C'erano già dei rumors sulla possibile presenza o ritorno dell'agente speciale Ziva David (colei che è stata per il "Capo" una seconda figlia) nella sedicesima stagione di NCIS (il mio breve commento alla quindicesima qui). Con l'ultima puntata della stagione questi dubbi, queste rivelazioni, vengono finalmente fugati, lei appare, anche se ciò avviene in circostanze ambigue, non è chiaro infatti se il suo è un ritorno reale o meno, dato che sembrerebbe essere un'allucinazione di Gibbs, che solo due secondi prima finisce di parlare con la sua defunta moglie. Tuttavia, se buona parte di questa sedicesima stagione spiana il terreno per l'entrata in scena dell'ex agente creduta morta da anni, è lecito anche credere che sia tutto vero, e che la sua chiamata in soccorso si risolvi nelle prime puntate della prossima stagione. A parte questo, niente cambia e niente muta, la serie rimane godibile, godibile come questa sedicesima stagione (vista sempre in modalità relax), nel complesso una buona stagione, anche se personalmente mi aspettavo qualcosa di più, ma credo che dopo 16 stagioni sia fisiologico il calo di contenuti e di verve nella serie e nella squadra. A tal proposito la sostituta forense nella sua prima stagione, si ricordi dopo l'abbandono di Abby nella scorsa la sua apparizione, sembra cavarsela abbastanza bene, certo, la differenza c'è e si vede, ma male non è. Detto questo il resto è nell'ordinario, la grande sorpresa arriva appunto alla fine, che (come di consueto accade) da lo spunto alla prossima stagione, vediamo cosa ne viene fuori. Ma in questo mese si continua con i recuperi, ecco le mie valutazioni.
Fleabag (1a stagione) - Una comedy-drama, un po' noir, che si è rivelata una vera sorpresa. Consigliata da molti, ma non mi aspettavo ciò, non mi aspettavo di ridere così tanto, e di gusto. Fleabag, british al 100%, che diverte, spiazza per il suo linguaggio libero e per l'introspezione esasperata ed espressa con feroce autoironia, specie da parte della bravissima protagonista, mi è piaciuta perché non è mai banale, anche se affronta temi già trattati ampiamente al cinema e in tv. Nel corso di soli 6 episodi (durata media: 25 minuti), la serie televisiva racconta le sfaccettature della vita instabile di una trentenne londinese senza nome. In teoria, il suo nome sarebbe proprio Fleabag, ma non è un nome proprio, è un soprannome che mi pare non venga neppure mai pronunciato. In sostanza, il termine inglese (che, letteralmente, potrebbe significare "pulce da borsa") indica una persona che cura poco la propria igiene e che, appunto, ha le pulci. La protagonista non ha di questi problemi: è lei la pulce. Come un insetto infestante ed ematofago, Fleabag urtica le persone con cui entra in contatto. Lo fa naturalmente, senza colpa. Inquieta chi la circonda, perché è troppo libera, schietta, senza filtri e la sua appariscenza non artificiosa la mette in competizione con il resto del mondo, quando lei, dal mondo, vorrebbe solo un abbraccio. Inizialmente, grazie anche al continuo sfondamento della quarta parete da parte della protagonista, Fleabag (disponibile su Prime Video) sembra una comedy anticonformista su una giovane donna emancipata, benché un bel po' incasinata. Strada facendo, si scoprono la sua spontanea capacità di complicare ogni cosa, anche la più banale, le sue debolezze e le sue profondissime paure. L'ultimo episodio, in questo senso, è straziante e alza l'asticella dell'empatia ad alti livelli. Bravi gli attori. Phoebe Waller-Bridge, che non conoscevo, ha un viso e una presenza scenica estremamente interessanti. Brett Gelman, interpreta bene il cognato ambiguo, in un ruolo particolarmente antipatico, c'è anche Olivia Colman, premio Oscar per la sua interpretazione ne La favorita di Yorgos Lanthimos. Una specie di BoJack Horseman, ma al femminile, che seppur non raggiunge il livello dell'originale, riesce a farsi notare. Voto: 7,5
