, del fuoco incrociato di citazioni esplicite e dissimulate. Forse è "solo" cinema che parla di cinema, come sembrerebbe suggerire lo spiazzante finale, però chissà, dopotutto come suggerisce il titolo, ci si può vedere tutto e niente in Cosmos (o niente). Io di certo so che in questo noir bislacco (pseudo intellettuale) ho trovato la noia. Voto: 4,5
It Comes at Night (Horror 2017) - Film che si inserisce nel filone della narrazione di futuri distopici con il mondo al collasso per una misteriosa epidemia (che ricorda una specie di peste bubbonica). Non c'è traccia di spiegazioni di quanto stia avvenendo e la vena horror stessa è molto limitata (l'horror puro viene rilegato alla sfera del sogno, con uno stratagemma abbastanza sdoganato della regia, quest'ultima di Trey Edward Shults). Quindi in realtà si assiste ad un film che si pone come obiettivo quello di descrivere ansia, senso di claustrofobia, senso di oppressione, alienazione dal vivere in una realtà inumana. Purtroppo però non riesce a trasmettere nulla di potente in nessuna della tematiche che prova a sfiorare (complici anche alcuni elementi della trama buttati a casaccio e non sufficientemente approfonditi, che fanno inoltre perdere la voglia di prestare attenzione) ed il risultato è la sensazione di assistere ad un minestrone dei cliché del genere "catastrofista", tutto già visto, tutto abbastanza spento. Peccato (personalmente è infatti un'occasione sprecata) perché si poteva fare di meglio con un pochino di inventiva e controllo in più specialmente nel lungo e confusionario finale. Discrete le prove degli attori (su tutti Joel Edgerton, bravo nel trasmettere allo spettatore ansia), e per una volta si può dire che l'attore cane è stato il migliore. Voto: 5+
ANGOLO VINTAGE
C'era una volta in America (Dramma/Gangster 1984) - Non avevo ancora avuto l'occasione di omaggiare Ennio Morricone, così quando c'è stata la possibilità di rivedere questo film non c'ho pensato due volte. Tuttavia non so quale versione sia stata trasmessa in tv, ma grazie a Sky ho potuto rivederlo nella sua versione estesa nonché restaurata, dalla durata record di 4 ore, ed è stato qualcosa di incredibile. C'era una volta in America, che definirlo un gangster-movie risulta in fondo riduttivo quanto non debitamente appropriato, diretto da uno dei più grandi registi italiani di tutti i tempi (che ha saputo raccontare l'America meglio degli americani stessi), è uno di quei 9-10 film talmente belli che è quasi un dispiacere giudicarli e commentarli. Comunque, nella versione completa, con le parti ritrovate ed aggiunte, il film acquista ancora di più le sembianze di una grande epica di un'amicizia nata e tramontata nell'America del proibizionismo, salvo sfociare in un finale bello e ammantato di mistero, in bilico tra realtà e fantasia. La precisione nel dettaglio di Leone è forse, insieme alle (straordinarie) musiche di Ennio Morricone (una in particolar modo), la principale nota di merito di un film (anche gli attori però fanno la loro parte, fra i grandi Robert De Niro, James Woods e altri, convincono anche le donne, soprattutto Jennifer Connelly da piccola è di una dolcezza unica, assolutamente deliziosa) la cui lunghezza certo non ne agevola la visione se non a più riprese, e rende a volte frammentario il racconto. Resta però un film che ha fatto scuola, una sorta di grande romanzo che voleva essere anche un omaggio di Sergio Leone ad una visione del cinema come grande incubatore di racconti e di atmosfere. Ma qualunque cosa voleva essere, è stata ed è, anche così (e nonostante piccoli difettucci), rimane una gioia per gli occhi, per le orecchie, e in qualche parte per il cuore. Voto: 8,5
Ecco infine i film scartati ed evitati del periodo: Lucania. Terra, sangue e magia, Starman, Kill Chain - Uccisioni a catena, Brighton Rock, Tale madre, tale figlia, Cyrano Mon Amour, La camera azzurra.
Molto bella la tua recensione di "Sulla mia pelle", film che non ho visto, ma che sicuramente recupererò..The Flu non è male...direi ansiogenissimo visto il periodo..ma questi film qui (come The Gerber Syndrome) partono sempre bene (nel senso che trasmettono veramente ansia) e finiscono male (facendo sfumare quell'effetto). Quindi alla fine capisco le tue perplessità..
RispondiEliminaPeccato. Il film su Stefano Cucchi è andato in onda proprio pochi giorno fa su Raitre. Venerdì, precisamente.
EliminaIo ho provato a guardarlo due volte, ma cambio sempre, perché mi fa male lo stomaco per la rabbia e il dolore.
@Riccardo Esatto, ed è davvero un peccato, perché non serviva tanto per far funzionare meglio il tutto, equilibrio soprattutto.
Elimina@Claudia Nell'ultimo mese due volte in chiaro...comunque ti capisco.
