lunedì 21 febbraio 2022

Le serie tv del mese (Febbraio 2022)

E' da un po' di tempo che l'ho vista (fine dicembre), ma non c'è stata possibilità di dirlo se non adesso, che ho visto la serie documentaristica (in 8 episodi) di Prime Video sulla mia squadra del cuore, ovvero All or Nothing: Juventus (che narra le vicende della Juventus nella stagione 2020/2021, un'annata che si è rivelata piena di emozioni forti e intrecci interessanti), e mi è piaciuta parecchio (però fuori classifica finale finirà). Perché parla di calcio ma non solo. Parla anche di passione, di emozione, di mentalità, e questi sono discorsi che possono capire tutti gli essere umani, non solo quelli che amano il calcio. In questo senso quello che a me ha lasciato questa serie è infatti soprattutto il lato umano del calcio, quello che appare negli spogliatoi prima e dopo la partita, quello che si mostra durante gli allenamenti, i pranzi, le cene, le riunioni. Sono questi i momenti in cui la squadra diventa squadra, in cui l'allenatore può intervenire sulla testa dei suoi ragazzi. Perché al di là degli schemi, delle tattiche e delle marcature, conta tantissimo la testa, conta soprattutto quella. La stagione 2020/2021 della Juventus è un esempio fulgido di come un racconto possa cambiare, di come ci siano momenti chiave che fanno la differenza, nella testa e nelle gambe. All or Nothing: Juventus riesce a raccontarli, lo fa bene, e dà autorevolezza ad una vicenda che, alla fine, si rivela per quello che è: un glorioso fallimento. Ma tutto merita d'esser raccontato, e vissuto, nonostante tutto. Detto ciò, ecco le serie (vecchie, nuove e dimesse) viste in questo mese carnevalesco.

La casa di carta (Parte 2) - Nella critica de "La casa di Carta" Parte 2, bisogna continuare su quella già inoltrata con la prima parte, visto che le due parti, in effetti, non sono altro che un unico blocco. I risultati, come detto, sono di gran livello, intendiamo ritmo ed interesse. Le assurdità, ne abbiamo già parlato, fanno parte di un gioco impostato su specifiche regole. Lo spettatore che arriva alla seconda parte, oltre al fatto di essere consapevole della cosa, probabilmente avrà gradito tale sistema scarsamente verosimile (ma in soldoni, eccitante). Tokyo, Berlino e il professore sono le figure più compatte ed enigmatiche dell'impianto spagnolo, nella fattispecie funzionano alla grande. Piccole critiche, giunti a questo punto, si possono muovere circa la durata non banale delle due parti, forse qualche puntata in meno avrebbe alleggerito il disegno registico (la prima serie resta leggermente superiore, la seconda inizia a perdere giusto qualcosina, ma identica valutazione). Comunque sia, prodotto molto riuscito in fin dei conti. Tanto che, non capisco il bisogno delle ulteriori parti/stagioni, il normale e giusto finale è qui, ora sì che ho grossi dubbi sul continuare o meno (non posso aspettarmi niente di buono da ciò che verrà), ma purtroppo devo. Voto: 8
 
I Am Not Okay with This (1a stagione) - Di fatto I Am Not Okay with This condensa il racconto in sette episodi da trenta minuti ciascuno e riprende la formula di The End of the F***ing World (il regista oltretutto è lo stesso, ovvero Jonathan Entwistle, la base quasi identica, stesso autore dell'omonima graphic novel, ossia Charles Forman): la narrazione è veloce ed evita di dilungarsi inutilmente. Dai produttori di Stranger Things, non il solito show sull'amore adolescenziale. Tutto ruota attorno a Syd che ci racconta in voice over le sue sensazioni, mentre in sottofondo sentiamo le hit più ricercate degli anni Sessanta e Ottanta. In mezzo c'è una storia che strizza l'occhio al cinema di John Hughes (da Sixteen Candles a Breakfast Club) e cita Carrie - Lo sguardo di Satana nei momenti più splatter. Il risultato è una "origin story" dark e accattivante che intrattiene, diverte e non ha molti peli sulla lingua. Niente di innovativo e alternativo chiaramente, ma il pregio più grande di questa serie, di questa prima stagione (purtroppo unica stagione, la serie è stata cancellata a causa della pandemia), è che riesce a raccontare i problemi tipici adolescenziali, senza esagerazione e con molta originalità e realismo. In tutto questo, i protagonisti sono decisamente azzeccati. Sophia Lillis per prima, perfetta nell'aspetto e nell'interpretazione, tanto quanto Wyatt Oleff, che veste i panni di un ragazzo fuori dagli schemi senza mai perdere di credibilità. I personaggi secondari completano il quadro, rendendo tutti e sette gli episodi decisamente piacevoli da guardare. Peccato solo per il finale troncato a metà. Voto: 7
 