Santa Clarita Diet (2a stagione) - Prosegue sulla strada della prima stagione ma migliorando un po' tutto. Aggiunge nuovi personaggi secondari, alcuni dei quali discretamente interessanti, amplia le situazioni in cui è coinvolta la famiglia aggiungendo carne al fuoco e prende un po' più di respiro, uscendo dai confini della casa/vicinato. Pur andando costantemente in calando, dal riuscitissimo pilot al più semplicistico final season, e forte probabilmente di un forse inaspettato buon riscontro relativo alla prima annata, la seconda stagione di Santa Clarita Diet (al contempo più strutturata, più cartoonesca, più solida, più seria, più compatta, più demenziale, più screwball, più slapstick della precedente) si libera da ogni remora e sforna una sfilza di episodi di circa 25 minuti l'uno che sono come dita mozzate pronte da sgranocchiare: uno tira l'altro. Drew Barrymore è (come) sempre (più) adorabile, Timothy Olyphant consolida la sua vena comica (sorprendente, ma naturalissima). La "coppia" di teenager composta da Liv Hewson e Skyler Gisondo (a cui s'aggiunge per un tratto, prima di partire verso Seattle per cause di forza maggiore, Ramona Young nei panni di Ramona) funziona alla grandissima. Completano il cast la testa di Nathan Fillion, Mary Elizabeth Ellis, Natalie Morales e la breve ma indimenticabile presenza in una piccola parte di Gerald McRaney nei panni del Colonnello (che fa il paio con l'apparizione di Grace Zabriskie nella scorsa stagione). Questa stagione di Santa Clarita Diet rappresenta insomma una sostanziale conferma per la serie, proprio alla sua prova più difficile (come per ogni show, la seconda annata risulta determinante nel decretare la solidità dell'impianto globale). Purtroppo non si può soprassedere su alcune scelte di trama discutibili che abbassano in parte il livello generale, tuttavia, non si può nemmeno ignorare come tutto il resto sia orchestrato quasi alla perfezione, con una solida alternanza tra momenti seri e divertenti, scene splatter e più emotive, che consolidano (ciascuna a modo loro) i rapporti tra i personaggi. Grazie inoltre ad attori che insieme danno davvero il loro meglio, si può dire che questa stagione sia stata una vera sorpresa, si vedrà la prossima, che avrà certamente il compito obbligatorio di essere più completa a livello di trama e quello, ancora più difficile, di mantenere o superare il multilivello di scrittura raggiunto con questa. Voto: 7
BoJack Horseman (5a stagione) - Dopo tre stagioni di altissimo livello (la terza in particolare rimane forse la migliore) e una quarta annata relativamente deludente (ma comunque di qualità), BoJack Horseman torna per fortuna su altissimi livelli con questo quinto ciclo di episodi. Sempre aggiornata sui fatti dello star system hollywoodiano, il filo conduttore non poteva che essere lo scandalo delle molestie sessuali. Ma il punto forte di questa serie Netflix non è mai stata la satira sociale, comunque di qualità, bensì la capacità di raccontare i problemi esistenziali dell'uomo post-moderno con un catalogo di personaggi variegati ed approfonditi. Forse questa stagione è la più equilibrata di tutte nel dosare dramma e commedia. Una stagione in cui quasi tutti gli episodi meriterebbero un approfondimento a sé stante, che non ho il tempo di fare, una stagione che gira soprattutto intorno al nuovo progetto lavorativo di BoJack, la serie Philbert che non è altro che l'ennesimo poliziesco americano con un protagonista fascinoso e tormentato, scritto da un tizio bianchiccio e con le occhiaie che crede di essere il nuovo Kubrick e non fa nulla per nasconderlo. Attorno a quel nuovo show, in maniera più o meno diretta, si incastrano episodi più orizzontali e altri più verticali, che continuano a lavorare sul tentativo del protagonista di trovare un posto nel mondo in cui sentirsi, se non proprio felice, quanto meno adeguato. Un disagio che colpisce anche i personaggi di contorno, che spesso "di contorno" non sono. Costoro aprono tanti temi, che fluiscono all'interno degli episodi con cadenza e forza variabili, a volte restando sottotraccia di un'altra trama principale, altre volte prendendo con forza la scena. Ma Bojack Horseman c'è sempre, lui, un cavallo che non cambia mai. Il sesto episodio rappresenta in tal senso la punta di diamante della stagione e anche una delle puntate più ardite dello show, un unico soliloquio di 25 minuti del personaggio senza soste o stacchi che rimane impresso per potenza e sincerità. Anche la classica penultima puntata, da sempre il climax emotivo di una stagione, non delude le aspettative e propone a questo giro una mega riflessione sulla metanarrativa dello show. Concludendo, ancora una volta Bojack Horseman è riuscito a confermarsi per quello che è, una storia sulla realtà che non ha paura di affondare nell'oscurità fragile a disegnare tutti noi. Decisamente sorprendente. Voto: 8