Il film di Leone capolavoro assoluto. Gioia per il cuore, vero.
RispondiEliminaMi ha colpito quello del carcere, da come lo hai descritto sembra la versione meno fumettistica di Riky Oh! XD
Sing Street sembra essere molto interessante.
Moz-
Non so di questo Riky Oh, ma è un film crudo, e per davvero..
EliminaSi salva l'angolo vintage in questo post. Con le serie come stai? Urge parere su Criminal (Netflix) e Modern Love (Prime)
RispondiEliminaSolo quello si salva? Allora per fortuna che c'è :D
EliminaA serie sto messo male, parecchio indietro, non conosco né una né l'altra..
In effetti le serie, a volercisi dedicare per forza, ti ammazzano... bisognerebbe avere una marea di tempo che obiettivamente non c'è.. e a volte è giocoforza fidarsi di chi segnala robe che escono dal solco del convenzionale e dall'inevitabile déjà vu.. ;) ..come per i libri che ti catturano con quattro righe, a volte pochi fotogrammi possono conquistare.. e possiamo decidere al volo se vale la pena o se si può bypassare..
EliminaEsatto, a volte poi bisogna decidere cosa vedere in base ai gusti, se sai che non ti piacerà è inutile vedere.
EliminaCiao Pietro! "Sulla mia pelle" mi potrebbe interessare. Tra gli altri, ne ho sentito nominare qualcuno, ma visto nessuno :-(
RispondiEliminaLa maggior parte sono di nicchia effettivamente, comunque ti suggerisco di non perderti Sing Street ;)
EliminaE' fatto apposta per tirar fuori grandi cose, sia che lo veda per la prima volta sia che lo riveda per la seconda (terza, quarta e via dicendo) volta un film, come in questo caso ;)
RispondiEliminaSing street caruccio, ma il mio cinismo me lo allontana un po' 😅
RispondiEliminaSulla mia pelle invece un film asciutto e angosciante, per me si è fatto un ottimo lavoro.
It comes at night invece ha lasciato freddino pure me :/
Sul capolavoro assoluto di Leone, solo tanto amore. Per me un dieci pieno
Allontana il tuo cinismo invece, che è meglio ;)
EliminaAngosciante sì, anche se la testardaggine mi ha fatto arrabbiare...
Freddo sì, eppure ha vinto un po' premi...
Un capolavoro sì, ma da 10 anche no.
Vero, non da dieci.
EliminaDi più 😜😜
Oh, quanto mi era piaciuto, quanto era giusto musicalmente e romanticamente Sing Street!
RispondiEliminaSole Alto mi aveva folgorato, da quando l'ho visto provo a proporlo al cineforum che aiuto ad organizzare ma non gli si trova posto, meritava e meriterebbe più attenzione.
Sulla mia pelle mi aveva lasciato qualche perplessità sulla fattura, ma il messaggio e la sua importanza e la bravura di Borghi sono innegabili.
Once non si batte, ma è ugualmente bello sì ;)
EliminaSu Sole Alto sono d'accordo, e in parte anche per Sulla mia pelle :)
Brawl in Cell Block 99 è uno spettacolo! Ne scriverò tra poco sul blog... Mi sorprende che non ti sia piaciuto tanto!
RispondiElimina:--)
Tanto tanto no, ma mi è piaciuto abbastanza, e questo è già tanto ;)
EliminaDi questi ho visto Loveless che mi ha colpito potentemente e ricordo ancora in maniera molto vivida; Sulla Mia Pelle che ha già di per sé il merito di raccontare quello che racconta, ma che comunque è ben confezionato; It Comes at Night che io invece ho apprezzato molto per le atmosfere e il capolavoro C'era una volta in America, film della mia infanzia, tra i miei preferiti in assoluto di sempre.
RispondiEliminaNon so, bello ma alla fine un po' freddino.
EliminaSulla mia pelle sì, è la storia che fa tutto.
Le atmosfere sì, ma il resto?
Per me invece non tra gli assoluti, ma tra i più belli di sempre certamente ;)
mamma mia quanti film perduti che vergogna. E per me perdere " Sing street"non tanto per le mie debolezze musicali, ma per la musica in se stessa dedicata a questo prodotto. E come vorrei aver visto " Loveless" e invece niente....e arrivo all'unico che ricordo con molto piacere -" C'era una volta l'America" con le immortali musiche de nostro Maestro e gli interpreti di gran impatto!
RispondiEliminaBeh , meglio l'ultimo che nessuno. Ma cercherò di recuperare mio caro Pietro!
Bona serata e un caro abbraccio
Beh sì, in Sing Street la musica è vitale, un tributo davvero gradevole ;)
EliminaUno già, ma che può bastare per tutti :)
Ossignore, finalmente qualcuno che guardando It comes at night ha guardato il mio stesso film: una lunga, derivativa menata!
RispondiEliminaE già, eppure ne avevo letto di cose buone, avranno mica per caso visto un altro film? :D
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