The Head (1a stagione) - "Dieci piccoli indiani" si fonde con le location de "La cosa" per dare vita a questa veloce (6 episodi da meno di un'ora) serie televisiva spagnola ma dal respiro internazionale per via di un cast eterogeneo (Alvaro Morte, John Lynch, Richard Sammel, Katharine O' Donnelly). Io adoro sia i film tratti dal giallo della Agatha Christie che il cult di John Carpenter (che tra l'altro viene citato nel primo episodio) e quindi questo prodotto nelle premesse con me sfonda una porta aperta, fortunatamente poi, nel complesso, mantiene anche le promesse di divertimento nonostante varie lacune di sceneggiatura. Comparto tecnico di tutto rispetto ed interpretazioni nella media, buone location, interessante montaggio tra passato e presente, regia discreta ed atmosfere riuscite. Il canovaccio giallo non regala grandi sorprese ed è pure intuibile la soluzione del mistero, tuttavia spesso la semplicità paga ed il risultato è godibile. Voto: 6+

Quiz (Miniserie) - Quiz è una (mini)serie che sfrutta una storia molto potente già di suo, due concorrenti sono riusciti a vincere 1 milione di sterline nella versione inglese di "Chi Vuol Essere Milionario?" grazie all'aiuto di un terzo concorrente e dei colpi di tosse. Una storia impensabile, una storia incredibile che ha mostrato le vulnerabilità del Quiz e delle procedure di sicurezza, ma anche l'ingegno e la frustrazione dei fan del programma che non riuscivano a qualificarsi. Fan che si organizzavano in gruppo per migliorare le loro strategie, e perchè no, trovare un modo per vincere una volta entrati. La storia è già scritta e la serie non poteva di certo fallire (Stephen Frears è una garanzia), grazie anche a un lavoro di casting perfetto, tra Michael Sheen, Matthew Macfadyen e Sian Clifford che danno vita a dei personaggi per circa tre ore di buon intrattenimento. Avvincente e coinvolgente Quiz è da non perdere (la si trova su TimVision). Voto: 6,5
Fargo (2a stagione) - Se la prima stagione resentava al suo interno delle vere e proprie eccellenze come il personaggio di Lorne Malvo di Billy Bob Thornton, qui viene primeggiato il racconto corale, privo di un punto forte di riferimento. Il risultato è straordinario nell'esposizione dei personaggi (Kirsten Dunst credo mai così brava, così come Jesse Plemons e Patrick Wilson), tanto nella narrazione che una sceneggiatura di ferro mantiene salda senza inutili dispersioni. Fantastico il cameo di Bruce Campbell nei panni di Ronald Reagan, proiezione di quel futuro oscuro che prenderà piede gli States nel decennio successivo, stupenda l'evoluzione dell'indiano Hamzee spettro di quel passato di sangue che ha costellato e che caratterizzerà la storia americana nella sua violenza radicata. Quindi ottima anche questa seconda stagione, la genialità Coeniana eccellentemente riprodotta nel primo capitolo continua infatti il suo percorso senza ostacoli. Ad una black-comedy intrisa di surrealismo e stupidità succede una vera e propria gangster-story, cinica e violenta, ci sono delle sequenze davvero bellissime sotto l'aspetto tecnico. La trama avvincente, la confezione superba in ogni comparto dalla fotografia alla colonna sonora, l'uso creativo dello split screen e soprattutto la prestazione superlativa del cast: tutti elementi che contribuiscono a fare anche di questa seconda stagione un piccolo capolavoro (seppur senza "plus"). Voto: 8

Love, Death & Robots (2a stagione) - E si torna a parlare del fardello delle aspettative. Quando si hanno prodotti visionari come Love, Death & Robots Vol. 1, è molto facile deludere le aspettative. Ciò che manca alla seconda stagione è il mordente e il fascino della prima. Non c'è l'episodio stratosferico che ti consola dal malcontento di un altro decisamente più mediocre. In sostanza, questi nuovi episodi di Love, Death & Robots, a mio parere, non sono brutti (a parte i primi quattro), però hanno un impatto nettamente inferiore rispetto ai precedenti (i migliori gli altri 4). Per certi versi, è normale aspettarsi, da una serie che ti propone ben dieci cortometraggi in meno, maggior qualità. Se si delude lo spettatore su entrambi i piani vuol dire che c'è un problema, sta poi al fruitore decidere quanto sia pesante e quanto vada ad inficiare sulla visione. Detto ciò, il risultato finale di questo secondo volume è più che modesto, ma se la prima stagione era bella e sostanziosa, questa seconda è così così e pare più un'occasione sprecata per bissare il successo magistrale della prima. Un vero peccato. C'è da dire comunque che, a mio parere, bisogna prendersi un po' di tempo per elaborarli al meglio, assimilarli e cercare di capirli meglio. In un primo momento mi sono sentito profondamente deluso, ma ripensandoci, alla fine, penso che in realtà non siano poi così male. Non come quelli del primo volume, ma tutto sommato interessanti. Voto: 5,5