The Man in the High Castle (3a stagione) - La terza stagione di The Man in the High Castle espande e approfondisce ulteriormente il contesto narrativo della serie, coniugando la distopia che fino ad ora lo aveva caratterizzato (qui la seconda stagione) con un deciso accento fantascientifico. Lo fa attraverso un ritmo piuttosto riflessivo, eppure quanto mai generoso di avvenimenti e colpi di scena. La serie infatti, ispirata a Philip K. Dick su una realtà alternativa dominata dai nazisti, da cui tuttavia ora distaccatasi completamente, spinge a fondo sulla fantascienza e sull'esplorazione del multiverso (di cui aspetti non vengono tuttavia ancora chiariti) senza tralasciare però i drammi umani dei suoi personaggi che combattono contro i loro regimi oppressivi. I percorsi dei vari personaggi sono sempre più sull'orlo dell'esplosione psicologica, con un John Smith di cui continuiamo a conoscere nuovi dettagli sul suo passato, aprendo una pista narrativa che preannuncia uno scatenarsi di eventi esplosivi nella quarta stagione. Questa terza stagione insieme a John Smith (un Rufus Sewell sempre più carismatico) ruota molto sul personaggio di Juliana Crain, che finalmente si "evolve", e la bellissima Alexa Davalos migliora la sua recitazione, rendendola più coesa e donando sfumature emotive più efficaci che erano state talvolta carenti. Se risulta molto riuscito e convincente il mix di elementi fantascientifici, atmosfere noir e la ricostruzione storica "alternativa" di un mondo dove la 2° Guerra Mondiale ha avuto un esito diverso da quello che conosciamo (a tal proposito uno degli aspetti più riusciti è la plausibilità della ricostruzione storico/ucronica di questa America soggiogata dal nazismo, particolarmente riuscito è l'incrociarsi tra personaggi storici reali e figure inventate), appaiono un po' superflue e stucchevoli certe concessioni al "politically correct", con la messa in scena di amori anticonvenzionali, che vedono protagonisti alcuni dei personaggi secondari. Non ci si fa mancare neanche la tematica dell'arte che può diventare una forma di resistenza contro le dittature. Rimane ancora ingarbugliata la vicenda dei filmati e il mistero della loro origine, ma questa stagione di The Man in the High Castle soddisfa abbastanza, soddisfa per come sono stati studiati gli episodi, per il coinvolgimento emotivo intenso e travolgente delle scene. Voto: 7
A Fleabag tocca concederla una chance.. ;)
RispondiEliminaTocca sì, ed inoltre ci sono molti elementi che potrebbero piacerti, soprattutto l'ironia ;)
EliminaDevo recuperare le ultime di BoJack Horsemen :) Fleabag avevamo provato a vederlo, ma la serie si apriva con un rapporto ehm anale, e non ci aveva fatto una grande impressione per questo :D
RispondiEliminaAhah...sì è vero, ma è solo l'inizio, poi diventa "normale" e non si smette più di ridere, in più fa riflettere ;)
EliminaSo che sono famosa per non guardare le serie Tv, ma NCIS lo guardata con interesse finché hanno tolto Ziva David. Ero stata delusa e quasi ci rinunciavo già quando avevano tolto Kate ma alla fine ho continuato. Io e mio marito ci divertivamo parecchio a seguire la dinamica che si era creata intorno al personaggio di Cote de Pablo, anzi abbiamo anche scaricato alcune stagioni che abbiamo continuato a rivedere anche dopo aver rinunciato alla serie. Non lo so, ma il personaggio della giovane bionda agente, che non ho idea come si chiami, non ci ha convinti. Poi avevo letto che erano spariti anche Di Nozzo e Abby. Boh, non so se con la reintegrazione di Ziva tornerò a guardare il film ma di sicuro ci farò un pensierino 😉
RispondiEliminaBeh sì, è un po' brutto quando personaggi tanto amati vanno via, ma penso sia una cosa normale che questo succeda, soprattutto in questo caso che una serie sia attiva da più di 15 anni. Comunque non credo sarà, anzi è, perché vado un po' indietro, una reintegrazione, ma una piccola e breve partecipazione ;)
EliminaAhaha ero indecisa fra l'ho guardata e la guardavo e alla fine è uscito un mostro della grammatica. Chiedo umilmente scusa per "lo guardata" 😜😂
RispondiEliminaNo problem, capita ;)
EliminaVedrò Fleabag. Ora mi sto annoiando abbastanza con The Man in the High Castle, ma non voglio cedere.
RispondiEliminaE' un po' pesante effettivamente, anche psicologicamente, anche perché vedere nazisti "comandare" è urticante...ma confido che alla fine tutto torni alla normalità...
EliminaIn ogni caso Fleabag merita, non solo i premi vinti ;)
Ciao! Mi hanno parlato bene di Fleabag :-) Non conosco le altre!
RispondiEliminaSì, un po' tutti effettivamente, è da vedere ;)
Elimina