I delitti del BarLume (9a stagione) - Dopo aver inglobato, la scorsa stagione, la pandemia nella trama mostrando personaggi in lockdown, quarantena fiduciaria o incollati dietro lo schermo di un pc, anche stavolta la serie diretta da Roan Johnson non si fa sfuggire il legame con l'attualità. Le mascherine entrano a far parte della nona stagione e i personaggi le mettono e tolgono entrando e uscendo dai locali proprio come accade nella "realtà". Più scatenata che mai, la nona stagione de I delitti del BarLume (sempre due le puntate, che sono Compro Oro e A Bocce Ferme) si caratterizza per una maturazione dei personaggi e per un tono ancor più marcatamente comico e irriverente rispetto al passato. Alla rinnovata centralità del personaggio di Filippo Timi si aggiunge un Alessandro Benvenuti decisamente in forma che traina le gag dei bimbi. Non mancano misteri da risolvere, che turbano la quiete di Pineta, né sorprese nella narrazione. Tuttavia, due episodi che per alcuni versi mostrano la corda, per altri confermano quanto di buono si è andato a costruire sulle storie. Diciamo che la leggerezza unita alla levità anche quando assume contorni più seriosi ci sta benissimo, però alcuni risvolti sorprendono sì, ma anche in negativo. L'apice finale per esempio mi è parso ridicolo. Comunque la trama gialla funziona sempre abbastanza bene, ci si diverte e l'intrattenimento non manca mai, non male. Voto: 6

Good Omens (1a stagione) - Un angelo e un demone da sempre sulla terra, si alleano per salvare l'umanità dall'apocalisse. Serie basata sul romanzo "Buona apocalisse a tutti" di Neil Gaiman, è un concentrato di ironia e satira, con un lavoro molto approfondito di scrittura, che si sviluppa in episodi che mettono alla berlina usi, costumi e debolezze umane, ma anche storia e religione, ponendo seriamene in discussione la dicotomia bene/male nella comune accezione del termine. Un gioiellino questo Good Omens, pieno di humor tipicamente british che rende la storia pienamente godibile e rendendola lineare, pur nella sua apparente mancanza di linearità narrativa, giacchè non sono poche le linee temporali seguite e molti sono i personaggi da seguire. Il tutto è accompagnato da una (mitica) colonna sonora rock, e se a ciò ci aggiungi i due protagonisti assoluti David Tennant e Michael Sheen, il gioco è fatto. Si (sor)ride tanto e spesso, il primo è fantastico nella parte del "demone buono", così come lo è il secondo nella parte "dell'angelo cattivo". Splendida poi la sigla iniziale. La visione mette infatti allegria, ma contemporaneamente fa riflettere su un tema molto attuale, la diversità, e come, attraverso l'amicizia e la conoscenza, questa possa solo che migliorarci. Voto: 7,5

Feud (Miniserie) - Una delle più celebri rivalità di Hollywood, quella tra Joan Crawford e Bette Davis, genialmente accostate e messe in cortocircuito da Robert Aldrich (alias Alfred Molina) in Che fine ha fatto Baby Jane?, diventa una (mini)serie (creata dall'esperto Ryan Murphy) di qualità (inizialmente antologica ma successivamente annullata). Maniacale attenzione ai dettagli, bravissime Jessica Lange e Susan Sarandon nei panni delle due "nemiche", ma azzeccatissimi anche i personaggi di contorno, interpretati tra gli altri (oltre ai soliti attori feticcio di Murphy) da Stanley Tucci e Judy Davis (nelle parti "oscure" dello showbiz). Pur mantenendo salde tensione e divertimento, le otto puntate hanno il pregio di raccontare i meccanismi hollywoodiani e l'angoscia della popolarità che svanisce. Tuttavia non tutto scorre liscio, giacché non tutto viene raccontato nel migliore nei modi, ma va discretamente bene (anche) così. Voto: 7

22 commenti:

  1. Solo la serie sulla Juve ci mancava. Ahahaha
    Chissà se mio marito ha saputo della sua esistenza. Spero proprio di no. 😂😂😂

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se n'è parlato abbastanza mesi fa, e penso che lo sappia, altrimenti è grave :D

      Elimina
  2. Casa di carta e Barlume nate bene e finite pessime.. Good Omens fonisce per annoiare.. Fargo semplicemente eccezionale, ma non quanto Il metodo Kominsky che ancora non hai visto.. ahi ahi..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La prima devo ancora scoprire, ma la seconda pessima non è finita, sempre meglio di Montalbano..

      Elimina
  3. Non sono amica delle serie televisive, non mi piace vedere le cose a spezzoni. Ho solo visto ancora in dvd " i delitti del Barlume" non sono arrivata alla fine e me ne dispiace.
    Mi farebbe piacere vedere Feud , grandi attrici del passato e del presente. Chissà ci arriverò?! Ciao Pietrino!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io invece non lascio mai le cose a metà, anche se potrei evitare ;)
      Ci arriverai, sono storie godibili. Feud sta su Disney Plus.

      Elimina
  4. Ne segui sempre davvero tante! Rispetto! [con doppio pugno sul pettorale sinistro 😝]
    A parte BarLume che prima o poi vorrei recuperare, o non le conosco o non fanno per me, a parte The Head. Me lo hai venduto bene, sia per "La Cosa+Dieci Piccoli Negretti" (preferisco il titolo originale) che per i pochi episodi. Sembra più una miniserie, che preferisco alle lunghe serie, soprattutto quando non proseguono, facendole sembrare come un lunghissimo film. Questa dovrebbe proseguire? Comunque non ho Prime e mi toccherebbe scaricarla. Prima ho intenzione di guardare ciò che offre la casa (Netflix, Disney+, Infinity+ e Sky).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, e ne seguirò presumibilmente sempre di più ;)
      Stando alle ultime notizie parrebbe di sì, ma potrebbe non essere la continua..

      Elimina
    2. Beato te che ci riesci!
      Io ne sto seguendo 5 (escluse quelle in stand by come TWD, FearTWD, Riverdale, mentre Suburra e Cobra Kai sono da ricominciare, AHS che alla fine ogni stagione è a sé) e sono più che sufficienti. L'ultima (Vikings) l'ho iniziata solo dopo aver concluso un'altra (SoA), tra quelle più impegnative.
      Per The Head allora aspetto le dichiarazioni ufficiali.

      Elimina
  5. Feud è l'unica che ho visto e, nonostante sia passato parecchio tempo, la ricordo ancora molto interessante e ben realizzata, con delle attrici in stato di grazia!

    RispondiElimina
  6. Concordo su Love Death and Robots, se si fossero presi più tempo forse si poteva fare meglio, magari non come la prima ma comunque meglio; non orribile, come dici tu, ma di certo non memorabile.
    Good Omens (sospiro): ho amato la prima puntata ma sono stata costretta (da un anello che porto all'anulare della mano sinistra) a vedere il resto in italiano e per me ha perso tutto il fascino...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si poteva sì, di certo non c'era fretta. Non ho ben capito, ma peccato per te.

      Elimina
  7. Intervistati a proposito del I Delitti del BarLume alcuni degli attori coinvolti come Corrado Guzzanti hanno detto che il vero segreto della longevità della serie sta proprio nel fatto che sono sempre e solo due puntate a stagione, di conseguenza non hanno tempo di litigare tra loro, ma che anzi così si rivedono ogni volta con piacere. Ed io gli credo.

    RispondiElimina
  8. Non guardandola, non so quale sia l'apice finale "ridicolo" che dici dei Delitti del Barlume, ma se è lo stesso dell'ultimo romanzo (romanzi e racconti del Barlume invece li ho letti tutti), allora sì, lo comprendo bene: mi sono partite tante di quelle imprecazioni... Si può giocare col lettore, lo si può imbrogliare, ma non prenderlo per il culo. Perché altrimenti diventa valido l'orribile finale alla "si sveglio e si accorse che era stato tutto un sogno".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Intendo il finale alla "il triangolo non l'avevo considerato"...sinceramente evitabile...anche in chiave futura...

      Elimina
    2. Tutta roba che non c'è nei libri di Malvaldi... Mah.

      Elimina
    3. Che poi potrebbe anche essere un sogno...ma lo si saprà solo il prossimo anno...

      Elimina
  9. Sono curiosa di sapere cosa scriverai delle prossime stagioni della casa di carta

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Al momento non lo so neanch'io, che la terza parte ho visto e sono indeciso..

      Elimina